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PREGHIERA

21. Preghiera per Natale

O Signore,
nel deserto dei cuori
che vogliono negare la tua esistenza,
nelle turbolenze del mondo
che vuole soffocare la speranza,
nelle persecuzioni che colpiscono
chi ti vuole servire fedelmente,
nell'indifferenza che banalizza e distrugge la vita,
tu poni ancora la tua dimora tra noi.
Ti contempliamo in un corpo
indifeso e umile di bambino,
come Parola viva, Amore veritiero,
certezza per le nostre speranza.
"Sei tu, Signore, la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce".

nativitànatale

inviato da Cesarina, inserito il 03/01/2009

TESTO

22. Maria, donna accogliente

Tonino Bello, Nigrizia, giugno 1991, p. 58

La frase si trova in un testo del Concilio Vaticano II, ed è splendida per dottrina e concisione. Dice che, all'annuncio dell'Angelo, Maria «accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio».

Nel cuore e nel corpo
Fu, cioè, discepola e madre del Verbo. Discepola, perché si mise in ascolto della Parola e la conservò per sempre nel cuore. Madre, perché offrì il suo grembo alla Parola e la custodì per nove mesi nello scrigno del corpo.
Forse per capire fino in fondo la bellezza di questa verità, il vocabolario non basta. Bisogna ricorrere alle espressioni visive. E allora non c'è di meglio che rifarsi ad una celebre icona orientale, che raffigura Maria con il divin Figlio Gesù inscritto sul petto. È indicata come "la Madonna del segno", ma potrebbe essere chiamata "la Madonna dell'accoglienza", perché, con gli avambracci levati in alto, in atteggiamento di offertorio o di resa, essa appare il simbolo della più gratuita ospitalità.

Accolse nel cuore
Fece largo, cioè, nei suoi pensieri ai pensieri di Dio. ma non si sentì, per questo, ridotta al silenzio. Offrì volentieri il terreno vergine della sua intimità alla germinazione del Verbo, ma non si considerò espropriata di nulla. Gli cedette con gioia il suolo più inviolabile della sua vita, ma senza dover ridurre gli spazi della sua libertà. Diede alloggio al Signore nella sua casa, ma non ne sentì, la presenza come violazione di domicilio. Gli aprì le porte delle stanze più segrete, ma senza subirne lo sfratto.

Accolse nel corpo
Sentì, cioè, il peso fisico di un altro essere che prendeva dimora nel suo grembo di madre. Adattò, quindi, i suoi ritmi a quelli dell'ospite. Modificò le sue abitudini in funzione di un compito che non le alleggeriva certo la vita. Consacrò i suoi giorni alla gestazione di una creatura che non le avrebbe risparmiato preoccupazioni e fastidi. E poiché il frutto benedetto del seno suo era il Verbo di Dio che s'incarnava per la salvezza dell'umanità, capì di aver contratto con tutti i figli di Eva un debito di accoglienza che avrebbe pagato con cambiali di lacrime.

Quell'ospitalità fondamentale la dice lunga sullo stile di Maria e delle sue mille altre accoglienze di cui il vangelo non parla, ma che non ci è difficile intuire. Nessuno fu mai respinto da lei. Tutti trovarono riparo sotto la sua ombra. Dalle vicine di casa, alle antiche compagne di Nazaret. Dai parenti di Giuseppe, agli amici di gioventù di suo figlio. Dai poveri della contrada, ai pellegrini di passaggio. Da Pietro, in lacrime dopo il tradimento, a Giuda che, forse, quella notte non riuscì a trovarla in casa.

Santa Maria, donna accogliente, aiutaci ad accogliere la Parola nell'intimo del cuore. A capire, cioè, come hai saputo fare tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Egli non bussa alla porta per intimarci lo sfratto, ma per riempire di luce la nostra solitudine. Non entra in casa per metterci le manette, ma per restituirci il gusto della vera libertà.

Lo sappiamo: è la paura del nuovo a renderci spesso inospitali nei confronti del Signore che viene. I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezze, ci nascondiamo come Adamo nell'Eden, ogni volta che sentiamo i suoi passi. Facci comprendere che Dio, se ci guasta i progetti, non ci rovina la festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace. E una volta che l'avremo accolto nel cuore, anche il nostro corpo brillerà della sua luce.

Santa Maria, donna accogliente, rendici capaci di gesti ospitali verso i fratelli. Sperimentiamo tempi difficili, in cui il pericolo di essere defraudati dalla cattiveria della gente ci fa vivere dietro porte blindate e sistemi di sicurezza. Non ci fidiamo più l'uno dell'altro. Vediamo agguati dappertutto. Il sospetto è diventato organico nei rapporti con il prossimo. Il terrore di essere ingannati ha preso il sopravvento sugli istinti di solidarietà che pure ci portiamo dentro. E il cuore se ne va a pezzi, dietro i cancelli dei nostri recinti.

Disperdi, ti preghiamo, le nostre diffidenze. Facci uscire dalla trincea degli egoismi corporativi. Sfascia le cinture delle leghe. Allenta le nostre ermetiche chiusure nei confronti di chi è diverso da noi. Abbatti le nostre frontiere. Quelle culturali, prima di quelle geografiche. Queste ultime cedono ormai sotto l'urto dei popoli "altri", ma le prime restano tenacemente impermeabili. Visto allora che siamo costretti ad accogliere stranieri nel corpo della nostra terra, aiutaci ad accoglierli anche nel cuore della nostra civiltà.

