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ESPERIENZA
Scorgere un uomo circondato da una folla
e tanti sguardi imploranti rivolti a lui,
inquadrare il Rabbì, percepire l'ineffabile,
avvertirne il fascino...
E poi avvicinarglisi,
coglierne il cenno che ti accoglie,
ascoltarlo, sempre più presi,
sino a sentirsi trafitti
e fremere di gioia,
scorgendosi poveri, inappagati...
E poi avvertire un fraterno abbraccio,
il tuo cuore sussultare,
e ritenere non più impellenti i tuoi impegni...
E quando Gesù lascia la folla
seguirlo, accettandone passo e ritmi,
senza perdere una parola del suo dire,
e capire che spalanca le tue porte chiuse
per donarti aria fresca e nuova...
E Lui continua ad agire, scava in te,
riportando alla luce quello che sei;
la Parola si fa specchio per te,
e rimani ammaliato dinanzi al riemergere
- ad ogni tocco, talora deciso, di bulino -
dell'immagine di te, antica e nuova...
E poi stare con lui, bearsi,
non riuscire a staccarsi,
non desiderare altro,
lucidamente ammaliati
da chi dolcemente ti prende,
ti porta dove il suo cuore pulsa d'amore.
E poi percepire altre voci, ora amiche,
e comprendere ora - sorpresi -
che solo il divino ci si addice,
che ci fa essere aperti al mondo,
totalmente vivi, pieni, nuovi....
ascoltotrasformazionediscepolatosequeladiscepoli
inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 17/09/2022
TESTO
2. Attendere è declinazione del verbo amare
Ermes Ronchi, https://www.avvenire.it
Avvento: tempo per desiderare e attendere quel Dio che viene con una metafora spiazzante, come un ladro. Che viene nel tempo delle stelle, in silenzio, senza rumore e clamore, senza apparenza, che non ruba niente e dona tutto. Si accorgono di lui i desideranti, quelli che vegliano in punta di cuore, al lume delle stelle, quelli dagli occhi profondi e trasparenti che sanno vedere quanto dolore e quanto amore, quanto Dio c'è, incamminato nel mondo. Anche Dio, fra le stelle, come un desiderante, accende la sua lucerna e attende che io mi incammini verso casa.
inviato da Francesco De Luca, inserito il 29/12/2018
PREGHIERA
3. Esame di coscienza sui vizi capitali 1
Penitenziale per i giovani in preparazione alla XXII Giornata Mondiale della Gioventù in San Pietro alla presenza di Benedetto XVI, Libreria Editrice Vaticana, 2007
Perdona Signore i nostri peccati di superbia: le azioni che cercano solo la lode e l'approvazione della gente, l'ambizione, la ricerca di potere e di notorietà.
Perdonaci per quando parliamo, diamo consigli, studiamo, lavoriamo, facciamo il bene solo in funzione di ciò che ne penseranno gli altri e per catturare la stima altrui.
Perdonaci per quando esibiamo con vanità la bellezza fisica e le qualità dateci da Dio.
Perdonaci per l'arroganza che nasce dalla superbia, per il desiderio di non dipendere da nessuno, e nemmeno da Dio, per il vittimismo con cui sappiamo darci sempre una giustificazione.
Rendici umili. L'umiltà è la virtù che elimina tutte le passioni perché in essa noi ci rendiamo disponibili ad essere aiutati da Dio.
Perdona Signore i nostri peccati di invidia: l'ostilità, l'odio, l'idea che il male altrui possa essere bene per noi.
Perdona l'egocentrismo che ci impedisce di desiderare il bene per gli altri e ci rende incapaci di amare, il malcontento e i contrasti generati dall'invidia. Liberaci dal rancore, dal tormento interiore, dall'insoddisfazione.
Perdonaci quando vediamo tutto in funzione di noi stessi, quando non sappiamo mettere un freno ai desideri, quando chiamiamo l'invidia "sana competitività".
Perdona i cedimenti a una società che alimenta continuamente l'ambizione, l'avidità e la vuota curiosità.
Perdonaci quando desideriamo la roba d'altri e ci condanniamo all'infelicità.
Aiutaci a contrastare l'invidia con il dono quotidiano di noi stessi per i fratelli.
Perdona Signore i nostri peccati d'ira: i turbamenti del cuore, i sentimenti di avversione verso i fratelli quando sentiamo colpito il nostro io, l'animosità eccitata, l'aggressività del corpo, la sete di vendetta.
Perdonaci quando l'ira soffoca la libertà, ci rende schiavi di noi stessi, toglie la pace interiore ed esteriore.
Perdonaci la tentazione di "farla pagare" a chi ci ha umiliato, il piacere perverso del "far del male a qualcuno", i giudizi taglienti e la gratuita durezza verso gli altri, le mille giustificazioni dell'ira.
Aiutaci a seguire la via suggerita dai padri: “il silenzio delle labbra pur nel turbamento del cuore", dato che "La medicina perfetta... sarà quella di essere prima di tutto ben persuasi che non ci è consentito adirarci mai e in nessun modo".
Perdona Signore i nostri peccati di accidia: il torpore, la pigrizia, l'abbattimento, la tristezza, la dipendenza e le crisi di astinenza da stimoli e piaceri esteriori che ci lasciano sempre tristi e vuoti.
Perdonaci per la noia che a volte proviamo nel pregare e che ci spinge a cercare distrazioni, o ci lascia soli a parlare con noi stessi.
Perdonaci quando l'accidia genera disgusto e noia per ogni attività sana e spirituale, per quando la stessa vita quotidiana si tinge di tristezza, svogliatezza, vittimismo e lagnanza.
Perdonaci per la vita senza scopo, il tempo perso e la fuga dall'impegno quotidiano.
Donaci il desiderio di reagire. Facci trovare una guida spirituale e fa' che accettiamo la disciplina dell'obbedienza, unica via per non essere sballottati come un corpo inerte in balia delle passioni.
