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TESTO

1. Ricomincia sempre   1

Non ti arrendere mai,
neanche quando la fatica si fa sentire,
neanche quando il tuo piede inciampa,
neanche quando i tuoi occhi bruciano,
neanche quando i tuoi sforzi sono ignorati,
neanche quando la delusione ti avvilisce,
neanche quando l'errore ti scoraggia,
neanche quando il tradimento ti ferisce,
neanche quando il successo ti abbandona,
neanche quando l'ingratitudine ti sgomenta,
neanche quando l'incomprensione ti circonda,
neanche quando la noia ti atterra,
neanche quando tutto ha l'aria del niente,
neanche quando il peso dei peccati ti schiaccia.
Invoca il tuo Dio,
stringi i pugni,
sorridi...
E ricomincia!

ricominciarequotidianosperanzadelusionecoraggioforza interiore

3.5/5 (2 voti)

inviato da Cecilia Fallaci, inserito il 22/06/2009

TESTO

2. La vera gloria nasce soltanto dal dolore

Plinio Correa de Oliveira

La vita della Chiesa e la vita spirituale di ogni fedele sono una lotta continua. A volte, Dio concede alla sua Sposa giorni di grandezza spendida, visibile e tangibile. Egli dà alle anime momenti di ammirevole consolazione interiore o esteriore.

Ma la vera gloria della Chiesa e dei fedeli viene dalla sofferenza e dalla lotta. Lotta arida, senza bellezza sensibile né poesia definibile. Lotta in cui si avanza talora nella notte dell'anonimato, nel fango del disinteresse e dell'incomprensione, sotto la bufera e i bombardamenti scatenati dalle forze congiunte del demonio, del mondo e della carne. Una lotta che riempie di ammirazione gli Angeli del Cielo e attira la benedizione di Dio.

combattimento spiritualespiritualitàinterioritàconversione

inviato da Maria Rita Perricone, inserito il 25/11/2007

TESTO

3. Chiamati alla Speranza   2

Primo Mazzolari

Quanta disperazione nei cuori
per le difficoltà della vita,
per l'incomprensione degli altri,
per quello che vediamo attorno a noi,
per le ingiustizie che si compiono
e di cui tante volte siamo vittime!

Sperare in Dio
non è come sperare negli uomini,
che non possono neppure sorreggere
il nostro desiderio
e la nostra piccola fiducia.

Sperare vuol dire resistere
a quello che ogni giorno vediamo
di brutto nella vita.
Che cosa vuol dire questo,
se non ci fosse dietro Qualcuno
che prende il posto della nostra tristezza?

Sperare vuol dire guardare al di là
di questa breve giornata terrena;
vuol dire pensare
ad una giornata che viene,
perché Dio si è impegnato
a far camminare il mondo nella giustizia,

perché il male non può trionfare,
perché Cristo
ha preso l'impegno del bene;
e voi sapete che Cristo
lo ha difeso in questi secoli
nonostante tutte le nostre bestemmie.

disperazionesperanza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Giorgio Musso, inserito il 23/09/2005

TESTO

4. La pace come cammino

Tonino Bello

A dire il vero non siamo molto abituati a
legare il termine pace a concetti dinamici.
Raramente sentiamo dire:
"Quell'uomo si affatica in pace",
"lotta in pace",
"strappa la vita coi denti in pace"...

Più consuete, nel nostro linguaggio,
sono invece le espressioni:
"Sta seduto in pace",
"sta leggendo in pace",
"medita in pace" e,
ovviamente, "riposa in pace".

La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia
da camera che lo zaino del viandante.
Più il comfort del salotto che i pericoli della strada.
Più il caminetto che l'officina brulicante di problemi.
Più il silenzio del deserto che il traffico della metropoli.
Più la penombra raccolta di una chiesa che una riunione di sindacato.
Più il mistero della notte che i rumori del meriggio.

Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire
che la pace non è un dato, ma una conquista.
Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.
Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.

La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia.
Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio.
Rifiuta la tentazione del godimento.
Non tollera atteggiamenti sedentari.
Non annulla la conflittualità.
Non ha molto da spartire con la banale "vita pacifica".

Sì, la pace prima che traguardo, è cammino.
E, per giunta, cammino in salita.
Vuol dire allora che ha le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi,
i suoi percorsi preferenziali ed i suoi tempi tecnici,
i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni. Forse anche le sue soste.

