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PREGHIERA

1. Esame di coscienza sui vizi capitali   1

Penitenziale per i giovani in preparazione alla XXII Giornata Mondiale della Gioventù in San Pietro alla presenza di Benedetto XVI, Libreria Editrice Vaticana, 2007

Perdona Signore i nostri peccati di superbia: le azioni che cercano solo la lode e l'approvazione della gente, l'ambizione, la ricerca di potere e di notorietà.
Perdonaci per quando parliamo, diamo consigli, studiamo, lavoriamo, facciamo il bene solo in funzione di ciò che ne penseranno gli altri e per catturare la stima altrui.
Perdonaci per quando esibiamo con vanità la bellezza fisica e le qualità dateci da Dio.
Perdonaci per l'arroganza che nasce dalla superbia, per il desiderio di non dipendere da nessuno, e nemmeno da Dio, per il vittimismo con cui sappiamo darci sempre una giustificazione.
Rendici umili. L'umiltà è la virtù che elimina tutte le passioni perché in essa noi ci rendiamo disponibili ad essere aiutati da Dio.

Perdona Signore i nostri peccati di invidia: l'ostilità, l'odio, l'idea che il male altrui possa essere bene per noi.
Perdona l'egocentrismo che ci impedisce di desiderare il bene per gli altri e ci rende incapaci di amare, il malcontento e i contrasti generati dall'invidia. Liberaci dal rancore, dal tormento interiore, dall'insoddisfazione.
Perdonaci quando vediamo tutto in funzione di noi stessi, quando non sappiamo mettere un freno ai desideri, quando chiamiamo l'invidia "sana competitività".
Perdona i cedimenti a una società che alimenta continuamente l'ambizione, l'avidità e la vuota curiosità.
Perdonaci quando desideriamo la roba d'altri e ci condanniamo all'infelicità.
Aiutaci a contrastare l'invidia con il dono quotidiano di noi stessi per i fratelli.

Perdona Signore i nostri peccati d'ira: i turbamenti del cuore, i sentimenti di avversione verso i fratelli quando sentiamo colpito il nostro io, l'animosità eccitata, l'aggressività del corpo, la sete di vendetta.
Perdonaci quando l'ira soffoca la libertà, ci rende schiavi di noi stessi, toglie la pace interiore ed esteriore.
Perdonaci la tentazione di "farla pagare" a chi ci ha umiliato, il piacere perverso del "far del male a qualcuno", i giudizi taglienti e la gratuita durezza verso gli altri, le mille giustificazioni dell'ira.
Aiutaci a seguire la via suggerita dai padri: “il silenzio delle labbra pur nel turbamento del cuore", dato che "La medicina perfetta... sarà quella di essere prima di tutto ben persuasi che non ci è consentito adirarci mai e in nessun modo".

Perdona Signore i nostri peccati di accidia: il torpore, la pigrizia, l'abbattimento, la tristezza, la dipendenza e le crisi di astinenza da stimoli e piaceri esteriori che ci lasciano sempre tristi e vuoti.
Perdonaci per la noia che a volte proviamo nel pregare e che ci spinge a cercare distrazioni, o ci lascia soli a parlare con noi stessi.
Perdonaci quando l'accidia genera disgusto e noia per ogni attività sana e spirituale, per quando la stessa vita quotidiana si tinge di tristezza, svogliatezza, vittimismo e lagnanza.
Perdonaci per la vita senza scopo, il tempo perso e la fuga dall'impegno quotidiano.
Donaci il desiderio di reagire. Facci trovare una guida spirituale e fa' che accettiamo la disciplina dell'obbedienza, unica via per non essere sballottati come un corpo inerte in balia delle passioni.

Perdonaci Signore per i peccati di avarizia: l'avidità, la brama di possedere, la fiducia smodata riposta nel denaro. Perdonaci se per avarizia lavoriamo di domenica, siamo disonesti, non diamo in elemosina, ci circondiamo di cose superflue.
Perdona le conseguenze terribili della fame di soldi: liti familiari, ansie e falsi timori, tradimenti, frodi, inganni, spergiuri, violenza e indurimento del cuore.
Perdonaci l'abitudine a essere insoddisfatti per ciò che abbiamo e bramosi di ciò che non ci è dato. Liberaci da lussi inutili, comodità e abitudini dispendiose.
Perdona le ingiustizie della società, le drammatiche disuguaglianze tra paesi ricchi e poveri, le guerre, i disumani sfruttamenti e l'inganno delle coscienze prodotto da un sistema di accumulo e consumo che fa di tutto per eccitare la brama di possesso.
Aiutaci a sottrarci all'influenza dei media e a fidarci di te, che rivesti i gigli del campo e non abbandoni gli uccelli del cielo.

