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RACCONTO

61. Voglio ringraziare   1

Paulo Coelho

Matthew Henry è un noto specialista di studi biblici. Una volta, mentre tornava dall'università dove insegna, fu aggredito. Quella sera, egli scrisse questa preghiera:

Voglio ringraziare
in primo luogo, perché non sono mai stato aggredito prima.
In secondo luogo,
perché mi hanno portato via il portafoglio e mi hanno lasciato la vita.
In terzo luogo,
perché, anche se mi hanno portato via tutto, non era molto.
Infine, voglio ringraziare
perché io sono colui che è stato derubato, e non colui che ha derubato.

ringraziamentogratitudinedoni di Diolodevedere oltre le apparenzefortunasfortunaottimismofiducia

4.7/5 (3 voti)

inviato da Anna Lianza, inserito il 31/03/2003

RACCONTO

62. Le cose non sempre sono quelle che sembrano

Due angeli viaggiatori si fermarono per passare la notte nella casa di una ricca famiglia. Era una famiglia di persone molto avare che si rifiutarono di far dormire i due angeli nella camera degli ospiti. Infatti concessero agli angeli solo un piccolo spazio fuori, nel duro e freddo pavimento del pergolato davanti alla casa. Mentre si preparavano come potevano un letto per terra il più vecchio degli angeli vide un buco nel muro e lo riparò. Quando l'angelo giovane gli chiese perché, lui rispose soltanto: "Le cose non sono sempre quello che sembrano".

La notte dopo la coppia di angeli cercò riparo nella casa di una molto povera ma, molto ospitale famiglia, dove furono accolti da un contadino e sua moglie. Dopo aver diviso con gli angeli il seppur poco cibo che avevano, i contadini cedettero agli angeli i propri letti, dove finalmente i viaggiatori si poterono riposare comodamente.

Quando il sole sorse, la mattina dopo, gli angeli trovarono l'uomo e sua moglie in lacrime. La loro unica mucca, la sola loro fonte di sostentamento, giaceva morta nel campo. Il giovane angelo ne fu infuriato a chiese al più vecchio come avesse potuto lasciare accadere una cosa del genere. "Al primo uomo, che pure aveva tutto, hai fatto un favore", lo accusò. "Questa famiglia seppure aveva pochissimo era pronta a dividere tutto, e tu hai lasciato morire la mucca!".

"Le cose non sono sempre quello che sembrano" replicò l'angelo. "Quando eravamo nel cortile della villa ho notato che c'era dell'oro nascosto nel muro e che si poteva scoprire grazie a quel piccolo buco. Siccome quell'uomo era così avaro e ossessionato dal denaro io ho riparato quel buco, così non avrebbe trovato anche quella ricchezza. Poi la notte scorsa quando dormimmo nel letto del contadino l'angelo della morte venne per sua moglie. Io invece di lei gli ho dato la mucca. Le cose non sono sempre quello che sembrano".

futuroprogetto di DiomisteroProvvidenza

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 14/12/2002

RACCONTO

63. Il bambino e il santo

Gopal Mukerji

Un giorno, un santo si fermò da noi. Mia madre lo scorse nel cortile, mentre faceva divertire i bambini. "Oh", - mi disse - "è proprio un santo; puoi andargli incontro, bambino mio".

Il santo posò la mano sulla mia spalla e mi chiese: "Bimbo mio, che cosa vuoi fare?".
"Non lo so. Che cosa vuoi che faccia?".
"No, dimmi tu cosa vuoi fare".
"A me piace giocare".
"Allora vuoi giocare con il Signore?".

lo non seppi cosa rispondere. Egli continuò: "Vedi, se tu potessi giocare con il Signore, sarebbe la cosa più grande del mondo. Tutti lo prendono talmente sul serio che lo rendono mortalmente noioso... Gioca con Dio, bambino mio: è il più meraviglioso compagno di gioco".

rapporto con Diogioiagioco

inviato da Barbara, inserito il 02/12/2002

RACCONTO

64. Il sasso nel ruscello   1

Piero Gheddo, Il Vangelo delle 7.18, De Agostini 1989

Tempo fa un grande maestro indiano di vita spirituale scrisse: «Sono seduto sulla riva di un ruscello e osservo un sasso rotondo immerso nell'acqua. Da quanti anni il sasso è bagnato dall'acqua? Forse da dieci, forse da cento? Ma l'acqua non è riuscita a penetrare nel sasso. Se spacco quella pietra, dentro è asciutta.»

Così è anche per noi, che viviamo immersi in Dio e non ce ne lasciamo penetrare: Dio rimane alla superficie della nostra vita, non ci trasforma perché non siamo disposti a lasciarci penetrare e trasformare dall'amore di Dio. Siamo come un sasso nel ruscello che nel suo interno rimane asciutto.

rapporto con Diolibertà

inviato da Anna Lianza, inserito il 29/11/2002

RACCONTO

65. La presenza di Dio   1

Storie dei Padri del deserto

Un giorno un giovane monaco chiese al suo abate, da tutti considerato una persona santa: "Come posso essere certo di essere alla presenza di Dio?". L'abate rispose: "Tu hai tanto controllo su di essa quanto hai potere di far sorgere il sole". Esasperato, il giovane esclamò: "Ma allora a cosa servono tutti i nostri esercizi spirituali e le preghiere?". "Tu fai queste cose per essere certo di essere sveglio quando si leva il sole".