Santa Maria, donna accogliente, ostensorio del corpo di Gesù deposto dalla croce, accoglici sulle tue ginocchio, quando avremo reso lo spirito anche noi. Dona alla nostra morte la quiete fiduciosa di chi poggia il capo sulla spalla della madre e si addormenta sereno. Tienici per un poco sul tuo grembo, così come ci hai tenuti nel cuore per tutta la vita. Compi su di noi i rituali delle ultime purificazioni. E portaci, finalmente, sulle tue braccia davanti all'Eterno.

Perché solo se saremo presentati da te, sacramento della tenerezza, potremo trovare pietà.

mariamadonnaaccoglienzastranieriospitalitàmigrazione

inviato da Giovanni Graziano Tassello, inserito il 11/01/2008

TESTO

23. L'uccellino e il sole divino

S. Teresa di Lisieux, Storia di un'anima

Gesù, Gesù, se è tanto delizioso il desiderio di amarti, che sarà possederti, godere del tuo amore?

In qual modo può, un'anima imperfetta quanto la mia, aspirare a possedere la pienezza dell'Amore? Gesù, mio primo, mio solo Amico, tu che amo unicamente, dimmi, quale mistero è questo? Perché non riservi queste aspirazioni immense alle anime grandi, alle aquile che roteano altissime? Io mi considero come un uccellino debole, coperto di un po' di piuma lieve; non sono un'aquila, ho dell'aquila soltanto gli occhi e il cuore perché, nonostante la mia piccolezza estrema, oso fissare il Sole divino, il Sole dell'Amore, e il mio cuore prova tutte le aspirazioni dell'aquila... L'uccellino vorrebbe volare verso quel Sole che affascina gli occhi, vorrebbe imitare le aquile, sue sorelle che vede elevarsi fino alla divina dimora della santissima Trinità... Ahimé! Tutto quello che può fare, è sollevare le sue alucce, ma volar via, questo non è nelle sue piccole possibilità. Che ne sarà di lui? Morirà di dolore vedendosi così impotente? No! L'uccellino non se ne affliggerà nemmeno. Con un abbandono audace vuol fissare ancora il suo Sole divino: niente gli fa paura, né vento, né pioggia, e se le nuvole pesanti nascondono l'Astro d'amore, l'uccellino non cambia posto, sa che di là dalle nubi il Sole splende sempre, che la sua luce non si offuscherà nemmeno per un attimo.

In certi momenti il suo cuore si trova assalito dalla tempesta, gli pare che non esistano altre cose se non le nubi che lo circondano; e allora è il momento della gioia perfetta per il povero esserino debole. Che felicità per lui restare lì ugualmente, e fissare la luce invisibile la quale si nasconde alla sua fede! Gesù, fino da ora capisco il tuo amore per l'uccellino, perché non si allontana da te... Ma io lo so, e tu lo sai, spesso questo cosino minimo e imperfetto, pur rimanendo al suo posto (cioè sotto i raggi del Sole), si lascia distrarre un poco dalla sua occupazione unica, becca un granellino di qua o di là, corre dietro a un vermiciattolo... Poi, trovando una pozzanghera, si bagna le piume appena spuntate, vede un fiore che gli piace, allora la sua piccola testa si occupa di quel fiore... e poi, non potendo planare come le aquile, il povero uccellino s'interessa ancora alle piccolezze della terra. Tuttavia, dopo questi malestri, invece di andare a nascondersi in un angolino per piangere la sua miseria e morir di pentimento, l'uccellino si volge verso il Sole amato, presenta ai raggi benefici le alucce bagnate, geme come la rondine, e con un canto dolce racconta tutti i particolari della sua infedeltà, pensando nel suo abbandono temerario di acquistare così maggior diritto, attirare più pienamente l'amore di Colui che non è venuto a chiamare i giusti, bensì i peccatori.

Se l'Astro adorato rimane sordo al lamento cinguettato della sua creaturina, se rimane velato, ebbene, la creaturina resta bagnata, accetta di essere intirizzita di freddo, e si rallegra ancora di questa sofferenza che ha pur mentata... Gesù, com'è felice il tuo uccellino di essere debole e piccolo. Oh, che sarebbe di lui se fosse grande? Mai avrebbe l'audacia di comparire alla tua presenza, di sonnecchiare dinanzi a te... Si, ecco un'altra debolezza dell'uccellino: quando vuoi fissare il Sole divino e le nuvole gli impediscono di vedere anche un solo raggio, nonostante la sua buona volontà gli occhi gli si chiudono, la testolina si nasconde sotto l'ala, e il povero esserino si addormenta, credendo di fissar sempre il suo Astro amato. Quando si desta, non si cruccia; il suo cuoricino rimane in pace, ricomincia il suo ufficio d'amore, invoca gli Angeli e i Santi i quali s'innalzano come aquile verso il fuoco divorante oggetto della sua brama, e le aquile, impietosite, proteggono il fratellino, e mettono in fuga gli avvoltoi che vorrebbero divorarlo.

Gli avvoltoi, immagini dei demoni, l'uccellino non li teme, non è destinato a diventar la loro preda, bensì sarà preda dell'Aquila che egli contempla nel centro del Sole d'amore. O Verbo divino, tu sei l'Aquila adorata, io ti amo. Tu mi attiri, sei tu che, slanciandoti verso la terra dell'esilio, hai voluto soffrire e morire per attirare le anime fino al seno dell'intimità eterna della Santissima Trinità, sei tu che, risalendo verso la Luce inaccessibile ove soggiornerai sempre, resti pur sempre nella valle delle lacrime, nascosto entro l'aspetto di un'Ostia bianca... Aquila eterna, tu vuoi nutrire della tua sostanza divina me, povero esserino che rientrerei nel nulla se il tuo sguardo divino non mi desse la vita minuto per minuto. Oh, Gesù, lasciami dire, nell'eccesso della mia riconoscenza, lasciami dire che il tuo amore arriva fino alla follia... Come vuoi che, dinanzi a questa follia, il mio cuore non si slanci verso te? Come potrebbe aver limiti la mia fiducia? Per te, lo so, i Santi hanno fatto anch'essi delle follie, hanno fatto grandi cose perché erano aquile.