Perdonaci Signore per i peccati di gola: il rapporto irrazionale con il cibo, i vizi del fumo, dell'alcool, delle droghe, la dipendenza che ci fa schiavi.
Perdonaci se scambiamo per la libera scelta ciò che è solo condizionamento dell'abitudine, delle mode, della pubblicità.
Perdonaci per la mente ottenebrata che si allontana anche dalla preghiera e dalle sane letture, per gli eccessi che ci rendono meno padroni di noi stessi e affievoliscono la capacità di autocontrollo.
Insegnaci la capacità dell'astinenza, che disintossica il corpo e la mente. Aiutaci a scoprire i piaceri sani della vita, per essere capaci di amare i fratelli con la libertà e la gioia con cui tu hai amato noi.

Perdonaci Signore per i peccati di lussuria, che ci fanno schiavi del sesso, e per il disordine morale che mette a rischio persone, famiglie e società.
Perdona il cedimento a immagini proposte ad arte, a voci allusive, alla pornografia in video e in rete. Perdonaci la debolezza di fronte a piaceri tanto intensi quanto effimeri.
Perdona la mentalità diffusa che si spaccia il disordine sessuale per conquista e fa credere che ogni istinto debba trovare immediata soddisfazione. Facci comprendere che non è libero chi non ha il controllo di se stesso, chi si riduce al doppio gioco e alla menzogna, chi perde l'integrità morale e la pace, chi si chiude in se stesso.
Perdona i danni gravi nella società: per il sesso si litiga, si minaccia, si uccide; la libidine alimenta uno stile di vita fatuo, degenera spesso nella prostituzione, nel ricatto, nella pedofilia...
Aiutaci a custodire la castità nel cuore e nella mente, e a non avere rapporti sessuali prima o fuori del matrimonio, a evitare deviazioni e stravaganze. Insegnaci modestia e dignità nel vestire, custodisci sguardi e fantasie.
Aiutaci a riscoprire la meraviglia della sessualità secondo Dio, nella cornice dell'amore coniugale, nell'atmosfera di famiglia e di tenerezza dove il sesso non è profanato e svenduto ma è sacra partecipazione al dono della vita.

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inviato da Qumran2, inserito il 02/12/2017

PREGHIERA

2. Vogliamo vivere

Giorgio Basadonna, Apritevi cieli dall'alto. Verso il Natale, pag. 82

Signore, vogliamo vivere la nostra speranza, certi della tua presenza in mezzo a noi, anche quando il dolore, l'amarezza, l'incomprensione pesano su di noi e ci sembra di essere soli.

Vogliamo vivere nella riconoscenza, ringraziandoti del tuo amore che ha superato ogni ostacolo e ti ha portato a farti uomo per trasformare noi e renderci simili a te.

Vogliamo vivere nella carità, che viene da te, e diventa aiuto a chi ne ha più bisogno, perché anche oggi i ciechi vedano, gli zoppi camminino, i malati vengano guariti, e tutti possano godere la loro dignità di figli tuoi.

Vogliamo vivere nella giustizia, eliminando ogni oppressione, ogni sfruttamento, ogni inganno, usando dei beni che noi possediamo in modo che tutti possano usufruirne.

Vogliamo vivere nella gioia che tu porti al mondo e offrirla a tutti, perché tutti possano capire e sentire che la tua venuta è una grande gioia per tutta l'umanità.

speranzariconoscenzacaritàgiustiziagioiasolidarietàamorenatale

5.0/5 (1 voto)

inviato da Padre Franco Naldi Ofm, inserito il 24/12/2015

TESTO

3. Dire la verità

George Orwell, La fattoria degli animali, 1945

Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.

veritàmenzognaingannocomunicazionecomunicare

4.7/5 (3 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 20/09/2013

TESTO

4. Fede per contagio   2

Raniero Catalamessa, Maria, madre e modello del sacerdote

Ciò che i fedeli colgono immediatamente in un sacerdote e in un pastore, è se "ci crede", se crede in ciò che dice e in ciò che celebra. Chi dal sacerdote cerca anzitutto Dio, se ne accorge subito; chi non cerca da lui Dio, può essere facilmente tratto in inganno e indurre in inganno lo stesso sacerdote, facendolo sentire importante, brillante, al passo coi tempi, mentre, in realtà, è un "bronzo che tintinna e un cembalo squillante".

Perfino il non credente che si accosta al sacerdote in uno spirito di ricerca, capisce subito la differenza. Quello che lo provocherà e che potrà metterlo salutarmente in crisi, non sono in genere le più dotte discussioni della fede, ma trovarsi davanti a uno che crede veramente con tutto se stesso. La fede è contagiosa. Come non si contrae contagio, sentendo solo parlare di un virus o studiandolo, ma venendone a contatto, così è con la fede.

sacerdotepretefeconditàministerofedeapostolatomissioneapostolatotestimonianza

2.5/5 (2 voti)

inviato da Luca Peyron, inserito il 20/09/2012

PREGHIERA

5. Preghiera per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2009

suor Nadia Bonaldo

O Trinità santa,
Padre, Figlio e Spirito santo,
che ti manifesti nel mondo
come Dio della comunicazione e della comunione,
noi ti adoriamo, ti benediciamo
e ti riconosciamo presente e operante
nell'oggi della nostra storia.