rapporto con Diopreghiera

inviato da Eleonora Polo, inserito il 29/11/2002

RACCONTO

66. I diamanti   1

Paulo Coelho, I racconti del maktub

"Andiamo sulla montagna dove risiede Dio", disse un cavaliere a un suo amico. "Voglio provare che tutto ciò che Egli sa fare è chiederci di fare qualcosa, mentre non fa nulla per alleggerirci dalle responsabilità". "Bene, andrò là per dimostrare la mia fede", disse l'altro. Arrivarono alla cima della montagna la notte, e udirono una voce dall'oscurità: "Caricate sui vostri cavalli delle pietre". "Vedi?!", disse il primo cavaliere. "Dopo una scalata del genere, vuole farci portare un carico ancora più pesante. Non obbedirò!". Il secondo fece come gli era stato ordinato. Come raggiunse i piedi della montagna, era l'alba, e i primi raggi del sole splendevano sulle pietre che il pio cavaliere aveva portato: erano diamanti puri. Dice il maestro: "Le decisioni di Dio sono misteriose; ma sono sempre in nostro favore".

progetto di Diovolontà di Dio

5.0/5 (2 voti)

inviato da Anna Lianza, inserito il 24/11/2002

RACCONTO

67. Così è scritto   1

Paulo Coelho, I racconti del maktub

"Maktub" significa "Così è scritto" Gli Arabi pensano che "Così è scritto" non sia una buona traduzione, perché, sebbene ogni cosa sia già scritta, Dio ha compassione, e ha scritto tutto solo per aiutarci. L'errante è a New York. E' in ritardo ad un appuntamento, e quando lascia il suo hotel, trova che la sua macchina è stata rimossa dalla polizia. Arriva tardi al suo appuntamento, il pranzo dura più del necessario, ed egli sta pensando alla multa che dovrà pagare. Sarà una fortuna. Improvvisamente, ricorda la banconota che trovò per strada il giorno prima, e vede una qualche strana relazione tra la banconota e quello che gli è accaduto la mattina. "Chissà, forse ho trovato quei soldi prima che la persona che avrebbe dovuto trovarli ne avesse avuta la possibilità. Forse ho rimosso la banconota dal cammino di qualcuno che ne aveva realmente bisogno. Chissà chi ho interferito con ciò che era scritto!?". Egli sente il bisogno di liberarsi della banconota, e in quel momento vede un mendicante seduto sul marciapiede. Gli porge velocemente la banconota, e sente di aver riportato un certo equilibrio alle cose. "Aspetta un attimo", dice il mendicante. "Non sto cercando aiuto. Io sono un poeta, e voglio leggerti una poesia in cambio". "Scegline una breve, perché vado di fretta", dice l'errante. Il mendicante risponde: "Se sei ancora vivo, è perché non sei ancora arrivato al punto in cui dovresti essere".

destinoprogetto di Diovita

inviato da Anna Lianza, inserito il 24/11/2002

RACCONTO

68. Ciò che il mare racconta di Dio

Dio è un mistero. Noi possiamo solo cercare di farcene un'immagine. Giovanni di Ruysbroek, quando pensava a Dio, pensava al mare.

Giovanni vive in Olanda, un paese piatto, piatto. Uomini pacifici coltivano i campi. Giovanni, però, vuole vivere solo per Dio e perciò abbandona la compagnia degli uomini e cerca la solitudine.

Per essere soli bisogna abitare vicino al mare, perché nessuno vuole vivere accanto alle dighe. Lì soffia sempre un forte vento e a volte onde alte scavalcano le barriere delle dighe. Proprio lì Giovanni si è ritirato per abitare in una semplicissima capanna.

La gente si meraviglia. A volte qualcuno viene a visitarlo e gli chiede: "Giovanni, ma che cosa fai da queste parti?". "Io cerco Dio e qui gli sono molto vicino, qui mi riesce facile pensare a lui" risponde.

"Noi pensiamo a Dio quando siamo in chiesa, lì abbiamo delle immagini di lui".
"Anch'io ho un'immagine di lui" dice Giovanni.
"Dov'è? Faccela vedere!".

Giovanni li conduce sulla diga. Il mare è calmo e si stende senza confine.

"Guardate, questa è la mia immagine di Dio: così è il Padre, infinitamente grande come questo mare!".

La gente rimane per molto tempo in silenzio. "Certo, lo vediamo - dice uno -, ma noi abbiamo anche immagini di Gesù; un artista le ha dipinte da poco sulla parete della nostra chiesa". "Se vi fermate fino a stasera, vi farò vedere la mia immagine di Gesù".

Dopo queste parole Giovanni si ritira nella sua capanna. I bambini giocano sulla spiaggia, gli adulti chiacchierano tra di loro. Però i loro sguardi si rivolgono continuamente verso il mare, verso il grande oceano.

La sera tutti vogliono entrare nella capanna di Giovanni. "Dov'è l'immagine di Gesù?".

Giovanni li porta di nuovo con sé allo stesso posto. Il mare è cambiato, è diventato irrequieto. È l'ora dell'alta marea e le onde salgono sempre di più. Una dopo l'altra, battono contro la diga, si accavallano, si infrangono e ritornano formando una bianca schiuma. Le dighe non sono chiuse completamente e l'acqua può entrare dappertutto e inondare la terra. Presto all'intorno tutto è coperto d'acqua.