Gesù, sono troppo piccola per fare cose grandi, e la follia mia è sperare che il tuo Amore mi accolga come vittima! La mia follia consiste nel supplicare le aquile, sorelle mie, perché mi ottengano la grazia di volare verso il Sole dell'Amore con le ali stesse dell'Aquila divina... Così, per quanto tempo tu lo vorrai, o mio Amato, il tuo uccellino rimarrà senza forza e senza ali; terrà sempre fissi in te gli occhi; vuole essere affascinato dal tuo sguardo divino, vuol diventare preda del tuo Amore... Un giorno, oso sperare, Aquila adorata, verrai in cerca del tuo uccellino, e risalendo con lui al focolare dell'Amore, lo immergerai per l'eternità nell'abisso ardente di quell'Amore al quale egli si è offerto come vittima...

O Gesù, perché non posso dire a tutte le piccole anime quanto ineffabile è la tua condiscendenza... Sento che se, cosa impossibile, tu trovassi un'anima più debole, più piccola della mia, ti compiaceresti di colmarla con favori anche più grandi, se si abbandonasse con fiducia completa alla tua misericordia infinita. Ma perché desiderare di comunicare i tuoi segreti d'amore, Gesù, non sei tu solo che me li hai insegnati, e non puoi forse rivelarti ad altri? Sì, lo so, e ti scongiuro di farlo, ti supplico di abbassare il tuo sguardo divino sopra un gran numero di piccole anime... Ti supplico di scegliere una Legione di piccole vittime degne del tuo Amore....

abbandono in Diorapporto con Dio

inviato da Debora Cavallone, inserito il 14/07/2006

PREGHIERA

24. Il desiderio di Dio

Sant'Anselmo, Proslògion, 1

Orsù, misero mortale, fuggi via per breve tempo dalle tue occupazioni, lascia per un po' i tuoi pensieri tumultuosi. Allontana in questo momento i gravi affanni e metti da parte le tue faticose attività. Attendi un poco a Dio e riposa in lui.

Entra nell'intimo della tua anima, escludi tutto tranne Dio e quello che ti aiuta a cercarlo, e, richiusa la porta, cercalo. O mio cuore, di' ora con tutto tè stesso, di' ora a Dio: Cerco il tuo volto. ' II tuo volto, Signore, io cerco ' (Sal 26, 8).

Orsù dunque. Signore Dio mio, insegna al mio cuore dove e come cercarti, dove e come trovarti. Signore, se tu non sei qui, dove cercherò te assente? Se poi sei dappertutto, perché mai non ti vedo presente? Ma tu certo abiti in una luce inaccessibile. E dov'è la luce inaccessibile, o come mi accosterò a essa? Chi mi condurrà, chi mi guiderà a essa sì che in essa io possa vederti? Inoltre con quali segni, con quale volto ti cercherò? O Signore Dio mio, mai io ti vidi, non conosco il tuo volto.

Che cosa farà, o altissimo Signore, questo esule, che è così distante da te, ma che a te appartiene? Che cosa farà il tuo servo tormentato dall'amore per te e gettato lontano dal tuo volto? Anela a vederti e il tuo volto gli è troppo discosto. Desidera avvicinarti e la tua abitazione è inaccessibile. Brama trovarti e non conosce la tua dimora. Si impegna a cercarti e non conosce il tuo volto.

Signore, tu sei il mio Dio, tu sei il mio Signore e io non ti ho mai visto. Tu mi hai creato e ricreato, mi hai donato tutti i miei beni, e io ancora non ti conosco. Io sono stato creato per vederti e ancora non ho fatto ciò per cui sono stato creato.

Ma tu, Signore, fino a quando ti dimenticherai di noi, fino a quando distoglierai da noi il tuo sguardo? Quando ci guarderai e ci esaudirai? Quando illuminerai i nostri occhi e ci mostrerai la tua faccia? Quando ti restituirai a noi?

Guarda, Signore, esaudiscici, illuminaci, mostrati a noi. Ridonati a noi perché ne abbiamo bene: senza di te stiamo tanto male. Abbi pietà delle nostre fatiche, dei nostri sforzi verso di te: non valiamo nulla senza te.

Insegnami a cercarti e mostrati quando ti cerco: non posso cercarti se tu non mi insegni, ne trovarti

Se non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti.

desiderio di Dioricerca di Dio

inviato da Leo, inserito il 13/07/2006

TESTO

25. A te che soffri   2

A te che in questo momento stai soffrendo: ti chiedo di essere forte, di scoprire la luce che brilla nella tua anima. Sentiti avvolto dalla mia grazia che mai ti abbandona, il mio sguardo è su di te e ti amo infinitamente. Dalla croce pesante del tuo dolore grida il tuo amore verso di me, non perderti d'animo, colora la tua esistenza con i pastelli più incisivi, sappi scoprire la bellezza di essere un vero prodigio e non temere mai nulla, Io ti sono sempre vicino, ti sostengo e guido i tuoi passi dovunque tu andrai... a volte comprendo che ti senti solo e perso tra le mura di un ospedale o della tua casa, ma sappi che io sono seduto accanto a te, ti sussurro all'orecchio dolci parole, ti parlo come ad un amico, a un fratello, a un bimbo... sei una persona splendida per me e mai ti dimenticherò... sei nel mio cuore, ricco di amore e di tenerezza, a volte pensi che sia io a farti soffrire ma come potrei? ti ho fatto di poco inferiore agli angeli, di gloria e di onore ti ho coronato, come potrei farti tutto questo e come mi potrei dimenticare di te?