Perdonaci Signore per i peccati di avarizia: l'avidità, la brama di possedere, la fiducia smodata riposta nel denaro. Perdonaci se per avarizia lavoriamo di domenica, siamo disonesti, non diamo in elemosina, ci circondiamo di cose superflue.
Perdona le conseguenze terribili della fame di soldi: liti familiari, ansie e falsi timori, tradimenti, frodi, inganni, spergiuri, violenza e indurimento del cuore.
Perdonaci l'abitudine a essere insoddisfatti per ciò che abbiamo e bramosi di ciò che non ci è dato. Liberaci da lussi inutili, comodità e abitudini dispendiose.
Perdona le ingiustizie della società, le drammatiche disuguaglianze tra paesi ricchi e poveri, le guerre, i disumani sfruttamenti e l'inganno delle coscienze prodotto da un sistema di accumulo e consumo che fa di tutto per eccitare la brama di possesso.
Aiutaci a sottrarci all'influenza dei media e a fidarci di te, che rivesti i gigli del campo e non abbandoni gli uccelli del cielo.
Perdonaci Signore per i peccati di gola: il rapporto irrazionale con il cibo, i vizi del fumo, dell'alcool, delle droghe, la dipendenza che ci fa schiavi.
Perdonaci se scambiamo per la libera scelta ciò che è solo condizionamento dell'abitudine, delle mode, della pubblicità.
Perdonaci per la mente ottenebrata che si allontana anche dalla preghiera e dalle sane letture, per gli eccessi che ci rendono meno padroni di noi stessi e affievoliscono la capacità di autocontrollo.
Insegnaci la capacità dell'astinenza, che disintossica il corpo e la mente. Aiutaci a scoprire i piaceri sani della vita, per essere capaci di amare i fratelli con la libertà e la gioia con cui tu hai amato noi.
Perdonaci Signore per i peccati di lussuria, che ci fanno schiavi del sesso, e per il disordine morale che mette a rischio persone, famiglie e società.
Perdona il cedimento a immagini proposte ad arte, a voci allusive, alla pornografia in video e in rete. Perdonaci la debolezza di fronte a piaceri tanto intensi quanto effimeri.
Perdona la mentalità diffusa che si spaccia il disordine sessuale per conquista e fa credere che ogni istinto debba trovare immediata soddisfazione. Facci comprendere che non è libero chi non ha il controllo di se stesso, chi si riduce al doppio gioco e alla menzogna, chi perde l'integrità morale e la pace, chi si chiude in se stesso.
Perdona i danni gravi nella società: per il sesso si litiga, si minaccia, si uccide; la libidine alimenta uno stile di vita fatuo, degenera spesso nella prostituzione, nel ricatto, nella pedofilia...
Aiutaci a custodire la castità nel cuore e nella mente, e a non avere rapporti sessuali prima o fuori del matrimonio, a evitare deviazioni e stravaganze. Insegnaci modestia e dignità nel vestire, custodisci sguardi e fantasie.
Aiutaci a riscoprire la meraviglia della sessualità secondo Dio, nella cornice dell'amore coniugale, nell'atmosfera di famiglia e di tenerezza dove il sesso non è profanato e svenduto ma è sacra partecipazione al dono della vita.
esame di coscienzavizi capitalisuperbiainvidiairaaccidiaavariziagolalussuria
inviato da Qumran2, inserito il 02/12/2017
TESTO
4. Esame di coscienza dello Sportivo 1
Ufficio Nazionale Cei Pastorale dello sport, tempo libero e turismo, Fare pastorale dello sport in Parrocchia, 2013
Passa il tempo, cambia il modo di concepire il bene e il male, ma le due tavole della Legge permangono validissime. I Dieci Comandamenti, rimeditati lungo il percorso del pellegrinaggio giubilare, nel silenzio del cuore, offrono indicazioni sempre attuali per tutti gli sportivi.
Non avrai altro Dio fuori di me
Lo sport ha i suoi dei, ogni sport ha il suo Dio. È sconvolgente quando nello sport emerge un Dio che fa dimenticare il vero ed unico Dio. Non è giusto fare dello sport per esaltare se stesso, mettendo da parte Dio.
Non nominare il nome di Dio invano
Purtroppo lo sport offre una spaventosa occasione per bestemmiare; sia sul campo, sia ai suoi bordi, vissuta come scarica del nervosismo procurato dall'evento sportivo.
Ricordati di santificare le feste
Spesso non si va a Messa nei giorni festivi con la scusa della partita. Si perde il valore del "Giorno del Signore". L'impegno sportivo diventa una facile scusante.
Onora il padre e la madre
Il giocatore, una volta raggiunti i buoni livelli sportivi, non sente più la necessità della "tutela". I cambiamenti di società ed i rapporti sportivi diminuiscono i legami familiari per dare più importanza all'interesse sportivo.
Non ammazzare
La violenza dello sport è vissuta come una necessità per dare sostegno alla propria capacità e danneggiare l'intervento dell'avversario. La violenza è vissuta dagli spettatori come partecipazione attiva all'evento sportivo a favore della propria squadra.
Non commettere atti impuri
Purtroppo anche nello sport prevale la mancanza di rispetto del proprio corpo. Lo spogliatoio mette a dura prova parecchi giovani.
Non rubare
Ci sono anche furti legati allo sport. Si ruba il risultato dell'evento sportivo, riuscendo a pesare sulle decisioni dell'arbitro. Quante partite truccate?!
Non dire falsa testimonianza
Lo sport è vissuto, il più delle volte, come recitazione o come simulazione. Spesso questo comportamento è insegnato dai responsabili delle attività sportive. Quante simulazioni di fallo!
Non desiderare la roba d'altri
Quanti desideri per l'acquisto di attrezzature personali a imitazione dei professionisti. Acquisti che mettono a dura prova il bilancio familiare e che, se insoddisfatti, rendono infelice il giovane.