Giovanni dice: "Adesso il mare non è più lontano. L'immenso oceano ha mandato le sue onde e l'acqua è entrata dappertutto. Anche Dio è così. Il Padre manda il Figlio. Questi bussa dappertutto e va alla ricerca di tutti".

Questa è un'immagine che la gente capisce. Sì, è proprio così; Gesù ha trovato la strada per venire incontro a ciascuno. Un grande silenzio si diffonde tra la folla.

Solo uno vuole porre un'ultima domanda: "Giovanni, possiedi anche un'immagine dello Spirito Santo?".

Giovanni sorride, perché proprio in quel momento l'acqua ha cominciato a muoversi di nuovo. I flutti che inondano la spiaggia cominciano a ritirarsi pian piano.

"Guardate che cosa succede adesso! Il mare torna indietro. E guardate, esso porta con sé foglie, legna, erba. Tutto viene afferrato dal mare e portato via, riportato nell'immenso mare. E questa è l'opera dello Spirito Santo. Ci afferra, ci porta con sé, ci riporta al Padre".

Tutto ritorna a Dio. Anche le persone che sono morte sono con lui.

Trinitàrapporto con DioDio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Andrea Zamboni, inserito il 23/11/2002

RACCONTO

69. Storia di un chicco di grano   1

Johannes Joergensen, Parabole

Come il seminatore ebbe terminato la sua opera, il chicco di grano venne a trovarsi tra due zolle di terra nera e umidiccia, e divenne terribilmente triste. Era buio, era umido, e l'oscurità e l'umidore aumentavano sempre di più, poiché al calar sera s'era disciolta in pioggia fitta fitta. C'era da darsi alla disperazione. E il chicco di grano cominciò a ricordare.

Bei tempi quelli, quando il chicco stava al caldo e al riparo in una spiga diritta e cullata dal vento, in compagnia dei fratellini! Bei tempi sì, ma così presto passati!

Poi era venuta la falce con il suo suono stridulo e devastatore, a sbattere tutte le spighe. Poi i mietitori con i loro rastrelli avevano caricato sui carri le spighe legate in covoni. Poi, più terribile ancora, i battitori si erano accaniti sulle spighe pestandole senza pietà. E le famigliole dei chicchi, vissute sempre insieme dalla più verde giovinezza, erano state sbalzate fuori dalle loro spighe, e i chicchi scaraventati in giro, ciascuno per conto suo, per non incontrarsi più.

Ma nel sacco del grano almeno ci si trovava ancora in compagnia. Un po' pigiati, è vero, e magari si respirava a fatica, ma insomma si poteva chiacchierare un po'. Ora invece, era l'abbandono assoluto, la solitudine tetra, una disperazione!

Ma l'indomani fu peggio, quando l'erpice passò sul campo e il chicco si trovò nella tenebra più densa, con terra dappertutto, sopra, sotto, in parte. L'acqua lo penetrava tutto, non sentiva più in sé il minimo cantuccio asciutto.

"Ma perché fui creato, se dovevo finire in modo così miserando? Non sarebbe stato meglio per me non aver mai conosciuto la vita e la luce del sole?" Pensava tra sé.

Allora dal profondo della terra una voce si fece sentire. Gli diceva: "Abbandonati con fiducia. Volentieri, senza paura. Tu muori per rinascere ad una vita più bella".

"Chi sei?" domandò il povero chicco, mentre un senso di rispetto sorgeva in lui. Poiché sembrava che la Voce parlasse a tutta la terra, anzi all'universo intero.

"Io sono Colui che ti ha creato, e che ora ti vuole creare un'altra volta".

Allora il chicco di grano si abbandonò alla volontà del suo Creatore, e non seppe più nulla di nulla.

Un mattino di primavera, un germoglio verde mise fuori la testolina dalla terra umida. Si guardò attorno inebriato. Era proprio lui, il chicco di grano, tornato a vivere un'altra volta.

Nell'azzurro del cielo il sole splendeva e la lodoletta cantava.

Era tornato a vivere... E non da solo, poiché intorno a sé vedeva uno stuolo di germogli in cui riconobbe i suoi fratellini.

Allora la tenera pianticella si sentì invadere dalla gioia di esistere, e avrebbe voluto alzarsi fino al cielo per accarezzarlo con le sue foglioline.

Dio è il pastore. Il dolore è il suo cane. Talvolta ha il morso duro, ma è per il bene.

fiduciafedeabbandono in Diomortevita eternadoloresofferenzarisurrezione

4.0/5 (1 voto)

inviato da Andrea Zamboni, inserito il 23/11/2002

RACCONTO

70. Il mendicante e il re

Rabindranath Tagore, Gitanjali

Ero andato mendicando di uscio in uscio lungo il sentiero del villaggio, quando in lontananza mi apparve il tuo aureo cocchio, simile ad un sogno meraviglioso.

Mi domandai: chi sarà mai questo Re di tutti i re? Crebbero le mie speranze, e pensai che i giorni tristi sarebbero ormai finiti; stetti ad attendere che l'elemosina mi fosse data senza doverla chiedere, e che le ricchezze venissero sparse ovunque nella polvere.

Il cocchio mi si fermò accanto; il Tuo sguardo cadde su di me, e Tu scendesti con un sorriso. Sentivo che era giunto alfine il momento supremo della mia vita.

Ma Tu, ad un tratto, mi stendesti la mano destra dicendomi: "Che cos'hai da darmi?".

