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RACCONTO

1. Seduto su un tronco   2

Questa è una leggenda degli indiani Cherokee a riguardo del "rito di passaggio".

Il padre porta il figlio nella foresta, gli mette una benda sugli occhi e lo lascia lì da solo. Il giovane deve rimanere seduto su un tronco tutta la notte senza togliere la benda finché i raggi del sole non lo avvertono che è mattino. Non può e non deve chiedere aiuto a nessuno. Se sopravvive alla notte, senza andare a pezzi, sarà un uomo.

Non può raccontare della sua esperienza ai suoi amici o a nessun altro, perché ogni giovane deve diventare uomo da solo.

Il ragazzo è chiaramente terrorizzato: sente tanti rumori strani attorno a lui. Ci sono senz'altro bestie feroci che lo circondano. Forse anche degli uomini pericolosi che gli faranno del male.

Il vento soffia forte tutta la notte e scuote il tronco su cui è seduto, ma lui va avanti coraggiosamente, senza togliere la benda dagli occhi. In fondo, è l'unico modo per diventare uomo!

Finalmente, dopo una notte terrificante, esce il sole e si toglie la benda dagli occhi. Ed è così che si accorge che suo padre è seduto sul tronco a fianco a lui. È stato di guardia tutta la notte proteggendo suo figlio da qualsiasi pericolo.

Il padre era lì, anche se il figlio non lo sapeva.

Anche noi non siamo mai soli. Nella notte più terrificante, nel buio più profondo, nella solitudine più completa, anche quando non ce ne rendiamo conto, Dio non ci abbandona mai, e fa la guardia, seduto sul tronco a fianco a noi.

pauraamore di Diorapporto con Diofedefiduciaabbandonoabbandono in Dio

inviato da Qumran2, inserito il 23/12/2020

RACCONTO

2. Il contadino e il poeta   2

Un contadino stanco della solita routine quotidiana, tra campi e duro lavoro, decise di vendere la sua tenuta. Dovendo scrivere il cartello per la vendita decise di chiedere aiuto al suo vicino che possedeva delle doti poetiche innate.

Il romantico vicino accettò volentieri e scrisse per lui un cartello che diceva:
"Vendo un pezzettino di cielo, adornato da bellissimi fiori e verdi alberi, con un fiume, dall'acqua cosi pura e dal colore più cristallino che abbiate mai visto."

Fatto ciò, il poeta dovette assentarsi per un po' di tempo, al suo rientro però, decise di andare a conoscere il suo nuovo vicino.

La sua sorpresa fu immensa nel vedere il solito contadino, impegnato nei suoi lavori agricoli.

Il poeta domandò quindi: "Amico non sei andato via dalla tenuta?"
Il contadino rispose sorridendo: "No, mio caro vicino, dopo aver letto il cartello che avevi scritto, ho capito che possedevo il pezzo più bello della terra e che non ne avrei trovato un altro migliore."

Non aspettare che arrivi un poeta per farti un cartello che ti dica quanto è meravigliosa la tua vita, la tua casa, la tua famiglia e tutto ciò che possiedi...

Ringrazia sempre Dio per la salute che hai, la vita che vivi, per la caparbietà che hai nel lottare per andare avanti.

Che il Signore benedica questo pezzettino di cielo che è la tua vita.
Il tuo risveglio al mattino è la parte migliore, perché è lì che Dio ti dice:
"Alzati, ti regalo un'altra opportunità".
Nasciamo per essere felici, non perfetti
I giorni buoni ti danno felicità
I giorni cattivi ti danno esperienza
I tentativi ti mantengono forte
Le prove ti mantengono umano
Le cadute ti mantengono umile
ma solo Dio ti mantiene in piedi.

accontentarsiringraziare Diogratitudinepresentefelicitàgioia

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 29/12/2018

RACCONTO

3. A cosa serve leggere la Bibbia?   3

C'era un ragazzo che viveva con suo nonno in una fattoria. Ogni mattina il nonno, che era cristiano, si alzava presto e dedicava del tempo a leggere le Scritture.

Il nipote cercava di imitarlo in qualche modo, ma un giorno chiese: «Nonno, io cerco di leggere la Bibbia ma anche le poche volte che riesco a capirci qualcosa, la dimentico quasi subito. Allora a cosa serve? Tanto vale che non la legga più!».

Il nonno terminò tranquillamente di mettere nella stufa il carbone che stava in una cesta, poi disse al nipote: «Vai al fiume, e portami una cesta d'acqua». Il ragazzo andò, ma ovviamente quando tornò non era rimasta acqua nella cesta. Il nonno ridacchiò e disse: «Beh, devi essere un po' più rapido. Dai, muoviti, torna al fiume e prendi l'acqua». Anche questo secondo tentativo, naturalmente, fallì.

Il nipote, senza fiato, disse che era una cosa impossibile, e si mise a cercare un secchio. Ma il nonno insistette: «Non ti ho chiesto un secchio d'acqua, ma una cesta d'acqua. Torna al fiume». A quel punto il giovane sapeva che non ce l'avrebbe fatta, ma andò ugualmente per dimostrare al vecchio che era inutile, per quanto fosse svelto l'acqua filtrava dai buchi della cesta. Così tornò al fiume e portò la cesta vuota al nonno, dicendo: «Vedi? Non serve a niente!».

«Sei sicuro? - disse il nonno - Guarda un po' la cesta». Il ragazzo guardò: la cesta, che prima era tutta nera di carbone, adesso era perfettamente pulita!

«Figlio, questo è ciò che succede quando leggi la Bibbia. Non capirai tutto, né ricorderai sempre ciò che hai letto, ma quando la leggi ti cambierà dall'interno. Dio lavora così nella nostra vita, ci raffina interiormente e a poco a poco ci trasforma perché possiamo assomigliargli».

bibbiaparola di Diocambiamentoconversione

inviato da Qumran2, inserito il 06/07/2018

RACCONTO

4. Finalmente sarò felice   3

Questa è la storia di un uomo che quando era ragazzo e andava a scuola continuava a dire: «Ah! quando lascerò la scuola e comincerò a lavorare, allora sarò felice».
Lasciò la scuola, cominciò a lavorare e diceva: «Ah! quando mi sposerò, sarà la felicità!».
Si sposò, e in capo a pochi mesi constatò che la sua vita mancava di varietà, e allora disse: «Ah, come sarà bello quando avremo dei bambini!».
Vennero i bambini, ed era un'esperienza affascinante, ma piangevano tanto, anche alle due di notte, e il giovane sospirava: «Crescano in fretta!».
E i figli crebbero, non piangevano più alle due di notte, ma facevano una stupidaggine dopo l'altra e cominciarono i veri problemi. E allora l'uomo sognò il momento in cui sarebbe stato di nuovo solo con sua moglie: «Staremo così tranquilli!».
Adesso è vecchio, e ricorda con nostalgia il passato: «Era così bello!».

Un tizio domandò al mio amico Jaime Cohen: «Secondo te, qual è la cosa più divertente degli esseri umani?»

Cohen rispose: «Il fatto che siano sempre contraddittori: hanno fretta di crescere e poi sospirano per l'infanzia perduta. Sacrificano la salute per ottenere il denaro, e poi spendono i soldi per avere la salute. Pensano in modo talmente impaziente al futuro che trascurano il presente e così non si godono né il presente né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai, e muoiono come se non avessero mai vissuto.»

​(P. Coelho, Sono come il fiume che scorre, Ed. Bompiani, 2006, p. 194)

gratitudinevitatempovalore del tempopassatopresentefuturoaspettative

4.5/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 31/05/2018

RACCONTO

5. Il re assetato

Un re, che andava a caccia, arrivò assetato ai piedi di una rupe da cui filtrava, a gocce, un po' d'acqua. Scese da cavallo e staccò dalla sella una coppa d'oro gemmata. Voleva bere. Sul braccio che teneva la coppa stava appollaiato un bel falco: il preferito del re.

Adagio adagio la coppa si riempì; ma quando il re l'avvicinò avidamente alle labbra, il falco scattò, come per lanciarsi in volo, e procurò al braccio che lo sosteneva una tale scossa che l'acqua si rovesciò...

Il re dopo aver accarezzato il falco prediletto, ritornò a raccogliere l'acqua a goccia a goccia; ma quando avvicinò di nuovo la coppa alle labbra, il falco dette uno strido, batté le ali, e il re sobbalzando, rovesciò nuovamente il liquido che aveva raccolto con tanta pazienza. Fece un atto più di dispetto che di rammarico. Pure si contenne, e iniziò la raccolta dell'acqua per la terza volta. Ma quando, per la terza volta, avvicinò la coppa alle labbra, il gioco del falco si ripeté. L'acqua si versò.

Allora il re proruppe in un gesto d'ira furioso. Afferrò il falco e lo scaraventò contro la roccia. Il volatile cadde morto con le ali aperte, come fosse ancora in volo. Intanto la gocciolina, che filtrava lenta dalla rupe, aveva smesso di scorrere. E il re, ora con la rabbia ora con il dispiacere nel cuore, aveva più sete che mai.

Mandò i servi a vedere se sopra la roccia si trovava la polla che dava acqua alla sorgente. La trovarono, ma si fermarono inorriditi: era uno stagno in cui galleggiavano i cadaveri putrefatti di parecchi animali. Certamente quell'acqua, bevuta, avrebbe avvelenato il re. Disse uno dei servi al ritorno: «Sire, se tu avessi bevuto quell'acqua saresti morto».

