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TESTO

541. Se la nota dicesse...   2

Michel Quoist, Parlami d'amore

Se la nota dicesse: non è una nota che fa la musica
...non ci sarebbero le sinfonie.
Se la parola dicesse: non è una parola che può fare una pagina
...non ci sarebbero i libri.
Se la pietra dicesse: non è una pietra che può alzare un muro
...non ci sarebbero case.
Se la goccia d'acqua dicesse: non è una goccia d'acqua che può fare un fiume
...non ci sarebbe l'oceano.
Se il chicco di grano dicesse: non è un chicco di grano che può seminare un campo
...non ci sarebbe la messe.
Se l'uomo dicesse: non è un gesto d'amore che può salvare l'umanità
...non ci sarebbero mai né giustizia né pace, né dignità né felicità sulla terra degli uomini.
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota
Come il libro ha bisogno di ogni parola
Come la casa ha bisogno di ogni pietra
Come l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acqua
Come la messe ha bisogno di ogni chicco
l'umanità intera ha bisogno di te,
qui dove sei,
unico,
e perciò insostituibile.

versione breve
L'umanità ha bisogno di te
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota
Come il libro ha bisogno di ogni parola
Come la casa ha bisogno di ogni pietra
Come l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acqua
Come la messe ha bisogno di ogni chicco
l'umanità intera ha bisogno di te, qui dove sei, unico, e perciò insostituibile.

responsabilitàmissionevocazioneimportanza del singolo

5.0/5 (1 voto)

inviato da Andrea Aversa, inserito il 24/05/2002

PREGHIERA

542. Tu sei Dio   1

Michel Quoist

Gesù, senza troppa difficoltà credo che Tu sia Dio.
Tuo Padre me lo ha suggerito, ne sono sicuro,
poiché ci hai detto che da soli li non potevamo crederlo,
e lo ringrazio per questo dono meraviglioso
che trasforma la mia vita;
ma confesso, non è facile per me credere che Tu sia uomo.
Non un superuomo: un uomo. Uno vero.
E che non hai giocato a fare l'uomo, mascherato da uomo
per fingere di essere come noi, solidale per tutta la nostra vita.
Eppure, Signore, se ogni tanto faccio fatica a crederlo
quando medito questo mistero soltanto nella mia testa,
è per me la più meravigliosa delle notizie
quella che mi colma di riconoscenza e di gioia,
quando la contemplo nel mio cuore.
Poiché è ai miei occhi la prova più sicura, la più sconvolgente,
che ci ami sopra ogni altra cosa,
e che questo amore ci è vicino, così vicino da toccarci,
da mettere radici in noi.
In questa umanità da Te creata, ma così lontana,
da Te così lontana se non fossi venuto.
Perché avresti potuto amare dall'alto, Signore,
e mandarci un ambasciatore che Ti rappresentasse,
e invece ti sei spostato personalmente.
Saresti potuto venire accanto a noi, Tu, Dio, per trascinarci.
E noi, uomini, per seguirti.
Ma Tu sei venuto tra di noi, uomo come noi,
talmente come noi che siamo diventati fratelli.
Fratelli del bimbo che piangeva, beveva il latte di sua madre.
Fratelli del fanciullo che imparava a leggere, a pregare.
Fratelli dell'uomo che predicava così bene... troppo bene,
da morirne fra le torture, offrendo la sua vita per noi.
Fratello.
Nostro fratello Gesù,
grazie perché sei venuto tra noi come uomo vero.
Amen.

umanitàNataleincarnazioneamore di Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 24/05/2002

PREGHIERA

543. Il mio sì

John Henry Newman

Io sono creato per fare e per essere qualcuno
per cui nessun altro è creato.
Io occupo un posto mio
nei consigli di Dio, nel mondo di Dio:
un posto da nessun altro occupato.
Poco importa che io sia ricco, povero
disprezzato o stimato dagli uomini:
Dio mi conosce e mi chiama per nome.
Egli mi ha affidato un lavoro
che non ha affidato a nessun altro.
Io ho la mia missione.
In qualche modo sono necessario ai suoi intenti
tanto necessario al posto mio
quanto un arcangelo al suo.
Egli non ha creato me inutilmente.
Io farò del bene, farò il suo lavoro.
Sarò un angelo di pace
un predicatore della verità
nel posto che egli mi ha assegnato
anche senza che io lo sappia,
purché io segua i suoi comandamenti
e lo serva nella mia vocazione.

vocazionemissioneresponsabilità

inviato da Luca Soliani, inserito il 24/05/2002

RACCONTO

544. La storia di Mark

Mark Eklund era in terza elementare e io insegnavo al Saint Mary's School a Morris, Minnesota. Ero affezionata a tutti e 34 i miei studenti, ma Mark era uno su un milione. Molto ordinato e preciso in apparenza, ma aveva quell'atteggiamento di essere-felice-di-vivere (happy-to-be-alive attitude) che faceva perfino la sua occasionale birbanteria deliziosa.

Mark parlava incessantemente. Dovevo ricordargli sempre che parlare senza permesso non era accettabile. Ciò che mi impressionava tanto, però, era la sua sincera risposta ogni volta che io dovevo correggerlo per cattivo comportamento: "Grazie per avermi corretto, Sorella!". All'inizio non sapevo cosa fare, ma dopo poco mi abituai a sentirlo molte volte al giorno.

Una mattina la mia pazienza era diventata sottile quando Mark parlò una volta di troppo, ed io commisi un errore da insegnante principiante. Guardai Mark e dissi, "Se dici ancora una parola, ti chiuderò le labbra con il nastro"! Passarono dieci secondi quando Chuck rivelò: "Mark sta parlando ancora." Io non avevo chiesto a nessuno degli studenti di aiutarmi a guardare Mark, ma dovetti punirlo davanti alla classe.

