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TESTO

1. La Messa

Già non è facile capire la Messa, farla conoscere ai bambini è impegnativo, ma sarà l'assiduità alla frequentazione a rivelargli il vero volto di Dio. La Messa è un gioioso incontro, è rigenerazione del cuore e della vita. Il compito difficile è avvicinare i bambini al mistero della santa Eucaristia, così come ci è stato trasmesso da Gesù e dalla Chiesa. Far capire ai bambini che la morte è una trasformazione che porta ad una vita nuova. Un'altra difficoltà è rappresentata dall'età dei bambini, certamente essi sono in grado di entusiasmarsi, ma non riescono ancora ad affrontare la riflessione, i momenti di silenzio e il mistero del miracolo che si compie sull'altare: pensiamo a quanto sia difficilmente comprensibile ed accessibile anche a noi adulti!

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inviato da Eugenia Linari, inserito il 05/06/2009

TESTO

2. Mercoledì delle ceneri

Paolo VI

Date un pensiero al rito dell'imposizione delle Ceneri. Meriterebbe una prefazione storica, che lo fa risalire all'antico Testamento (Cfr. ad es. Ier. 25, 34; Iud. 9, 1; Dan. 9, 3, etc.), e lo travasa nel nuovo (Cfr. Luc. 10, 13; Matth. 11, 21), e poi nella prassi dei primi secoli cristiani e nei seguenti. Ma guardatene il senso, il pessimismo cioè che grava sulla vita umana nel tempo; rileggete uno dei libri, sapienziali, e in certo senso, quasi sconcertante, della Bibbia, l'Ecclesiaste (ora indicato col termine ebraico Qohèlet), che comincia con le famose parole, adatte per un cimitero dell'umanità senza speranza: «vanità della vanità, tutto è vanità» (Eccl. 1, 1); e ripensate al pauroso verismo di certa letteratura e di certa filosofia contemporanea; e vi convincerete della sincerità della Chiesa nella sua pedagogia spirituale; ella non può passare sotto silenzio l'esperienza della morte e del dissolvimento, a cui la nostra temporale esistenza è condannata. Ma con questa immediata rettifica ad una concezione disperata del nostro vero destino: la vita, in Cristo, sarà vittoriosa. E cioè bisogna ricordare e scoprire l'aspetto positivo della quaresima, cioè della penitenza cristiana. Essa non è voluta e promossa per offendere e per rattristare l'uomo, insaziabilmente avido di vita, di pienezza, di felicità, ma per ammaestrarlo e per condurlo, mediante l'arduo cimento della penitenza, alla conquista, o meglio alla riconquista del «paradiso perduto». Periodo perciò di riflessione si apre davanti a noi. È la concezione, in fondo, della nostra vita che passa all'analisi della coscienza cristiana; è l'autocritica fondamentale, è la filosofia che sfocia nella sapienza, è lo sforzo di salvataggio, dall'inevitabile naufragio travolgente, che accetta la mano salvatrice di Cristo, che ci è offerta in questa palestra spirituale. Procuriamo di comprendere, cerchiamo di profittarne.

mercoledì delle ceneripenitenzaquaresimasalvezza

inviato da Luca Peyron, inserito il 08/12/2004

TESTO

3. Tra luce e tenebra

Gianfranco Ravasi, Mattutino di Avvenire del 23 ottobre 2003

"La fede è un intreccio di luce e di tenebra: possiede abbastanza splendore per ammettere, abbastanza oscurità per rifiutare, abbastanza ragioni per obiettare, abbastanza luce per sopportare il buio che c'è in essa, abbastanza speranze per contrastare la disperazione, abbastanza amore per tollerare la sua solitudine e le sue mortificazioni. Se non avete che luce, vi limitate all'evidenza; se non avete che oscurità, siete immersi nell'ignoto. Solo la fede fa avanzare".

In un articolo che sto leggendo m'imbatto in questa riflessione del teologo e autore spirituale francese Louis Evely. Alcuni sono convinti che la fede sia solo luce, certezza, evidenza e ignorano che Abramo sale verso la vetta del Moria armato, sì di fede, ma anche di paura e col cuore segnato dall'oscurità. Così sarà per Giobbe, il credente che lotta con Dio. Se fosse solo evidenza, allora la fede sarebbe solo una variante della matematica o della geometria. Se fosse solo tenebra, allora sarebbe l'anticamera della disperazione.

Credere è, invece, "avanzare" come dice Evely, è rischiare. E' per questo suo "intreccio di luce e di tenebra" che la fede non ammette il fanatismo, che è una sua orribile scimmiottatura, ma non cade neppure nel dubbio sistematico, riducendosi a mera e sconsolata domanda. Quando, perciò, il cielo s'oscura, non temiamo di aver perso necessariamente la fede; quando la luce è sempre e solo evidente, interroghiamoci sul Dio che stiamo seguendo, per non cadere nell'illusione.

Vorrei concludere ancora con Evely che così definisce la sua fede: "Grazie a quello che di Te conosco, credo in Te per ciò che non conosco ancora, e, in virtù di quello che ho già capito, ho fiducia in Te per ciò che non capisco ancora".

crederefededubbiorapporto con Dio

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inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 20/12/2003