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RACCONTO

1. Regalare la felicità

Piero Ferrucci, La forza della gentilezza, Oscar Mondadori 2005

Un'antica storia mediorientale racconta di un uomo così buono e disinteressato che Dio decide di premiarlo. Chiama un angelo, e gli dice di andare da lui e domandargli che cosa vuole: qualsiasi desiderio sarà esaudito. L'angelo compare all'uomo gentile e gli comunica la buona notizia. Ma l'uomo gentile risponde: «Io sono già felice. Ho già tutto ciò che desidero». L'angelo gli fa capire che con Dio bisogna avere tatto: se ci fa un regalo, è meglio accettare. Allora l'uomo gentile risponde: «Va bene: voglio che tutti quelli che entrano in contatto con me si sentano bene. Però non voglio saperne nulla». Da quel momento dove l'uomo gentile passava, le piante avvizzite rifiorivano, gli animali più malandati si riavevano, i malati guarivano, gli infelici venivano sollevati dai loro terribili fardelli, chi litigava faceva la pace e chi aveva un problema riusciva a risolverlo. Ma tutto questo avveniva dietro di lui, nella sua scia, senza che egli ne sapesse niente. Non c'erano da parte sua né orgoglio per il bene compiuto né aspettative di alcun genere. Ignaro e contento, l'uomo gentile camminava per le vie del mondo regalando la felicità.

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inviato da Qumran, inserito il 01/12/2017

RACCONTO

2. I rocchetti di filo colorato   1

Piero Ferrucci, La forza della gentilezza, Oscar Mondadori 2005

In una storia narrata dal saggio indiano Ramakrishna, una donna va a trovare un'amica che da molto tempo non vedeva. Entrata in casa sua, nota una magnifica collezione di rocchetti di filo colorato. Questa esibizione multicolore la attrae in maniera irresistibile, e quando l'amica va un momento in un'altra stanza, la donna ruba vari rocchetti e li nasconde tenendoli sotto le braccia. L'amica però se ne accorge e, senza accusarla, le dice: «È da tanto tempo che non ci vediamo. Perché non danziamo assieme per festeggiare il nostro incontro?». La donna, imbarazzata, non può rifiutare ma, per non lasciar cadere i rocchetti, è costretta a danzare in modo molto rigido. L'altra la esorta a liberare le braccia e a muoverle danzando, e quella risponde: «Non sono capace, io danzo solo così».

Ramakrishna raccontava questa storia per illustrare la liberazione. Smettere, cioè, di tener stretti con paura i nostri possessi, di aggrapparci ai nostri ruoli e alle nostre idee. E lasciarsi andare. Quando siamo gentili ci occupiamo più degli altri e diventiamo meno schiavi del nostro ego e della sua tirannia; i mostri dell'ansia e della depressione hanno meno appigli dove attaccarsi; i blocchi e gli impacci causati dall'eccessiva attenzione a noi stessi scompaiono.

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inviato da Qumran, inserito il 25/10/2017

TESTO

3. Essere generosi è mollare la presa

Piero Ferrucci, La forza della gentilezza, Oscar Mondadori 2005

Essere generosi vuol dire vincere l'antica ansia di perdere ciò che possediamo. Vuol dire ridisegnare i nostri confini. Per la persona generosa i confini sono permeabili. Ciò che è tuo - la tua sofferenza, i tuoi problemi - è anche mio: questa è la compassione. Ciò che è mio - i miei possessi, le mie abilità e conoscenze, le mie risorse, il mio tempo, la mia energia - è anche tuo. Questa è la generosità.

Con la vittoria sui livelli antichi dell'inconscio e una ridefinizione dei confini, la generosità provoca in noi una trasformazione profonda. Inutile negarlo: spesso anche la persona più rilassata e gioviale nell'intimo è aggrappata ai suoi averi con tutte le sue forze. Questi muscoli emotivi sono sempre tesi. Ciò che abbiamo, o che crediamo di avere, ce lo teniamo stretto: una persona, una posizione sociale, un oggetto, la nostra sicurezza. E in questo trattenere c'è paura. Siamo come quei bambini, descritti da una parabola buddhista, che su una spiaggia hanno costruito i loro castelli di sabbia. Ognuno ha il suo castello. Ognuno ha il suo territorio. Tutti si sentono importanti: «È mio!», «È mio!». Magari si azzuffano, fanno la guerra. Poi cala la sera, i bambini ritornano alle loro case. Dimenticano i castelli di sabbia e vanno a dormire. Intanto l'alta marea cancella tutto. I nostri monumenti più preziosi sono castelli di sabbia. Vogliamo prenderci veramente così sul serio? La generosità molla la presa, è molto più rilassata.

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inviato da Qumran2, inserito il 21/08/2017