Ricordo la scena come se fosse successa questa mattina. Camminai verso la mia scrivania, aprii intenzionalmente il mio cassetto e tirai fuori un rotolo di nastro adesivo. Senza dire una parola, mi avvicinai al banco di Mark, strappai due pezzi di nastro e feci con essi una grande X sulle sue labbra. Poi tornai all'inizio della stanza. Mentre lanciai un'occhiata per vedere cosa stava facendo, lui mi strizzò l'occhio. Ciò fece! Io iniziai a ridere. La classe si rallegrò e applaudì. Tornai al banco di Mark, tolsi il nastro, e feci spallucce. Le sue prime parole furono: "Grazie per avermi corretto, Sorella."

Alla fine dell'anno, fui richiesta per insegnare alla classe di matematica della scuola media. Gli anni volarono, e presto seppi che Mark era ancora nella mia classe. Era più carino che mai e cosi educato. Poiché lui doveva mettere in lista attentamente le mie istruzioni sulla "nuova matematica", non parlò cosi tanto come aveva fatto in terza. Un venerdì le cose non andavano molto bene. Avevamo lavorato duramente su un nuovo concetto tutta la settimana e avevo la sensazione che gli studenti fossero accigliati, frustrati con se stessi e nervosi gli uni con gli altri. Dovevo fermare questo prima che mi sfuggisse di mano.

Così chiesi a loro di fare una lista con i nomi degli altri studenti nella stanza su due fogli di carta, lasciando uno spazio tra ogni nome. Poi dissi loro di pensare alla cosa più simpatica che potessero dire riguardo ad ognuno dei loro compagni di classe e di scriverla. Per finire il compito, la classe prese il resto del tempo e quando gli studenti lasciarono la stanza, ognuno mi passò il foglio. Charlie sorrise. Mark disse: "Grazie per avermi insegnato, Sorella. Buon fine settimana". Quel sabato annotai il nome di ogni studente su un foglio di carta separato, e misi in lista ciò che ognuno aveva detto di quella persona. Il lunedì diedi ad ogni studente il suo o la sua lista.
Dopo poco, l'intera classe stava sorridendo.
"Davvero?", sentii bisbigliato.
"Non sapevo di significare qualcosa per qualcuno!".
"Non sapevo di piacere cosi tanto agli altri".
Nessuno menzionò mai quei fogli ancora in classe.
Non sapevo se loro li avessero discussi dopo la classe o con i loro genitori, ma ciò non importava.
L'esercizio aveva raggiunto il suo scopo. Gli studenti erano ancora felici con se stessi e gli uni con gli altri. Il gruppo di studenti si era rimesso in marcia.

Diversi anni più tardi, dopo che tornai dalle mie vacanze, i miei genitori mi vennero incontro all'aeroporto. Quando stavamo guidando verso casa, mia Madre mi chiese le solite domande sulla gita, sul tempo, le mie esperienze in generale. Ci fu una pausa nella conversazione. Mia madre diede a mio padre un'occhiata di lato e disse semplicemente: "Papà?". Mio padre si schiarì la gola come faceva di solito prima di qualcosa importante. "Gli Eklunds hanno chiamato la notte scorsa", iniziò. "Davvero?" dissi. "Non li avevo sentiti per anni. Mark come sta?". Mio Padre rispose in modo sommesso: "Mark è stato ucciso in Vietnam", disse. "I funerali sono domani, e i suoi genitori vorrebbero che tu fossi presente". Da quel giorno posso ancora indicare il punto esatto sulla I-494 dove mio Padre mi disse di Mark.

Non avevo mai visto prima un militare in una bara militare. Mark appariva così carino, così maturo. Tutto ciò che potevo pensare in quel momento era: "Mark, darei tutto il nastro adesivo del mondo se solo tu potessi parlarmi". La chiesa era affollata di amici di Mark. La sorella di Chuck canto "L'inno di Guerra della Repubblica". Perché doveva piovere nel giorno dei funerali? Era già difficile così! Il pastore disse le solite preghiere e il trombettiere suonò i colpi. Uno dopo l'altro quelli che amavano Mark si misero in cammino verso la bara e la bagnarono con l'acqua santa. Io fui l'ultima a benedire la bara.
Mentre stavo in piedi, uno dei soldati che avevano portato la bara salì verso di me.
"Era lei l'insegnante di matematica di Mark?" mi chiese.
Io feci cenno di sì con il capo mentre continuavo a fissare la bara.
"Mark ha parlato molto di lei", lui disse.
Dopo il funerale, quasi tutti i vecchi compagni di classe di Mark si diressero alla fattoria di Chuck per il pranzo. La madre e il padre di Mark erano lì; ovviamente mi aspettavano.
"Vogliamo mostrarle qualcosa", suo padre disse, estraendo un portafoglio dalla sua tasca. "Hanno trovato questo su Mark quando fu ucciso. Pensiamo che lei possa riconoscerlo".

Aprendo il portafoglio, con attenzione tolse due pezzi logori di carta di taccuini che erano stati evidentemente legati, piegati e ripiegati molte volte. Sapevo senza guardare che i fogli erano quelli sui quali avevo messo in lista tutte le cose buone che ogni compagno di classe di Mark aveva detto su di lui.

"Grazie tanto per aver fatto ciò", disse la madre di Mark. "Come può vedere, Mark lo ha apprezzato molto".

I compagni di classe di Mark iniziarono a radunarsi intorno a noi.
Charlie sorrise in modo piuttosto imbarazzato e disse: "Io ho ancora la mia lista. E' nel primo cassetto della mia scrivania a casa".
La moglie di Chuck disse: "Chuck mi ha chiesto di mettere la sua nell'album del matrimonio".
"Anch'io ho la mia", disse Marilyn. "E' nel mio diario."
Poi Vicki, un'altra compagna di classe, raggiunse la sua borsetta, prese il suo portafogli e mostrò la sua consumata e logora lista del gruppo. "Io porto questa con me sempre", disse Vicki senza battere ciglio.
"Penso che tutti noi abbiamo salvato la nostra lista".
Qui fu quando alla fine mi sedetti e piansi.
Piansi per Mark e per tutti i suoi amici che non lo avrebbero mai più visto.