Ah, quale gesto veramente regale fu quello di stendere la Tua palma per chiedere l'elemosina ad un povero! Esitante e confuso, trassi lentamente dalla mia bisaccia un acino di grano e Te lo porsi.

Ma quale non fu la mia sorpresa quando, sul finire del giorno, vuotai a terra la mia bisaccia e trovai nell'esiguo mucchietto di acini, un granellino d'oro!

Piansi amaramente per non aver avuto cuore di darTi tutto quello che possedevo...

Chi ha speso, ha consumato; chi ha raccolto, ha perduto; ma chi ha dato, ha messo in salvo per sempre i suoi tesori. (Inayat Khan)

donarerapporto con Diogenerositàaltruismo

inviato da Andrea Zamboni, inserito il 23/11/2002

RACCONTO

71. La vecchietta che aspettava Dio   9

Bruno Ferrero

La vita di ognuno di noi è intessuta di attese. Si tratta di una esperienza importante e di grande valore educativo. Consapevole di ciò, la Chiesa ha fissato un tempo per ravvivare questo 'stato' fondamentale nella vita del cristiano: il tempo dell'Avvento. La storia sottolinea che Dio è sempre sorprendente... è possibile incontrarlo in tanti modi, ma in modo particolare nelle persone che ci avvicinano tutti i giorni.

C'era una volta un'anziana signora che passava in pia preghiera molte ore della giornata. Un giorno sentì la voce di Dio che le diceva: "Oggi verrò a farti visita". Figuratevi la gioia e l'orgoglio della vecchietta. Cominciò a pulire e lucidare, impastare e infornare dolci. Poi indossò il vestito più bello e si mise ad aspettare l'arrivo di Dio.

Dopo un po', qualcuno bussò alla porta. La vecchietta corse ad aprire. Ma era solo la sua vicina di casa che le chiedeva in prestito un pizzico di sale. La vecchietta la spinse via: "Per amore di Dio, vattene subito, non ho proprio tempo per queste stupidaggini! Sto aspettando Dio, nella mia casa! Vai via!". E sbattè la porta in faccia alla mortificata vicina.

Qualche tempo dopo, bussarono di nuovo. La vecchietta si guardò allo specchio, si rassettò e corse ad aprire. Ma chi c'era? Un ragazzo infagottato in una giacca troppo larga che vendeva bottoni e saponette da quattro soldi. La vecchietta sbottò: "Io sto aspettando il buon Dio. Non ho proprio tempo. Torna un'altra volta!". E chiuse la porta sul naso del povero ragazzo.

Poco dopo bussarono nuovamente alla porta. La vecchietta aprì e si trovò davanti un vecchio cencioso e male in arnese. "Un pezzo di pane, gentile signora, anche raffermo... E se potesse lasciarmi riposare un momento qui sugli scalini della sua casa", implorò il povero.

"Ah, no! Lasciatemi in pace! Io sto aspettando Dio! E stia lontano dai miei scalini!" disse la vecchietta stizzita. Il povero se ne partì zoppicando e la vecchietta si dispose di nuovo ad aspettare Dio.

La giornata passò, ora dopo ora. Venne la sera e Dio non si era fatto vedere. La vecchietta era profondamente delusa. Alla fine si decise ad andare a letto. Stranamente si addormentò subito e cominciò a sognare. Le apparve in sogno il buon Dio che le disse: "Oggi, per tre volte sono venuto a visitarti, e per tre volte non mi hai ricevuto".

avventoincarnazionerapporto con Diopovertàcaritàsolidarietàamore

4.5/5 (4 voti)

inviato da Andrea Zamboni, inserito il 23/11/2002

RACCONTO

72. Festa grande per un pacco consegnato   1

Marina Parodi

C'era un uomo che di mestiere faceva il corriere espresso (sapete? quello che consegna nelle case i pacchi...). Come tutte le mattine, caricò il suo camion e si preparò al lungo giro di consegne. Quel giorno aveva 100 pezzi da consegnare.

Iniziò con una cassa di bottiglie di vino, che andava consegnata proprio all'ultimo piano di un lussuoso palazzo del centro. Con il fiatone suonò alla porta. Aprì un distinto signore: "Buongiorno, sì è per me, prego la metta qui, no un po' più in là, ecco perfetto, arrivederci!".

Poi fu la volta di una anziana signora, a cui trepidante consegnò un pacchetto con un preziosissimo anello. La donna annoiata e indifferente commentò solo: "Ah, lo metta lì con tutti gli altri, poi lo aprirò...".

A una giovane coppia doveva consegnare la lavatrice nuova. Mentre era in cucina e li aiutava a dismballare, i due iniziarono a litigare "Vedi, avevo ragione io: dovevamo prendere l'altro modello". "Invece no, abbiamo fatto bene a seguire il consiglio di mia madre". "Ma cosa dici, non vedi che sta malissimo vicino al frigo". "Piantala, si sa che tu hai un pessimo gusto!". "Perché secondo te era di buon gusto il regalo che tu mi hai fatto a Natale"... Il trasportatore se ne andò un po' imbarazzato.

