I tuoi ritagli preferiti

PERFEZIONA LA RICERCA

Tutti i ritagli

Indice alfabetico dei temi

Invia il tuo ritaglio

Hai cercato anime

Hai trovato 57 ritagli

Ricerca avanzata
tipo
parole
tema
fonte/autore

Pagina 1 di 3  

TESTO

1. ​La preghiera bussa, il digiuno ottiene, la misericordia riceve

Pietro Crisologo, vescovo, Discorsi. 43; PL 52, 320 e 322

Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, lo ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola e ricevono vita l'una dall'altra.

Il digiuno è l'anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica.

Chi digiuna comprenda bene cosa significhi per gli altri non aver da mangiare. Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio gradisca il suo digiuno. Abbia compassione, chi spera compassione. Chi domanda pietà, la eserciti. Chi vuole che gli sia concesso un dono, apra la sua mano agli altri. È un cattivo richiedente colui che nega agli altri quello che domanda per sé.

O uomo, sii tu stesso per te la regola della misericordia. Il modo con cui vuoi che si usi misericordia a te, usalo tu con gli altri. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila per gli altri. Offri agli altri quella stessa pronta misericordia, che desideri per te.

Perciò preghiera, digiuno, misericordia siano per noi un'unica forza mediatrice presso Dio, siano per noi un'unica difesa, un'unica preghiera sotto tre aspetti.

Quanto col disprezzo abbiamo perduto, conquistiamolo con il digiuno. Immoliamo le nostre anime col digiuno perché non c'è nulla di più gradito che possiamo offrire a Dio, come dimostra il profeta quando dice: «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi» (Sal 50, 19).

O uomo, offri a Dio la tua anima ed offri l'oblazione del digiuno, perché sia pura l'ostia, santo il sacrificio, vivente la vittima, che a te rimanga e a Dio sia data. Chi non dà questo a Dio non sarà scusato, perché non può non avere se stesso da offrire. Ma perché tutto ciò sia accetto, sia accompagnato dalla misericordia. Il digiuno non germoglia se non è innaffiato dalla misericordia. Il digiuno inaridisce, se inaridisce la misericordia. Ciò che è la pioggia per la terra, è la misericordia per il digiuno. Quantunque ingentilisca il cuore, purifichi la carne, sràdichi i vizi, semini le virtù, il digiunatore non coglie frutti se non farà scorrere fiumi di misericordia.

O tu che digiuni, sappi che il tuo campo resterà digiuno se resterà digiuna la misericordia. Quello invece che tu avrai donato nella misericordia, ritornerà abbondantemente nel tuo granaio. Pertanto, o uomo, perché tu non abbia a perdere col voler tenere per te, elargisci agli altri e allora raccoglierai. Da' a te stesso, dando al povero, perché ciò che avrai lasciato in eredità ad un altro, tu non lo avrai.

preghieradigiunomisericordiaquaresima

inviato da Qumran2, inserito il 11/02/2022

PREGHIERA

2. Vergine dell'attesa (versione lunga)

Tonino Bello

Santa Maria, vergine dell'attesa, donaci del tuo olio perché le nostre lampade si spengono. Vedi: le riserve si sono consumate. Non ci mandare ad altri venditori. Riaccendi nelle nostre anime gli antichi fervori che ci bruciavano dentro, quando bastava un nonnulla per farci trasalire di gioia: l'arrivo di un amico lontano, il rosso di sera dopo un temporale, il crepitare del ceppo che d'inverno sorvegliava i rientri in casa, le campane a stormo nei giorni di festa, il sopraggiungere delle rondini in primavera, l'acre odore che si sprigionava dalla stretta dei frantoi, le cantilene autunnali che giungevano dai palmenti, l'incurvarsi tenero e misterioso del grembo materno, il profumo di spigo che irrompeva quando si preparava una culla.

Se oggi non sappiamo attendere più è perché siamo a corto di speranza. Se ne sono disseccate le sorgenti. Soffriamo una profonda crisi di desiderio. E, ormai paghi dei mille surrogati che ci assediano, rischiamo di non aspettarci più nulla neppure da quelle promesse ultraterrene che sono state firmate col sangue dal Dio dell'alleanza.