Figlio mio carissimo, da tempo ho fissato i miei occhi su di te, sei amabile e ricco di tenerezza, soffro con te e per te, vivo con te il dolore che ti consuma e ti stringe dentro l'anima, ma tu sii forte, sii tenace nella tua impresa e a tutti devi saper donare un sorriso, anche quando ti costa... vedo anche come vivi la terapia, il disagio per le tante prestazioni che devi subire, ma abbandonati a me e non temere mai nulla, come un bimbo stretto tra le braccia della sua tenerissima madre, tale sei tu, stretto nell'abbraccio del mio amore e mai ti abbandonerò, perché so che tu mi sai ascoltare, mi sai amare...figlio mio tenerissimo, ho un amore speciale per te, credimi, come la pupilla dei miei occhi, così voglio proteggerti e stringerti a me...

Consegnami il tuo cuore, la tua anima, la tua persona e lasciati abitare dalla mia grazia, solo così potrai essere la mia dimora, abiterò in te e farò di te un raggio della mia presenza..

Grazie di quanto ogni giorno mi regali, grazie di ogni sorriso nella sofferenza e grazie perché nonostante tanto dolore, sai guardare a me con grande amore e speranza...

Tuo Padre Dio

sofferenzaabbandono in Diodolorecroce

inviato da Don Gianni Mattia, inserito il 08/12/2005

PREGHIERA

26. Preghiera per le vocazioni   1

Giovanni Paolo II, Messaggio Giornata di preghiera per le vocazioni 2005

Gesù, Figlio di Dio,
in cui dimora la pienezza della divinità,
Tu chiami tutti battezzati "a prendere il largo",
percorrendo la via della santità.

Suscita nel cuore dei giovani il desiderio
di essere nel mondo di oggi
testimoni della potenza del tuo amore.

Riempili con il tuo Spirito di fortezza e di prudenza
perché siano capaci di scoprire la piena verità
di sé e della propria vocazione.

Salvatore nostro,
mandato dal Padre per rivelarne l'amore misericordioso,
fa' alla tua Chiesa il dono
di giovani pronti a prendere il largo,
per essere tra i fratelli manifestazione
della tua presenza che rinnova e salva.

Vergine Santa, Madre del Redentore,
guida sicura nel cammino verso Dio e il prossimo,
Tu che hai conservato le sue parole nell'intimo del cuore,
sostieni con la tua materna intercessione
le famiglie e le comunità ecclesiali,
affinché aiutino gli adolescenti e i giovani
a rispondere generosamente alla chiamata del Signore.
Amen.

vocazionivocazione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Barbi, inserito il 19/06/2005

TESTO

27. Tu appartieni al Signore   1

Rendine grazie al Signore! Offri a Gesù la tua mente e la tua intelligenza; chiedigli che le riempia con i suoi pensieri. Chiedigli perdono per non averla saputa usare come Lui desiderava.

Offri i tuoi occhi al Signore, chiedi perdono per i peccati commessi con gli occhi e supplicalo perché ti aiuti a guardare con i suoi occhi.

Le hai ricevute per ascoltare. Pensa alle volte che non le hai usate bene, perché quello che hai ascoltato ti può avere allontanato da Dio; chiedigli perdono e offrigliele, perché ti conceda la grazia di poterlo ascoltare in ogni momento della tua vita.

Renditi conto del fatto che puoi parlare e che questo è un dono di Dio. Chiedi perdono a Gesù per tutte le volte che hai usato la bocca per dire parole cattive, per condannare, per giudicare e chiedigli di riempire la tua bocca di parole di lode, di ringraziamento e di bontà.

Non dorme mai. Straordinario regalo di Dio. E' il motore che dà impulso alla tua vita. E' possibile che ci siano racchiusi desideri negativi. Chiedi a Gesù di avere misericordia di te e che ti aiuti. Affidagli il tuo cuore perché lui ne faccia uno strumento di lode per la sua gloria.

Dio te le ha date perché, anche attraverso di esse, tu possa manifestare la sua gloria in tutto ciò che fai. Non sempre hai saputo usarle... però, ora... hai capito e allora stendi le tue mani davanti a te, benedicile e chiedi al Signore che possano essere strumento di benedizione. Ed usale per fare il bene.

Tu sei la sua casa! E' la più bella dimora di Dio. Gli uomini si costruiscono case e le abitano, ma lui desidera vivere in te. Anche per questo ti ha fatto a sua immagine e somiglianza, tu sei il suo capolavoro!

Invitalo, allora, a prendere pieno possesso della sua dimora in te, perché ne faccia il suo Tempio Santo secondo il suo piano d'amore. Affidati veramente al Signore; ripeti più volte il nome di Gesù, sarà Lui a trionfare sulla tua mente e sul tuo cuore. Gesù vincerà le tue inclinazioni negative perché è il tuo Salvatore.

affidamentorapporto con Diotestimonianzaimpegnoresponsabilità

inviato da Daniela Rizzello, inserito il 29/07/2004

ESPERIENZA

28. Testimonianza di Benedetta Bianchi Porro

Benedetta Bianchi Porro, Oltre il silenzio. Diari e lettere

Caro Natalino,

in «Epoca» è stata riportata una tua lettera. Attraverso le mani, la mamma me l'ha letta. Sono sorda e cieca, perciò le cose, per me, diventano abbastanza difficoltose.