Se è così, occorrono attese pazienti.
E sarà beato, perché operatore di pace,
non chi pretende di trovarsi all'arrivo senza essere mai partito, ma chi
parte.

Col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista,
anche se mai - su questa terra s'intende - pienamente raggiunta.

paceimpegnoresponsabilità

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 30/04/2003

TESTO

5. Ho vissuto una intensa esperienza di Dio   2

Note di Pastorale Giovanile, n. 1/ gennaio 1999

Carissimo amico o amica,

Voglio farti qualche confidenza sulla mia relazione con Dio. Dio occupò il centro della mia vita. Per arrivare a quest'esperienza dovetti fare un notevole sforzo di personalizzazione e di interiorizzazione e mettere in gioco tutte le dimensioni della mia persona: intelligenza, sentimenti, atteggiamenti. E ti posso assicurare che sempre mi sentii pienamente me stesso.

Dio occupò il centro della mia vita come un Padre che mi amava intensamente, con un amore somigliante a quello che sente una madre quando il suo figlio sta per nascere, per questo osai chiamarlo "papà"; Questo amore di Dio - Padre fu la roccia ferma su cui appoggiai sempre la mia vita.

Mi costò molto far capire alla gente che Dio ama gratuitamente, cioè, senza che in noi ci siano motivi speciali perché lui ci ami: essere buoni, bravi, intelligenti, ecc. Per questo narrai le parabole, come quella del padre che accoglie il suo figlio che se n'era andato da casa o quella dei lavoratori della vigna che ricevono lo stesso stipendio anche se non hanno lavorato tutti le stesse ore.

Non è stato facile convincere quella donna samaritana a cui chiesi di darmi un po' d'acqua, che Dio è come una fonte d'acqua che toglie la sete per sempre. Basta relazionarsi con lui in Spirito e verità. Per questo, sentii una grande necessità di lodarlo, di rendergli grazie, soprattutto, quando vidi che le mie parole sul Regno di Dio arrivavano al cuore della gente semplice.

Riconosco che davanti ai grandi avvenimenti - la chiamata degli apostoli, il discorso sul monte, ecc. - mi piaceva passare la notte pregando da solo con Lui, ascoltavo il suo filo di voce dentro di me, vedevo una presenza amorosa nelle persone a cui dovevo parlare e guarire il giorno dopo. Il cielo pieno di stelle della Palestina faceva più maestosa e bella la sua presenza.

Arrivai addirittura a dire, non senza un po' di paura di non essere capito e di scandalizzare i farisei e gli scribi di Israele, che il mio cibo era fare la volontà del Padre mio, anzi che Dio e io eravamo la stessa cosa.

Non credere che questo fare la volontà di Dio fosse, qualcosa di facile. L'ansia di potere e di fama bussavano continuamente alla mia porta, soprattutto quando la gente mi perseguitava per farmi re. Molte volte, ho avuto la sensazione di usare Dio, di fare di Lui un idolo secondo la mia misura e convenienza.

Ci sono stati dei momenti in cui il cammino è diventato più duro. Ci sono stati momenti di solitudine e di sconfitta a causa dell'incomprensione e dell'abbandono dei miei amici. Vivere la relazione con Dio come Padre fu allora un'esperienza dolorosa, soprattutto nel momento della verità, quando la mia vita scorreva inesorabilmente verso la morte.

Nell'orto degli ulivi, il sudore e il sangue inzupparono la mia tunica. Dio rimaneva muto di fronte alla mia passione e alla mia morte. La gente ai piedi della croce mi ricordava con ironia che sempre avevo chiamato Dio Padre e sulla croce arrivai a dubitare di Lui. Però finalmente vinsi la tentazione. Mi misi nel buio tunnel della morte convinto di una cosa sola: Dio era mio Padre e Lui sapeva cosa farsene della mia vita.

Il giorno di Pasqua fu, e continua ad essere, la prova che lui non era nel torto. Quel giorno Dio gridò all'umanità intera e continua a farlo fino ad oggi, che la Croce è la fonte da dove sgorga la vita; che il chicco di grano, se non muore, non produce frutto; che una candela deve consumarsi pian piano se vuole illuminare; che il sale per dare sapore deve sciogliersi; che il lievito deve mescolarsi con la massa fino a scomparire per fare un buon pane per tutti, soprattutto per i più poveri ed emarginati.

Gesù di Nazareth

Gesù CristoDiorapporto con Dio

inviato da Don Giovanni Cuccu, inserito il 22/08/2002