Un pacco era destinato a un parroco. Era una statua molto bella, ma molto pesante. Il trasportatore era molto in difficoltà, e nell'entrare in sacrestia si ferì una mano contro un'acquasantiera. Ma il parroco lo accolse solo con un "Oh, finalmente me l'ha portata! Per favore faccia presto, si sbrighi. Sono impegnatissimo, tra 2 min e 40 sec. devo dire messa, tra 45 min c'è la lezione di catechismo, poi c'è la riunione con il gruppo della 3 età, poi il comitato di programmazione economica, poi i giovanissimi e la catechesi per famiglie. Capisce, no?, c'è tanto da fare: faccia presto!". Con la mano ancora dolorante il trasportatore uscì e andò a bagnarla alla fontana del sagrato.

Con il passare delle ore e il crescere della fatica, i pacchi pian piano diminuivano. Alla fine ne rimase solo uno. Quando arrivò all'indirizzo segnato sul pacco, aprì la porta un ragazzo: "No mi dispiace, il suo indirizzo è sbagliato, la signora Beatrice Bianchi (quello era il nome della destinataria) non abita più qui, si è trasferita almeno da un mese...". "E sa dove è andata ad abitare?". "No, io no, ma provi a chiedere al fruttivendolo all'angolo. Lui conosce tutti".

Il camionista si presentò al fruttivendolo e spiegò il suo problema: "Devo consegnare un pacco alla signora Beatrice Bianchi, ma ho l'indirizzo sbagliato. Lei sa dirmi dove posso trovarla?". "Ah, sì, si è trasferita, in un altro quartiere, me lo aveva detto, però l'indirizzo proprio non me lo ricordo... Provi a chiedere a Piero, lo trova là all'osteria, lui sicuramente lo sa".

Il camionista entrò nel fumoso bar e dietro un bicchiere di vino e un mazzo di carte, trovò Piero, un vecchietto con la barba bianca e due occhi azzurri come il cielo. "Ma sì la Beatrice! La conosciamo tutti qui, faceva la cameriera, è un peccato che si sia trasferita... Ecco, le scrivo il nuovo indirizzo".

Finalmente, dopo la lunga ricerca, il nostro amico si trovò di fronte alla porta dell'appartamento della signora Beatrice Bianchi. Il palazzo era in una delle zone più povere e degradate della città, lo squallore del luogo metteva proprio tristezza. Come aveva fatto con gli altri 99 pacchi, suonò e annunciò: "Signora, devo consegnarle un pacco". Aprì una giovane ragazza, mentre da una stanza interna si sentiva il pianto di un ragazzino. "Un pacco per me?". "Sì, signora; non è stato facile, ma sono contento di averla trovata...". "E cosa sarà mai? Non aspettavo pacchi... Oh... mi scusi, la sto lasciando sulla porta; prego, si accomodi, si sieda, posso offrirle un caffè? intanto guardiamo cosa c'è nel pacco...". Piacevolmente sorpreso, il corriere accettò volentieri l'invito. Il bambino intanto aveva smesso di piangere e si era avvicinato a osservare curioso quell'ospite sconosciuto.

Dopo aver versato il caffè all'ospite, Beatrice aprì il grosso pacco. Non poté trattenere un grido di gioia, quando ne vide il contenuto. Il pacco era pieno di cibi buonissimi, tra cui una grossa torta di compleanno. Insieme ai cibi una lettera. Quando la lesse, a Beatrice vennero gli occhi lucidi. Poi spiegò: "5 anni fa litigai violentemente con mia madre, e da allora non ci siamo più frequentate. Ora mi scrive che non vuole più discutere del passato, ma si è ricordata che oggi è il compleanno di Roberto, mio figlio e ci manda un po' di dolci per festeggiare. E pensare che proprio 10 minuti fa io stavo spiegando a Roberto che non avremmo potuto fare la festa con i suoi amici perché dopo aver pagato le bollette mi sono avanzati pochissimi soldi... È lei che ha permesso tutto questo! Io... io voglio ringraziarla. Si fermi e festeggi con noi!".

E così il trasportatore si trovò coinvolto in una festa piena di musica, allegria e risate, insieme con Beatrice, Roberto, i suoi amici e altre persone del vicinato. E alla fine della giornata, potete star certi, fu proprio lui il più contento per quel pacco con l'indirizzo sbagliato!

La storia può essere un punto di partenza per parlare di Dio che cerca tutti gli uomini, anche la pecorella smarrita... per suggerimenti sull'attività e per scaricare altre storielle simili, clicca qui.

rapporto con Diomisericordiapecorella smarrita

inviato da Andrea Zamboni, inserito il 20/11/2002

RACCONTO

73. Pierino davanti al presepe

Pierino sogna... sta andando insieme ai pastori e ai Re Magi verso la stalla quando si trova improvvisamente davanti a Gesù Bambino che giace nella mangiatoia. Pierino si accorge di essere a mani vuote. Tutti hanno portato qualcosa: solo lui è senza doni.

Avvilito dice subito: "Prometto di darti la cosa più bella che ho. Ti regalo la mia nuova bicicletta, anzi il mio trenino elettrico".

Il bambino nel presepe scuote la testa e sorridendo dice: "Io non voglio il tuo trenino elettrico. Dammi il tuo tema in classe!".

"Il mio ultimo tema?" balbetta il ragazzino. "Ma ho preso un insufficiente!".

"Appunto, proprio per questo lo vorrei" dice Gesù. "Devi darmi sempre tutto quello che è insufficiente, imperfetto. Per questo sono venuto nel mondo. Ma vorrei un'altra cosa ancora da te: la tua tazza del latte".