Anch'io come te, ho ventisei anni, e sono inferma da tempo. Un morbo mi ha atrofizzata, quando stavo per coronare i miei lunghi anni di studio: ero laureanda in medicina a Milano. Accusavo da tempo una sordità che i medici stessi non credevano all'inizio. Ed io andavo avanti casi non creduta e tuffata nei miei studi che amavo disperatamente. Avevo diciassette anni quando ero già iscritta all'Università.

Poi il male mi ha completamente arrestata quando avevo quasi terminato lo studio: ero all'ultimo esame. E la mia quasi laurea mi è servita solo per diagnosticare me stessa, perché ancora (fino allora) nessuno aveva capito di che si trattasse.

Fino a tre mesi fa godevo ancora della vista; ora è notte. Però nel mio calvario non sono disperata. lo so che in fondo alla via Gesù mi aspetta.

Prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza, fino alla consumazione dei secoli.

Fra poco io non sarò più che un nome; ma il mio spirito vivrà qui fra i miei, fra chi soffre, e non avrò neppure io sofferto invano.

E tu, Natalino, non sentirti solo. Mai. Procedi serenamente lungo il cammino del tempo e riceverai luce, verità: la strada sulla quale esiste veramente la giustizia, che non è quella degli uomini, ma la giustizia che Dio solo può dare.

Le mie giornate non sono facili; sono dure, ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio.
Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione con Lui.

Ciao, Natalino, la vita è breve, passa velocemente. Tutto è una brevissima passerella, pericolosa per chi vuole sfrenatamente godere, ma sicura per chi coopera con Lui per giungere in Patria.

Ti abbraccio. Tua sorella in Cristo, Benedetta

Lettera di Benedetta Bianchi Porro, già molto malata, ad un giovane disperato.

sofferenzadolorecrocesperanza

inviato da Don Roberto Rossi, inserito il 29/07/2004

ESPERIENZA

29. Io credo all'amore

Benedetta Bianchi Porro, Lettere

Io so di non essere sola: nel mio silenzio, nel mio deserto, mentre cammino, Lui è qui: mi sorride, mi precede, mi incoraggia a portare a Lui qualche piccola briciola d'amore.
Prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora, ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza, fino alla consumazione dei secoli.
Le mie giornate non sono facili; sono dure ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio: Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione con Lui.
Quanto a me sto come sempre, ma da quando so che c'è Chi mi guarda lottare cerco di farmi forte: com'è bello così!
Io credo all'Amore disceso dal Cielo, a Gesù Cristo e alla sua Croce gloriosa.
Sì, io credo all'Amore.

sofferenzaamorecrocerapporto con Diodoloreaccettazione

inviato da Don Roberto Rossi, inserito il 27/08/2003

TESTO

30. Una giornata del silenzio contro rumori e parole gridate

Vittorino Andreoli, Avvenire, 2 aprile 2002

Il silenzio nel tempo presente è morto, e nessuno sembra disperarsene, avvertirne la perdita. Il silenzio anzi spaventa e lo si cancella al solo pensiero che possa avvolgerci.

Si sente invece il fascino del rumore, di quella presenza continua che forma lo scenario, vero habitat dell'uomo del terzo millennio. La scelta allora non è tra rumore e silenzio, ma tra i mille rumori possibili. Svariate persone ricercano combinazioni multiple: i rumori impuri o la ridda di questi al cui confronto un terremoto apocalittico appare quasi un suono d'arpa.

Nelle discoteche non si ascolta musica, ma il baccano ed inutile è mettere in guardia dai decibel o dal rischio di lesione all'orecchio: il rumore piace. È uno stimolante come una pozione magica. Le spiagge dell'Adriatico gremite d'estate come un formicaio, non rappresentano una condizione del destino, ma una scelta piacevole: uno vicino all'altro, ciascuno dentro i rumori dell'altro: uno scambio di rumori che uniscono gli ombrelloni e fa sentire un'unica famiglia di urlanti.

La montagna era luogo di silenzio con gli spazi infiniti, con la roccia che si continua con il cielo e con l'eterno, ora è un folle concentrarsi di macchine e di corpi lungo le strade, vicino alle auto parcheggiate con le radio accese, le bocche che urlano. A pochi passi di distanza dalla strada non c'è nessuno e quel silenzio sembra sprecato. Si cerca il rumore. L'identità di questa civiltà è il rumore. La civiltà del rumore. Il televisore in casa è sempre acceso. Ci sono persone che non lo spengono nemmeno la notte. Hanno bisogno di quel sottofondo rassicurante e il video ha sostituito persino il sogno, che ormai è fuori di noi e parla degli altri.

Non è più specchio dei nostri segreti interiori, del mistero che bolle in noi. È stato svelato, sostituito meglio, da un rumore.

Gli studenti leggono Aristotele con il rock, per la matematica è preferibile la musica metal. La sinfonica è troppo dolce, occorrerebbe riscriverla sostituendo ai violini i fiati, i tromboni in particolare, e i timpani.

Nelle case ci sono tanti rumori, poche parole e - comunque - silenzio mai. E l'accenno vale per il silenzio fisico, dato dalla mancanza di suoni o rumori che si può rilevare con l'orecchio umano, ma obiettivamente pure con un fonografo. Eppure c'è anche un silenzio interiore, che coincide con il senso di svuotamento del mondo esterno che penetra dentro di noi, e che ci consente di cogliere meglio cosa c'è in noi.