Il re guardò il falco che gli giaceva ai piedi e chinò la testa. Umilmente chiese perdono al fedele amico che si era sacrificato per lui e inutilmente rimpianse il suo impulsivo gesto d'ira.

comandamentidivietisacrificio

inviato da Qumran2, inserito il 31/05/2018

RACCONTO

6. Il tavolino della nonna

Robin Sharma, Il monaco che vendette la sua Ferrari

C'era una volta una vecchierella che restò vedova del suo adorato marito. Allora andò a vivere con il figlio, la nuora e la loro figlioletta. Un giorno dopo l'altro la sua vista si indeboliva, e il suo udito peggiorava. Le sue mani tremavano al punto che a volte le cadevano i piselli dal piatto, o versava la zuppa. Non sopportando più il disordine che lei involontariamente creava, un giorno il figlio e la nuora sistemarono un tavolino vicino all'angolo delle scope, e da allora la fecero mangiare lì, tutta sola. All'ora di pranzo la nonnina li guardava con gli occhi pieni di lacrime, ma loro le rivolgevano la parola solo per redarguirla quando le cadeva il cucchiaio.

Una sera, appena prima di cena, la bambina era seduta sul pavimento a giocare con le costruzioni. «Che cosa stai costruendo?», le domandò sollecito suo padre. «Sto costruendo un tavolino per te e la mamma, così quando sarete vecchi potrete mangiare nell'angolino». Per un momento, che sembrò durare un'eternità, il padre e la madre rimasero muti, poi scoppiarono a piangere. Si erano resi conto della crudeltà del loro comportamento, e del dolore arrecato alla vecchierella. Da quel giorno la nonna mangiò insieme a loro al grande tavolo da pranzo e se le cadeva un boccone o la forchetta, nessuno ci faceva più caso.

I genitori di questa storia non sono cattive persone. Avevano bisogno soltanto della scintilla della consapevolezza per accendere la candela della compassione. La compassione e i gesti quotidiani di gentilezza rendono la nostra vita assai più ricca. Ogni mattina rifletti sul bene che potrai fare agli altri durante il giorno. Un elogio sincero a chi meno se lo aspetta, un gesto di affetto regalato a un amico nel momento del bisogno, qualche piccola attenzione dimostrata ai tuoi cari senza nessuna ragione particolare, sono benedizioni della vita.

vecchiaiacompassionegentilezzabontàaccettazionepazienza

inviato da Qumran2, inserito il 22/03/2018

RACCONTO

7. Cosa stai guardando?   2

Un giorno un giovane andò dall'eremita e disse: «Padre non andrò mai più in chiesa!»
L'eremita gli chiese il perché.
Il giovane rispose: «Eh! Quando vado in chiesa vedo la sorella che parla male di un'altra sorella; il fratello che non legge bene; il gruppo di canto che è stonato come una campana; le persone che durante le messe guardano il cellulare, e tante altre cose sbagliate che vedo fare in chiesa.»
Gli disse l'eremita: «Va bene. Ma prima voglio che tu mi faccia un favore: prendi un bicchiere pieno d'acqua e fai tre giri per la chiesa senza versare una goccia d'acqua per terra. Dopo di che, puoi lasciare la chiesa.»
E il giovane pensò: troppo facile! E fece tutti e tre i giri come l'eremita gli aveva chiesto. Quando ebbe finito ritornò dall'eremita: «Ecco fatto, padre...»
E l'eremita rispose: «Quando stavi facendo i giri, hai visto la sorella parlare male dell'altra?» Il giovane: «No!»
«Hai visto la gente lamentarsi?» Il giovane: «No!»
«Hai visto qualcuno che sbirciava il cellulare?» Il giovane: «No!»
«Sai perché? Eri concentrato sul bicchiere per non far cadere l'acqua. Lo stesso è nella nostra vita. Quando il nostro sguardo sarà unicamente rivolto a Gesù Cristo, non avremo tempo di vedere gli errori delle persone.»

Chi va via dalla Chiesa a causa delle persone non è mai entrato a causa di Cristo...

chiesacomunitàcritichegiudiziovita comunitariapreghiera

3.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 22/03/2018

RACCONTO

8. La valigia   1

Un uomo morì. Appena varcata la soglia dell'aldilà vide Dio, con una valigia, che gli veniva incontro.
E Dio disse:
- Figlio, è ora di andare.
L'uomo stupito domandò:
- Di già? Così presto? Avevo tanti progetti...
- Mi dispiace ma è giunta l'ora della tua partenza.
E si incamminarono. Curioso l'uomo chiese a Dio:
- Cosa porti nella valigia?
E Dio gli rispose:
- Ciò che ti appartiene.
- Quello che mi appartiene? Porti le mie cose, i miei vestiti, i miei soldi?
Dio rispose:
- Quelle cose non ti sono mai appartenute, erano del mondo.
- Porti i miei ricordi?
- Quelli non ti sono mai appartenuti, erano del tempo.
- Porti i miei talenti?
- Quelli non ti sono mai appartenuti, erano delle circostanze.
- Porti i miei amici, i miei familiari?
- Mi dispiace, loro mai ti sono appartenuti, erano compagni di viaggio.
- Porti mia moglie e i miei figli?
- Loro non ti sono mai appartenuti. Ti sono stati solo affidati.
- Porti il mio corpo?
- Non ti è mai appartenuto. Era della polvere.
- Allora porti la mia anima?
- No, l'anima è mia.
Allora l'uomo, di scatto, afferrò la valigia per guardarvi dentro e, con le lacrime agli occhi disse:
- Ma è vuota! Allora non ho mai avuto niente?
- Beh, le cose materiali, per cui hai tanto lottato, non puoi portarle con te. Il vero bene della vita è il tempo. Ecco perché non dovevi sprecarlo ma impegnarlo per prepararti alla vita eterna, accumulando l'unico tesoro che ha valore nel mio Regno: i tuoi gesti di amore. Il resto non conta nulla.

Questo è quanto ci raccomanda il Signore, con tutto il suo cuore:
Non accumulate per voi tesori sulla terra; accumulate invece per voi tesori in cielo” (Mt 6,19-20)

morteimportanza delle cosealdilàtemporegno di Dioamorevitasenso della vitainterioritàesterioritàgiudizio

4.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 03/12/2017

RACCONTO

9. Il bambino rapito

C'era una pacifica tribù che viveva in pianura ai piedi delle Ande. Un giorno, una feroce banda di predoni, che aveva il covo nascosto tra le vertiginose vette delle montagne, attaccò il villaggio. In mezzo al bottino che portarono via c'era anche un bambino, figlio di una famiglia della tribù di pianura, e lo portarono con loro in montagna.
La gente di pianura non sapeva come fare a scalare la montagna. Non conoscevano nessuno dei sentieri usati dalla gente di montagna, non sapevano come trovare quella gente o come trovare le loro tracce su quel terreno scosceso. Ciò nonostante mandarono un gruppo di uomini, i loro migliori guerrieri, a scalare la montagna per riportare a casa il bambino.
Gli uomini cominciarono la scalata prima in un modo, poi in un altro. Provarono un sentiero, poi un altro. Dopo diversi giorni di duri sforzi, erano riusciti ad andare solo un centinaio di metri su per la montagna. Sentendosi completamente impotenti, gli uomini di pianura si diedero per vinti e si prepararono a tornare al villaggio giù in basso.
Mentre stavano per fare marcia indietro videro la madre del bambino che veniva verso di loro. Si accorsero che stava scendendo dalla montagna che loro non erano riusciti a scalare. E poi videro che portava il bambino in una sacca dietro le spalle. Uno degli uomini dei gruppo la salutò e disse: «Non siamo riusciti a scalare questa montagna. Come hai fatto tu a riuscirci quando noi, che siamo gli uomini più forti del villaggio, non ce l'abbiamo fatta?».
La donna scrollò le spalle e disse: «Non era il vostro bambino!».

Dio ha detto a ciascuno di noi:
«Tu sei il figlio che amo.Tu sei il mio bambino».
E niente e nessuno lo ha fermato per riportarci a casa.

amore di Diosalvezzaamorericercagenitorifiglipaternitàmaternitàtenaciaforzaimpossibile

inviato da Qumran2, inserito il 02/12/2017

RACCONTO

10. Regalare la felicità

Piero Ferrucci, La forza della gentilezza, Oscar Mondadori 2005

Un'antica storia mediorientale racconta di un uomo così buono e disinteressato che Dio decide di premiarlo. Chiama un angelo, e gli dice di andare da lui e domandargli che cosa vuole: qualsiasi desiderio sarà esaudito. L'angelo compare all'uomo gentile e gli comunica la buona notizia. Ma l'uomo gentile risponde: «Io sono già felice. Ho già tutto ciò che desidero». L'angelo gli fa capire che con Dio bisogna avere tatto: se ci fa un regalo, è meglio accettare. Allora l'uomo gentile risponde: «Va bene: voglio che tutti quelli che entrano in contatto con me si sentano bene. Però non voglio saperne nulla». Da quel momento dove l'uomo gentile passava, le piante avvizzite rifiorivano, gli animali più malandati si riavevano, i malati guarivano, gli infelici venivano sollevati dai loro terribili fardelli, chi litigava faceva la pace e chi aveva un problema riusciva a risolverlo. Ma tutto questo avveniva dietro di lui, nella sua scia, senza che egli ne sapesse niente. Non c'erano da parte sua né orgoglio per il bene compiuto né aspettative di alcun genere. Ignaro e contento, l'uomo gentile camminava per le vie del mondo regalando la felicità.

gentilezzafelicitàbontàgratuitàapertura

inviato da Qumran, inserito il 01/12/2017

RACCONTO

11. Il pappagallo

Storia buddista

In una storia buddhista un pappagallo vuole salvare gli animali della foresta accerchiati da un terribile incendio, perciò si immerge nel fiume, poi vola sopra l'incendio e batte le ali, sperando che le poche gocce che riesce a gettare sul fuoco possano spegnerlo. Anche nel nostro caso le nostre poche gocce non possono salvare il mondo. L'incendio divampa sempre più vasto e più furioso. Gli animali urlano terrorizzati, il pappagallo è coperto di fuliggine e stremato dal continuo andirivieni. Anche noi a volte ci troviamo davanti a situazioni drammatiche e insolubili, a problemi molto più grandi di noi. Il pappagallo non demorde, tanto che a un certo punto gli dei, questi dei così spesso distratti e indifferenti al dolore, di fronte alla sua buona volontà e al suo eroismo si commuovono. Le loro lacrime, cadendo sulla Terra, diventano pioggia, una pioggia benefica che spegne l'incendio, un balsamo miracoloso che rincuora e rigenera gli animali spaventati. Sulla furia devastatrice del fuoco ha vinto la dedizione del pappagallo. Ha vinto il cuore.

impegnopiccole coseresponsabilitàimportanza delle piccole cosefiduciasperanzapositività

inviato da Qumran, inserito il 01/12/2017

RACCONTO

12. Alla clinica del Signore   1

Sono stato nella clinica del Signore per farmi dei controlli di routine e ho constatato che ero ammalato.