La densità delle persone nella società è cosi spessa che dimentichiamo che la vita finirà un giorno. E non sappiamo quando quel giorno sarà. Così per favore, dì alle persone che ami e a cui vuoi bene che sono molto speciali ed importanti. Diglielo, prima che sia troppo tardi.

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La storia dà anche l'idea per un'attività molto carina che si può fare con ragazzi ed adolescenti: come ha fatto l'insegnante di Mark, fate scrivere ad ognuno qualcosa di simpatico o di bello su ognuno degli altri componenti del gruppo, e poi date ad ognuno i suoi foglietti, oppure fateli leggere tutti ad alta voce.

E' un'attività che può andare molto bene sopratutto con gli adolescenti (ma può andare anche con i ragazzi) in quanto spesso hanno "crisi d'identità", o comunque non hanno una sufficiente autostima: il sentirsi dire cose simpatiche o comunque belle sul proprio conto può essere una buona iniezione di fiducia ed autostima.

Inoltre, aiuta tutti a guardare ad ognuno degli altri componenti del gruppo in modo positivo, e questo è ottimo per due motivi: innanzitutto fa fare lo sforzo di pensare a tutti gli altri, quando invece spesso qualcuno è messo da parte e non lo si considera mai; in secondo luogo, fa pensare agli altri in modo positivo, e anche questa è una cosa molto buona.

amiciziaamoreimportanza del singolocomplimentibontàconoscenzapositivopositività

5.0/5 (2 voti)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 24/05/2002

PREGHIERA

545. Preghiera del mattino   1

Guy De Larigaudie

Mio Dio, ti offro questa giornata.
Tutte le mie azioni, tutti i miei pensieri,
tutte le mie parole, tutti i miei passi, tutti i miei gesti.
Tutte le mie gioie e tutte le mie tristezze.
Tutto ciò che potrò fare di bene in questo giorno,
o mio Dio, io lo depongo ai tuoi piedi
per la tua gloria e per la salvezza delle anime.
Amen.

offertanuovo giorno

inviato da Andrea Aversa, inserito il 23/05/2002

TESTO

546. Quando la vita è una festa   1

Madeleine Delbrel

Ciascun atto docile
ci fa ricevere pienamente Dio
e dare pienamente Dio
in una grande libertà di spirito.
Allora la vita è una festa.
Ogni piccola azione è un avvenimento immenso
nel quale ci viene dato il paradiso.
Non importa che cosa dobbiamo fare:
tenere in mano una scopa o una penna,
parlare o tacere,
rammendare o fare una conferenza,
curare un malato o usare il computer.
Tutto ciò non è che la scorza
della realtà splendida:
l'incontro dell'anima con Dio
rinnovata ad ogni minuto,
che ad ogni minuto si accresce in grazia,
sempre più bella per il suo Dio.
Suonano? Presto, andiamo ad aprire:
è Dio che viene ad amarci.
Un'informazione?...Eccola:
è Dio che viene ad amarci.
È l'ora di metterci a tavola?
Andiamoci: è Dio che viene ad amarci.

temporicerca di Dioquotidianità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 23/05/2002

RACCONTO

547. Il mondo rovesciato

Nel granaio di una fattoria, in campagna, vive il pipistrello Bastiano. Di notte, Bastiano, vola sulla fattoria orientandosi con il suo udito sensibilissimo e, di giorno, si riposa stando a testa in giù, appeso per i piedi a una trave del granaio. Questa sua, curiosa abitudine gli è valsa il soprannome di "Bastian contrario" .Così lo chiamano tutti gli abitanti della fattoria.

- Bastian contrario, sei proprio un bell'originale! - gli dicono i topolini che abitano nel granaio, incuriositi dal bizzarro comportamento del loro lontano parente.

- Bastian contrario, si può sapere com'è il mondo visto rovesciato? - gli domanda una topina.

- È molto più diritto di quanto non immagini! - è la strana risposta del pipistrello.

Da qualche giorno, però, Bastiano non attira più l'attenzione degli abitanti della fattoria, perché sono tutti interessati a un'altra cosa. Al fatto che l'usignolo che vive sull'olmo, al centro del cortile, ha smesso di cantare. Nessuno ode più il suo canto melodioso e tutti si sentono molto tristi.

- La vita, nella fattoria, non è più la stessa da quando l'usignolo ha smesso di cantare! - osserva il cavallo.

- Sì, prima, quando il lavoro finiva e a ciascuno restava solo il peso della propria fatica, il canto dell'usignolo ci sollevava e leniva i nostri cuori, ora invece, la sera, c'è un senso di oppressione nell'aria - dice la mucca.

Anche l'usignolo è triste e questa mattina si è rifugiato nel granaio perché è stanco di sentirsi chiedere in continuazione: «Perché non canti più?».

Credendo di essere solo nel granaio, l'usignolo dà sfogo, alla sua amarezza:

- Hanno un bel coraggio, tutti quanti, a venirmi a chiedere perché non canto più! Possibile che non capiscano che la colpa è soltanto loro? Sono stanco di sgolarmi senza una parola di ringraziamento! Perché, devo essere sempre io a rallegrare la vita degli altri, quando nessuno sembra preoccuparsi di rallegrare la mia? Ma adesso lo vedranno; non canterò più una sola nota in questa fattoria, vedremo se incominceranno a capire, e a ringraziare!

- Forse dovresti incominciare a ringraziare tu - lo interrompe una voce che sembra provenire dall'alto.

L'usignolo solleva il capino e vede il pipistrello Bastiano appeso alla trave.

- Ah... ci sei anche tu... - dice l'usignolo imbarazzato - io credevo di essere solo, per questo mi sono sfogato così... Comunque - riprende con sicurezza - lascia che ti dica che la tua osservazione è proprio stupida... o forse non mi hai ascoltato bene...