Santa Maria, donna dell'attesa, conforta il dolore delle madri per i loro figli che, usciti un giorno di casa, non ci son tornati mai più, perché uccisi da un incidente stradale o perché sedotti dai richiami della giungla. Perché dispersi dalla furia della guerra o perché risucchiati dal turbine delle passioni. Perché travolti dalla tempesta del mare o perché travolti dalle tempeste della vita.

Riempi i silenzi di Antonella, che non sa che farsene dei suoi giovani anni, dopo che lui se n'è andato con un'altra. Colma di pace il vuoto interiore di Massimo, che nella vita le ha sbagliate tutte, e l'unica attesa che ora lo lusinga è quella della morte. Asciuga le lacrime di Patrizia, che ha coltivato tanti sogni a occhi aperti, e per la cattiveria della gente se li è visti così svanire a uno a uno, che ormai teme anche di sognare a occhi chiusi.

Santa Maria, vergine dell'attesa, donaci un'anima vigiliare. Giunti alle soglie del terzo millennio, ci sentiamo purtroppo più figli del crepuscolo che profeti dell'avvento. Sentinella del mattino, ridestaci nel cuore la passione di giovani annunci da portare al mondo, che si sente già vecchio. Portaci, finalmente, arpa e cetra, perché con te mattiniera possiamo svegliare l'aurora.

Di fronte ai cambi che scuotono la storia, donaci di sentire sulla pelle i brividi dei cominciamenti. Facci capire che non basta accogliere: bisogna attendere. Accogliere talvolta è segno di rassegnazione. Attendere è sempre segno di speranza. Rendici, perciò, ministri dell'attesa. E il Signore che viene, vergine dell'Avvento, ci sorprenda, anche per la tua materna complicità, con la lampada in mano.

Clicca qui per la versione breve.

attesaattendereavventomariasperanza

inviato da Qumran2, inserito il 15/01/2018

TESTO

3. Cercare   2

Marina Guarino, Vertigine, ed. Rupe Mutevole, 2010

Nelle pieghe dei giorni
anche quelli di un rigido inverno
sta una bellezza quotidiana.

Puoi scoprirla se posi gli oggetti da lavoro
se non consumi il tempo in tangenziale
a imprecare su chi non spinge l'acceleratore.

Uno sguardo è un contatto d'anime
un abbraccio che annulla le distanze
ogni volto è un pezzo di storia
una tavola apparecchiata di delizie.

Se lentamente si spegne lo sguardo
l'insidia del nulla agguanta il cuore
e il silenzio si fa arido, se l'occhio
non vede l'invisibile dentro le forme
e le figure a cercare una risposta.

interioritàesterioritàcalmafretta

inviato da Marina Guarino, inserito il 25/08/2016

TESTO

4. Avvento significa saper attendere   1

Dietrich Bonhoeffer, Voglio vivere questi giorni con voi, a cura di M. Weber, Editrice Queriniana, Brescia 2007, p. 37

Festeggiare l'Avvento significa saper attendere: attendere è un'arte che il nostro tempo impaziente ha dimenticato. Esso vuole staccare il frutto maturo non appena germoglia; ma gli occhi ingordi vengono soltanto illusi, perché un frutto apparentemente così prezioso è dentro ancora verde, e mani prive di rispetto gettano via senza gratitudine ciò che li ha delusi. Chi non conosce la beatitudine acerba dell'attendere, cioè il mancare di qualcosa nella speranza, non potrà mai gustare la benedizione intera dell'adempimento.

Chi non conosce la necessità di lottare con le domande più profonde della vita, della sua vita e nell'attesa non tiene aperti gli occhi con desiderio finché la verità non gli si rivela, costui non può figurarsi nulla della magnificenza di questo momento in cui risplenderà la chiarezza; e chi vuole ambire all'amicizia e all'amore di altro, senza attendere che la sua anima si apra all'altra fino ad averne accesso, a costui rimarrà eternamente nascosta la profonda benedizione di una vita che si svolge tra due anime.