Non desiderare la donna d'altri
Il desiderio è forte, la tentazione può diventare convincente, ma occorre vigilare per non lasciarsi prendere dalla concupiscienza. Se rispetti, sarai rispettato, se giochi al ribasso sarai un perdente e imbrogli i rapporti veri e sacri.
Cfr. G. P. Ormezzano, Lo sport che fa male, ed. Gruppo Abele, Torino.
esame di coscienzasportsportivicomandamenticorrettezza
inviato da Qumran2, inserito il 26/08/2016
TESTO
5. Lettera di Dio per la custodia della donna 2
La donna che hai al fianco, emozionata, con l'abito da sposa, è mia. Io l'ho creata. Io le ho voluto bene da sempre; ancor prima di te e ancor più di te. Per lei non ho esitato a dare la mia vita. Ho dei grandi progetti per lei. Te l'affido. La prenderai dalle mie mani e ne diventerai responsabile.
Quando l'hai incontrata l'hai trovata bella e te ne sei innamorato. Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza, è il mio cuore che ha messo dentro di lei la tenerezza e l'amore, è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità e la sua intelligenza e tutte le qualità belle che hai trovato in lei.
Però non basta che tu goda del suo fascino. Dovrai impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri. Ti renderai conto che ha bisogno di tante cose: ha bisogno di casa, di vestito, di serenità, di gioia, di equilibrio psichico, di rapporti umani, di affetto e tenerezza, di piacere e di divertimento, di presenza umana e di dialogo, di relazioni sociali e familiari, di soddisfazioni nel lavoro e di tante altre cose.
Ma dovrai renderti conto che ha bisogno soprattutto di me, e di tutto quello che aiuta e favorisce questo incontro con me: la pace del cuore, la purezza di spirito, la preghiera, la Parola, il perdono, la speranza e la fiducia in me, la mia vita. Sono Io e non tu il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita.
Facciamo un patto tra noi: la ameremo insieme. Io la amo da sempre. Tu hai incominciato ad amarla da qualche anno, da quando te ne sei innamorato. Sono io che ho messo nel tuo cuore l'amore per lei. È stato il modo più bello perché ti accorgessi di lei. Volevo affidarla a qualcuno che se ne prendesse cura. Ma volevo anche che lei arricchisse con la sua bellezza e le sue qualità la vita di un uomo. E questo uomo sei tu.
Per questo ho fatto nascere nel tuo cuore l'amore per lei. Era il modo più bello per dirti: "ecco, te la affido", e perché tu potessi godere della sua bellezza e delle sue qualità. Quando le dirai "prometto di esserti fedele, di amarti e rispettarti per tutta la vita", sarà come se mi rispondessi che sei lieto di accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di lei. Da quel momento saremo in due ad amarla.
Dobbiamo però metterci d'accordo: non è possibile che tu la ami in un modo e io in un altro. Devi avere per lei un amore simile al mio, e devi desiderare per lei le stesse cose che Io desidero. Non puoi pensare nulla di più bello e gioioso per lei.
Se la ami sul serio vedrai che ti troverai d'accordo con me nel progetto che ho concepito per lei. Ti farò capire poco alla volta quale sia il mio modo di amare, e ti svelerò quale vita ho sognato e voluto per questa mia creatura che diventerà tua sposa.
Mi rendo conto che ti sto chiedendo molto. Pensavi che questa donna fosse tutta e solo tua, e ora invece hai l'impressione che io ti chieda di spartirla con Me. Non è così. Io non sono il tuo rivale in amore. Al contrario, sono molui che ti aiuta ad amarla appassionatamente. Per questo desidero che nel tuo piccolo amore ci sia il mio grande amore.
Col tuo amore potrai fare molto per lei, ma è sempre troppo poco. Io ti rendo invece capace di amare da Dio. È questo il mio dono di nozze: un supplemento di amore che trasforma il tuo amore di creatura e lo rende capace di produrre le opere di Dio nella donna che ami.
Sono parole per te misteriose, ma le capirai un poco alla volta. Ti assicurò che non ti lascerò mai solo in questa impresa. Sarò sempre con te e farò di te lo strumento del mio amore, della mia tenerezza; continuerò ad amare la mia creatura, che è diventata tua sposa, attraverso i tuoi gesti d'amore, di attenzione di impegno, di perdono, di dedizione. In una parola: ti renderò capace di amare come io amo, perché ti darò una forza nuova di amare che è il mio stesso amore.
Se vi amerete in questo modo, la vostra coppia diventerà come una fortezza che le tempeste di vita non riusciranno mai ad abbattere. Un amore costruito sulla mia Parola è come una casa costruita sulla roccia: nessuna vicenda potrà distruggerla. Ricordatelo, perché molti si illudono di poter fare a meno di me: ma se io non sono con voi nell'edificare la casa della vostra vita e del vostro amore, vi affaticherete invano: come gli apostoli che faticarono tutta una notte e al mattino tornarono a riva con le reti vuote; bastò un semplice intervento Mio, e le reti pescarono tanto pesce che per l'abbondanza si rompevano. Di più. Se vi amerete in questo modo diventerete forza anche per gli altri.
Oggi si crede poco all'amore vero, quello che dura per sempre, e che offre la propria vita all'amato. Si cercano più le emozioni amorose che l'amore. Ma le emozioni nascono e muoiono presto, lasciando solo vuoto e nostalgia.
Per questo qualcuno ha detto che il matrimonio è solo una grande illusione che si dissolve presto. Se voi saprete amarvi come io amo, con una fedeltà che non viene mai meno, diventerete come la città sul monte. Sarete una speranza per tutti, perché tutti vedranno che l'amore è una cosa possibile.
donnaamorematrimoniocoppiasposicustodire
inviato da Paola Berrettini, inserito il 16/06/2015
PREGHIERA
don Tonino Bello, Maria, donna dei nostri giorni
I love you. Je t'aime. Te quiero. Ich liebe Dich. Ti voglio bene, insomma.