- Ti ho ascoltato benissimo, invece - dice il pipistrello - e ripeto la mia osservazione: forse dovresti incominciare a ringraziare tu.

- Ma questo è assurdo! - replica l'usignolo con vivacità. - E' esattamente il contrario del buon senso. Insomma, tu vorresti propormi, oltre al danno, anche le beffe! Andare a ringraziarli, per che cosa, poi?
- Perché ti stanno a sentire...

- Ah, questa è bella! Scommetto che tu sei quel tipo, del quale ho sentito parlare, che tutti chiamano Bastian contrario!

- Sono proprio io e, se mi starai a sentire un pochino, forse ti insegnerò qualcosa di nuovo. Ti ho detto che devi incominciare a ringraziare tu e ciò significa che devi metterti dalla parte del torto. Il che non è poi tanto sbagliato, se ci pensi bene. Vedi, la tua tristezza non nasce dal fatto che gli altri non ti ringraziano, ma dal fatto che non ti ringraziano nel modo che tu ti aspetti. Ma, se ci rifletti bene, il fatto che tutti riconoscano che la loro vita era trasformata dal tuo canto è il più bel ringraziamento, per te. Vedi, gli altri donano a loro modo, sei tu che non sai ricevere...

- Ma questo è il mondo rovesciato! - esclama l'usignolo - Ringraziare quando si aspetta di essere ringraziati! Però, anche se mi costa, devo riconoscere che c'è qualcosa di vero nelle tue parole, allora voglio provare a fare come dici tu.

L'usignolo è tornato sul ramo dell'olmo e ha ripreso a cantare.
E il suo canto dice così:

- Grazie, amici miei, perché mi state a sentire. Grazie perché accogliete il mio canto. Io credevo di consolarvi ed eravate voi che mi consolavate.

Credevo di aiutarvi ed eravate voi che mi aiutavate. Credevo di avere bisogno del vostro grazie, mentre eravate voi che avevate diritto al mio. Grazie, amici miei, per tutto questo, grazie!

Mai il canto dell'usignolo era stato più melodioso. Perché l'uccellino ha vinto se stesso dimenticato le sue pretese per rispondere alle richieste dei suoi amici che volevano il suo canto. E la presenza silenziosa di tutti gli abitanti della fattoria sotto l'olmo, le lacrime che scorrono sul muso mansueto della mucca sono il ringraziamento più bello per l'usignolo. Il quale non si stanca di dire a tutti che il grazie più grande deve andare a Bastian contrario che lo ha aiutato a capovolgere la sua situazione.

E così, adesso, c'è sempre qualcuno che fa capolino nel granaio per chiedere consiglio a Bastiano.

Anzi, quando c'è qualche problema nella fattoria tutti dicono: «Andiamo da Bastiano perché ci aiuta a capovolgere questa situazione».
E Bastiano dice a uno:
- Forse dovresti incominciare a perdonare tu...
E a un altro:
- Forse l'unica cosa da fare è non fare nulla...

E a un altro ancora: - se vuoi essere il primo, sii l'ultimo; se vuoi essere amato, ama; se vuoi essere compreso, comprendi; se vuoi essere ascoltato, ascolta; se vuoi essere esaltato, umiliati; se sei nelle tenebre, parla agli altri della luce.

E a poco a poco, tutti incominciano a vedere le cose come le vede Bastiano, cioè rovesciate.
Che è spesso l'unico modo per vederle veramente diritte.

E l'unico modo per dare un senso a cose che a volte sembrano esserne prive.

Perché, rovesciare le cose, significa non guardarle più con il nostro occhio, non misurarle più con il nostro metro, che si chiama egoismo, ma guardarle con gli occhi degli altri e misurarle con il metro del prossimo che è la carità.

Perché, rovesciare le cose, significa avere compreso che esistono pensieri che non assomigliano ai nostri pensieri, che esistono delle vie che non sono le nostre vie.
Ma sono le uniche vie che conducono alla Pace.

gratitudineperdonofare il primo passo

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002

RACCONTO

548. Il baco e la farfalla

C'era una volta un piccolo baco, appoggiato ad un ramo che viveva una vita tranquilla, chiuso nel suo piccolo mondo di seta, sempre al caldo. Il baco guardava con ammirazione il mondo esterno, la luce del giorno e i bagliori delle stelle di notte e avrebbe voluto sapere cosa c'era là, fuori dal suo piccolo mondo; ma non riusciva ad oltrepassare la barriera dei fili di seta e così era costretto a vivere lì, con tutti i comfort che desiderava ma anche con una voglia incredibile di scoprire cosa c'era oltre. Ciò che il baco non poteva sapere era che un giorno avrebbe avuto quella possibilità ma solo quando sarebbe stato pronto per coglierla. Ogni giorno si sforzava immensamente per rompere la seta e sentire l'aria fresca sul suo volto ma ogni sera si rimetteva a letto esausto per lo sforzo. Non vedeva la tela rompersi e scioccamente pensava che tutti i suoi sforzi fossero inutili. Poi un giorno a poco a poco riuscì a fare un primo buchino nella tela dei fili di seta. Il cuore gli si riempì di emozione e gioia. E quel piccolo risultato lo portò a incrementare ancora di più i suoi sforzi. Ormai sentiva che era pronto, sentiva che in lui qualcosa era cambiato ma soprattutto avvertiva ancora di più il desiderio di scoprire il mondo.