A questo punto Pierino si rattrista: "La mia tazza? Ma è rotta!".

"Proprio per questo la vorrei avere" dice Gesù Bambino. "Tu mi puoi portare tutto quello che si rompe nella tua vita. Io sono capace di risanarlo".

Il ragazzino sentì di nuovo la voce del Bambino Gesù: "Vorrei una terza cosa da te: vorrei la risposta che hai dato a tua mamma quando ti ha chiesto come mai si è rotta la tazza del latte".

Allora Pierino inizia a piangere e confessa tra le lacrime: "Ma le ho detto una bugia, quella volta. Ho detto alla mamma che la tazza era caduta per caso, ma in realtà l'ho gettata a terra io, per rabbia".

"Per questo vorrei avere quella tua risposta" risponde sicuro Gesù Bambino. "Portami sempre tutto quello che nella tua vita è cattivo, bugiardo, dispettoso e malvagio. Sono venuto nel mondo per perdonarti, per prenderti la mano e insegnarti la via".

Gesù sorride di nuovo a Pierino, mentre lui guarda, comprende e... si meraviglia....

presepeNataleincarnazionemisericordia di Dioumiltàpiccolezzaperdono di Dio

inviato da Anna Lianza, inserito il 11/11/2002

RACCONTO

74. I tre monaci di Tolstoy   1

Henri J. M. Nouwen

Tre monaci russi vivevano in un'isola remota.

Nessuno andava mai là, ma un giorno il loro vescovo decise di compiervi una visita pastorale.

Quando arrivò, scoprì che i tre monaci non conoscevano neppure il Padre nostro; allora spese tutto il suo tempo e le sue energie per insegnare loro il Padre nostro, e poi se ne andò soddisfatto della sua opera pastorale.

Ma quando la sua barca lasciò l'isola e prese il mare aperto, all'improvviso egli vide i tre eremiti che camminavano sulle acque: essi correvano infatti dietro la barca!

Quando la raggiunsero, gridarono: "Caro padre, abbiamo dimenticato la preghiera che ci ha insegnato!".

Il vescovo, trasecolato per quel che vedeva e udiva, disse: "Ma cari fratelli allora come fate a pregare?".

Essi risposero: "Beh, diciamo semplicemente: O Dio, ci sono tre di noi e tre di te, abbi pietà di noi!".

Il vescovo, colpito dalla loro santità e semplicità, disse: "Tornate alla vostra isola e andate in pace".

preghierarapporto con DioPadre nostro

5.0/5 (1 voto)

inviato da Jacopo Sgrignani, inserito il 29/08/2002

RACCONTO

75. Il ricamo di Dio   2

Quando io ero piccolo mia madre era solita cucire tanto. Io mi sedevo vicino a lei e le chiedevo cosa stesse facendo. Lei mi rispondeva che stava ricamando. Osservavo il lavoro di mia madre da un punto di vista più basso rispetto a dove stava seduta lei, cosicché ogni volta mi lamentavo dicendole che dal mio punto di vista ciò che stava facendo mi sembrava molto confuso.

Lei mi sorrideva, guardava verso il basso e gentilmente mi diceva: "Figlio mio, vai fuori a giocare un po' e quando avrò terminato il mio ricamo ti metterò sul mio grembo e ti lascerò guardare dalla mia posizione".

Mi domandavo perché utilizzava dei fili di colore scuro e perché mi sembravano così disordinati visti da dove stavo io. Alcuni minuti dopo sentivo la voce di mia madre che mi diceva: "Figlio mio, vieni qua e siediti sul mio grembo".

Io lo facevo immediatamente e mi sorprendevo e mi emozionavo al vedere i bei fiori o il bel tramonto nel ricamo. Non riuscivo a crederci; da sotto si vedeva così confuso.

Allora mia madre mi diceva: "Figlio mio, di sotto si vedeva confuso e disordinato ma non ti rendevi conto che di sopra c'era un progetto. C'era un disegno, io lo stavo solo seguendo. Adesso guardalo dalla mia posizione e saprai ciò che stavo facendo".

Molte volte lungo gli anni ho guardato il cielo e ho detto: "Padre, che stai facendo?".
E Lui risponde: "Sto ricamando la tua vita".

Allora io replico: "Ma si vede così confuso, è tutto un disordine. I fili sembrano così scuri, perché non sono più brillanti?".

E Dio sembra dirmi: "Figliolo mio, occupati del tuo lavoro... e io faccio il mio. Un giorno ti porterò in cielo e ti metterò sul mio grembo e vedrai il disegno dalla mia posizione... E allora capirai...!!!".

Nei giorni in cui sembra che nemmeno Dio si ricordi di te, invece di angustiarti ripeti con certezza: "Signore, io confido in te".

fedefiduciaprogettovocazionevitaprogetto di Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Stefania Raspo, inserito il 29/08/2002

RACCONTO

76. Al suo posto   2

Bruno Ferrero, C'è qualcuno lassù

Il vecchio eremita Sebastiano pregava di solito in un piccolo santuario isolato su una collina. In esso si venerava un crocifisso che aveva ricevuto il significativo titolo di «Cristo delle grazie». Arrivava gen­te da tutto il paese per impetrare grazie e aiuto.

Il vecchio Sebastiano decise un giorno di chiede­re anche lui una grazia e, inginocchiato davanti all'immagine, pregò: «Signore, voglio soffrire con te. Lasciami prendere il tuo posto. Voglio stare io sulla croce».