Io non so se ai tempi di Maria si adoperassero gli stessi messaggi d'amore, teneri come giaculatorie e rapidi come graffiti, che le ragazze di oggi incidono furtivamente sul libro di storia o sugli zaini colorati dei loro compagni di scuola.
Penso, però, che, se non proprio con la penna a sfera sui jeans, o con i gessetti sui muri, le adolescenti di Palestina si comportassero come le loro coetanee di oggi.
Con «stilo di scriba veloce» su una corteccia di sicomòro, o con la punta del vincastro sulle sabbie dei pascoli, un codice dovevano pure averlo per trasmettere ad altri quel sentimento, antico e sempre nuovo, che scuote l'anima di ogni essere umano quando si apre al mistero della vita: ti voglio bene!
Anche Maria ha sperimentato quella stagione splendida dell'esistenza, fatta di stupori e di lacrime, di trasalimenti e di dubbi, di tenerezza e di trepidazione, in cui, come in una coppa di cristallo, sembrano distillarsi tutti i profumi dell'universo.
Ha assaporato pure lei la gioia degli incontri, l'attesa delle feste, gli slanci dell'amicizia, l'ebbrezza della danza, le innocenti lusinghe per un complimento, la felicità per un abito nuovo.
Cresceva come un'anfora sotto le mani del vasaio, e tutti si interrogavano sul mistero di quella trasparenza senza scorie e di quella freschezza senza ombre.
Una sera, un ragazzo di nome Giuseppe prese il coraggio a due mani e le dichiarò: «Maria, ti amo». Lei gli rispose, veloce come un brivido: «Anch'io». E nell'iride degli occhi le sfavillarono, riflesse, tutte le stelle del firmamento.
Le compagne, che sui prati sfogliavano con lei i petali di verbena, non riuscivano a spiegarsi come facesse a comporre i suoi rapimenti in Dio e la sua passione per una creatura. Il sabato la vedevano assorta nell'esperienza sovrumana dell'estasi, quando, nei cori della sinagoga, cantava: «O Dio, tu sei il mio Dio, dall'aurora ti cerco: di te ha sete l'anima mia come terra deserta, arida, senz' acqua». Poi la sera rimanevano stupite quando, raccontandosi a vicenda le loro pene d'amore sotto il plenilunio, la sentivano parlare del suo fidanzato, con le cadenze del Cantico dei Cantici: «Il mio diletto è riconoscibile tra mille... I suoi occhi, come colombe su ruscelli di acqua... Il suo aspetto è come quello del Libano, magnifico tra i cedri...».
Per loro, questa composizione era un'impresa disperata. Per Maria, invece, era come mettere insieme i due emistichi d'un versetto dei salmi.
Per loro, l'amore umano che sperimentavano era come l'acqua di una cisterna: limpidissima, sì, ma con tanti detriti sul fondo. Bastava un nonnulla perché i fondigli si rimescolassero e le acque divenissero torbide. Per lei, no.
Non potevano mai capire, le ragazze di Nazaret, che l'amore di Maria non aveva fondigli, perché il suo era un pozzo senza fondo.
Santa Maria, donna innamorata, roveto inestinguibile di amore, noi dobbiamo chiederti perdono per aver fatto un torto alla tua umanità. Ti abbiamo ritenuta capace solo di fiamme che si alzano verso il cielo, ma poi, forse per paura di contaminarti con le cose della terra, ti abbiamo esclusa dall'esperienza delle piccole scintille di quaggiù. Tu, invece, rogo di carità per il Creatore, ci sei maestra anche di come si amano le creature. Aiutaci, perciò, a ricomporre le assurde dissociazioni con cui, in tema di amore, portiamo avanti contabilità separate: una per il cielo (troppo povera in verità), e l'altra per la terra (ricca di voci, ma anemica di contenuti) .
Facci capire che l'amore è sempre santo, perché le sue vampe partono dall'unico incendio di Dio. Ma facci comprendere anche che, con lo stesso fuoco, oltre che accendere lampade di gioia, abbiamo la triste possibilità di fare terra bruciata delle cose più belle della vita.
Perciò, Santa Maria, donna innamorata, se è vero, come canta la liturgia, che tu sei la «Madre del bell'amore», accoglici alla tua scuola. lnsegnaci ad amare. È un'arte difficile che si impara lentamente. Perché si tratta di liberare la brace, senza spegnerla, da tante stratificazioni di cenere.
Amare, voce del verbo morire, significa decentrarsi. Uscire da sé. Dare senza chiedere. Essere discreti al limite del silenzio. Soffrire per far cadere le squame dell'egoismo. Togliersi di mezzo quando si rischia di compromettere la pace di una casa. Desiderare la felicità dell'altro. Rispettare il suo destino. E scomparire, quando ci si accorge di turbare la sua missione.
Santa Maria, donna innamorata, visto che il Signore ti ha detto: «Sono in te tutte le mie sorgenti», facci percepire che è sempre l'amore la rete sotterranea di quelle lame improvvise di felicità, che in alcuni momenti della vita ti trapassano lo spirito, ti riconciliano con le cose e ti danno la gioia di esistere.
Solo tu puoi farci cogliere la santità che soggiace a quegli arcani trasalimenti dello spirito, quando il cuore sembra fermarsi o battere più forte, dinanzi al miracolo delle cose: i pastelli del tramonto, il profumo dell'oceano, la pioggia nel pineto, l'ultima neve di primavera, gli accordi di mille violini suonati dal vento, tutti i colori dell'arcobaleno... Vaporano allora, dal sotto suolo delle memorie, aneliti religiosi di pace, che si congiungono con attese di approdi futuri, e ti fanno sentire la presenza di Dio.