Innestati in te,
fonte di ogni creatività dell'ingegno umano,
aiutaci a mantenere vivo
il desiderio di connessione gli uni con gli altri,
a intessere con tutti
relazioni sempre più profonde e durature
per promuovere la pace e la giustizia
il rispetto della vita e il bene della creazione.

Partecipando in tempo reale,
a eventi che accadono lontano,
a situazioni che scuotono la nostra coscienza,
fa' che diveniamo più umani, misericordiosi e solidali,
senza dimenticarci quelli di casa,
le persone che incontriamo sul lavoro,
i compagni di scuola, gli amici del tempo libero.

Donaci il coraggio e la forza
di non ricercare e non condividere
parole, immagini, musica e video
che possono offendere
il valore e la dignità dell'essere umano,
e di cestinare, senza indugio, tutto ciò
che alimenta odio, violenza, intolleranza.

Fa' che non cadiamo nell'inganno
di quanti ci vorrebbero ingenui consumatori,
in un mercato di possibilità indifferenti,
dove la scelta in se stessa diviene il bene,
la novità si contrabbanda come bellezza ,
l'esperienza soggettiva soppianta la verità.
La nostra sete di rispetto, dialogo e amicizia,
o Padre,
sia fondata sulla ricerca sincera e reciproca
del vero, del bene e del bello,
dove ognuno possa ritrovare
pienezza di vita,
felicità e gioia duratura.

O Trinità santa,
sii tu la dimora di ogni cuore
che accede e fruisce dei mondi virtuali
affinché possiamo navigare nelle nuove reti digitali,
con cuore semplice e sguardo trasparente,
intelligenza aperta e coscienza illuminata
e realizzare il tuo sogno:
fare dell'intera umanità
un'unica famiglia.
A te la nostra lode
ora e sempre, nei secoli dei secoli.
Amen.

comunicazioneinternetmediafacebook

inviato da Qumran2, inserito il 28/04/2009

PREGHIERA

6. Ma tu non passare   1

Chiara Lubich

Sì, siamo contenti, Signore,
quando l'ala di un angelo
ci discopre il celeste orizzonte,
che la prova ci aveva
bruscamente annientato.
Siamo contenti, Signore,
perché il tuo amore
si mostra in quei momenti, così onnipotente,
che la nostra anima
è in adorazione ed esaltazione
fino al silenzio.
Che passi, Signore, la prova
che ci attanaglia l'anima fino all'agonia;
ma non tramonti no, mai,
quella splendida tua figura luminosa
nella notte nera,
quando,
nel deserto del tutto,
tu solo sei fiorito per noi,
e, nel silenzio di ogni cosa,
tu solo hai parlato
e, nell'assenza d'ognuno,
tu solo ci hai fatto compagnia,
ripetendoci soavemente le verità
che non debbono affievolirsi
nella nostra anima:
che qui siamo di passaggio
e il luogo dell'arrivo è un altro;
che tutti sono ombra
e tu solo la realtà.
Che passi la prova, Signore,
ma tu non passare
e chiudici,
incantati dal dolore,
nel cuore della Trinità.
Signore,
che l'inganno del mondo
non ci riprenda,
anche nelle cose
più sante che esso possiede,
ma solo il Santo sia con noi e in noi
e la Santa, la Vergine, tua Madre,
la veste
che tutti ricopra, per sempre.

presenza di Diorapporto con Diosperanzaprova

5.0/5 (2 voti)

inviato da Silvia Pompele, inserito il 21/03/2008

TESTO

7. Cosa la Chiesa può sopportare e cosa non può sopportare   1

Primo Mazzolari, Risposta ad un aviatore, 1941, ora in La chiesa, il fascismo, la guerra, Vallecchi, Firenze 1966

Chi capisce come dev'essere presente la Chiesa in questa svolta della storia capisce anche ciò che la sua carità può sopportare e ciò che non può sopportare proprio in nome della stessa carità. Ripeto: in nome della carità, poiché la rivoluzione cristiana, l'unica che può essere giustificata anche davanti alla storia, più che da diritti conculcati o offesi nasce da doveri suggeriti e imposti al nostro cuore dalla carità che ci lega al nostro prossimo. Chi più ama è potenzialmente l'unico e vero rivoluzionario.

La Chiesa sopporta:
- il male che le fanno i suoi nemici, che, per quanto si allontanino e la rinneghino, portano sempre l'incancellabile volto di figli, e di figli tanto più cari quanto più cresce il loro perdimento;
- di essere spogliata di ogni bene materiale e di ogni privilegio concessole più o meno disinteressatamente dagli uomini;
- di vedere le sue basiliche e le sue chiese distrutte, chiusi i suoi conventi e le sue scuole, poiché è già "l'ora che né in Gerusalemme né su questo monte i veri adoratori adorano il Padre in spirito e in verità";
- le persecuzioni aperte e subdole, le calunnie e le blandizie, i vituperi e i panegirici menzogneri;
- gli erranti e in un certo senso perfino l'errore quando esso non può venire colpito senza offesa mortale all'anima dell'errante;
- di essere misconosciuta nella sua carità, colmata di obbrobrio per colpe non sue;
- il disonore che le viene dalla vita indegna dei suoi figlioli stessi, i loro rinnegamenti e i loro tradimenti;
- d'essere baciata da un Giuda, rinnegata da un Pietro.