La mattina dopo completò la sua opera: riuscì ad allargare il buco e ad uscire dalla sua casetta. Si appoggiò delicatamente sul ramo e rimase per qualche secondo ad ammirare il paesaggio attorno a sé, a sentire l'aria fresca nei suoi polmoni e il tepore del sole sul suo viso. Iniziò a muovere qualche passo per sgranchirsi dopo la fatica ma sentiva un peso enorme dietro la schiena e non capiva cosa fosse. Tutto d'un tratto arrivò un improvvisa folata di vento che gli fece perdere l'equilibrio e inesorabilmente scivolare dal ramo verso il vuoto. Credeva che ormai fosse la fine: ciò che non sapeva era che il peso sulla schiena erano le sue stupende ali e che tutti gli sforzi compiuti per rompere la tela non erano stati inutili bensì necessari a irrobustirle e permettergli di volare verso il suo obiettivo, sostenendolo sempre, sia nel vento, che nella tempesta che con il sole.

Il baco era diventato una stupenda farfalla.

crocesofferenzasacrificioimpegno

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002

PREGHIERA

549. Signore, ho il tempo   1

Michel Quoist

Sono uscito, Signore,
fuori la gente usciva.
Camminavano e correvano tutti.
Correvano per non perdere tempo,
correvano dietro al tempo,
per riprendere il tempo,
per guadagnare tempo!...

"Arrivederci, signore, scusi,
non ho il tempo.
Ripasserò, non posso attendere,
non ho il tempo.
Termino questa lettera perché
non ho il tempo.
Avrei voluto aiutarla,
ma non ho il tempo.
Non posso accettare,
per mancanza di tempo.
Non posso riflettere, leggere,
sono sovraccarico,
non ho il tempo".

Vorrei pregare, ma non ho il tempo.
Tu comprendi, Signore,
non ho il tempo.
Lo studente, ha il suo studio
e tanto lavoro,
non ha tempo... più tardi...
Il giovane fa dello sport,
non ha tempo... più tardi...
Lo sposo novello
deve arredare la casa,
non ha tempo... più tardi...
I genitori hanno i bambini,
non hanno tempo... più tardi...
I nonni hanno i nipotini,
non hanno tempo... più tardi...
Sono malati! Hanno le loro cure,
non hanno tempo... più tardi...
Sono moribondi, non hanno...
troppo tardi!...
non hanno più tempo!...

Così gli uomini corrono tutti
dietro al tempo, o Signore,
passano sulla terra correndo,
frettolosi, precipitosi,
sovraccarichi, impetuosi, avventati...
e non arrivano mai a tutto,
manca loro il tempo,
nonostante ogni sforzo,
manca loro il tempo,
anzi manca loro molto tempo.

Signore, Tu hai dovuto fare
un errore di calcolo.
V'è un errore generale:
le ore sono troppo brevi,
i giorni sono troppo brevi,
le vite sono troppo brevi!

Tu, che sei fuori del tempo,
sorridi, o Signore,
nel vederci lottare con esso,
e Tu sai quello che fai!
Tu non Ti sbagli quando distribuisci
il tempo agli uomini:
doni a ciascuno il tempo di fare
quello che Tu vuoi che egli faccia.
Ma non bisogna perdere tempo,
sprecare tempo,
ammazzare il tempo.
Perché il tempo
è un regalo che Tu ci fai,
ma un regalo deteriorabile,
un regalo che non si conserva.

Signore, ho tempo,
ho tutto il tempo mio,
tutto il tempo che Tu mi dai:
gli anni della mia vita,
le giornate dei miei anni,
le ore delle mie giornate,
sono tutti miei.
A me spetta riempirli,
serenamente, con calma,
ma riempirli tutti, fino all'orlo,
per offrirTeli, in modo che
della loro acqua insipida
Tu faccia un vino generoso,
come facesti un tempo a Cana
per le nozze umane.

Non Ti chiedo, oggi, o Signore,
il tempo di fare questo
e poi ancora quello;
Ti chiedo la grazia
di fare coscienziosamente
nel tempo che Tu mi dai,
quello che Tu vuoi che io faccia.

tempovalore del tempo

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002

TESTO

550. Le cose che ho imparato nella vita   1

Paulo Coelho

Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:

Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà. E per questo, bisognerà che tu la perdoni.

Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.

Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.

Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.

Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.

Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.

Che la pazienza richiede molta pratica.

Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.

Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.

Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.

Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.

Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.

Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.

Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.

Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre, ma tante volte guardiamo così a lungo quella chiusa, che non vediamo quella che è stata aperta per noi.

La miglior specie d'amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico e camminarci insieme, senza dire un parola, e quando vai via senti come se è stata la miglior conversazione mai avuta.

E' vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.

Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un'ora per piacergli, e un giorno per amarlo, ma ci vuole un vita per dimenticarlo.

Non cercare le apparenze, possono ingannare.

Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.

Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante un giornataccia.

Trova quello che fa sorridere il tuo cuore. Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!

Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.

Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente a renderti felice.

Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.

Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.

La felicità è ingannevole per quelli che piangono, quelli che fanno male, quelli che hanno provato, solo così possono apprezzare l'importanza delle persone che hanno toccato le loro vite.

L'amore comincia con un sorriso, cresce con un bacio e finisce con un thé.

Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.

Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano. Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l'unico che sorride e ognuno intorno a te pianga.

vitaprogettosperanzaottimismo

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002

TESTO

551. Credo in Te   1

Credo nell'amore perché in sé racchiude tutto il significato della nostra vita: nasciamo per amore, cresciamo nell'amore e siamo chiamati ad amare, in condivisione e comunione completa con i nostri fratelli, perché elevato fino a Dio l'amore può andare oltre i limiti dell'uomo.

Credo nell'altro perché è in chi mi sta accanto che ritrovo il tuo volto.

Credo nell'amicizia perché riconosco in essa un importante punto di riferimento che mi dà sicurezza, fiducia in me e negli altri, insegnandomi a crescere e a maturare.

Credo nella vita come grande dono che Dio ci ha concesso e con il quale possiamo realizzare quel progetto che lui ha posto in noi.

Credo nella preghiera perché ci permette di entrare in intimità con un amico sempre disponibile ad ascoltarci e confortarci; perché ci consente di elevarci fino a lui dimenticando tutto ciò che ci preoccupa ed affanna e perché in essa ritroviamo la forza per fare della nostra vita una grande esperienza d'amore.