Aiutaci, perché, in quegli attimi veloci di innamoramento con l'universo, possiamo intuire che le salmodie notturne delle claustrali e i balletti delle danzatrici del Bolscjoi hanno la medesima sorgente di carità. E che la fonte ispiratrice della melodia che al mattino risuona in una cattedrale è la stessa del ritornello che si sente giungere la sera... da una rotonda sul mare: «Parlami d'amore, Mariù».
inviato da Barbara Battilana, inserito il 13/03/2013
TESTO
7. Gesù 2
don Primo Mazzolari, Il compagno Cristo
Gesù è l'unico personaggio della storia che si vorrebbe non fosse esistito... Gli altri uomini, grandi o infami, sono memoria e polvere: Cristo, no, è presenza. Comincia a diventare interessante uno che gli uomini non vorrebbero che fosse! Non può essere uno qualunque, se lui o qualcosa di lui è così vivo e inquietante da desiderare che non fosse...
Gesùricercaricerca di sensofedeincredulità
inviato da Fr. Francesco Bergomi, inserito il 20/09/2012
ESPERIENZA
Figlio mio, ti vidi appena nato con la lingua penzoloni.
La diagnosi fu pesante come un macigno.
Al Signore dissi: "Tu dai e tu togli. Riprendilo ora. E' inutile la sua vita".
Perdonami, figlio mio. Tu sei come tutti, con problemi solo diversi.
Quando dicesti: "Mamma", piansi di gioia, anche se avevi tre anni.
Ai tuoi primi passi aprii le braccia felice, anche se eri grandino.
Inutile la tua vita? No! Tu mi insegnasti la pazienza.
Quando a quell'epoca nessuno ti voleva, a scuola e in società, imparai a essere gentile affinché qualcuno ti facesse una carezza.
Inutile la tua vita? No! Tu mi insegnasti l'umiltà.
Quando la gente cominciò ad accorgersi di quelli come te, mi misi a combattere perché tu fossi accolto come gli altri.
Inutile la tua vita? No! Tu mi insegnasti a lottare.
Mentre le altre madri sognavano per i figli i primi posti, io mi accontentavo di cogliere con prontezza i tuoi piccoli progressi.
Tu mi insegnasti a desiderare la felicità e non il successo.
Alla morte di papà tornai dal cimitero disperata. Trovai te, e con te cercai di non arrendermi.
Ora tu, figlio mio, sei la mia compagnia.
Se ricevo un abbraccio o una gentilezza, li ricevo da te. Con te, a cui basta poco per sorridere, riesco a dare felicità.
Ora tu, figlio mio, sei la mia compagnia.
vitahandicapdisabilitàvalore della vita
inviato da Maurizio Gasperi, inserito il 12/08/2012
TESTO
Non è umiltà il riconoscersi miserabili, è semplicemente buon senso; ma è umiltà volere e desiderare che gli altri ci considerino e ci trattino come tali.
inviato da Qumran2, inserito il 19/01/2012
TESTO
10. La pace è il desiderio di ogni uomo
Ernesto Olivero, Il sogno di Dio, Città Nuova, 2006
La pace è il desiderio di ogni uomo. Pace è avere la serenità dentro,
è sapere che la propria famiglia può avere il necessario per ogni giorno.
Pace è vivere in armonia con Dio creatore e con gli uomini affratellati tra di loro.
Pace è non avere paura, è desiderare di vivere con pienezza, è non temere la morte.
Ma la pace non abita in questo nostro tempo,
come non ha mai abitato in mezzo a noi,
perché troppi uomini badano principalmente ai propri interessi.
Eppure l'uomo è per la pace, l'umanità va verso la pace,
la storia diventerà pace per tutti.
inviato da Laura Baravelli, inserito il 08/01/2011
TESTO
11. I dieci comandamenti del bambino 5
1° Non avrai altri bambini che noi oggi:
rispettaci, difendici, amaci: solo così saremo gli uomini del domani.
2° Non deturpare il nostro nome di bambini:
lasciaci giocare, sorridere e sognare; permettici di essere bambini.
3° Siamo noi bambini la festa della famiglia e del mondo,
perché siamo nati dal cuore stesso di Dio e siamo il futuro: santificaci col tuo amore.
4° Amando noi, onorerai Dio che è nostro Padre e Madre;
anche noi domani saremo Padre e Madre, se ci avrai trasmesso valori da vivere.
5° La vita è vita dal concepimento alla morte: dopo inizia la definitiva:
rispetta la nostra vita fin dal seno materno e continua a generarci, permettendo di nascere, vivere e cantare.
6° Non c'è niente al mondo di più bello, semplice e puro di un bambino;
difendi la nostra trasparenza col tuo affetto vero e non sporcarti della nostra innocenza.
7° Non rubarci la nostra spontaneità, il nostro sorriso, la nostra allegria con i tuoi idoli:
lasciaci essere bambini e non voler bruciare le tappe per noi: c'è tempo.
8° Non dire che ci vuoi bene finché ci saranno bambini soldati, minatori, schiavi del sesso e fonte di guadagni, piccoli lavoratori senza diritti e difesa: quante bugie su di noi.
9° Non desiderare di arricchirti, aver prestigio, potere e forza, magari calpestandoci, sfruttandoci, non trovando tempo da perdere con noi per giocare insieme: troppo in fretta diventeremo grandi.
10° Non desiderare l'ideale di noi, magari additandoci il figlio del vicino perché migliore: amaci come siamo, nel reale, perché così Dio ama anche te: solo così potremo cambiare insieme.
bambinicomandamentiinnocenzarispettoinfanziadieci comandamenti
inviato da Gianni Fanzolato, inserito il 08/01/2011
TESTO
E' necessario studiare da vicino la parola "vegliare"; bisogna studiarla perché il suo significato non è così evidente come si potrebbe credere a prima vista e perché la Scrittura la adopera con insistenza. Dobbiamo non soltanto credere, ma vegliare; non soltanto amare, ma vegliare; non soltanto obbedire, ma vegliare.
Vegliare perché? Per questo grande evento: la venuta di Cristo.