Nel mondo dobbiamo attendere le cose più grandi, più profonde, più delicate, e questo non avviene in modo tempestoso, ma secondo la legge divina della germinazione, della crescita e dello sviluppo.

avventoattesaattendereimpazienzapazienzasperanzafretta

inviato da Qumran2, inserito il 25/08/2016

ESPERIENZA

5. Voi non avrete il mio odio   5

Antoine Leiris

Antoine Leiris è un papà di un bambino di 17 mesi. Fino alle tragedie di Parigi accanto a sé aveva una donna che amava e, quel piccino, una mamma amorosa. Erano una famiglia. Ma non si piega al rancore questo papà francese e ai terroristi che hanno ucciso la moglie, una delle 129 vittime dell'altra sera, lui ha scritto una lettera, affidandola a facebook. Eccola:

Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l'amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardessi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. L'ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d'attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo "petit garçon" vi farà l'affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio.

Clicca qui per vedere il post originale su Facebook
Clicca qui per vedere ed ascoltare il testo letto da Donato Intini

perdonoodioterrorismopaura

4.9/5 (9 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 19/11/2015

PREGHIERA

6. Gloria a te   1

Efrem il Siro

M'inginocchio davanti a te, Signore,
per adorarti.
Ti rendo grazie, Dio di bontà;
Ti supplico, Dio di santità.
Davanti a te piego le ginocchia.
Tu ami gli uomini e io ti glorifico,
o Cristo, Figlio unico
e Signore di tutte le cose.
Tu che solo sei senza peccato,
per me peccatore indegno,
Ti sei offerto alla morte
e alla morte di croce.
Così hai liberato le anime
dalle insidie del male.
Che cosa ti renderò, o Signore,
per tanta bontà?
Gloria a te, o amico degli uomini!
Gloria a te, o Dio di misericordia!
Gloria a te, o paziente!
Gloria a te, che perdoni i peccati!
Gloria a te, che sei venuto
per salvare le nostre anime!

adorazioneadorazione eucaristica

5.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran, inserito il 18/09/2014

TESTO

7. Assurdità

Ignazio Silone, L'avventura di un povero cristiano, 1968

Se il cristianesimo viene spogliato delle sue assurdità per renderlo gradito al mondo, cosa ne rimane? Voi sapete che la ragionevolezza, il buon senso, le virtù naturali esistevano già prima di Cristo e che si trovano anche ora presso molti non cristiani. Cosa ci ha portato Cristo in più? Appunto alcune assurdità. Ci ha detto: Amate la povertà, amate gli umiliati e gli offesi, amate i vostri nemici, non preoccupatevi del potere, della carriera, degli onori, delle cose effimere, indegne di anime immortali.

cristianesimoradicalitàvangelocristo

2.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 24/04/2014

TESTO

8. Essere fedeli al proprio servizio   2

Un sacerdote pone alcune domande a una famosa benefattrice, poco prima della sua morte. "Non pensa che ciò che lei ha fatto è una goccia d'acqua in mezzo ad un'immensità di bisogni?". Risposta: "La sola cosa importante è la fedeltà personale".

Bella lezione! E' ben vero che non possiamo prendere su di noi tutti i problemi del mondo. Ma ciò che Dio richiede da ciascuno di noi è la fedeltà, è una marcia coerente con la nostra fede; è rispondere al bisogno che è posto davanti a noi.

Non dobbiamo forse riconoscere che troviamo spesso dei pretesti per non fare ciò che è posto davanti a noi? Ci stimiamo sovraccarichi di doveri che riteniamo imperativi, sollecitati da tante urgenze che potrebbero attendere, preoccupati da tanti pensieri talvolta ingiustificati.

Molto spesso, simili al sacerdote o al levita della parabola del buon Samaritano (Lc 10,25-37) vediamo il nostro prossimo nelle difficoltà, ma "passiamo oltre" poiché questa è la soluzione più facile.

Bisogna forse ricordare che il buon Samaritano - bella immagine del Signore Gesù Cristo - ha visto il ferito, si è fermato, si è avvicinato, si è chinato su di lui, l'ha curato e lo ha portato in un luogo sicuro?