Quando il Signore mi misurò la pressione, ho visto che avevo la Tenerezza bassa. Nel misurarmi la temperatura, il termometro registrò 40º di Ansietà. Mi fece un elettrocardiogramma e la diagnosi fu che avevo bisogno di diversi bypass di Amore, perché le mie arterie erano bloccate dalla Solitudine e non irroravano il mio cuore vuoto.

Andai in Ortopedia, dato che non potevo camminare al fianco del mio fratello, e non potevo dargli un abbraccio fraterno, perché lo avevo fratturato inciampando nell'Invidia. Mi riscontrò anche una Miopia, dato che non potevo vedere al di là delle cose negative del mio prossimo. Quando dissi di essere Sordo, il Signore mi diagnosticò che avevo tralasciato di ascoltare ogni giorno la sua Voce.

Dopo consulenza gratuita ecco la terapia che mi è stata prescritta:

- al mattino: 1 pillola di riconoscenza
- prima del lavoro: 1 cucchiaio di pace
- durante il giorno ad ore alterne: 1 pillola di pazienza e 1 di umiltà
- prima di coricarmi: 1 capsula di coscienza tranquilla

interioritàspiritualitàguarigione interioreaperturachiusuraegoismo

3.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran, inserito il 01/12/2017

RACCONTO

13. I rocchetti di filo colorato   1

Piero Ferrucci, La forza della gentilezza, Oscar Mondadori 2005

In una storia narrata dal saggio indiano Ramakrishna, una donna va a trovare un'amica che da molto tempo non vedeva. Entrata in casa sua, nota una magnifica collezione di rocchetti di filo colorato. Questa esibizione multicolore la attrae in maniera irresistibile, e quando l'amica va un momento in un'altra stanza, la donna ruba vari rocchetti e li nasconde tenendoli sotto le braccia. L'amica però se ne accorge e, senza accusarla, le dice: «È da tanto tempo che non ci vediamo. Perché non danziamo assieme per festeggiare il nostro incontro?». La donna, imbarazzata, non può rifiutare ma, per non lasciar cadere i rocchetti, è costretta a danzare in modo molto rigido. L'altra la esorta a liberare le braccia e a muoverle danzando, e quella risponde: «Non sono capace, io danzo solo così».

Ramakrishna raccontava questa storia per illustrare la liberazione. Smettere, cioè, di tener stretti con paura i nostri possessi, di aggrapparci ai nostri ruoli e alle nostre idee. E lasciarsi andare. Quando siamo gentili ci occupiamo più degli altri e diventiamo meno schiavi del nostro ego e della sua tirannia; i mostri dell'ansia e della depressione hanno meno appigli dove attaccarsi; i blocchi e gli impacci causati dall'eccessiva attenzione a noi stessi scompaiono.

libertàlibertà interioretimidezzablocchigentilezzaegoismolibertàego

inviato da Qumran, inserito il 25/10/2017

RACCONTO

14. Il pesciolino d'oro   2

C'era una volta un pesciolino d'oro, che un bel giorno prese i suoi sette talenti e guizzò lontano, a cercar fortuna. Non era arrivato tanto lontano che incontrò un'anguilla, che gli disse: «Psst, ehilà compare, dove te ne vai?».
«Me ne vado in cerca di fortuna», rispose fieramente il pesciolino d'oro.
«Sei arrivato al punto giusto», disse l'anguilla. «Per soli quattro talenti ti puoi comprare questa magnifica e velocissima pinna, grazie alla quale viaggerai a velocità doppia».
«Oh, è un ottimo affare», disse estasiato il pesciolino d'oro. Pagò, prese la pinna e nuotò via più velocemente di prima.
Arrivò ben presto dalle parti di una grossa seppia, che lo chiamò.
«Ehilà, compare, dove te ne vai?».
«Sono partito in cerca di fortuna», rispose il pesciolino d'oro.
«L'hai trovata, figliolo», disse la seppia. «Per un prezzo stracciato ti posso vendere questa elica, così viaggerai ancora più in fretta».
Il pesciolino d'oro comprò l'elica con il denaro che gli era rimasto e ripartì a velocità doppia.
Arrivò ben presto davanti a un grosso squalo, che lo salutò.
«Ehilà, compare, dove te ne vai?».
«Sono in cerca di fortuna», rispose il pesciolino d'oro.
«L'hai trovata. Prendi questa comoda scorciatoia», disse lo squalo indicando la sua gola spalancata, «così guadagnerai un sacco di tempo».
«Oh, grazie mille!», esclamò il pesciolino d'oro e si infilò nelle fauci dello squalo, dove venne comodamente digerito.

Chi non sa bene che cosa vuole, finisce, molto facilmente, dove non avrebbe voluto.

faticaimpegnosacrificioobiettiviscoporicerca

inviato da Qumran2, inserito il 15/07/2017

RACCONTO

15. Il foglio e il punto nero   2

Mons. Gianfranco Ravasi, Avvenire, 5/1/2011

Un maestro indù mostrò un giorno ai suoi discepoli un foglio di carta con un punto nero nel mezzo. «Che cosa vedete?», chiese. «Un punto nero!» risposero. «Nessuno di voi è stato capace di vedere il grande spazio bianco!», replicò il maestro.

È questa la legge che fa riempire di cronaca nera i giornali e le televisioni: un solo delitto ha più peso di mille atti di generosità e d'amore, secondo i parametri dell'informazione. Anche noi siamo pronti a cogliere la pagliuzza nell'occhio dell'altro e ignoriamo la luminosità sorridente di tanti sguardi. È normale elencare tutte le amarezze dell'esistenza e ignorare la quiete e le gioie che pure accompagnano la maggior parte dei nostri giorni. Il nostro pensiero si fissa con più facilità sui punti neri del cielo della storia che non sulle distese di azzurro e di luce. Certo, non si deve essere così ottimisti o ingenui da ignorare il male che pure costella le vicende umane, ma non è giusto considerare come marginali la meraviglia delle albe e dei tramonti, lo stupore del sorriso dei bambini, il fascino dell'intelligenza, il calore dell'amore. Il sì è più forte del no.

E in questa linea vorremmo aggiungere un'altra nota. Ce la offre Pirandello nel suo dramma Il piacere dell'onestà (1918) quando il protagonista dichiara: «È molto più facile essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini si dev'essere sempre».

Anche nel bene può, quindi, vigere la stessa legge: il punto più luminoso dell'eroismo attira tutta l'attenzione, facendo dimenticare che è ben più mirabile il tenue filo di luce che percorre tutte le giornate di un genitore dedicato alla sua famiglia, forse con un figlio disabile. C'è un eroismo quotidiano che non fa suonare le trombe davanti a sé, ma che ha in sé una grandezza ben più gloriosa.

benemaleottimismopessimismopositivitànegativitàimpegnoresponsabilità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 15/07/2017

RACCONTO

16. Il passerotto preoccupato   1

«C'era una volta un passerotto beige e marrone che viveva la sua esistenza come una successione di ansie e di punti interrogativi. Era ancora nell'uovo e si tormentava: «Riuscirò mai a rompere questo guscio così duro? Non cascherò dal nido? I miei genitori provvederanno a nutrirmi?». Questi timori passarono, ma altri lo assalirono mentre tremante sul ramo doveva spiccare il primo volo: «Le mie ali mi reggeranno? Mi spiaccicherò al suolo? Chi mi riporterà quassù?».
Naturalmente imparò a volare, ma cominciò a pigolare: «Troverò una compagna? Potrò costruire un nido?». Anche questo accadde, ma il passerotto si angosciava: «Le uova saranno protette? Potrebbe cadere un fulmine sull'albero e incenerire tutta la mia famiglia... E se verrà il falco e divorerà i miei piccoli? Riuscirò a nutrirli?».
Quando i piccoli si dimostrarono belli, sani e vispi e cominciarono a svolazzare qua e là, il passerotto si lagnava: «Troveranno cibo a sufficienza? Sfuggiranno al gatto e agli altri predatori?».
Poi, un giorno, sotto l'albero si fermò il Maestro. Additò il passerotto ai discepoli e disse: «Guardate gli uccelli del cielo: essi non seminano, non mietono e non mettono il raccolto nei granai... eppure il Padre vostro che è nei cieli li nutre!».
Il passerotto beige e marrone improvvisamente si accorse che aveva avuto tutto... E non se n'era accorto.

preoccupazionepaurafiduciaabbandonoprovvidenza

inviato da Qumran2, inserito il 15/07/2017

RACCONTO

17. Riattacca quel ramo   4

Anthony De Mello, La preghiera della rana. Saggezza popolare dell'Oriente, Volume 2

Buddha fu un giorno minacciato di morte da un bandito chiamato Angulimal.