Cos'è dunque vegliare? Credo lo si possa spiegare così. Voi sapete cosa significa attendere un amico, attendere che arrivi e vederlo tardare? Sapete cosa significa essere in compagnia di gente che trovate sgradevole e desiderare che il tempo passi e scocchi l'ora in cui potrete riprendere la vostra libertà? Sapete cosa significa essere nell'ansia per una cosa che potrebbe accadere e non accade; o di essere nell'attesa di qualche evento importante che vi fa battere il cuore quando ve lo ricordano e al quale pensate fin dal momento in cui aprite gli occhi?
Sapete cosa significa avere un amico lontano, attendere sue notizie e domandarvi giorno dopo giorno cosa stia facendo in quel momento e se stia bene?
Sapete cosa significa vivere per qualcuno che è vicino a voi a tal punto che i vostri occhi seguono i suoi, che leggete nella sua anima, che vedete tutti i mutamenti della sua fisionomia, che prevedete i suoi desideri, che sorridete del suo sorriso e vi rattristate della sua tristezza, che siete abbattuti quando egli è preoccupato e che vi rallegrate per i suoi successi?
Vegliare nell'attesa di Cristo è un sentimento di rassomiglianza a questo, per quel tanto che i sentimenti di questo mondo sono in grado di raffigurare quelli dell'altro mondo.
Veglia con Cristo chi non perde di vista il passato mentre sta guardando all'avvenire, e completando ciò che il suo Salvatore gli ha acquistato, non dimentica ciò che egli ha sofferto per lui.
Veglia con Cristo chi fa memoria e rinnova ancora nella sua persona la croce e l'agonia di Cristo, e riveste con gioia questo mantello di afflizione che il Cristo ha portato quaggiù e ha lasciato dietro a sé quando è salito al cielo.
avventoattesavegliavegliamorterapporto con Dio
inviato da Qumran2, inserito il 22/06/2009
PREGHIERA
13. Signore, aiutaci a fidarci di te
Signore, aiutaci a fidarci di te,
della tua Provvidenza.
Guardando a ciò che siamo e a ciò che abbiamo,
fa' che ci sentiamo dei privilegiati,
appagati e pieni di gratitudine.
Fa', o Signore,
che arriviamo a comprendere
che nel tuo amore c'è tutto ciò
di cui abbiamo bisogno per vivere
e per essere felici.
A noi, che desideriamo possedere sempre di più,
fa' comprendere che il tuo amore
è la ricchezza più grande che possiamo avere
e che il sentirci amati da te
è il tesoro più prezioso che possiamo desiderare.
Donaci di capire che
non serve essere invidiosi di chi ha più di noi,
non serve essere tristi
se agli altri le cose vanno meglio che a noi.
Se noi abbiamo te,
se tu sei con noi,
noi abbiamo tutto.
Ma veramente tutto!
E questo ci deve bastare e... avanzare,
perché, tu, Signore,
sei il massimo che noi possiamo avere!
Tu sei il nostro bisogno appagato,
il nostro cuore riposato,
il nostro sogno realizzato.
fiduciaricchezzapovertàprovvidenzarapporto con Diobisognisemplicitàsobrietàessenzialitàsuperfluo
inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 17/05/2009
TESTO
14. Il "Decalogo" della Domenica 2
lo sono il giomo del Signore, Dio tuo. lo sono il Signore dei tuoi giorni.
1. Non avrai altri giorni uguali a me.
Non fare i giorni tutti uguali. La domenica sia per te, fratello o sorella cristiana, il giorno libero da tutto per diventare il giorno libero per Dio e per tutti.
2. Non trascorrere la domenica invano,
drogandoti di televisione, alienandoti nell'evasione, caricandoti di altra tensione.
3. Ricordati di santificare la festa,
non disertando mai l'assemblea eucaristica: la domenica è la pasqua della tua settimana, il sole l'eucaristia e il cuore è Cristo risorto.
4. Onora tu, padre, e tu, madre, il grande giomo
con i tuoi figli! Ma non imporlo mai, neanche ai minori, e non ricattarli. Contagia loro la tua gioia di andare a messa: questo vale molto più di cento prediche.
5. Non ammazzare la domenica
con il doppio lavoro, soprattutto se remunerativo: non violarla né svenderla, ma vivila "gratis et amore Dei" e dei fratelli.
6. Considera il giorno del Signore "il momento di intimità
fra Cristo e la chiesa sua sposa", come ha detto il Papa; se sei sposato o sposata, coltiva la tua intimità con il tuo coniuge.
7. Non rubare la domenica a nessuno,
né alle colf, né alle badanti, né ai tuoi dipendenti. E non fartela rubare da niente e da nessuno, né dal denaro, né dal culturismo, né dai tuoi datori di lavoro.
8. Non dire falsa testimonianza
contro il giorno del Signore. Non vergognarti di dire ai tuoi amici non credenti che non puoi andare da loro in campagna o con loro allo stadio perché non puoi rinunciare alla messa.
9. Non desiderare la domenica degli "altri",
i ricchi, i gaudenti, i bontemponi. Desidera di condividere la domenica con gli ultimi, i poveri, i malati.
10. Non andare a messa solo perché è festa,
ma fa' festa perché vai a messa.
inviato da Qumran2, inserito il 16/12/2006
TESTO
15. L'uccellino e il sole divino
S. Teresa di Lisieux, Storia di un'anima
Gesù, Gesù, se è tanto delizioso il desiderio di amarti, che sarà possederti, godere del tuo amore?