Credo nell'intelligenza perché ci permette di affrontare con consapevolezza e responsabilità le scelte della vita.

Credo nella sincerità perché rende più puri e veri i nostri sentimenti.

Credo nella fiducia perché ci consente di non rimanere mai soli.

Credo nella felicità perché ci rende vivi e capaci di donare con spontaneità e senza pretese.

Credo nel rispetto poiché non siamo nati per giudicare o condannare, ma per imparare a crescere nella scoperta del grande valore che l'altro rappresenta per noi.

Credo nella vita eterna perché consente di superare il limite umano, la materialità, dando un senso ancora più profondo alla vita terrena.

Credo nella semplicità perché Dio ha scelto la semplicità del pane e del vino per essere sempre presente e vivo in mezzo a noi.

Credo nella conversione perché solo attraverso essa posso liberare la mia anima ed avvicinarmi a Dio privo di condizionamenti e nel totale appagamento.

Credo nel silenzio perché ci consente di superare la confusione delle parole, di riflettere, di capire, ascoltare e confortare meglio di quanto possa fare qualunque parola o qualunque orecchio.

Credo nella musica come modo di comunicare universale, diretto, spontaneo; la musica ci parla della nostra vita e ci dà l'opportunità di riflettere.

Credo nella volontà perché è grazie al desiderio e allo stimolo che Dio suscita nel cuore dell'uomo che egli riesce ad affrontare di tutto per poter, alla fine, raggiungere il suo scopo e trovare la piena felicità in esso.

Credo nella Verità poiché tutti noi abbiamo bisogno di sapere la verità; l'uomo ha sete di verità.

Credo nella gratuità perché nessuna ricompensa è più grande della gioia che sa donarci la felicità espressa dal sorriso di un volto amico.

Credo nella Provvidenza perché con essa in noi nulla ci può mancare anche quando non abbiamo niente.

Credo nel camposcuola come stimolo, spinta verso un cammino di crescita che ci fa forti nella fede e ci rende testimoni della Tua misteriosa e preziosa presenza.

Credo nella perfetta letizia, nel dono di Dio di perdonare e sentirsi perdonati. Un amore senza misura che riempie il cuore di gioia e dà il coraggio di affrontare la vita.

Credo nella libertà di essere se stessi perché ci rende unici, veri, autentici e liberi.

Credo nella pace perché è nella pace che si costruisce un mondo fatto d'amore, di felicità e di quella serenità che ci rende liberi pellegrini verso te, Signore.

Credo nel creato perché ovunque Lo sento: nelle montagne, nel cielo, nelle nuvole, nelle stelle, nel sole, nel vento... Tutto ci parla di Lui.
Credo in tutto questo perché credo in te.

regola di vitacredo

3.0/5 (2 voti)

inviato da Francesco G., inserito il 21/05/2002

PREGHIERA

552. Vivere di te (Preghiera del Catechista)   3

Tonino Bello

Chiamato ad annunciare la tua Parola,
aiutami, Signore, a vivere di Te,
e a essere strumento della tua pace.

Assistimi con la tua luce, perché i ragazzi
che la comunità mi ha affidato
trovino in me un testimone credibile del Vangelo.

Toccami il cuore e rendimi trasparente la vita,
perché le parole, quando veicolano la tua,
non suonino false sulle mie labbra.

Esercita su di me un fascino così potente,
che, prima ancora dei miei ragazzi,
io abbia a pensare come Te,
ad amare la gente come Te
a giudicare la storia come Te.

Concedimi il gaudio di lavorare in comunione,
e inondami di tristezza ogni volta che,
isolandomi dagli altri,
pretendo di fare la mia corsa da solo.

Ho paura, Signore, della mia povertà.
Regalami, perciò, il conforto
di veder crescere i miei ragazzi
nella conoscenza e nel servizio di Te,
Uomo libero e irresistibile amante della vita.

Infondi in me una grande passione per la Verità,
e impediscimi di parlare in tuo nome
se prima non ti ho consultato con lo studio
e non ho tribolato nella ricerca.

Salvami dalla presunzione di sapere tutto,
dall'arroganza di chi non ammette dubbi;
dalla durezza di chi non tollera ritardi;
dal rigore di chi non perdona debolezze;
dall'ipocrisia di chi salva i principi e uccide le persone.

Trasportami, dal Tabor della contemplazione,
alla pianura dell'impegno quotidiano.
E se l'azione inaridirà la mia vita,
riconducimi sulla montagna del silenzio.
Dalle alture scoprirò ì segreti della «contemplatività»,
e il mio sguardo missionario
arriverà più facilmente agli estremi confini della terra.

Affidami a tua Madre.
Dammi la gioia di custodire i miei ragazzi
come Lei custodì Giovanni.
E quando, come Lei, anch'io sarò provato dal martirio,
fa' che ogni tanto possa trovare riposo
reclinando il capo sulla sua spalla. Amen.

educareeducatorianimatoricatechistitestimonianzaannunciomissionetabor

5.0/5 (1 voto)

inviato da Polda, inserito il 21/05/2002

RACCONTO

553. La partita a scacchi   1

Paulo Coelho

Disse il giovane all'abate del monastero: "Vorrei tanto essere un monaco, ma non ho imparato niente di importante nella vita. Tutto ciò che mio padre mi ha insegnato è giocare a scacchi, cosa che non serve per l'illuminazione".

"Chi sa che questo monastero non abbia bisogno di svago", fu la risposta.

L'abate, allora, chiese una scacchiera, convocò un monaco e gli disse di giocare con il ragazzo. Ma, prima che la partita cominciasse, aggiunse: "Anche se abbiamo bisogno di svago, non possiamo permettere che stiano tutti a giocare a scacchi. Dunque, terremo qui solo il migliore dei giocatori. Se il nostro monaco perderà, andrà via dal monastero e lascerà un posto libero per te".