Tra i nostri vicini, forse il vicino di casa, o nella nostra Chiesa, esistono certamente delle anime ferite dalla vita moderna, che giacciono (moralmente) sul ciglio della strada, incapaci di rialzarsi. Che cosa facciamo per loro?

buon samaritanofedeltàimportanza del singoloimportanza delle piccole coseindifferenzasolidarietà

4.0/5 (2 voti)

inviato da Maria Maistrini, inserito il 23/09/2012

TESTO

9. Calma, soavità e pace

Papa Giovanni XXIII

Ancora più calma, ancora più calma e soavità e pace nelle cose mie. Se non posso fare tutto il bene che credo necessario al profitto delle anime nella missione affidatami, non mi debbo per nulla né turbare, né inquietare. Tutto il Signore sa volgere al trionfo del suo Regno, anche il mio non poter fare di più.

pastoralecalmaserenitàsenso del limitepacetranquillità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 20/09/2012

TESTO

10. Tutti i fiori sono belli   2

Santa Teresa di Lisieux

Per tanto tempo mi sono chiesta perché il Buon Dio aveva delle preferenze, perché non tutte le anime ricevono un livello uguale di favori, e mi meravigliavo che avesse prodigato favori straordinari ai Santi che lo avevano offeso, come San Paolo, Sant'Agostino e che Egli costringeva, per dire così, ad accogliere i suoi favori; oppure leggendo la vita dei Santi che Nostro Signore ha voluto accarezzare dalla culla alla tomba, senza lasciare sul loro cammino alcun ostacolo che impedisse loro di innalzarsi fino a lui, e prevenendo le loro anime con tali favori che esse non hanno mai potuto offuscare lo splendore immacolato della loro veste di Battesimo, mi domandavo perché i poveri selvaggi, per esempio, morivano in così grande numero prima di aver persino sentito il nome di Dio... Gesù si è degnato di farmi Lui da istruttore, su questo mistero. Mi ha messo davanti agli occhi il libro della natura e io ho capito che tutti i fiori che Egli ha creato sono belli, che lo splendore della rosa e il candore del Giglio non tolgono il profumo della viola o la semplicità incantevole della margherita... Ho capito che se tutti i fiorellini volessero essere rose la natura perderebbe il suo abito di primavera, i campi non sarebbero più brillanti di fiorellini...

rapporto con Diovocazioneunicità

4.0/5 (2 voti)

inviato da Paola Berrettini, inserito il 08/05/2012

TESTO

11. Coraggio e forza   2

Kahlil Gibran

Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza.
I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.

coraggioforzaamoresacrificiodoloresofferenzasperanzacarattereforza interiore

4.7/5 (3 voti)

inviato da Cinzia Novello, inserito il 12/04/2012

ESPERIENZA

12. La stola presbiterale

Constantin Virgil Georghiu, prete ortodosso, Dalla venticinquesima ora all'eternità, ed. San Paolo, 2007