«Sii buono ed esaudisci il mio ultimo desiderio», disse Buddha. «Taglia un ramo di quell'albero.»

Con un colpo solo di spada l'altro eseguì quanto richiesto, poi domandò:
«E ora che cosa devo fare?»
«Rimettilo a posto» ordinò Buddha.
Il bandito rise.

«Sei proprio matto se pensi che sia possibile una cosa del genere.»

«Invece il matto sei tu, che ti ritieni potente perché sei capace di far del male e distruggere. Quella è roba da bambini. La vera forza sta nel creare e risanare.»

mortevitacuracuraredistruggerecrearecreazioneforzadebolezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 15/07/2017

RACCONTO

18. Il fascio di frecce   2

Storia ebraica

Un re buono si trova in punto di morte. Riuniti tutti i sudditi, ordina che gli venga portata una freccia e chiede al meno forte di loro di spezzarla. Questi soddisfa la richiesta con facilità. Poi fa portare un fascio di frecce legate assieme, e chiede al più forte di romperle. Costui, però, malgrado mille sforzi, non ci riesce.

Allora il sovrano dice ai sudditi: «Ecco cosa vi lascio come eredità; l'unione tra voi. Siate uniti gli uni con gli altri. Questo vi darà una grande forza, alla quale, da soli, non sareste mai capace di attingere».

comunitàforzaunionegruppounitàchiesa

inviato da Qumran2, inserito il 07/07/2017

RACCONTO

19. La buca nel marciapiede   3

Bollettino Salesiano, dicembre 2016

Mi alzo una mattina, esco di casa, c'è una buca nel marciapiede, non la vedo, ci casco dentro.
Giorno dopo, esco di casa, mi dimentico che c'è una buca nel marciapiede, e ci ricasco dentro.
Terzo giorno, esco di casa cercando di ricordarmi che c'è una buca nel marciapiede, e invece non me lo ricordo, e ci casco dentro.
Quarto giorno, esco di casa cercando di ricordarmi della buca nel marciapiede, me ne ricordo, e ciononostante non vedo la buca e ci casco dentro.
Quinto giorno, esco di casa, mi ricordo che devo tener presente la buca nel marciapiede e cammino guardando per terra, e la vedo, ma anche se la vedo, ci casco dentro.
Sesto giorno, esco di casa, mi ricordo della buca nel marciapiede, la cerco con lo sguardo, la vedo, cerco di saltarla, ma ci casco dentro.
Settimo giorno, esco di casa, vedo la buca, prendo la rincorsa, salto, sfioro con la punta dei piedi il bordo dall'altra parte, ma non mi basta e ci casco dentro.
Ottavo giorno, esco di casa, vedo la buca, prendo la rincorsa, salto, atterro dall'altra parte! Mi sento così orgoglioso di esserci riuscito, che mi metto a saltellare per la gioia... e mentre saltello, casco di nuovo nella buca.
Nono giorno, esco di casa, vedo la buca, prendo la rincorsa, la salto, e proseguo per la mia strada.
Decimo giorno, soltanto oggi, mi rendo conto che è più comodo e sicuro camminare sul marciapiede di fronte.

La strada della vita è disseminata di buche: abitudini, vizi piccoli e grandi, mancanze fastidiose eppure sempre uguali. In famiglia si litiga sempre per le stesse cose, si confessano sempre gli stessi peccati, si commettono sempre gli stessi errori. Convertirsi significa prendere l'altro marciapiede.

conversionecambiamentopeccatoerrorisbagliare

4.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 09/05/2017

RACCONTO

20. Un amore che non costa   4

Rocco Quaglia, Racconti

Un giorno Pecora Depressa si lamentava: «Nessuno mi ama, nessuno mi vuole bene.»
«Non è vero! - replicò Scribia - Il Buon Pastore ti ama e si prende cura di te.»
«Ma il Buon Pastore ama perché è buono; e poi, lui ama tutte! Io voglio essere amata e apprezzata per le mie buone qualità»,
replicò Pecora Depressa.
«Non c'è problema, - incalzò Scribia - io conosco molti che ti apprezzerebbero e ti amerebbero per le tue buone qualità: per la tua lana, per il tuo latte, e perfino per la tua carne.»
«Ma questo sarebbe amore interessato! - interruppe scandalizzata Pecora Depressa - Io non voglio essere amata per quello che ho, ma per quello che sono!»
«Allora, - replicò Scribia - non ti resta che l'amore del Buon Pastore.»

buon pastoreamore di Dioaccettazionegratuità

5.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 08/05/2017

RACCONTO

21. Le sette meraviglie del mondo   4

Fu chiesto a un gruppo di studenti di redigere la lista di quelle che credono essere «le sette meraviglie del mondo» della nostra epoca.
Ci furono delle differenze, ma ecco quelle che ricevettero più voti:

1. Le piramidi d'Egitto
2. Il Taj Mahal
3. Il Grand Canyon
4. Il Canale di Panama
5. L'Empire State Building
6. La Basilica di S. Pietro
7. Le Grande Muraglia Cinese

Mentre dava le note, l'insegnante notò che una studentessa non aveva consegnato il suo foglio, ancora bianco.
L'insegnante chiese alla studentessa se avesse difficoltà a compilare la sua lista. Lei rispose: «Sì, un po'. È difficile decidere, ce ne sono talmente tante!»
L'insegnante le disse: «Dicci quali sono le possibilità, potremmo aiutarti».
La ragazza esitò un po', poi disse:

«Credo che le sette meraviglie del mondo siano:

1. Vedere
2. Sentire
3. Toccare
4. Gustare
5. Avere dei sentimenti
6. Ridere
7. Amare...».

La classe rimase silenziosa.

Queste cose sono talmente semplici e scontate che ci dimentichiamo a che punto possano essere meravigliose!
Ricorda: Le cose più preziose non posso essere comprate né costruite dall'uomo.

meraviglie del mondonaturaumanitàconsapevolezzagratitudinecreato

inviato da Qumran2, inserito il 14/04/2017

RACCONTO

22. Il filo di cotone   6

Bruno Ferrero, I fiori semplicemente fioriscono

C'era una volta un filo di cotone che si sentiva inutile. «Sono troppo debole per fare una corda» si lamentava. «E sono troppo corto per fare una maglietta. Sono troppo sgraziato per un Aquilone e non servo neppure per un ricamo da quattro soldi. Sono scolorito e ho le doppie punte... Ah, se fossi un filo d'oro, ornerei una stola, starei sulle spalle di un prelato! Non servo proprio a niente. Sono un fallito! Nessuno ha bisogno di me. Non piaccio a nessuno, neanche a me stesso!».
Si raggomitolava sulla sua poltrona, ascoltava musica triste e se ne stava sempre solo. Lo udì un giorno un mucchietto di cera e gli disse: «Non ti abbattere in questo modo, piccolo filo di cotone. Ho un'idea: facciamo qualcosa noi due, insieme! Certo non possiamo diventare un cero da altare o da salotto: tu sei troppo corto e io sono una quantità troppo scarsa. Possiamo diventare un lumino, e donare un po' di calore e un po' di luce. È meglio illuminare e scaldare un po' piuttosto che stare nel buio a brontolare».
Il filo di cotone accettò di buon grado. Unito alla cera, divenne un lumino, brillò nell'oscurità ed emanò calore. E fu felice.

accettazione di sélamentarsiunionesacrificioimpegnoimportanza del singolo

4.5/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 28/12/2016

RACCONTO

23. La lampada del minatore   2

Un uomo scendeva ogni giorno nelle viscere della terra a scavare sale. Portava con sé il piccone e una lampada. Una sera, mentre tornava verso la superficie, in una galleria tortuosa la lampada gli cadde di mano e si infranse al suolo. In un primo tempo il minatore ne fu quasi contento: «Finalmente! Non ne potevo più di questa lampada. Dovevo portarla sempre con me, fare attenzione dove la mettevo, pensare a lei anche durante il lavoro. Adesso ho un ingombro in meno. Mi sento più libero. E poi faccio questa strada da anni, non posso certo perdermi». Ma la strada ben presto lo tradì. Al buio era tutta un'altra cosa. Fece alcuni passi ma urtò contro una parete. Si meravigliò: non era quella la galleria giusta? Come aveva fatto a sbagliarsi così presto? Tentò di tornare indietro gettandosi a terra e camminando a carponi, si ferì le mani e le ginocchia. Gli vennero le lacrime occhi quando si accorse che in realtà era riuscito a fare solo alcuni metri e si ritrovava sempre al punto di partenza. E gli venne un'infinita nostalgia della lampada. Attese umiliato che qualcuno scendesse per venire a cercarlo e gli facesse strada con una lampada.

Alcune domande per capire il senso della storia:
Chi rappresenta il minatore? - Ogni uomo che deve attraversare la vita
Che cos'è la lampada? - La Parola di Dio
Che funzione svolge? - Aiuta i cristiani a trovare la strada giusta, ad illuminare la loro vita
Se la Parola non viene letta né ascoltata? - C'è il buio, l'uomo si accorge che da solo non riesce a vivere bene
L'uomo solo, senza Dio, di chi ha bisogno? - Di qualcuno che lo vada a cercare e gli illumini la vita con la Parola.

Altro finale:
Quando, trascinandosi così sulle ginocchia, mise le mani casualmente sulla sua lampada, provò un piacere immenso, come se avesse incontrato la persona più cara al mondo. La baciò come fosse una reliquia e poi l'accese, con cura. Da allora in avanti non sentì più la noia di portarsela dietro!