Il silenzio della meditazione: è morto anch'esso. Basta vedere la funzione di un telefono portatile. Uno strumento della sopravvivenza, un oggetto della follia. In treno uno è obbligato a stare fermo, potrebbe pensare, percepirsi, ma non ce la fa e allora chiama qualcuno, non importa chi e perché, importa rompere il silenzio e fare un po' di rumore di cui tutti sono alla fine felici.

Insomma c'è un silenzio fuori di noi, quello del deserto, quando il vento è immobile, o di un canyon sperduto. E c'è un silenzio dentro di noi, che si lega alla pace interiore. L'uno è certamente condizionato dall'altro, ma non in maniera proporzionale: c'è chi sa astrarsi dal mondo, fuggirlo.

Dell'Africa ricordo il silenzio e il buio che non esistono più nella civiltà tecnologica. Anche il buio è parte dell'archeologia: ora c'è sempre una lampadina che illumina. E le stelle hanno perso il proprio fascino. I suoni che rompono il silenzio in Africa sembrano voci del mistero. E anche un coyote parla degli dei che così abitano dentro la testa dell'uomo. Ricordo certe notti nei villaggi d'Africa quando un uomo nella notte si riduceva a due occhi appesi al nulla.

Si è riempiti di rumore fino a non sentire che quel rumore e perdere se stessi, il proprio silenzio. Il mondo dentro di me può esser sopraffatto da quello attorno a me, e il mio silenzio espropriato e ciascun uomo è anche silenzio, forse è soprattutto silenzio.

Io me li ricordo gli esercizi spirituali d'un tempo e li ricordo come silenzio esteriore per sentire qualche voce bambina e qualche balbettio dentro di me. Ma ricordo, più tardi, anche il bisogno di silenzio per pensare, per seguire un percorso di idee, per entrare nel profondo di una meditazione concentrata. Ricordo le passeggiate in montagna, ricordo i monasteri che regalavano silenzio.

Ma c'è - attenzione - una grande differenza tra silenzio e mutismo. Chi è muto non parla all'altro, chi è silenzioso parla a se stesso. Senza silenzio l'uomo è un folle che gira per la strada senza sapere dove va e perché mai si muove. Ha perduto ogni direzione e segue le tracce dei rumori senza sapere da dove provengono, un rumore non ha nulla dentro, è solo rumore, segnale di qualche cosa, ma non di che cosa.

L'uomo del tempo presente è perso dentro i rumori che cerca di tradurre in parole che non hanno più senso. La parola nelle civiltà antiche e nelle culture animiste è forza vitale: dà la forza. È mistero. La parola nella magia agisce: "male dicere" provoca disgrazia, "bene dicere" dà coraggio e felicità. La parola non va mai sprecata. E l'uomo saggio parla poco e vive di silenzio.

Nel cristianesimo la Parola irrompe nella storia e diventa liturgia, quindi crea un contesto sacro. Mentre il mondo lancia raffiche di parole, senza senso, che feriscono o uccidono come obici d'artiglieria pesante.

Si crede che le parole abbiano significato, mentre sono flatus vocis senza una combinazione, che non è quella della sintassi, ma del senso dell'uomo, della esistenza.

La parola come senso, non come rumore. Una parola oggi non ha più storia, non si lega ad un prima, e non è l'incipit per un poi. Si usa la parola che nel momento appare più rumorosa, e può essere antitetica a quella appena usata: si può sempre dire di essere stati fraintesi, così la parola non ha senso o ha tutti i sensi possibili. La parola è rumore. La parola gridata è più efficace. L'oratore è colui che dice tante parole fino a comporre un suono senza senso, ammaliare senza trasmettere nulla.

Il senso dell'uomo e del mondo è nel silenzio che non è vuoto, ma la condizione per un lungo viaggio dentro il proprio esistere e la propria angoscia di esistere, avendo un senso e una coerenza. Il silenzio genera anche la parola che è però pensiero, è intuizione non spot, è colloquio con sé o con il mistero, non un quiz né un quizzone.

Ci sono le malattie del parlare. Da un lato il maniacale che parla continuamente e non sa che cosa dice. Parla a una velocità che è propria dell'articolazione della gola, ma non della mente. Parla a prescindere dalla testa, senza pensare. Dall'altra parte, il depresso, non fa parola perché teme che ogni espressione sia un errore.

Ma c'è anche il silenzio della normalità, di colui che sa quanto sia difficile pronunciare frasi sensate, e quanto sia facile offendere con parole che si penserebbero invece neutre, e allora medita e prende tempo prima di pronunciarsi.

"Non ha la parola pronta": è considerato un difetto mentre può essere il segno della prudenza che è una grandissima virtù.

"È di poche parole": e si crede che abbia bisogno di uno psicologo o di uno psichiatra, mentre si muove dentro i sensi del proprio io, dentro la propria "anima".

L'importante è parlare. Il politico deve parlare e magari non dire niente: fa l'ostruzionismo della parola. Il presentatore deve parlare sempre, per dire semplicemente buona sera e nessuno finisce per coglierlo. Ormai ad abbaiare è l'uomo.

I condomini sono permeabili ai rumori, a quelli del water ma anche alle parole. Le strade sono un massacro di auto e di parole. Le orecchie sono piene di auricolari che portano i rumori del mondo intero, non bastano più quelli della propria dimora o paese: la globalizzazione del rumore e la follia delle parole. Un manicomio assordante.

Arrivo a proporre una giornata del silenzio. Ma forse la specie si estinguerebbe. In una occasione in cui una grande città è stata senza corrente elettrica per due giorni, e quindi hanno perso la parola i televisori e le radio, la gente è impazzita, è entrata in una crisi di astinenza da parole e rumore che aveva espressioni e sintomi peggiori di quella da eroina.