La Chiesa non può sopportare:
- che vengano negate o diminuite o falsate le verità che essa ha il dovere di custodire e che costituiscono il patrimonio dell'umanità redenta;
- che sia cancellato dalla storia e dal cuore il senso della giustizia che è il patrimonio di tutti, ma in modo particolare dei poveri;
- la libertà e la dignità della persona e della coscienza, che sono il nostro divino respiro. Mentre sopporta senza aprir bocca di essere spogliata e tiranneggiata in qualsiasi modo, non può sopportare che vengano spogliati, conculcati, manomessi i diritti dei poveri e dei deboli, individui, città, nazioni e popoli, cristiani e non cristiani. E nella sua difesa materna e invitta è tanto più grande quanto più la sua tutela si estende alla plebs infedele, egualmente santa. Alcuni gesti di munifica protezione di Pio XII, in favore di ebrei perseguitati, hanno commosso e sollevato l'ammirazione del mondo;
- il potente che abusa della propria forza per opprimere i deboli;
- il sapiente che abusa della propria intelligenza per circuire e trarre in inganno l'ignorante;
- il ricco che abusa delle proprie ricchezze per angariare e affamare il popolo.

Vi sono quindi dei limiti nella sopportazione della Chiesa, e questi limiti vengono non dai raffreddamenti ma dai colmi della sua carità. Ciò che è abominevole per il Signore lo è pure per la sua Chiesa; la quale, senza parteggiare, non può trattare alla stessa stregua la vittima e il carnefice, l'oppressore e l'oppresso.

Chi fermerebbe la mano del malvagio, chi solleverebbe il cuore abbandonato dell'oppresso se un'egual voce raccogliesse il grido dell'uno e il gemito dell'altro?

Sarebbe un delitto il pensare, per il fatto che la Chiesa predica la pazienza ed esalta l'infinito valore del dolore, specialmente del dolore innocente, ch'essa accettasse le tristezze dei prepotenti come un mezzo provvidenziale per moltiplicare i meriti sovrannaturali dei buoni. Purtroppo il nostro linguaggio ascetico, sprovveduto di ampiezza e d'audacia mistica, può indurre un profano in apprezzamenti non solo sproporzionati ma contrari al buon senso.

La sofferenza ben sopportata mi redime e redime, ma non fa diventar buona l'ingiustizia di chi ha pesato su di me. E una bontà conseguente, che non ha nulla da spartire con la causa ingiusta che ha generato la mia sofferenza. Soffrendo bene l'ingiustizia, creo una corrente di bontà: ma non per questo gli uomini sono dispensati dal fermare con tutte le forze la sorgente di male che continua a generare l'errore.

Perché c'è uno che espia in modo edificante, io non sono scusato di lasciar fare e di lasciar passare. Il soffrire non è un bene in sé e se il Signore ci aiuta a cavare il bene dal male non vuole che noi chiamiamo bene il male, il quale va tolto di mezzo nei limiti della nostra responsabilità e della nostra carità. Il perdono stesso delle offese va all'uomo, non all'azione di lui, la quale rimane giudicata anche dopo il perdono, anzi giudicata veramente e irrevocabilmente solo dopo il perdono.

chiesagiustiziaingiustiziabenemaleredenzioneespiazione

5.0/5 (2 voti)

inviato da Carlo Maria Cananzi, inserito il 03/05/2006

ESPERIENZA

8. Jacques Fesch: la drammatica storia di un giovane moderno   1

Chi è Jacques Fesch? E' un giovane moderno, che a 24 anni commette un terribile delitto, epilogo di una vita vuota e senza ideali, piena di egoismo e di capricci. Ecco una veloce cronaca del delitto. Il 24 febbraio 1954 Jacques entra al mattino nel negozio di un cambiavalute e ordina un quantitativo d'oro. L'uomo si fida perché sa che alle spalle del giovane c'è un opadre facoltoso che può pagare. Nel pomeriggio dello stesso giorno Jacquaes torna per prelevare l'oro e approfittando di un momento di disattenzione del cambiavalute lo colpisce alla testa con il calcio della pistola del padre. Il cambiavalute reagisce urlando. Jacques fugge e si nasconde in un palazzo vicino fino a che è riconosciuto da un polizziotto accorso sul posto. All'ingiunzione di fermarsi Jacques spara e uccide l'agente di polizia. Intervengono poi altri agenti che lo catturano.