In qual modo può, un'anima imperfetta quanto la mia, aspirare a possedere la pienezza dell'Amore? Gesù, mio primo, mio solo Amico, tu che amo unicamente, dimmi, quale mistero è questo? Perché non riservi queste aspirazioni immense alle anime grandi, alle aquile che roteano altissime? Io mi considero come un uccellino debole, coperto di un po' di piuma lieve; non sono un'aquila, ho dell'aquila soltanto gli occhi e il cuore perché, nonostante la mia piccolezza estrema, oso fissare il Sole divino, il Sole dell'Amore, e il mio cuore prova tutte le aspirazioni dell'aquila... L'uccellino vorrebbe volare verso quel Sole che affascina gli occhi, vorrebbe imitare le aquile, sue sorelle che vede elevarsi fino alla divina dimora della santissima Trinità... Ahimé! Tutto quello che può fare, è sollevare le sue alucce, ma volar via, questo non è nelle sue piccole possibilità. Che ne sarà di lui? Morirà di dolore vedendosi così impotente? No! L'uccellino non se ne affliggerà nemmeno. Con un abbandono audace vuol fissare ancora il suo Sole divino: niente gli fa paura, né vento, né pioggia, e se le nuvole pesanti nascondono l'Astro d'amore, l'uccellino non cambia posto, sa che di là dalle nubi il Sole splende sempre, che la sua luce non si offuscherà nemmeno per un attimo.
In certi momenti il suo cuore si trova assalito dalla tempesta, gli pare che non esistano altre cose se non le nubi che lo circondano; e allora è il momento della gioia perfetta per il povero esserino debole. Che felicità per lui restare lì ugualmente, e fissare la luce invisibile la quale si nasconde alla sua fede! Gesù, fino da ora capisco il tuo amore per l'uccellino, perché non si allontana da te... Ma io lo so, e tu lo sai, spesso questo cosino minimo e imperfetto, pur rimanendo al suo posto (cioè sotto i raggi del Sole), si lascia distrarre un poco dalla sua occupazione unica, becca un granellino di qua o di là, corre dietro a un vermiciattolo... Poi, trovando una pozzanghera, si bagna le piume appena spuntate, vede un fiore che gli piace, allora la sua piccola testa si occupa di quel fiore... e poi, non potendo planare come le aquile, il povero uccellino s'interessa ancora alle piccolezze della terra. Tuttavia, dopo questi malestri, invece di andare a nascondersi in un angolino per piangere la sua miseria e morir di pentimento, l'uccellino si volge verso il Sole amato, presenta ai raggi benefici le alucce bagnate, geme come la rondine, e con un canto dolce racconta tutti i particolari della sua infedeltà, pensando nel suo abbandono temerario di acquistare così maggior diritto, attirare più pienamente l'amore di Colui che non è venuto a chiamare i giusti, bensì i peccatori.
Se l'Astro adorato rimane sordo al lamento cinguettato della sua creaturina, se rimane velato, ebbene, la creaturina resta bagnata, accetta di essere intirizzita di freddo, e si rallegra ancora di questa sofferenza che ha pur mentata... Gesù, com'è felice il tuo uccellino di essere debole e piccolo. Oh, che sarebbe di lui se fosse grande? Mai avrebbe l'audacia di comparire alla tua presenza, di sonnecchiare dinanzi a te... Si, ecco un'altra debolezza dell'uccellino: quando vuoi fissare il Sole divino e le nuvole gli impediscono di vedere anche un solo raggio, nonostante la sua buona volontà gli occhi gli si chiudono, la testolina si nasconde sotto l'ala, e il povero esserino si addormenta, credendo di fissar sempre il suo Astro amato. Quando si desta, non si cruccia; il suo cuoricino rimane in pace, ricomincia il suo ufficio d'amore, invoca gli Angeli e i Santi i quali s'innalzano come aquile verso il fuoco divorante oggetto della sua brama, e le aquile, impietosite, proteggono il fratellino, e mettono in fuga gli avvoltoi che vorrebbero divorarlo.
Gli avvoltoi, immagini dei demoni, l'uccellino non li teme, non è destinato a diventar la loro preda, bensì sarà preda dell'Aquila che egli contempla nel centro del Sole d'amore. O Verbo divino, tu sei l'Aquila adorata, io ti amo. Tu mi attiri, sei tu che, slanciandoti verso la terra dell'esilio, hai voluto soffrire e morire per attirare le anime fino al seno dell'intimità eterna della Santissima Trinità, sei tu che, risalendo verso la Luce inaccessibile ove soggiornerai sempre, resti pur sempre nella valle delle lacrime, nascosto entro l'aspetto di un'Ostia bianca... Aquila eterna, tu vuoi nutrire della tua sostanza divina me, povero esserino che rientrerei nel nulla se il tuo sguardo divino non mi desse la vita minuto per minuto. Oh, Gesù, lasciami dire, nell'eccesso della mia riconoscenza, lasciami dire che il tuo amore arriva fino alla follia... Come vuoi che, dinanzi a questa follia, il mio cuore non si slanci verso te? Come potrebbe aver limiti la mia fiducia? Per te, lo so, i Santi hanno fatto anch'essi delle follie, hanno fatto grandi cose perché erano aquile.
Gesù, sono troppo piccola per fare cose grandi, e la follia mia è sperare che il tuo Amore mi accolga come vittima! La mia follia consiste nel supplicare le aquile, sorelle mie, perché mi ottengano la grazia di volare verso il Sole dell'Amore con le ali stesse dell'Aquila divina... Così, per quanto tempo tu lo vorrai, o mio Amato, il tuo uccellino rimarrà senza forza e senza ali; terrà sempre fissi in te gli occhi; vuole essere affascinato dal tuo sguardo divino, vuol diventare preda del tuo Amore... Un giorno, oso sperare, Aquila adorata, verrai in cerca del tuo uccellino, e risalendo con lui al focolare dell'Amore, lo immergerai per l'eternità nell'abisso ardente di quell'Amore al quale egli si è offerto come vittima...