Parola di DioSacra Scritturalucestrada

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 27/12/2016

RACCONTO

24. Accogliere lo straniero   4

Papa Francesco, Udienza Generale del 26 ottobre 2016

Alcuni giorni fa, è successa una storia piccolina, di città. C'era un rifugiato che cercava una strada e una signora gli si avvicinò e gli disse: "Ma, lei cerca qualcosa?". Era senza scarpe, quel rifugiato. E lui ha detto: "Io vorrei andare a San Pietro per entrare nella Porta Santa". E la signora pensò: "Ma, non ha le scarpe, come farà a camminare?". E chiama un taxi. Ma quel migrante, quel rifugiato puzzava e l'autista del taxi quasi non voleva che salisse, ma alla fine l'ha lasciato salire sul taxi. E la signora, accanto a lui, gli domandò un po' della sua storia di rifugiato e di migrante, nel percorso del viaggio: dieci minuti per arrivare fino a qui. Quest'uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua Patria per migrare qui. Quando sono arrivati, la signora apre la borsa per pagare il tassista e il tassista, che all'inizio non voleva che questo migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: "No, signora, sono io che devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore". Questa signora sapeva cosa era il dolore di un migrante, perché aveva il sangue armeno e conosceva la sofferenza del suo popolo. Quando noi facciamo una cosa del genere, all'inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po' di incomodità, "ma... puzza...". Ma alla fine, la storia ci profuma l'anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia e pensiamo che cosa possiamo fare per i rifugiati.

papa francescomigrantirifugiatimisericordiaaccoglienzacaritàsolidarietà

inviato da Qumran2, inserito il 27/10/2016

RACCONTO

25. Egli guarda me e io guardo Lui   4

Bruno Ferrero, Il canto del grillo

Il Santo Curato d'Ars incontrava spesso in chiesa un semplice contadino della sua Parrocchia.
Inginocchiato davanti al Tabernacolo, il brav'uomo rimaneva per ore immobile, senza muovere le labbra.
Un giorno, il Parroco gli chiese:
«Cosa fai qui così a lungo?»
«Semplicissimo. Egli guarda me ed io guardo Lui.»

Puoi andare al tabernacolo così come sei. Con il tuo carico di paure, incertezze, distrazioni, confusione, speranze e tradimenti. Avrai una risposta straordinaria:
«Io sono qui!».
«Che ne sarà di me, dal momento che tutto è così incerto?»
«Io sono qui!»
«Non so cosa rispondere, come reagire, come decidermi nella situazione difficile che mi attende.»
«Io sono qui!»
«La strada è così lunga, io sono così piccolo e stanco e solo...»
«Io sono qui!»

eucaristiaadorazionetabernacolorapporto con Dio

inviato da Qumran2, inserito il 05/09/2016

RACCONTO

26. Un giorno sarai uno dei due...   1

John Powell

Quando ero un giovane seminarista, ricordo di essermi recato in infermeria una sera (sinceramente non ne rammento il motivo). Mentre il frate infermiere stava rimboccando le coperte per la notte a due preti costretti a letto, io ero nel corridoio buio e assistetti a tutta la scena. Mentre rimboccava le coperte al primo prete, tirandogliele sotto il mento, l'anziano lo rimbrottò adirato: «Togli la tua faccia dalla mia, fratello». II povero frate andò in silenzio nell'altra stanza dal secondo prete. II prete rispose con gratitudine: «Oh, fratello, sei così buono con noi. Stasera, prima di dormire, dirò una preghiera particolare solo per te». Lì, nel corridoio buio, fui colpito da un'improvvisa consapevolezza. Un giorno io sarei stato uno di quei due vecchi preti. La piena consapevolezza era questa: io stavo già esercitandomi per quel momento. Quando si invecchia, le abitudini prendono il sopravvento. I vecchi eccentrici si esercitano tutta la vita a essere eccentrici. I vecchi santi si esercitano tutta la vita a essere santi.

La vecchiaia è come un conto in banca.
Ritiriamo alla fine quanto vi abbiamo depositato durante tutta la vita...

vecchiaiapazienzairapretisacerdotianzianiabitudinisaggezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 25/08/2016

RACCONTO

27. Dio è come lo zucchero   7

Mancavano cinque minuti alle 16. Trenta bambini, tutti della quinta elementare, quel pomeriggio, erano eccezionalmente irrequieti, agitati, emozionati, chiassosi, rumorosi. Alle ore 16 in punto arrivò la maestra per iniziare l'esame scritto di catechismo: i promossi sarebbero stati ammessi alla prima comunione, esattamente una settimana dopo. Immediatamente un silenzio generale piombó nella sala dove erano seduti i bambini in attesa delle domande.

Prima domanda: "Chi mi sa dire con parole sue chi è Dio?", cominciò a dettare la maestra.
Seconda domanda: "Come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l'ha mai visto?".

Dopo venti minuti, tutti avevano consegnate le risposte. La maestra lesse ad una ad una le prime ventinove; erano piú o meno ripetizione di parole dette e ascoltate molte volte: "Dio è nostro Padre, ha fatto la terra, il mare e tutto ciò che esiste" Le risposte erano esatte, per cui si erano guadagnati la promozione alla Prima Comunione.

Poi chiamò Ernestino, un piccolo vispo bambino biondo, lo fece avvicinare al suo tavolo e gli consegnò il suo foglietto, dicendogli di leggerlo ad alta voce davanti a tutti i suoi compagni. Ernestino, temendo una pesante umiliazione davanti a tutta la classe, con la conseguente bocciatura, cominciò a piangere. La maestra lo rassicurò e lo incoraggiò. Singhiozzando Ernestino lesse:

"Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione. Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza. Ecco, Dio è così, anche se non lo vediamo. Se lui non c'è la nostra vita è amara, è senza gusto".

Un applauso forte riempì l'aula e la maestra ringraziò Ernestino per la risposta così originale, semplice e vera. Poi completò: "Vedete bambini, ciò che ci fa saggi non è il sapere molte cose, ma l'essere convinti che Dio fa parte della nostra vita".

Se la nostra vita è amara, forse è perché manca lo zucchero...

rapporto con Diopreghierainterioritàfede

4.0/5 (5 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 08/02/2016

RACCONTO

28. La scatola magica

ACR, Cammino 2006-2007, Appendice 12-14 allegato A

Un anziano mago inviò al re un misterioso pacco. Pochi giorni dopo morì. Il re, prima di aprire la scatola consultò i suoi consiglieri. "Sicuramente ha un potere magico a noi sconosciuto", risposero. "Va posto in luogo sicuro ma accessibile al popolo". Ogni giorno centinaia di persone presero ad inchinarsi davanti ad essa per ricevere un aiuto anche se, in realtà, non ottenevano nessun beneficio.

Molti anni dopo, chiese udienza al sovrano un saggio di nome Artego, chiedendo di esaminare la scatola per scoprire il mistero che nascondeva. "Non sia mai", replicò il sovrano. "E' troppo fragile e potrebbe rompersi". Il saggio insistette offrendo la sua testa qualora si fosse rotta. Dopo averla esaminata bene, Artego disse: "Ora, sire, saprai la verità!". E così dicendo la gettò a terra. Si udì come un tuono e la sala fu invasa dal fumo. Quando si dileguò, si vide una bottiglietta su cui era scritto "Elisir di serenità, per l'amata maestà!".

"Maestà", concluse il saggio, "era solo un contenitore scherzoso, il vero regalo era sul fondo dove erano riportate le istruzioni! Per secoli avete onorato una scatola e non ciò che conteneva. È quello che succede a che nella vita si ferma all'apparenza e non va in profondità!".

apparenzaessenzialeinterioritàesteriorità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 03/02/2016

RACCONTO

29. Il taglialegna   5

C'era una volta un possente taglialegna in cerca di lavoro. Dopo aver girato diverse città, il taglialegna trovò finalmente impiego presso un importante commerciante di legno. L'ottima paga e le eccellenti condizioni di lavoro convinsero il taglialegna a dare il meglio di sé.

Il primo giorno il capo diede al nuovo arrivato un'ascia e gli indicò l'area del bosco dove avrebbe dovuto lavorare. Al termine della giornata, il possente taglialegna frantumò il record degli altri dipendenti, raggiungendo i 18 alberi abbattuti. Il capo si congratulò sinceramente con lui e questo motivò ancor più il taglialegna.

Il secondo giorno il taglialegna lavorò con tutte le sue energie, ma al tramonto gli alberi abbattuti furono 15. Per nulla demoralizzato, il terzo giorno il taglialegna si impegnò con ancora più vigore, ma anche questa volta il numero di alberi calò: 10 unità. Per quanta energia mettesse nel suo lavoro, giorno dopo giorno, il numero di alberi abbattuti continuò a calare inesorabilmente.

Mortificato, il taglialegna sì presentò dal capo scusandosi per lo scarso rendimento. Al che l'esperto commerciante di legno pose al suo dipendente una semplice domanda: «Quando è stata l'ultima volta che hai affilato la tua ascia?»