Perché questo delitto assurdo? Jacques voleva aprire una propria attività e chiede un grosso prestito al padre che glielo rifiuta. Sa che il figlio ha le mani bucate! Allora Jacques decide di compiere una rapina: di procurarsi i soldi con l'inganno.

Che cosa accade in carcere? Viene raggiunto dal cappellano ma egli lo rifiuta dicendo: "Io non ho la fede e non ho bisogno di lei!". Passano i giorni, chiuso tra quattro pareti, solo con la sua disperazione. Ma una notte: "Era una sera, nella mia cella... Nonostante tutte le catastrofi che da alcuni mesi si erano abbattute sulla mia testa, io restavo ateo. Ora quella sera, ero a letto con gli occhi aperti e soffrivo realmente per la prima volta nella mia vita per le conseguenze del mio delitto; ed è allora che un grido mi scaturì dal petto, un appello di soccorso: "Mio Dio, Mio Dio aiutami!". E instantaneamente, come un vento violento, che passa senza che si sappia dove viene, lo Spirito del Signore mi prese alla gola! Ho creduto e non capivo più come avessi fatto prima a non credere. La grazia mi ha visitato e una grande gioia s'è impossessata di me e soprattutto una grande pace". Quella notte Jacques udì una voce che gli diceva: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Una frase per lui incomprensibile, il cui senso capirà più tardi.

Inizia una nuova vita in Cristo. Il cambiamento di questo giovane è qualche cosa di straordinario: è una testimonianza di quanto Dio può operare. "Ora veramente ho la certezza di cominciare a vivere per la prima volta. Ho la pace e ho dato un senso alla mia vita, mentre prima non ero che un uomo morto!". Jacques organizza la vita in prigione come la vita in un monastero: si dà un orario per la preghiera, legge libri religiosi e la Bibbia, scrive lettere per dare conforto ai suoi famigliari, che stanno vivendo una grossa crisi, vuole soprattutto poter vivere per riparare il male fatto.

Arriva il giorno del processo: il 3 aprile 1957 si apre il processo che si conclude con la sua condanna a morte. In quel momento capisce la frase: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Jacques dopo un iniziale smarrimento vive la sentenza e la condanna come una vocazione ad amare fino in fondo la croce di Gesù. Egli desidera prepararsi spiritulamente alla sua morte e desidera salutare da vero cristiano tutti coloro che lo hanno amato e coloro a cui ha fatto del male. Scrive alla moglie e alla sua piccola figlia di 6 anni, si mette in contatto, tramite il suo avvocato anche con la famiglia del gendarme che lui ha ucciso per chiedere il perdono. Nonostante il grande cambiamento di vita che stupisce lo stesso presidente della Repubblica a cui era stata inoltrata la domanda di grazia, la sentenza viene confermata per il 30 settembre.

Le ultime ore: l'attesa dell'incontro con Gesù. "Ancora soltanto qualche ora di lotta, prima di conoscere Colui che è l'Amore. Oggi sarò in cielo. Cara mamma, innanzi tutto ti devo dire un grosso grazie per tutto l'amore di cui mi hai circondato in questi ultimi mesi... Tu sai che Gesù ha detto nel suo vangelo: Ero carcerato e siete venuti a visitarmi. Con queste righe io ti affido la mia bambina e mia moglie. Proteggile assiduamente. Amale in Dio e sii certa che di lassù io vi proteggerò e veglierò su di voi...". Alle 5,30 del mattino del 30 settembre le guardie carcerarie che sono veute a prenderlo per l'esecuzione capitale, lo trovano in ginocchio e in preghiera accanto al letto rifatto. Si confessa e riceve l'Eucarestia. Abbraccia il crocefisso e si avvia verso la ghigliottina... Le ultime sue parole: "Signore non abbandonarmi, io confido in te!".

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inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 13/12/2005

TESTO

9. Il fascino sinistro della guerra

L'Azione, Settimanale della Diocesi di Vittorio Veneto

Re, imperatori e principi hanno sempre preferito mostrarsi in pubblico in divisa militare con relative medaglie. La divisa militare ha sempre esercitato una grande attrattiva su chi ha in mano il potere. È sempre stata presentata come simbolo di coraggio, eroismo e grandezza. Un'ininterrotta tradizione ha esaltato la guerra come il luogo privilegiato dell'eroismo. La nostra psicologia, in primo luogo la psicologia maschile, è stata plasmata da una martellante retorica di esaltazione della guerra. Dobbiamo riconoscere: la guerra ci affascina. Ci fa paura, ma anche ci attrae.

Rimaniamo incollati sulle pagine di un libro o davanti ad uno schermo che narri imprese belliche o comunque azioni nelle quali si usino armi, ci sia violenza, sangue. Fin da bambini, il gioco preferito dai maschi è stata la guerra.