Quando, davanti alla porta, arrivava un cristiano a cavallo, si sapeva che da qualche parte era successo qualche cosa di grave... prima che l'uomo bussasse alla porta mio padre era già pronto a partire con lui. Preparava svelto la borsa nella quale si trovava sempre l'Euchologio o libro di preghiere, la croce di legno, grande come il libro, le Sante Specie e il cucchiaino per la comunione, il labìs, o pinzette "per i divini carboni ardenti". Questo cucchiaino era d'argento, sempre molto pulito e luccicante, ma talmente usato che da una parte ne mancava. Esso è sempre servito solo per la comunione; lo si posa sulle labbra del fedele, con il pane bagnato nel vino, che sono il Corpo e il Sangue di Cristo... ero estremamente emozionato al pensiero che con esso anch'io avrei distribuito il Corpo e il Sangue di Dio. Il libro delle preghiere, la custodia delle Sante Specie e il cucchiaino erano avvolti nell'epitrakèlion e riposti nella borsa. L'epitrakèlion o stola, è l'ornamento primo che testimonia della dignità, del potere e della grazia sacerdotale. Letteralmente, epitrakèlion significa "sul collo" o "attorno al collo". Consiste in una lunga striscia di stoffa di lino o di seta, larga sei centimetri, che il sacerdote porta attorno al collo e le cui estremità ricadono in avanti, fin sotto il ginocchio. Queste due strisce che ricadono in avanti sono tenute insieme da dei bottoni, delle fibie o da una cucitura. In generale, esse sono ricamate con sette croci e con immagini di santi, e terminano con delle frange. L'epitrakèlion o stola simboleggia anzitutto il giogo di Cristo, che ogni sacerdote deve portare sulla terra. A causa di ciò, per ogni ufficio sacerdotale, anche per il più breve, il sacerdote deve portare attorno al collo "il giogo", l'epitrakèlion. Le frange simbolizzano le anime dei fedeli. L'epitrakèlion rappresenta il giogo di Cristo, ma rappresenta anche la grazia di Dio, effusa sul sacerdote, e il potere dello Spirito Santo, il potere sacerdotale. Per richiamare questa grazia e questo potere discesi dall'alto e riversati su di lui, il sacerdote, mettendo la stola attorno al collo prima dell'ufficio, recita ogni volta questa preghiera: "Benedetto sia Dio, che versa la sua grazia sui suoi sacerdoti, come il profumo effuso sulla testa di Aronne discese sulla sua barba e sulla frangia del suo vestito".... Il prete non può mai celebrare senza avere attorno al collo il giogo del sacerdozio. Se un prete si trova rinchiuso in una prigione o in un campo di concentramento, e se è spogliato di tutto, prima di celebrare deve trovare una stola, un giogo, un epitrakèlion. Deve strappare la sua tonaca o la sua camicia, farne una striscia che benedirà e metterà attorno al collo, a modo di epitrakèlion. E se il sacerdote non può trovare una striscia, allora deve utilizzare, come stola una corda. Qualsiasi corda. E servirà validamente da stola, da epitrakèlion, da ornamento sacerdotale (cf Simeone di Tessalonica). Nel corso dei secoli passati, i miei antenati, i sacerdoti di Petrodava, hanno dovuto passare una buona parte della loro vita, con i loro parrocchiani, rifugiati sulle rocce, nelle foreste e negli anfratti selvaggi dei loro Carpazi, a causa degli invasori dall'est. Lassù, vicini al cielo, i sacerdoti, come ornamento sacerdotale per i battesimi, per i funerali, per la comunione, non potevano fare altra cosa che prendere la corda che attaccava i loro cavalli e mettersela attorno al collo. Era il loro unico ornamento sacerdotale. Guardando dall'alto del cielo, gli angeli, che sono i cerimonieri della Chiesa, non sono mai rimasti scandalizzati e non hanno mai sorriso; semplicemente, hanno asciugato una lacrima alla vista di quei poveri preti proletari, con i piedi nudi nella montagna moldava, e che utilizzavano la corda dei loro animali come ornamento sacerdotale. Dopo la seconda guerra mondiale, migliaia e migliaia di preti, della mia famiglia e del mio popolo, sono stati impiccati agli alberi dei loro villaggi. Non avevano bisogno di cercare una corda per servirsene da epitrakèlion per dire la loro preghiera prima di morire. I carnefici mettevano loro la stola attorno al collo: la corda e l'ornamento sacerdotale nelle stesso tempo.. Soprattutto l'ornamento sacerdotale. Perché la morte, per un sacerdote, è una promozione: lascia la chiesa terrena, che è una copia, per andare nella cattedrale celeste, dove celebrerà la sublime e divina Liturgia, a fianco del nostro unico vescovo, il Signore Gesù Cristo.

sacerdotepresbiterostola

5.0/5 (3 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 23/01/2012

RACCONTO

13. Il comandamento dell'amore   1

Martin Buber, Racconti chassidici

Uno scolaro domandò a Rabbi Shmelke: «Ci è comandato di amare il nostro prossimo come noi stessi. Come posso farlo se egli mi ha fatto un torto?».

Il Rabbi rispose: «Devi comprendere queste parole nel loro giusto significato, che è: ama il prossimo tuo come qualcosa che tu stesso sei. Tutte le anime infatti sono una cosa sola; e ognuna è una scintilla dell'anima originale, che è insita in tutte le anime allo stesso modo come la tua anima è compenetrata in tutte le tue membra. Può accadere che la tua mano si sbagli e ti colpisca. Ma prenderai tu forse allora un bastone e la castigherai per la sua mancanza di comprensione, accrescendo così il tuo dolore? Lo stesso si applica al tuo prossimo, che con te forma un'anima sola: se egli, per ignoranza, ti fa un torto e tu lo punisci, non fai che colpire te stesso». Ma quello insisteva: «Ma se vedo che un uomo è malvagio al cospetto di Dio, come potrò amarlo?».