Un po' imbarazzato il taglialegna rispose: «Signore, non ho avuto tempo per affilare la mia ascia, ero troppo impegnato a tagliare gli alberi.»

efficaciainterioritàesterioritàspiritualitàallenamento

4.6/5 (9 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 31/07/2014

RACCONTO

30. Parlami di Dio   5

C'era una volta un uomo che voleva conoscere più cose possibili su Dio.
Un mattino, dunque, partì per chiedere a tutti gli uomini e a tutte le cose di parlargli di Dio.
Disse al soldato: "Parlami di Dio!" E il soldato lasciò cadere le armi.
Disse al povero: "Parlami di Dio!' E il povero gli offrì il suo mantello.
Disse al ciliegio: "Parlami di Dio!". E il ciliegio fiorì.
Disse alla casa: "Parlami di Dio!". E la casa aprì la sua porta.
Disse all'albero: "Parlami di Dio!". E l'albero allargò i suoi rami per proteggerlo dai raggi di sole.
Disse al bambino: "Parlami di Dio!". E il bambino si mise a sorridere.
Disse alla neve: "Parlami di Dio!". E la neve continuò a fioccare lieve, lieve.
Disse al pesce: "Parlami di Dio!". E il pesce guizzò via come una freccia.
Disse all'ippopotamo: "Parlami di Dio!". E l'ippopotamo si mise a ciondolare.
Disse al cielo: "Parlami di Dio!". E il cielo indicò la terra e il creato.

Arrivata la sera, l'uomo se ne tornò a casa, tutto contento: non aveva mai imparato tante cose su Dio come in quel giorno! Allora, per non dimenticare nulla, ripassò a memoria tutti gli incontri, e gli venne spontaneo ringraziare.

Grazie soldato: da te ho imparato che Dio è Pace.
Grazie, povero: da te ho imparato che Dio è generosità.
Grazie, ciliegio: da te ho imparato che Dio è bellezza.
Grazie casa: da te ho imparato che Dio accoglie tutti.
Grazie, albero: da te ho imparato che Dio è benigno.
Grazie, bambino: da te ho imparato che Dio è un sorriso.
Grazie, neve: da te ho imparato che Dio è silenzio.
Grazie, pesce: da te ho imparato che Dio è sempre giovane.
Grazie, ippopotamo: da te ho imparato che Dio è umorista.
Grazie, cielo: da te ho imparato che Dio è il grande Creatore di tutto!

Diocreatocreazione

5.0/5 (6 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 21/06/2014

RACCONTO

31. Santità e volontà di Dio   4

Padri del deserto

Un monaco egiziano disse a un anacoreta siriano, tutto eccitato, che voleva andare in città a vedere un santo che operava miracoli e che, con la sua preghiera, risuscitava i morti.

L'altro monaco, sorridendo disse: "Che strane abitudini avete da queste parti: chiamate santo chi piega Dio a fare la propria volontà. Da noi invece, chiamiamo santo chi piega la propria volontà a quella di Dio".

volontà di Diovolontà dell'uomomiracolisantitàsantoaffidamento

5.0/5 (6 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 06/07/2013

RACCONTO

32. Essenzialità

Il filosofo Diogene non solo era contrario ad ogni lusso, ma evitava di utilizzare e di possedere tutto ciò che non era strettamente necessario. Fedele ai suoi principi, egli viveva in una botte ed unico suo utensile era una ciotola di legno con la quale prendeva l'acqua per bere.

Un giorno, mentre passeggiava per la città, vide un bambino che, per bere, prendeva acqua da una fontana utilizzando solo le mani. Così, ritenendola un inutile lusso, Diogene gettò via la sua ciotola.

essenzialitàpovertà

3.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 05/07/2013

RACCONTO

33. Ma Gesù è morto o vivo?   7

«Ma Gesù è morto o vivo?», chiese la piccola Lucia alla nonna. A dire il vero, era un po' che le frullava in testa questa domanda, il parroco era arrivato alla scuola materna e aveva spiegato a lungo che Gesù era stato crocifisso e sepolto.

La nonna capì molto bene la domanda della sua nipotina, andò ad aprire il vangelo, le lesse alcuni fatti: le donne erano andate al sepolcro il mattino dopo il sabato e avevano trovato il sepolcro vuoto! E proprio lì stava un angelo ad annunciare che Gesù era vivo! È risorto, è glorificato dal Padre che non l'ha lasciato nella tomba! E Lucia era piena di gioia.

Qualche giorno dopo, la nonna si recò con Lucia alla messa domenicale. C'era in mezzo all'altare un prete e tra i banchi poca gente, un po' triste e un po' annoiata. Anche le canzoni che una donna dal primo banco intonava erano basse, lente, cantate da pochi e senza convinzione. Allora Lucia, dopo essersi guardata ben bene in giro, disse alla nonna: «Ma loro lo sanno che Gesù è risorto?»

risortorisurrezioneresurrezionegioiapasqua

4.5/5 (14 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 25/03/2013

RACCONTO

34. Il contadino e la pietra   6

In tempi antichi un re fece collocare una pietra enorme in mezzo ad una strada. Quindi, nascondendosi, rimase ad osservare per vedere se qualcuno si sarebbe preso la briga di spostare la grande pietra che troneggiava in mezzo alla strada.

Alcuni mercanti ed altri sudditi molto ricchi passarono da lì e si limitarono a girarle attorno; altri protestarono contro il re dicendo che non manteneva le strade pulite, ma nessuno di loro provò a muovere la pietra da lì. Ad un certo punto passò un campagnolo con un grande carico di verdure sulle spalle; avvicinandosi all'immensa roccia poggiò il carico al lato della strada per tentare di rimuoverla.

Dopo molta fatica e sudore riuscì finalmente a spostare la pietra, spingendola fino al ciglio della strada. Tornò indietro a prendere il suo carico e notò che c'era una piccola borsa nel luogo in cui prima stava la pietra.

La borsa conteneva molte monete d'oro e una lettera scritta dal re che diceva che quell'oro era per la persona che avesse rimosso la pietra dalla strada. Il campagnolo imparò quello che molti di noi neanche comprendono: "Tutti gli ostacoli sono un'opportunità per migliorare la nostra condizione".

difficoltàopportunitàimpegnoresponsabilità

4.2/5 (6 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 06/03/2013

RACCONTO

35. Il discepolo e il sacco di patate   13

Un giorno il saggio diede al discepolo un sacco vuoto e un cesto di patate. "Pensa a tutte le persone che hanno fatto o detto qualcosa contro di te recentemente, specialmente quelle che non riesci a perdonare. Per ciascuna, scrivi il nome su una patata e mettila nel sacco".
Il discepolo pensò ad alcune persone e rapidamente il suo sacco si riempì di patate.
"Porta con te il sacco, dovunque vai, per una settimana" disse il saggio. "Poi ne parleremo".

Inizialmente il discepolo non pensò alla cosa. Portare il sacco non era particolarmente gravoso. Ma dopo un po', divenne sempre più un gravoso fardello. Sembrava che fosse sempre più faticoso portarlo, anche se il suo peso rimaneva invariato.
Dopo qualche giorno, il sacco cominciò a puzzare. Le patate marce emettevano un odore acre. Non era solo faticoso portarlo, era anche sgradevole.

Finalmente la settimana terminò. Il saggio domandò al discepolo: "Nessuna riflessione sulla cosa?".
"Sì Maestro", rispose il discepolo. "Quando siamo incapaci di perdonare gli altri, portiamo sempre con noi emozioni negative, proprio come queste patate. Questa negatività diventa un fardello per noi, e dopo un po', peggiora."
"Sì, questo è esattamente quello che accade quando si coltiva il rancore. Allora, come possiamo alleviare questo fardello?".
"Dobbiamo sforzarci di perdonare".
"Perdonare qualcuno equivale a togliere una patata dal sacco. Quante persone per cui provavi rancore sei capace di perdonare?".
"Ci ho pensato molto, Maestro, disse il discepolo. "Mi è costata molta fatica, ma ho deciso di perdonarli tutti".

perdonomisericordiaaccettazionerancore

4.9/5 (13 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 23/02/2013

RACCONTO

36. I due bebè   9

Nel ventre di una donna incinta si trovavano due bebè. Uno dei due gemelli chiese all'altro:
- Tu credi nella vita dopo il parto?
- Certo. Qualcosa deve esserci dopo il parto. Forse siamo qui per prepararci per quello saremo più tardi.
- Sciocchezze! Non c'è una vita dopo il parto. Come sarebbe quella vita?
- Non lo so, ma sicuramente... ci sarà più luce che qua. Magari cammineremo con le nostre
gambe e ci ciberemo dalla bocca.
- Ma è assurdo! Camminare è impossibile. E mangiare dalla bocca? Ridicolo! Il cordone ombelicale è la via d'alimentazione... Ti dico una cosa: la vita dopo il parto è da escludere. Il cordone ombelicale è troppo corto.
- Invece io credo che debba esserci qualcosa. E forse sarà diverso da quello cui siamo abituati ad avere qui.
- Però nessuno è tornato dall'aldilà, dopo il parto. Il parto è la fine della vita. E in fin dei conti, la vita non è altro che un'angosciante esistenza nel buio che ci porta al nulla.
- Beh, io non so esattamente come sarà dopo il parto, ma sicuramente vedremmo la mamma e lei si prenderà cura di noi.
- Mamma? Tu credi nella mamma? E dove credi che sia lei ora?
- Dove? Tutta intorno a noi! E' in lei e grazie a lei che viviamo. Senza di lei tutto questo mondo non esisterebbe.
- Eppure io non ci credo! Non ho mai visto la mamma, per cui, è logico che non esista.
- Ok, ma a volte, quando siamo in silenzio, si riesce a sentirla o percepire come accarezza il nostro mondo. Sai?... Io penso che ci sia una vita reale che ci aspetta e che ora soltanto stiamo preparandoci per essa...

vitaaldilàvita eternamorteparadiso

4.8/5 (27 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 17/12/2012

RACCONTO

37. Il ricco e il povero   12

Un giorno un uomo ricco consegnò un cesto di spazzatura ad un uomo povero. L'uomo povero gli sorrise e se ne andò col cesto, poi lo svuotò, lo lavò e lo riempì di fiori bellissimi. Ritornò dall'uomo ricco e glielo diede.
L'uomo ricco si stupì e gli disse:
«Perché mi hai donato fiori bellissimi se io ti ho dato la spazzatura?».
E l'uomo povero disse:
«Ogni persona dà ciò che ha nel cuore».

ricchezzapovertàinterioritàesterioritàgenerositàbellezza interiore

4.7/5 (17 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 10/11/2012

RACCONTO

38. Figli   4

Una donna arrivò disperata dal suo ginecologo e disse: "Dottore, lei mi deve aiutare, ho un problema molto, ma molto serio... mio figlio ancora non ha ancora compiuto un anno ed io sono di nuovo incinta, non voglio altri figli in un cosi corto spazio di tempo, ma con qualche anno di differenza...".