O Gesù, perché non posso dire a tutte le piccole anime quanto ineffabile è la tua condiscendenza... Sento che se, cosa impossibile, tu trovassi un'anima più debole, più piccola della mia, ti compiaceresti di colmarla con favori anche più grandi, se si abbandonasse con fiducia completa alla tua misericordia infinita. Ma perché desiderare di comunicare i tuoi segreti d'amore, Gesù, non sei tu solo che me li hai insegnati, e non puoi forse rivelarti ad altri? Sì, lo so, e ti scongiuro di farlo, ti supplico di abbassare il tuo sguardo divino sopra un gran numero di piccole anime... Ti supplico di scegliere una Legione di piccole vittime degne del tuo Amore....
abbandono in Diorapporto con Dio
inviato da Debora Cavallone, inserito il 14/07/2006
PREGHIERA
Amore non è possesso
Amore è desiderare il vero bene
Amore non si pronuncia
se non è ispirato dall'amore di Dio.
Voglio dirti "ti amo"
perché sei importante e speciale
ogni volta che t'incontro
perché te come tutti gli altri
siete dono particolare,
ognuno con una diversa qualità!
Non te lo dico per desiderare
un abbraccio.
Non te lo dico per avere
un consenso.
Te lo dico perché desidero
che i tuoi occhi brillino d'amore
per donarlo agli altri
con l'ascolto,
nel dolce silenzio amico,
e perché desidero donarti il mio cuore
che non può essere esclusivo
in quanto sempre sovrabbonda...
E prima che giunga un qualsiasi peccato
voglio approfittarne,
sia con la parola che con l'azione
per dimostrare a tutti,
- da quelli che conosco
a quelli che "capitano" -
che voglio amare
e voglio poterlo dire
a chi ha un cuore così puro
da saper accogliere nel giusto
una parola così bella!
inviato da Luisa Mugheddu, inserito il 05/02/2006
TESTO
Anche se lo chiami Dio,
o se preferisci Allah,
chiamalo pure col nome
che più t'aggrada,
ma quello che li riassume tutti
e che non puoi dimenticare mai
è Padre
che significa amore, vita, misericordia...
E quando ti prende la tentazione
di accaparrarlo per te,
ricordati che è nostro,
vuol dire di tutti,
nessuno, nessuno escluso.
Sta nei cieli,
ma preferisce il cuore dell'uomo.
Lo trovi facilmente nel volto di quel bimbo,
in quella donna che soffre,
nell'uomo della strada,
nei fatti e avvenimenti della storia.
Ama vivere con noi,
e quando lui è qui,
la terra si trasforma in cielo.
Il suo nome viene santificato
quando tu vivi con dignità
la tua figliolanza con lui
e sei il riflesso luminoso del suo amore.
Solo se tu fai spazio nel tuo cuore
perché il Padre entri con la sua grazia,
allora il suo regno è una travolgente realtà.
Permettere che Dio faccia irruzione
nella tua storia,
è desiderare che si compia il suo disegno,
che si realizzi il suo piano d'amore,
che si faccia la sua volontà.
Il pane che devi chiedergli sempre
è quello che tu hai impedito
fosse presente nella mensa del povero.
Pensare all'Altro e agli altri
ti aumenterà la fame di quel pane
che appaga la la sete e la fame più struggente,
quella dello spirito.
Se è Padre è misericordia,
ci ama per quello che siamo,
è il suo amore che ci perdona e trasforma.
Ma il miracolo del perdono
avviene solo in chi ha imparato da lui
a perdonare di cuore il fratello che sbaglia.
Già che ci ama
ci salva dalla tentazione
di allontanarci da lui,
ci fa sentire la nostalgia
della casa paterna,
e il nostro cuore sarà libero dal male
e ricco solo di bene.
inviato da P. Gianni Fanzolato, inserito il 07/01/2005
TESTO
Bisogna desiderare di fare grandi cose per servizio di Dio e non contentarsi di una bontà mediocre.
inviato da Andrea Calamita, inserito il 09/12/2004
TESTO
S. Tommaso d'Aquino, Conferenze
Nessun esempio di virtù è assente dalla croce. La passione di Cristo infatti è sufficiente per orientare tutta la nostra vita.
Chiunque vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù infatti è assente dalla croce.
Se cerchi un esempio di carità, ricorda: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13).
Se cerchi un esempio di pazienza, ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce. Infatti «quando soffriva non minacciava» (1 Pt 2, 23) e come un agnello fu condotto alla morte e non aprì la sua bocca (cfr. At 8, 32). Se cerchi un esempio di umiltà, guarda il crocifisso: Dio, infatti, volle essere giudicato sotto Ponzio Pilato e morire.
Se cerchi un esempio di obbedienza, segui colui che si fece obbediente al Padre fino alla morte.
Se cerchi un esempio di disprezzo delle cose terrene, segui colui che è il Re dei re e il Signore dei signori. Egli è nudo sulla croce, schernito, sputacchiato, percosso, coronato di spine, abbeverato con aceto e fiele.
Non legare dunque il tuo cuore alle vesti ed alle ricchezze, perché «si sono divise tra loro le mie vesti» (Gv 19, 24); non gli onori, perché ho provato gli oltraggi e le battiture (cfr. Is 53, 4); non alle dignità, perché intrecciata una corona di spine, la misero sul mio capo (cfr. Mc 15, 17); non ai piaceri, perché «quando avevo sete, mi han dato da bere aceto» (Sal 68, 22).
GesùcrocesofferenzaumiltàpazienzaCrocifissoobbedienzainterioritàesteriorità
inviato da Pier Luca Bancale, inserito il 27/07/2004
PREGHIERA
Guido Novella, Il tempo dell'uomo nel presente di Dio
Signore, sovente non attendo niente o attendo cose.
E mi ritrovo con il cuore vuoto.
Risveglia in me il desiderio di attendere le persone.
Di attendere te.
Dammi capacità di decifrare l'inquietudine
che sempre mi prende:
è la tua voce che mi invita a desiderare il nuovo.
Fa' che senta nell'aria il profumo
della tua dolce presenza.
Tu, l'amico vero che mai mi abbandona.
Tu, mio futuro sognato
e già divenuto realtà.
Perché a te è cara la mia esistenza.
Vieni, Signore, nel mio quotidiano!
attesaattendereavventorapporto con Dio
inviato da Anna Barbi, inserito il 29/01/2003