Rimase silenzioso con gli occhi fissi alla croce, aspettando una risposta.

Improvvisamente il Crocifisso mosse le labbra e gli disse: «Amico mio, accetto il tuo desiderio, ma ad una condizione: qualunque cosa succeda, qualun­que cosa tu veda, devi stare sempre in silenzio».
«Te lo prometto, Signore».
Avvenne lo scambio.

Nessuno dei fedeli si rese conto che ora c'era Se­bastiano inchiodato alla croce, mentre il Signore aveva preso il posto dell'eremita. I devoti continuavano a sfilare, invocando grazie, e Sebastiano, fedele alla promessa, taceva. Finché un giorno...

Arrivò un riccone e, dopo aver pregato, dimenti­cò sul gradino la sua borsa piena di monete d'oro. Sebastiano vide, ma conservò il silenzio. Non parlò neppure un'ora dopo, quando arrivò un povero che, incredulo per tanta fortuna, prese la borsa e se ne an­dò. Né aprì bocca quando davanti a lui si inginoc­chiò un giovane che chiedeva la sua protezione pri­ma di intraprendere un lungo viaggio per mare. Ma non riuscì a resistere quando vide tornare di corsa l'uomo ricco che, credendo che fosse stato il giova­ne a derubarlo della borsa di monete d'oro, gridava a gran voce per chiamare le guardie e farlo arrestare.
Si udì allora un grido: «Fermi!».

Stupiti, tutti guardarono in alto e videro che era stato il crocifisso a gridare. Sebastiano spiegò come erano andate le cose. Il ricco corse allora a cercare il povero. Il giovane se ne andò in gran fretta per non perdere il suo viaggio. Quando nel santuario non ri­mase più nessuno, Cristo si rivolse a Sebastiano e lo rimproverò.

«Scendi dalla croce. Non sei degno di occupare il mio posto. Non hai saputo stare zitto».

«Ma, Signore» protestò, confuso, Sebastiano. «Dovevo permettere quell'ingiustizia?».

«Tu non sai» rispose il Signore, «che al ricco conv­eniva perdere la borsa, perché con quel denaro stava per commettere un'ingiustizia. Il povero, al contra­rio, aveva un gran bisogno di quel denaro. Quanto al ragazzo, se fosse stato trattenuto dalle guardie avrebbe perso l'imbarco e si sarebbe salvato la vita, perché in questo momento la sua nave sta colando a picco in alto mare».

Lo scrittore Piero Chiara, poco religioso, era molto ­amico dello scultore Francesco Messina, che era invece profondamente credente.

Quando Chiara era prossimo alla morte, Messina si recò al suo capezzale e, prendendogli la mano, gli chiese: «Dimmi, Piero, come stai a fede?».

Chiara lo fissò con gli occhi dolenti e rispose: «lo mi fido di te».

Sono le parole più belle che possiamo dire ad un amico: «lo mi fido di te».

È la preghiera più bella che possiamo rivolgere a Dio: «lo mi fido di Te».

provvidenzafiduciafedeabbandonovolontà di Dioprogetto di Dio

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 14/06/2002

RACCONTO

77. La porta   1

Bruno Ferrero, C'è qualcuno lassù

C'è un quadro famoso che rappresenta Gesù in un giardino buio. Con la mano sinistra alza una lam­pada che illumina la scena, con la destra bussa ad una porta pesante e robusta.

Quando il quadro fu presentato per la prima vol­ta ad una mostra, un visitatore fece notare al pittore un particolare curioso.

«Nel suo quadro c'è un errore. La porta è senza maniglia».

«Non è un errore» rispose il pittore. «Quella è la porta del cuore umano. Si apre solo dall'interno».

L'aeroporto di una città dell 'Estremo Oriente ven­ne investito da un furioso temporale. I passeggeri attraversarono di corsa la pista per salire su un DC3 pronto al decollo per un volo interno.

Un missionario, bagnato fradicio, riuscì a trova­re un posto comodo accanto a un finestrino. Una gra­ziosa hostess aiutava gli altri passeggeri a sistemarsi.

Il decollo era prossimo e un uomo dell'equipag­gio chiuse il pesante portello dell'aereo.

Improvvisamente si vide un uomo che correva ver­so l'aereo, riparandosi come poteva, con un imper­meabile. Il ritardatario bussò energicamente alla porta dell'aereo, chiedendo di entrare. L'hostess gli spie­gò a segni che era troppo tardi. L'uomo raddoppiò i colpi contro lo sportello dell'aereo. L'hostess cer­cò di convincerlo a desistere. «Non si può... E' tar­di... Dobbiamo partire», cercava di farsi capire a se­gni dall'oblò.

Niente da fare: l'uomo insisteva e chiedeva di en­trare. Alla fine, l'hostess cedette e aprì lo sportello. Tese la mano e aiutò il passeggero ritardatario a issarsi nell'interno.

E rimase a bocca aperta. Quell'uomo era il pilo­ta dell'aereo.