L'abate parlava seriamente. Il ragazzo sentì che era in gioco la sua vita e cominciò a sudare freddo. La scacchiera divenne il centro del mondo. Il monaco iniziò a perdere. Il ragazzo lo incalzò, ma poi notò lo sguardo di santità dell'altro: da quel momento cominciò a fare di proposito le mosse sbagliate. In fin dei conti, preferiva perdere, perché il monaco poteva essere più utile al mondo.

All'improvviso, l'abate rovesciò per terra la scacchiera. "Hai imparato molto di più di ciò che ti hanno insegnato - disse -. Ti sei concentrato abbastanza per vincere, sei stato capace di lottare per ciò che desideravi. Poi, hai avuto compassione, ed eri disposto a sacrificarti in nome di una causa nobile. Che tu sia il benvenuto nel monastero, perché sai equilibrare la disciplina con la misericordia".

maturitàmisericordiadonareagonismocompetitività

inviato da Luca Peyron, inserito il 20/05/2002

TESTO

554. Gli indizi per trovare l'amore vero   1

Turriseburnea.it

Esite un modo per verificare se un amore è Amore vero? Vi proponiamo sei domande a cui dare una risposta.

1 - Prova dei criteri. Se i criteri di scelta del lui/lei si basano su: "mi piace" e "stiamo bene insieme" tutto può finire presto perché sono criteri non sufficienti. La prima domanda di prova è: ho fatto di me stesso/a un dono, lungamente preparato, anche con sacrificio? Ho un progetto di vita ben chiaro che ho scoperto coincide perfettamente con quello dell'altro/a? Ho alle spalle una maturità, non solo fisica, ma soprattutto psichica e una preparazione adeguata?

2 - Prova della partecipazione. L'amore vero vuole partecipare, condividere, dare, raggiungere. La seconda domanda di prova è: siamo capaci di partecipare, condividere? Voglio diventare felice o fare felice l'altro/a e gli altri (servizio... volontariato...)?

3 - Prova del rispetto. Non vi è vero amore senza rispetto, senza la capacità di rispettarsi reciprocamente. La terza domanda è: abbiamo veramente abbastanza rispetto reciproco, sia per il corpo che per le idee dell'altro/a? Sono orgoglioso del mio fidanzato/a?

4 - Prova delle abitudini. L'amore accetta l'altro con le sue abitudini. Non sposatevi sperando che le cose cambino con il tempo. Il pensiero: "Spero di cambiarlo/a" ha sempre fallito! Occorre accettare l'altro/a come è ora, incluse le sue abitudini ed i suoi difetti (non i vizi!) La quarta domanda è: oltre ad amarlo, vi piacciono le sue abitudini?

5 - Prova della disputa. E' importante aver veramente discusso, non tanto per la discussione in sé, quanto per l'essere poi riusciti a riconciliarsi, per aver cioè sperimentato la capacità di perdonarsi. La quinta domanda è: siamo capaci di perdonarci a vicenda e di cedere l'uno all'altro?

6 - Prova del tempo. Non sposatevi se, maturi e preparati, non avete passato almeno un'estate ed un inverno attraverso un cammino di conoscenza reciproca. Se per caso avete dei dubbi sui vostri sentimenti di amore, il tempo vi darà la risposta. Se i dubbi riguardano la sincerità dei sentimenti dell'altro/a allora il chiedere un lecito sacrificio può fugare i sospetti. La sesta ed ultima domanda di prova è: il nostro amore ha passato l'estate e l'inverno? Ci siamo conosciuti, dentro, sufficientemente?

amorematrimoniofidanzamentocoppiadialogofamiglia

5.0/5 (2 voti)

inviato da Luca Peyron, inserito il 19/05/2002

TESTO

555. La guerra più consistente   1

Atenagora di Costantinopoli

Bisogna fare la guerra più consistente
che è la guerra contro noi stessi.
È necessario giungere a disarmarci.
Io ho combattuto questa guerra per molti anni.
È stato terribile. Molto terribile.

Ma posso affermare che adesso sono disarmato.
Non ho paura di niente e di nessuno;
l'amore allontana la paura.
Sono disarmato
dal voler avere ragione,
dal giustificarmi
screditando gli altri.

Non mi chiudo nel mio castello
né m'inorgoglisco delle mie ricchezze.
Accolgo e condivido.
Non mi aggrappo assolutamente
alle mie idee e ai miei progetti.
Se mi si presentano
proposte migliori o almeno buone
Le accetto senza alcun impedimento.

Ho rinunciato a fare confronti.
Ciò che è buono, vero, reale, per me è sempre il meglio.
Per questo non ho paura.
Quando non si possiede nulla
non si ha paura di nulla.

Se uno si disarma,
se smette di possedere,
se si apre al Dio fatto uomo
che fa nuove tutte le cose,
allora Egli fa sparire
il passato negativo
e ci apre il panorama
di un tempo nuovo
in cui tutto è possibile.

guerradisarmoconflittipace

inviato da Filippa Castronovo, inserito il 10/05/2002

TESTO

556. Il principio della carità

Enzo Biagi, Quel che resta di Cristo di Edgarda Ferri

Gesù Cristo ha insegnato cose grandi, grandissime.

Fra tutte, secondo me, il principio della carità e della giustizia si mette al massimo grado dell'insegnamento della sua dottrina: "Non fare agli altri quello, che non vorresti fosse fatto a te". (...) Quello che manca, soprattutto oggi, è la carità. Noi non abbiamo più carità per nessuno. (...)

Gesù ha detto: "Amatevi come fratelli". Ha capovolto tutte le regole della società provocando la più grande trasformazione mai avvenuta da quando l'uomo è comparso sulla terra.

amorecarità

inviato da Gianmarco Marzocchini, inserito il 10/05/2002

TESTO

557. Nel cuore e nel corpo

Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni

La frase si trova in un testo del Concilio, ed è splendida per dottrina e concisione. Dice che, all'annuncio dell'angelo, Maria vergine "accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio".
Nel cuore e nel corpo.