Allora il medico domandò: "Bene, allora lei cosa desidera che io faccia?". La signora rispose: "Voglio interrompere questa gravidanza e conto sul suo aiuto".

Il medico allora iniziò a pensare e dopo un lungo silenzio disse: "Per risolvere il suo problema penso di aver trovato il metodo meno pericoloso per lei".

La signora sorrise pensando che il medico avesse accettato la sua richiesta.

Il dottore continuò: "Allora cara signora, per risolvere il suo problema e non stare con due neonati in un così breve spazio di tempo, uccidiamo questo che è fra le sue braccia, cosi lei potrà riposare per nove mesi finché avrà l'altro. Se dobbiamo uccidere, non fa differenza fra questo o quell'altro, anche perché sacrificare questo che lei ha tra le sue braccia è molto più facile, perché non ci saranno rischi per lei".

La donna rimase molto più che disperata e disse: "No dottore, uccidere un bambino è crimine!".

Il dottore rispose: "Anch'io la penso come lei, ma lei era tanto convinta che ho pensato di aiutarla".

Dopo alcune considerazioni, il dottore capì che la sua lezione aveva fatto il suo effetto, e riuscì a far capire alla madre che non c'era la minima differenza fra il figlio tenuto in braccio e quello dentro del suo ventre. Sorrise e disse: "Ci vediamo fra una settimana per la prima ecografia e per sentire il cuoricino del fratellino".

maternitàvitaaborto

4.6/5 (15 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 18/10/2012

RACCONTO

39. La pecora nera alla grotta di Betlemme   8

Angelillo D'Ambrosio, Racconti di Natale, ediz. Aquaviva

C'era una volta una pecora diversa da tutte le altre. Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece. Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco: «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere?». Anche le compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?».

La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle. E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: "Almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all'ombra dei pini." Ma nemmeno in montagna trovò pace. «Che vivere è questo? Sempre da sola!», si diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava. Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce. «Dormirò là dentro!» e si mise a correre. Correva come se qualcuno la attirasse.

«Chi sei?», le domandò una voce appena fu entrata. «Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dal gregge». «La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c'era posto con gli altri nell'albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!». La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù. «Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!». Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana. Gesù si svegliò e le bisbigliò nell'orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!».

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inviato da Qumran2, inserito il 24/06/2012

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40. Le lenzuola sporche   3

Una coppia di sposi novelli andò ad abitare in una bella zona molto tranquilla della città. Una mattina, mentre bevevano il caffè insieme, il giovane marito si accorse, guardando attraverso la finestra aperta, che una vicina stendeva il bucato sullo stendibiancheria dal terrazzo e disse: "Ma guarda com'è sporca la biancheria di quella vicina! Non è capace di lavare? O forse, ha la lavatrice vecchia che non funziona bene? Oppure dovrebbe cambiare detersivo!... Ma qualcuno dovrebbe dirle di lavare meglio! O dovrebbe insegnarli come si lavano i panni!". La giovane moglie guardò e rimase zitta.

La stessa scena e lo stesso commento si ripeterono varie volte, mentre la vicina stendeva il suo bucato al sole e al vento perché si asciugasse.

Dopo qualche tempo, una mattina l'uomo si meravigliò nel vedere che la vicina stendeva la sua biancheria pulitissima e disse alla giovane moglie: "Guarda, la nostra vicina ha imparato a fare il bucato! Chi le avrà detto come si fa?".

La giovane moglie gli rispose: "Caro, nessuno le ha detto e le ha fatto vedere, semplicemente questa mattina, io mi sono alzata presto come sempre per prepararti la colazione e ho preso i tuoi occhiali e ho pulito le lenti!".

...Ed è proprio così anche nella vita... Tutto dipende dalla pulizia delle "lenti dei tuoi occhiali" attraverso cui si osservano i fatti. Prima di criticare, sarebbe meglio guardare bene se il nostro cuore e la nostra coscienza sono "pulite" per vedere meglio. Allora vedremo più nitidamente la pulizia del cuore del vicino...

non giudicaregiudicareapparenzevedere oltre le apparenzepregiudizi

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inviato da Qumran2, inserito il 08/05/2012

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41. Il perdono ai peccatori   1

Dagli Apoftegmi dei Padri del deserto

Un soldato domandò un giorno a un anziano se Dio concede il perdono ai peccatori. E l'anziano rispose: "Ditemi, carissimo, se il vostro mantello è strappato, voi lo buttate via?". Il soldato replicò: "No, lo accomodo e continuo a usarlo". L'anziano concluse: "Se voi vi prendete cura del vostro mantello, Dio non sarà misericordioso verso la propria immagine?".

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inviato da Qumran2, inserito il 08/05/2012

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42. La parte più importante della Messa   6

P. Félix Jiménez

Un catechista chiese un giorno a un gruppo di giovani in preparazione per la Cresima: "Qual è la parte più importante della Messa?"

La maggioranza rispose: "La Consacrazione". Ma uno disse: "La parte più importante è il rito di congedo".

Il catechista stupito chiese: "Perché dici questo?" Ed egli rispose: "La Messa serve a nutrirci con la Parola, il Corpo e il Sangue del Signore. Però la messa inizia quando termina, quando usciamo nelle strade per andare a fare e dire quello che hanno detto i discepoli di Emmaus: Abbiamo riconosciuto il Signore nella frazione del pane, ed è vivo e vive per sempre e per noi".

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inviato da Qumran2, inserito il 26/04/2012

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43. Convertire   1

Martin Buber

Il padre di Mardocheo - il futuro celebre rabbi di Lechowitz - si lamentava della pigrizia del figlio nello studio. In città giunse un santo rabbino. Il padre gli condusse Mardocheo perché lo correggesse. Il rabbino, rimasto solo col ragazzo, lo strinse al cuore e se lo tenne a lungo affettuosamente vicino. Quando il padre ritornò, il rabbino gli disse: "Ho fatto a Mardocheo un po' di morale; d'ora in poi la costanza non gli mancherà". Quando ormai adulto e famoso, Mardocheo, raccontava questo episodio, diceva: "Ho imparato allora come si convertono gli uomini".

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inviato da Qumran2, inserito il 09/04/2012

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44. I quattro figli e il giudizio frettoloso   1

Un uomo aveva quattro figli. Egli desiderava che i suoi figli imparassero a non giudicare le cose in fretta, per questo, invitò ognuno di loro a fare un viaggio, per osservare un albero, che era piantato in un luogo lontano. Il primo figlio andò là in Inverno, il secondo in Primavera, il terzo in Estate, e il quarto, in Autunno. Quando l'ultimo rientrò, li riunì, e chiese loro di descrivere quello che avevano visto.

Il primo figlio disse che l'albero era brutto, torto e piegato.

Il secondo figlio disse invece che l'albero era ricoperto di gemme verdi e promesse di vita.

Il terzo figlio era in disaccordo; disse che era coperto di fiori, che avevano un profumo tanto dolce, ed erano tanto belli da fargli dire che fossero la cosa più bella che avesse mai visto.

L'ultimo figlio era in disaccordo con tutti gli altri; disse che l'albero era carico di frutta, vita e promesse.

L'uomo allora spiegò ai suoi figli che tutte le risposte erano esatte poiché ognuno aveva visto solo una stagione della vita dell'albero. Egli disse che non si può giudicare un albero, o una persona, per una sola stagione, e che la loro essenza, il piacere, l'allegria e l'amore che vengono da quella vita può essere misurato solo alla fine, quando tutte le stagioni sono complete.

Se rinunci all'inverno perderai la promessa della primavera, la ricchezza dell'estate, la bellezza dell'Autunno. Non lasciare che il dolore di una stagione distrugga la gioia di ciò che verrà dopo. Non giudicare la tua vita in una stagione difficile. Persevera attraverso le difficoltà, e sicuramente tempi migliori verranno quando meno te lo aspetti! Vivi ogni tua stagione con gioia.

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inviato da Qumran2, inserito il 16/10/2011

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45. Paradiso e inferno   6

Un sant'uomo ebbe un giorno a conversare con Dio e gli chiese: "Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l'Inferno".

Dio condusse il sant'uomo verso due porte. Aprì una delle due e gli permise di guardare all'interno.

Al centro della stanza, c'era una grandissima tavola rotonda. Sulla tavola, si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant'uomo sentì l'acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall'aspetto livido e malato. Avevano tutti l'aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, legati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po', ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del braccio, non potevano portare il cibo alla bocca. Il sant'uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: "Hai appena visto l'Inferno".

Dio e l'uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l'aprì. La scena che l'uomo vide era identica alla precedente. C'era la grande tavola rotonda, il recipiente colmo di cibo delizioso, che gli fece ancora venire l'acquolina in bocca, e le persone intorno alla tavola avevano anch'esse i cucchiai dai lunghi manici.

Questa volta, però, le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo.