Attento! Non lasciare a terra il pilota della tua vita.

libertàvocazioneprogetto Diorapporto con Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 13/06/2002

RACCONTO

78. Padre, dimmi...

Detti dei Padri del deserto

Un fratello si recò presso un anziano che abitava al Monte Sinai e gli domandò: «Padre, dimmi come si deve pregare, perché ho molto irritato Iddio». L'anziano gli disse: «Figliuolo, io quando prego parlo così: Signore, accordami di servirti come ho servito Satana e di amarti come ho amato il peccato».

preghieraconversionerapporto con Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 09/06/2002

RACCONTO

79. Il cuore di Dio   2

Bruno Ferrero, Solo il vento lo sa

Una catechista aveva raccontato ai suoi ragazzi del catechismo la parabola del figliol prodigo, ma si era accorta che dopo un po' molti si erano distratti. Allora aveva chiesto che gliene scrivessero il riassunto.

Uno di loro scrisse così: «Un uomo aveva due figli, quello più giovane però non ci stava volentieri a casa, e un giorno se ne andò via lontano, portando con sé tutti i soldi. Ma ad un certo punto questi soldi finirono e allora il ragazzo decise di tornare a casa perché non aveva neanche da mangiare. Quando stava per arrivare, suo padre lo vide e tutto contento prese un bel bastone e gli corse incontro. Per strada incontrò l'altro figlio, quello buono, che gli chiese dove stava andando così di corsa e con quell'arnese: "E' tornato quel disgraziato di tuo fratello; dopo quel che ha fatto si merita un bel po' di botte!". "Vuoi che ti aiuti anch'io, papà?". "Certo", rispose il padre.

E così, in due, lo riempirono di bastonate. Alla fine il padre chiamò un servo e gli disse di uccidere il vitello più grasso e di fare una grande festa, perché s'era finalmente tolto la voglia di suonargliele a quel figlio che gliel'aveva combinata proprio grossa!».

Capire la logica del cuore di Dio è difficile per tutti.

perdonomisericordia di Dioamore di Dio

inviato da Immacolata Chetta, inserito il 29/05/2002

RACCONTO

80. Il sogno dei tre cedri del Libano   1

Racconta una vecchia leggenda che nelle belle foreste dei Libano nacquero tre cedri. Come tutti sappiamo, i cedri impiegano molto tempo a crescere e questi alberi trascorsero interi secoli riflettendo sulla vita la morte, la natura e gli uomini.

Assistettero all'arrivo di una spedizione da Israele inviata da Salomone e, più tardi, videro la terra ricoprirsi di sangue durante la guerra con gli Assiri. Conobbero Gezabele e il profeta Elia, mortali nemici. Assistettero all'invenzione dell'alfabeto e s'incantarono, a guardare le carovane che passavano, piene di stoffe colorate.
Un bel giorno, si misero a conversare sul futuro.

"Dopo tutto quello che ho visto - disse il primo albero - vorrei essere trasformato nel trono dei Re più potente della terra".

"A me piacerebbe far parte di qualcosa che trasformasse per sempre il Male in Bene", spiegò il secondo.

"Per parte mia, vorrei che gli uomini, tutte le volte che mi guardano, pensassero a Dio", fu la risposta del terzo.

Ma dopo un po' di tempo apparvero dei boscaioli e i cedri furono abbattuti e caricati su una nave per essere trasportati lontano. Ciascuno di quegli alberi aveva un suo desiderio ma la realtà non chiede mai che cosa fare dei sogni.

Il primo albero servì per costruire un ricovero per gli animali e il legno avanzato fu usato per contenere il fieno. Il secondo albero diventò un tavolo molto semplice che fu venduto ad un commerciante di mobili. E poiché il legno del terzo albero non trovò acquirenti, fu tagliato e depositato nel magazzino di una grande città.

Infelici, gli alberi si lamentavano: "Il nostro legno era buono ma nessuno ha trovato il modo di usarlo per costruire qualcosa di bello!".

Passò il tempo e, in una notte piena di stelle, una coppia di sposi che non riusciva a trovare un rifugio dovette passare la notte nella stalla costruita con il primo albero. La moglie gemeva in preda ai dolori del parto e finì per dare alla luce lì stesso suo figlio, che adagiò tra il fieno, nella mangiatoia di legno. In quel momento il primo albero capì che il suo sogno era stato esaudito: il bambino che era nato lì era il più grande di tutti i re mai apparsi sulla Terra.

Anni più tardi, in uno casa modesta, alcuni uomini si sedettero attorno al tavolo costruito con il legno del secondo albero. Uno di loro, prima che tutti incominciassero a mangiare, disse alcune parole sul pane e sul vino che aveva davanti a sé. E il secondo albero comprese che, in quel momento, non sosteneva solo un calice e un pezzo di pane ma l'alleanza tra l'Uomo e Dio.

Il giorno seguente prelevarono dal magazzino due pezzi dei terzo cedro e li unirono a forma di croce. Lasciarono la croce buttata in un angolo e alcune ore dopo portarono un uomo barbaramente ferito e lo inchiodarono al suo legno. Preso dall'orrore, il cedro pianse la barbara eredità che la vita gli aveva lasciato. Prima che fossero trascorsi tre giorni, tuttavia, il terzo albero capì il suo destino: l'uomo che era stato inchiodato al suo legno era ora la Luce che illuminava ogni cosa. La croce che era stata costruita con il suo legno non era più il simbolo di una tortura ma si era trasformata in un simbolo di vittoria.

Come sempre avviene nel sogni, i tre cedri dei Libano avevano visto compiersi il destino in cui speravano anche se in modo diverso da come avevano immaginato.

Clicca qui per una versione simile.

desideriprogetto di Diocroce

inviato da Giuliana Babini, inserito il 29/05/2002

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