Questa settimana ho preso in mano un settimanale femminile: di 623 pagine. Parole e parole. I giornali ordinano parole senza pensare al senso. Ore di televisione, parole su mille canali. Una follia vociante, parlante. Moriremmo di parole.

Una infinità di parole, senza un pensiero, senza nemmeno l'ombra di un'idea. Il comando è rumore come quei potenti che credono di essere forti se lanciano bombe o missili che distruggono. O come quei gaudenti che si riempiono il ventre di piacere e scoprono di essere vivi solo dalle flatulenze: flatus vocis. Anche le preghiere sono troppo rumorose e troppo vocianti: penso a san Francesco che, alla Porziuncola, dice: Signore non so dire nulla se non ba ba ba. Il mio silenzio - a questo punto lo ammetto - è ancora più confuso perché non ho ancora trovato il mio interlocutore nel cielo. Forse è tempo di cercarlo nel silenzio e forse nel silenzio si sentono parole di "vita eterna". Il dolore parla solo nel silenzio il resto è telenovela. La fatica non ha parole. Ho bisogno di silenzio per sentire quel vuoto che si può riempire di quiete.

Così terminano, almeno per un po', anche le mie parole su "Avvenire". Ho iniziato dicendo che scrivevo per cercare, ora ho voglia di silenzio, devo cercare ancora ma senza fare rumore. Voglio dare ai miei lettori un po' di silenzio che auguro sia silenzio di pace.

silenziointerioritàrumoredeserto

inviato da Giosuè Lombardo, inserito il 27/08/2003

TESTO

31. Il tempo   1

Kahlil Gibran, Il profeta

E un astronomo disse: "Maestro, parlaci del Tempo".

Il tempo è senza inizio nell'ordito di un tessuto dove il silenzio, nell'affaticare dell'universo tace e voi vorreste misurare il ritmo dell'universo, l'incommensurabile e l'immenso.
Vorreste regolare il vostro comportamento e dirigere il corso del vostro spirito secondo le ore e le stagioni.
Del tempo vorreste fare un fiume per sostare presso la sua riva e guardarlo fluire.
Ma l'eterno che è in voi sa che la vita è senza tempo.
E sa che l'oggi non è che il ricordo di ieri, e il domani il sogno di oggi.
E ciò che in voi è canto e contemplazione dimora quieto entro i confini di quel primo attimo in cui le stelle furono disseminate nello spazio.
Chi di voi non sente che la sua forza d'amore è sconfinata?
E chi non sente che questo autentico amore, benché sconfinato, è racchiuso nel centro del proprio essere, e non passa da pensiero d'amore a pensiero d'amore, né da atto d'amore ad atto d'amore?
E non è forse il tempo, così come l'amore, indiviso e immoto.
Ma se col pensiero volete misurare il tempo in stagioni, fate che ogni stagione racchiuda tutte le altre, e che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il futuro con l'attesa.

tempoeternitàeterno

4.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Lianza, inserito il 16/03/2003

TESTO

32. Trovare Dio in tutte le cose

Trovare Dio in tutte le cose è una meta stupenda. E' il frutto che matura in colui che si mette in cammino e dirige i suoi passi verso il cuore. E' li che Dio si nasconde, nel cuore di tutto ciò che esiste. Dio è il cuore della nostra vita. La sua dimora è il cuore. Trovare Dio in tutte le cose è partire dalle cose per trovare Dio. Fermati. Osserva. Non vedi che le cose "parlano"? Non ti accorgi di nulla?

Che cosa provi quando vedi il sole che tramonta? E quando osservi un fiore? E quando ti avvicini ad una sorgente? Una zolla di terra, un lembo di cielo, il volto di una persona, un frammento di pane, l'acqua che bolle nella pentola, il cibo che prepari con le tue mani... sono tutte cose che possono sorprenderti.

Fermati ancora. Ascolta il respiro: da dove viene? dove ti porta? Il respiro sei tu: da dove vieni? dove vai? Non ti accorgi che stai pregando? La preghiera è dentro di te. E' il tuo essere che prega. Anche quando non ci pensi. Anche quando non gli "corri" dietro.

Adesso sai dov'è Dio. Hai ancora bisogno di cercarlo?

Diotrovare Diorapporto con Dionaturacreazionecreato

inviato da Eleonora Polo, inserito il 14/12/2002

PREGHIERA

33. Nella gioia dell'adorazione

Pierre Griolet

Cristo,
Signore del dono senza contraccambio,
illumina le nostre giornate.
Nel vuoto di questo mondo che passa
apri il nostro cuore al tuo amore.
Sì, insegnaci ad ascoltare
nella gioia dell'adorazione.
Ci vuoi felici,
concedici di renderti grazie!
Cristo, tu sei il capo e la vite,
noi le membra e i tralci.
Il tuo Spirito ci irrighi,
perché portiamo frutto.
Sii benedetto
per tante vocazioni al servizio,
che giungono, per grazia e amore,
fino ai limiti dell'impossibile.
Ricevi la lode del popolo santo,
a gran prezzo strappato alle lacrime.
Ricevi la lode dei risorti,
che vanno verso la tua dimora.
Cristo, solo nella lode
possiamo riconoscere
questo mondo che passa
e il regno di gloria
che viene per chiamarci
alla gioia senza nome.

gioialodeadorazione

inviato da Anna Lianza, inserito il 11/12/2002

TESTO

34. Il mistero del tempo

Michael Ende, Momo

Esiste un grande eppur quotidiano mistero. Tutti gli uomini ne partecipano, ma pochissimi si fermano a rifletterci. Quasi tutti si limitano a prenderlo come viene e non se ne meravigliano affatto. Questo mistero è il tempo. Esistono calendari ed orologi per misurarlo, misure di ben poco significato, perché tutti sappiamo che, talvolta, un'unica ora ci può sembrare una eternità, e un'altra invece passa in un attimo... dipende da quel che viviamo in quest'ora.
Perché il tempo è vita. E la vita dimora nel cuore.

tempovalore del tempo

inviato da Eleonora Polo, inserito il 11/12/2002

PREGHIERA

35. Vita della mia vita

Rabindranath Tagore

Vita della mia vita,
sempre cercherò di conservare
puro il mio corpo,
sapendo che la tua carezza vivente
mi sfiora tutte le membra.