Fece largo, cioè, nei suoi pensieri ai pensieri di Dio, ma non si sentì per questo ridotta al silenzio.

Offrì volentieri il terreno vergine del suo spirito alla germinazione del Verbo; ma non si considerò espropriata di nulla. Gli cedette con gioia il suolo più inviolabile della sua vita interiore; ma senza dover ridurre gli spazi della sua libertà. Diede stabile alloggio al Signore nelle stanze più segrete della sua anima, ma non ne sentì la presenza come violazione di domicilio.

Santa Maria, donna accogliente aiutaci ad accogliere la Parola nell'intimo del cuore. A capire, cioè, come hai saputo fare tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Egli non bussa alla porta per intimarci lo sfratto, ma per riempire di luce la nostra solitudine.

Non entra in casa per metterci le manette, ma per restituirci il gusto della vera libertà.

Lo sappiamo: è la paura del nuovo a renderci spesso inospitali nei confronti del Signore che viene. I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezze ogni volta che sentiamo i suoi passi, evitiamo di incontrarlo, nascondendoci dietro la siepe, come Adamo tra gli alberi dell'Eden. Facci comprendere che Dio, se gusta i progetti, non ci rovina le festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace.

E una volta che l'avremo accolto nel cuore, anche il nostro corpo brillerà della sua luce.

Mariafiduciaabbandonoprogetto di Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 10/05/2002

PREGHIERA

558. Fidarci di te

Elke Fischer

Dio mio,
alle volte devo fare
un pezzo di strada con qualcuno,
ascoltare, incoraggiare,
aprirgli gli occhi
sul tuo mondo meraviglioso.

Egli, talvolta,
non ne percepisce neppure il fascino,
per qualcosa che tristemente ha perduto
o sogna qualcosa di impossibile.

Signore,
aiutaci a fidarci di te,
della tua provvidenza.
Guardandoci, fa' che ci sentiamo privilegiati,
appagati e pieni di gratitudine.

Nel tuo amore c'è tutto ciò
di cui abbiamo bisogno.

fiduciaprovvidenzaamore di Dio

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 09/05/2002

TESTO

559. Lettera della mamma   1

Grazie, figliola carissima, per avermi dato l'opportunità di fare ancora formine di sabbia, di andare in barca, di spingere in mare barchette giocattolo, di salire sulla giostra, e di accarezzare le caprette allo zoo. Grazie per avermi dato la scusa per fare in casa la marmellata e per cuocere torte di compleanno; grazie per aver riportato il divertimento nella mia esistenza...

Grazie per aver creduto che le mie torte di compleanno fossero magiche, i miei disegni sorprendenti e le mie storie le più belle del mondo.

A volte, quando sono particolarmente giù, mi rincuori - proprio come facevo io a te.

E questo mi incoraggia e mi rallegra. Grazie per tenermi d'occhio, amore.

E' sempre una sorpresa scoprire di avere una figlia giovane come te. Grazie, cara, per non pensare che io sia vecchia. O, almeno, non così vecchia... La cosa più bella che mi hai dato è l'amicizia.

Grazie per i denti di leone appassiti, per i ciottoli bagnati, per le caramella già succhiate, per i baci appiccicosi. Grazie per amarmi...

Grazie per raccontarmi quando il tuo ragazzo ha dei problemi, anche se non c'è niente che io possa fare per aiutarlo. Grazie per telefonarmi avvertendo che sta sta iniziando un documentario alla tele e per chiedermi ricette in cucina. Grazie per i tuoi bigliettini di buon compleanno, che arrivano sempre puntuali. Grazie per darmi consigli. Grazie per lasciarmi entrare nella tua vita.

...Grazie per avermi mostrato, quando pensavo che i miei giorni di mamma fossero finiti, che la stagione migliore per noi sta iniziando adesso...

maternitàfamigliamamma

inviato da Stefania Raspo, inserito il 09/05/2002

RACCONTO

560. Padre Metodio e gli amici

Andrea Panont

Un giorno Padre Metodio, ricevette dai suoi Su­periori l'ordine di partire dal suo convento e di tra­sferirsi in un altro, in una città lontana, molto lontana.

Il Religioso che voleva vivere bene quel vange­lo che aveva tanto studiato e predicato, illuminò subito la sua obbedienza, ricordando quanto Gesù aveva detto ai "superiori": "Chi ascolta voi, ascol­ta me", e disse di sì con la gioia di chi sa che fare la volontà di Dio è la più bella avventura che pos­sa capitare ad un uomo su questa terra.

Certo che il suo "sì" non era detto ad un uomo, ma a Dio che manifestava e manifesta la sua volontà tramite il suo superiore.

Gli amici e i conoscenti di P. Meto­dio, saputa la cosa, si diedero da fare per tratte­nerlo fra loro e per impedirgli di andare lontano.
Del resto gli volevano bene e ne erano ricam­biati.

Vedendoli recalcitranti all'ordine del Supe­riore, padre Metodio li rassicurava:

"Un giorno - raccontò - la terra si svegliò tutta ammantata di piante, di fiori, di frutti, giardini, campagne. Riconoscendosi arricchita di tanti doni e ornata di tanti colori, fu invasa da un'ondata di riconoscen­za verso il sole, autore di tanto splendore e gli disse: Avvicinati, che ti do un bacio per esprimerti il mio grazie.

Il sole rispose: Ti voglio bene ed è per questo che devo stare alla distanza voluta e fissa­ta dal Creatore. Se ti vengo vicino ti farei del ma­le; ti brucerei".

La comunione vitale, fra le creatu­re, sta nel fare ciascuna la volontà di Dio, nel vivere la vocazione che Dio le ha dato.

Per questo il Religioso concluse dicendo agli amici: "Proprio perché vi voglio bene, lasciatemi andare in quella città lontana, ma così... vicina".

vocazioneobbedienza

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 09/05/2002

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