In realtà la guerra è l'azione più disumana che possa esistere, nonostante abbia accompagnato tutta la storia dell'umanità. Bisogna togliere lo splendore di gloria che la circonda. È vero, in guerra ci giochiamo la vita, che è tutto quello che abbiamo, ma la mettiamo in gioco contro un'altra vita uguale alla nostra. Allora il coraggio perde la sua aureola di virtù e diventa l'atto più brutto che una persona possa compiere. La virtù della fortezza è una delle virtù fondamentali (cardinali), ma è virtù solamente se è per la vita, per superare gli ostacoli che impediscono la vita, quando invece è usata per togliere la vita, non può più essere chiamata virtù.

Ma, si dice, la guerra non è solo violenza, può essere fatta per grandi ideali, come la difesa del suolo patrio, la conquista della libertà, la salvezza del proprio popolo, la salvaguardia dei diritti e via declamando.

Il guaio è che tutte le guerre sono sempre state dichiarate in nome di grandi ideali. Non c'è guerra che non sia stata dichiarata giusta, e doppiamente giusta: da una parte e dall'altra dei due schieramenti che si stanno sgozzando. Chi va ad uccidere o a morire in guerra, va convinto o è incitato a convincersi, che sta facendo la cosa più giusta e nobile del mondo. Anche i soldati di Hitler erano sicuri di battersi per una grande
causa.

Questa costante giustificazione di ogni guerra rende dubbio il fatto che ci siano guerre degne e nobili; è invece il segno che lo scatenamento di una guerra è sempre accompagnato da un'opera di mistificazione, di inganno più o meno consapevole. Perciò la cosa più sicura è opporsi ad essa con tutti i mezzi. E poi, qualunque sia la causa per cui ci si batte, la guerra resta sempre morte inflitta ad altre persone, sofferenza indicibile, sangue versato come quello che pulsa nelle mie vene.

E se guardiamo alle guerre moderne, quelle combattute con armi tecnologicamente perfette e di potere distruttivo immane, allora anche le più alte ragioni scompaiono del tutto. Questa guerra non è più l'uccisione del nemico che mi sta davanti e che tenta in tutti i modi di eliminarmi. Non c'è più l'alternativa: uccido per primo altrimenti lui uccide me. Le guerre combattute con queste armi comportano prevalentemente l'uccisione di civili, gente innocua, indifesa, in preda al terrore, mentre chi compie queste azioni corre di solito minimi pericoli. I bombardamenti a tappeto delle grandi città, compiuti nell'ambito della Seconda Guerra mondiale che più giusta di così non si poteva pensare, dove tutto veniva distrutto, sistematicamente, senza distinzione; peggio ancora, lo sganciamento della bomba atomica sopra città, che in un batter d'occhio, senza lasciar scampo, spazza via tutto, queste azioni mai sono giustificabili.

Anche la guerra incombente sull'Iraq sarà di questo tipo. Ci vengono mostrate armi bellissime, gioielli di tecnologia, perfette nel loro funzionamento, perfino intelligenti: non lasciamoci incantare, sono semplicemente strumenti di morte; servono per straziare corpi, provocare urla di dolore in persone come noi. Se scoppia la guerra, ci mostreranno le meraviglie di queste macchine in azione, parleranno di obiettivi raggiunti, missione compiute con successo. Non lasciamoci ammaliare dallo spettacolo esaltante. È tutt'altra cosa: è morte, dolore, sofferenza.

Quanto sarebbe salutare se ciascuno di noi facesse questo esercizio di purificazione psicologica strappando via i paludamenti gloriosi con cui siamo stati abituati a rivestire la guerra per guardarla nella sua orrenda realtà. Il mostro così privato dei suoi galloni, delle sue medaglie luccicanti, delle sue armature splendenti, dei suoi stendardi, si mostrerebbe in tutta la sua ripugnante bruttezza e ci riuscirebbe così più facile tenerlo lontano da noi.

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inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 07/03/2003

TESTO

10. Per vivere felici

Manoscritto del 1692 trovato a Baltimora nella antica chiesa di San Paolo

Procedi con calma tra il frastuono e la fretta, e ricorda quale pace possa esservi nel silenzio. Per quanto puoi, senza cedimenti, mantieniti in buoni rapporti con tutti. Esponi la tua opinione con tranquilla chiarezza, e ascolta gli altri: pur se noiosi e incolti, hanno anch'essi una loro storia. Evita le persone volgari e prepotenti: costituiscono un tormento per lo spirito. Se insisti nel confrontarti con gli altri, rischi di diventare borioso e amaro, perché esisteranno individui migliori e peggiori di te. Godi dei tuoi successi e anche dei tuoi progetti. Mantieni interesse per la tua professione, per quanto umile: essa costituisce un vero patrimonio nella mutevole fortuna del tempo.

Usa prudenza negli affari, perché il mondo è pieno di inganno. Ma questo non ti renda cieco a quanto vi è di virtù: molti sono quelli che perseguono alti ideali e dovunque la vita è piena di eroismo.

Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti. Non ostentare cinismo verso l'amore, perché pur di fronte a qualsiasi delusione e aridità, esso resta perenne come il sempreverde. Accetta docile la saggezza dell'età, lasciando con serenità le cose della giovinezza. Coltiva la forza d'animo, per difenderti nelle calamità improvvise. Ma non tormentarti con delle fantasie: molte paure nascono da stanchezza e solitudine. Al di là di una sana disciplina, sii tollerante con te stesso. Tu sei figlio dell'universo non meno degli alberi e delle stelle ed hai pieno diritto di esistere. E convinto o non convinto che tu ne sia non vi è dubbio che l'universo si stia evolvendo a dovere.

Perciò sta in pace con Dio. E quali che siano i tuoi affanni e aspirazioni, nella chiassosa confusione dell'esistenza, mantieniti in pace con il tuo spirito. Nonostante i suoi inganni, travagli e sogni infranti, questo è pur sempre un mondo meraviglioso. Sii prudente. Sforzati di essere felice.

gioiaserenitàpace interiorefelicitàumanità

inviato da Federico Bernardi, inserito il 03/12/2002

TESTO

11. Lettera alla Parrocchia

Centro di Orientamento Pastorale [COP], a conclusione della 52ma Settimana di aggiornamento pastorale a Bergamo; Settimana, luglio 2002

Cara parrocchia,

sappiamo che più o meno consapevolmente molti, anche tra i cristiani, non ti ritengono oggi un riferimento necessario per la loro vita e che in certe zone d'Italia non sei più il centro dell'esperienza di un popolo.

Sappiamo che, per molti, rischi di essere soltanto una stazione di servizio distributrice di sacramenti e di elemosine e che, per alcuni gruppi, sei poco più di una base logistica.

Sappiamo tuttavia che molte associazioni, gruppi e movimenti trovano in te non solo un luogo di accoglienza e di ospitalità, ma la casa e la scuola dove crescere nella fede, per essere missionari nella città degli uomini.

Sappiamo che la fatica del rinnovamento nella fedeltà al Vangelo può togliere anche a te un po' di respiro ed entusiasmo.

Sappiamo che vorresti essere una comunità di celebrazione, di carità e di annuncio, ma che, a volte, ti mancano persone, parole di incoraggiamento e gesti di sostegno.

Sappiamo, infine, che potresti essere una delle molte comunità che sono senza pastore, ma noi non ti molliamo, anzi scommettiamo sulla tua grande capacità di rigenerarti, come hai fatto tante volte nella storia.

Non siamo nostalgici, vogliamo - con te e per te - essere creativi.

Non possiamo fare a meno di te, perché è nel tuo essere Chiesa tra le case, porzione di quella grande comunità che è la Chiesa universale, che noi apprendiamo a fare comunione; è tra le tue mura, chiese, cappelle, tessuti di relazione che incontriamo la comunità, sacramento cui è affidata la Parola che genera per tutti salvezza.

Non possiamo fare a meno di te, se vogliamo compiere oggi il percorso necessario di Parola, rito e carità che ci unisce a Cristo.

Non possiamo fare a meno di te, perché è nella celebrazione eucaristica che troviamo il sostegno decisivo per la nostra fede, la sorgente per la nostra sete di senso, la forza per una convivenza nella giustizia e nella pace.

Non possiamo fare a meno di te, se vogliamo imparare, da laici, consacrati e da preti, come si fa a essere laici, consacrati e preti in mezzo alla gente.

Siamo convinti che ancora molte persone si accostano a te con domande semplici di umana comprensione, di pietà e di condivisione e tu hai ancora per ciascuno parole e gesti di speranza e di fiducia.

Siamo convinti che con te si viene ancora a misurare l'incredulità fragile di molti uomini e donne, la loro nostalgia di Dio, il loro stesso rancore per l'inganno e le trappole in cui sono caduti e tu hai sempre un percorso di fede da ricominciare.

Siamo convinti che il Vangelo che proponi (e come lo proponi) in fedeltà allo Spirito che guida la Chiesa è la risposta ultima alle grandi domande dell'uomo.

Ti vogliamo aiutare a farti cantiere di formazione nei tuoi gesti solenni e quotidiani, nella tua assemblea domenicale, nell'accompagnare con il sacramento la vita che nasce, muore, esplode nella gioia, si affatica nel lavoro, si misura nella malattia.

Ti vogliamo aiutare a farti scuola di comunione anche nelle varie forme associative (pensiamo ad esempio, all'Azione Cattolica) generate da quella fantasia cristiana che tanta ricchezza di crescita spirituale, di fede e di apostolato ha portato alla vita delle nostre comunità. Ti vogliamo aiutare a farti punto di speranza nella capacità di incontrarti con le domande anche più petulanti e disperate, perché le sappia far diventare percorsi di vita e di fede.

Ti vogliamo aiutare a farti segno di quel "totalmente altro" che chiede di mescolarci nella società e di essere presenti nelle istituzioni abitandole da cristiani capaci di mostrare il Volto di Cristo, crocifisso e risorto, figlio dell'uomo e figlio di Dio, che tu ci aiuti a contemplare.