Il sant'uomo disse a Dio: "Non capisco!". "E' semplice", rispose Dio, "dipende da un'abilità: essi hanno appreso a nutrirsi reciprocamente tra loro, mentre gli altri non pensano che a loro stessi".

condivisionealtruismoparadisoinferno

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inviato da Qumran2, inserito il 08/07/2011

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46. La ragione dell'asino   7

Bruno Ferrero, Tante storie per parlare di Dio

Una volta gli animali fecero una riunione.
La volpe chiese allo scoiattolo:"Che cos'è per te Natale?"
Lo scoiattolo rispose: "Per me è un bell'albero con tante luci e tanti dolci da sgranocchiare appesi ai rami".
La volpe continuò: "Per me naturalmente è un fragrante arrosto d'oca. Se non c'è un bell'arrosto d'oca non c'è Natale".
L'orso l'interruppe: "Panettone! Per me Natale è un enorme profumato panettone!".
La gazza intervenne: "Io direi gioielli sfavillanti e gingilli luccicanti. Il Natale è una cosa brillante!".
Anche il bue volle dire la sua: "E' lo spumante che fa il Natale! Me ne scolerei anche un paio di bottiglie".
L'asino prese la parola con foga: "Bue sei impazzito? E' il Bambino Gesù la cosa più importante del Natale. Te lo sei dimenticato?".
Vergognandosi, il bue abbassò la grossa testa e disse: "Ma questo gli uomini lo sanno?".

Solo l'asino conosce la risposta giusta alla domanda fondamentale: «Ma che cosa si festeggia a Natale?».
Anche noi oggi vogliamo chiederci: "Qual è l'elemento essenziale del Natale?" Proviamo a dire il nostro parere.

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inviato da Qumran2, inserito il 28/12/2010

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47. Il grande burrone   6

Bruno Ferrero, Cerchi nell'Acqua, ElleDiCi

Un uomo sempre scontento di sé e degli altri continuava a brontolare con Dio perché diceva: "Ma chi l'ha detto che ognuno deve portare la sua croce? Possibile che non esista un mezzo per evitarla? Sono veramente stufo dei miei pesi quotidiani!" Il Buon Dio gli rispose con un sogno. Vide che la vita degli uomini sulla Terra era una sterminata processione. Ognuno camminava con la sua croce sulle spalle. Lentamente, ma inesorabilmente, un passo dopo l'altro. Anche lui era nell'interminabile corteo e avanzava a fatica con la sua croce personale. Dopo un po' si accorse che la sua croce era troppo lunga: per questo faceva fatica ad avanzare. "Sarebbe sufficiente accorciarla un po' e tribolerei molto meno", si disse, e con un taglio deciso accorciò la sua croce d'un bel pezzo. Quando ripartì si accorse che ora poteva camminare molto più speditamente e senza tanta fatica giunse a quella che sembrava la meta della processione. Era un burrone: una larga ferita nel terreno, oltre la quale però cominciava la "terra della felicità eterna". Era una visione incantevole quella che si vedeva dall'altra parte del burrone. Ma non c'erano ponti, né passerelle per attraversare. Eppure gli uomini passavano con facilità. Ognuno si toglieva la croce dalle spalle, l'appoggiava sui bordi del burrone e poi ci passava sopra. Le croci sembravano fatte su misura: congiungevano esattamente i due margini del precipizio. Passavano tutti, ma non lui: aveva accorciato la sua croce e ora era troppo corta e non arrivava dall'altra parte del baratro. Si mise a piangere e a disperarsi: "Ah, se l'avessi saputo...".

La croce è l'unica via di salvezza per gli uomini, l'unico ponte che conduce alla vita eterna.

crocesalvezzaaccettazione

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inviato da Qumran2, inserito il 26/06/2010

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48. Gli animali dell'eremita   2

Si racconta di un vecchio anacoreta eremita: una di quelle persone che per amore a Dio si rifugiano nella solitudine del deserto, del bosco o delle montagne per dedicarsi solamente alla orazione e alla penitenza. Molte volte si lamentava di essere sempre occupatissimo.

La gente non capiva come fosse possibile che avesse tanto da fare nel suo ritiro. Ed egli spiegò:
«Devo domare due falconi, allenare due aquile, tenere quieti due conigli, vigilare su un serpente, caricare un asino e sottomettere un leone.»

«Non vediamo nessun animale vicino alla grotta dove vivi. Dove sono tutti questi animali?»

Allora l'eremita diede una spiegazione che tutti compresero.

«Questi animali li abbiamo dentro di noi.
I due falconi, si lanciano sopra tutto ciò che gli si presenta, buono e cattivo.
Devo allenarli perché si lancino solo sopra le buone prede...
Sono i miei occhi.

Le due aquile con i loro artigli feriscono e distruggono.
Devo allenarle perché si mettano solamente al servizio e aiutino senza ferire...
Sono le mie mani.

E i conigli vanno dovunque gli piaccia, tendono a fuggire gli altri e schivare le situazioni difficili.
Gli devo insegnare a stare quieti anche quando c'è una sofferenza, un problema o qualsiasi cosa che non mi piaccia...
Sono i miei piedi.

La cosa più difficile è sorvegliare il serpente anche se si trova rinchiuso in una gabbia con 32 sbarre.
E' sempre pronto a mordere e avvelenare quelli che gli stanno intorno appena si apre la gabbia, se non lo vigilo da vicino, fa danno...
E' la mia lingua.

L'asino è molto ostinato, non vuole fare il suo dovere.
Pretende di stare a riposare e non vuole portare il suo carico di ogni giorno...
E' il mio corpo.

Finalmente ho necessità di domare il leone, vuole essere il re, vuole essere sempre il primo,
È vanitoso e orgoglioso...
Questo è... il mio cuore.»

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inviato da Qumran, inserito il 03/05/2010

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49. La fede   4

Bruno Ferrero, La vita è tutto ciò che abbiamo

I campi erano arsi e screpolati dalla mancanza di pioggia. Le foglie pallide e ingiallite pendevano penosamente dai rami. L'erba era sparita dai prati. La gente era tesa e nervosa, mentre scrutava il cielo di cristallo blu cobalto.

Le settimane si succedevano sempre più infuocate. Da mesi non cadeva una vera pioggia.

Il parroco del paese organizzò un'ora speciale di preghiera nella piazza davanti alla chiesa per implorare la grazia della pioggia.

All'ora stabilita la piazza era gremita di gente ansiosa, ma piena di speranza. Molti avevano portato oggetti che testimoniavano la loro fede. Il parroco guardava ammirato le Bibbie, le croci, i rosari. Ma non riusciva a distogliere gli occhi da una bambina seduta compostamente in prima fila. Sulle ginocchia aveva un ombrello rosso.

fedefiduciasperanzafiducia in Dio

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inviato da Qumran2, inserito il 17/07/2009

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50. Credere senza vedere   3

Un imperatore disse al rabbino Yeoshua Ben Hanania: «Vorrei tanto vedere il vostro Dio.»
«È impossibile», rispose il rabbino.
«Impossibile? Allora, come posso affidare la mia vita a qualcuno che non posso vedere?»
«Mostratemi la tasca dove avete riposto l'amore per vostra moglie. E lasciate che io lo pesi, per vedere se è grande.»
«Non siate sciocco. Nessuno può serbare l'amore in una tasca», rispose l'imperatore.
«Il sole è soltanto una delle opere che il Signore ha messo nell'universo, eppure non potete vederlo bene. Tanto meno potete vedere l'amore, ma sapete di essere capace di innamorarvi di una donna e di affidarle la vostra vita. Non vi sembra evidente che esistono alcune cose nelle quali confidiamo anche senza vederle?»

fedecredereinterioritàesterioritàDio

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inviato da Qumran2, inserito il 06/10/2006

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51. Gli errori del cuore

Paulo Coelho

Noi siamo abituati alla vecchia scusa: anche se conosciamo che il nostro cuore sa qual è la decisione migliore da prendere, non seguiamo mai ciò che dice - e, per giustificare la nostra vigliaccheria, ci convinciamo che era in errore. Una bella storia di Gibran illustra fino a dove ci possono portare le limitazioni.

Disse l'Occhio: "Guardate che bella montagna abbiamo sul nostro orizzonte!". L'Orecchio tentò di udirla, ma non ci riuscì. Allora la Mano disse: "Sto cercando di sentirla, ma non la trovo". Fu la volta del Naso: "Non c'è nessuna montagna, perché non ne sento l'odore". E tutti giunsero alla conclusione che l'Occhio era in errore.

decideredecisioneconversioneveritàerrorecoscienzacuore

inviato da Qumran2, inserito il 10/09/2006

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52. Scrivilo sulla pietra   4

Racconta una storia di due amici che camminavano nel deserto. In qualche momento del viaggio cominciarono a discutere, ed un amico diede uno schiaffo all'altro. Addolorato, ma senza dire nulla, scrisse nella sabbia:
Il mio migliore amico oggi mi ha dato uno schiaffo.

Continuarono a camminare, finché trovarono un'oasi, dove decisero di fare un bagno. L'amico che era stato schiaffeggiato rischiò di affogare, ma il suo amico lo salvò. Dopo che si è ripreso, scrisse in una pietra:
Il mio migliore amico oggi mi ha salvato la vita.

L'amico che aveva dato lo schiaffo e aveva salvato il suo migliore amico domandò: «Quando ti ho ferito hai scritto nella sabbia, e adesso lo fai in una pietra. Perché?».

L'altro amico rispose: «Quando qualcuno ci ferisce dobbiamo scriverlo nella sabbia, dove i venti del perdono possono cancellarlo. Ma quando qualcuno fa qualcosa di buono per noi, dobbiamo inciderlo nella pietra, dove nessun vento possa cancellarlo».

amiciziaascoltodisponibilitàperdono

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inviato da Qumran2, inserito il 27/06/2003