Sempre cercherò di allontanare
ogni falsità dai miei pensieri,
sapendo che tu sei la verità
che nella mente
mi ha accesa la luce della ragione.

Sempre cercherò di scacciare
ogni malvagità dal mio cuore,
e di farvi fiorire l'amore,
sapendo che ha la tua dimora
nel più profondo del cuore.

E sempre cercherò nelle mie azioni
di rivelare te,
sapendo che è il tuo potere
che mi dà la forza di agire.

vitarapporto con Dio

inviato da Immacolata Chetta, inserito il 27/05/2002

PREGHIERA

36. Allo Spirito Santo

Soren Kierkegaard

La cosa sacra noi uomini la portiamo
soltanto in un fragile vaso d'argilla.
Ma tu, o santo Spirito, quando abiti in un uomo,
abiti in qualcosa di infinitamente inferiore.
Tu, Spirito di santità,
abiti in mezzo all'immondezza e alla contaminazione!
Tu, Spirito di sapienza,
abiti in mezzo alla stoltezza!
Tu, Spirito di verità,
abiti in mezzo all'inganno di se stessi!
Rimani con noi, tu che non cerchi
e cercheresti invano una dimora confortevole;
tu che, creatore e rigeneratore,
fai da te stesso la tua dimora,
rimani con noi!
Che almeno una volta possa dirsi
che ti compiaci di questa dimora
che tu stesso ti sei preparata
in questo mio contaminato,
perverso e fallace cuore.

Spirito Santorapporto con Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002

PREGHIERA

37. Tu sei i miei giorni   1

don Luigi Serenthà

Signore Gesù,
Tu sei i miei giorni,
non ho altri che te
nella mia vita.

Quando troverò
un qualcosa
che mi aiuta,
te ne sarò immensamente grato;
però Signore,
quand'anche io fossi solo,
quand'anche non ci fosse nulla
che mi dà una mano,
non ci fosse neanche
un fratello di fede
che mi sostiene,
Tu, o Signore, mi basti,
con Te ricomincio da capo.

Tu mi basti, Signore:
il mio cuore,
il mio corpo, la mia vita,
nel suo normale modo di vestire,
di alimentarsi, di desiderare
è tutta orientata a Te.

Io vivo nella semplicità
e nella povertà di cuore;
non ho una famiglia mia,
perché Tu sei la mia casa,
la mia dimora, il mio vestito,
il mio cibo,
Tu sei il mio desiderio.

fiduciaabbandonoprovvidenzarapporto con Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 11/05/2002

PREGHIERA

38. Mi hai fatto conoscere

Rabindranath Tagore, Gitanjali, 63

Mi hai fatto conoscere ad amici che non conoscevo. Mi hai fatto sedere in case che non erano la mia. Mi hai portato vicino il lontano, e reso l'estraneo un fratello. In fondo al cuore mi sento a disagio quando abbandono l'abituale rifugio; scordo che il vecchio abita nel nuovo, e là tu stesso hai dimora.

Attraverso la nascita e la morte, in questo oppure in altri mondi, ovunque mi conduci, sei tu, lo stesso, unico compagno della mia vita senza fine, che unisci con legami di gioia il mio cuore a ciò che non è familiare.

Se conosco te nessuno mi sarà estraneo, non vi sarà porta chiusa, né legami.

Oh esaudisci la mia preghiera: ch'io non perda mai la carezza dell'uno nel gioco dei molti.

mondialitàmissionefratellanza universale

inviato da Suor Cristina Giustozzi, inserito il 09/05/2002

TESTO

39. Grande silenzio

Antica Omelia sul Sabato Santo

Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.

Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione.

Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.

Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effigie, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura.

Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta.

Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati.

Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all'albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire Eva dal tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell'inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te.

Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio.

Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l'eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli.»

redenzionesalvezzapasquasabato santo

5.0/5 (1 voto)

inviato da Stefania Raspo, inserito il 08/05/2002

RACCONTO

40. Dove abita Dio?

Martin Buber, Il cammino dell'uomo

Un giorno in cui riceveva degli ospiti eruditi, Rabbi Mendel di Kozk li stupì chiedendo loro a bruciapelo: ”Dove abita Dio?”. Quelli risero di lui. “Ma che vi prende? Il mondo non è forse pieno della sua gloria?”. Ma il Rabbi diede lui la risposta alla domanda: “Dio abita dove lo si lascia entrare”.

Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo là dove ci si trova e dove ci si trova realmente, dove si vive e dove si vive una vita autentica.

Se instauriamo un rapporto santo con il piccolo mondo che ci è affidato, se, nell’ambito della creazione con la quale viviamo, noi aiutiamo la santa essenza spirituale a giungere a compimento, allora prepariamo a Dio una dimora nel nostro luogo, allora lasciamo entrare Dio.

rapporto con Dioincontrare Dioconversione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Stefania Raspo, inserito il 06/05/2002

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