Ti vogliamo aiutare a vivere pienamente, con responsabilità e con gioia la dimensione Diocesana, ad aprirti alla collaborazione con tutte le altre parrocchie, superando ogni autosufficienza.

Ti vogliamo aiutare a confrontarti con un territorio che cambia per l'arrivo di altre culture e altre religioni, a portare al tuo interno per offrirla sull'altare dell'Eucaristia la vita quotidiana dei tuoi fedeli vita di famiglia, vita di lavoro e di disoccupazione, vita di italiani e di stranieri, vita culturale, politica, apertura al mondo intero.

Ti vogliamo aiutare a osare nella verità il dialogo con ogni ricerca di Dio e per questo ti chiediamo di essere esigente con noi stessi perché l'accoglienza e l'ascolto siano il frutto di una fede pensata. Cara parrocchia chiedici di più, sapremo darti anche di più e soprattutto lascia sempre trasparire sul tuo volto l'immagine beatificante del Volto di Dio.

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inviato da Anna Barbi, inserito il 24/09/2002

PREGHIERA

12. Allo Spirito Santo

Soren Kierkegaard

La cosa sacra noi uomini la portiamo
soltanto in un fragile vaso d'argilla.
Ma tu, o santo Spirito, quando abiti in un uomo,
abiti in qualcosa di infinitamente inferiore.
Tu, Spirito di santità,
abiti in mezzo all'immondezza e alla contaminazione!
Tu, Spirito di sapienza,
abiti in mezzo alla stoltezza!
Tu, Spirito di verità,
abiti in mezzo all'inganno di se stessi!
Rimani con noi, tu che non cerchi
e cercheresti invano una dimora confortevole;
tu che, creatore e rigeneratore,
fai da te stesso la tua dimora,
rimani con noi!
Che almeno una volta possa dirsi
che ti compiaci di questa dimora
che tu stesso ti sei preparata
in questo mio contaminato,
perverso e fallace cuore.

Spirito Santorapporto con Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002

TESTO

13. Beati gli operatori di pace   1

Chiara Lubich

Sai chi sono gli operatori di pace di cui parla Gesù? Non sono quelli che chiamiamo pacifici, che amano la tranquillità, non sopportano le dispute e si manifestano per natura loro concilianti, ma spesso rivelano un recondito desiderio di non essere disturbati, di non volere noie.

Gli operatori di pace non sono nemmeno quelle brave persone che, fidandosi di Dio, non reagiscono quando sono provocate o offese.

Gli operatori di pace sono coloro che amano tanto la pace da non temere di intervenire nei conflitti per procurarla a coloro che sono in discordia.

Può essere portatore di pace chi la possiede in se stesso.

Occorre essere portatore di pace, anzitutto nel proprio comportamento di ogni istante, vivendo in accordo con Dio e facendo la sua volontà.

Gli operatori di pace si sforzano poi di creare legami, di stabilire rapporti fra le persone, appianando tensioni, smontando lo stato di guerra fredda che incontrano in tanti ambienti di famiglia, di lavoro, di scuola, di sport, fra le nazioni, ecc.

Anche in casa tua, forse, sei al corrente, magari da tutta la vita, che il papà non rivolge la parola allo zio, da quando una volta hanno litigato. Così sai che la tua nonna non parla con la signora del piano di sopra perché fa sempre rumore. Conosci rivalità sul lavoro fra qualche tuo amico. Sei forse tu stesso in lite con i compagni di scuola; e i rapporti con i coetanei, che frequentano gli stessi tuoi sport, non sono sempre esemplari; domina in te il desiderio sfrenato di essere il primo, di superare l'altro e non sempre per pura emulazione.

Se vivi in una comunità hai osservato certamente quanti piccoli e grandi dissapori nascono e si alimentano. La televisione, il giornale, la radio ti dicono ogni giorno come il mondo è un immenso ospedale e le nazioni sono spesso grandi malate che avrebbero estremo bisogno di operatori di pace per sanare rapporti spesso tesi e insostenibili che rappresentano minacce di guerra, quando essa non è già in atto.

La pace è un aspetto caratteristico dei rapporti tipicamente cristiani che il credente cerca di instaurare con le persone con le quali sta in contatto o che incontra occasionalmente: sono rapporti di sincero amore senza falsità né inganno, senza alcuna forma di implicita violenza o di rivalità o di concorrenza o di egocentrismo.

Lavorare e stabilire simili rapporti nel mondo è un fatto rivoluzionario. Le relazioni che esistono nelle società sono infatti generalmente di tutt'altro tenore e, purtroppo, rimangono spesso immutate.

Gesù sapeva che la convivenza umana era tale e per questo ha chiesto ai sui discepoli di far sempre il primo passo, senza aspettare l'iniziativa e la risposta dell'altro, senza pretendere la reciprocità: "Io vi dico: amate i vostri nemici... Se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?".

paceperdononon violenza

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inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 10/04/2002