Gli rispose il Rabbi: «Ignori forse che l'anima primordiale scaturì dall'essenza di Dio e che l'anima di ogni uomo è una parte di lui? E non avrai allora pietà di quell'uomo, vedendo che una delle sue scintille si è smarrita ed è quasi spenta?».

amoreperdonoprossimo

4.0/5 (1 voto)

inviato da Silvana Ungaro, inserito il 20/10/2010

PREGHIERA

14. L'albero degli amici   2

Jorge Luis Borges

Esistono persone nelle nostre vite
che ci rendono felici per il semplice caso
di aver incrociato il nostro cammino.
Alcuni percorrono il cammino al nostro fianco,
vedendo molte lune passare.
Ciascuna foglia di un albero
rappresenta uno dei nostri amici.
Il primo che nasce
è il nostro amico Papà e la nostra amica Mamma,
che ci mostrano che cosa è la vita.
Dopo vengono gli amici Fratelli,
con i quali dividiamo il nostro spazio
affinché possano fiorire come noi.
Conosciamo tutta la famiglia delle foglie
che rispettiamo e a cui auguriamo ogni bene.
Ma il destino ci presenta ad altri amici,
che non sapevamo avrebbero incrociato il nostro cammino.
Molti di loro li chiamiamo amici dell'anima, del cuore.
Sono sinceri, sono veri.
Sanno quando stiamo bene, sanno cosa ci fa felici.
E a volte uno di questi amici dell'anima
si infila nel nostro cuore e allora lo chiamiamo innamorato.
Egli dà luce ai nostri occhi, musica alle nostre labbra,
salti ai nostri piedi.
Ma ci sono anche quegli amici di passaggio,
talvolta di una vacanza o di un giorno o di un'ora.
Essi collocano un sorriso nel nostro viso
per tutto il tempo che stiamo con loro.
Non possiamo dimenticare gli amici distanti,
quelli che stanno nelle punte dei rami
e che quando il vento soffia
appaiono sempre tra una foglia e l'altra.
Il tempo passa, l'estate se ne va,
l'autunno si avvicina e perdiamo alcune nostre foglie,
alcune nascono l'estate dopo,
e altre permangono per molte stagioni.
Ma quello che ci lascia felici è che le foglie
che sono cadute continuano a vivere con noi,
alimentando le nostre radici con allegria,
incrociando il nostro cammino.
Ti auguro, foglia del mio albero,
pace, amore, fortuna e prosperità.
Oggi e sempre... semplicemente
perché ogni persona che passa nella nostra vita è unica.
Sempre lascia un poco di sé e prende un poco di noi.
Ci saranno quelli che prendono molto,
ma non ci sarà chi non lascia niente.
Questa è la maggior responsabilità della nostra vita
e la prova evidente
che due anime non si incontrano per caso.

amiciziaresponsabilità

4.5/5 (2 voti)

inviato da Giampaolo Marcucci, inserito il 11/08/2010

ESPERIENZA

15. Il sacerdote è il giovane di Dio

Enrico Medi

Sacerdoti, io non sono prete e non sono stato mai degno di poterlo diventare. Come fate a vivere dopo aver celebrato la Messa?

Ogni giorno avete il Figlio di Dio nelle vostre mani! Ogni giorno avete una potenza che Michele Arcangelo non ha. Con la vostra bocca voi trasformate la sostanza del pane in quella del Corpo di Cristo; voi obbligate il Figlio di Dio a scendere sull'altare. Siete grandi, siete creature immense, le più potenti che possano esistere!!!

Sacerdoti, ve ne scongiuriamo, siate santi. Se siete santi voi, noi saremo salvi, se non siete santi voi, noi saremo perduti. Sì, noi vogliamo il sacerdote santo, il sacerdote saggio, il sacerdote semplice, il sacerdote crocifisso ogni giorno per amore delle anime e per l'ardore dei cuori.

Tu sei la nostra fede, tu sei la nostra luce e guai se la fiaccola si spegne o se il sale della terra perde il suo sapore. Perché il sacerdote è il giovane di Dio, è l'astronauta di Dio.

Ricordati, o servo del Signore, che tu non sei un uomo come gli altri. Il giorno in cui lo Spirito Santo ha inciso sopra di te un carattere eterno, hai cessato di essere un uomo comune! Come quando Amstrong o Collins o White entrano nella capsula e il Saturno 5 li lancia verso la luna, non sono più uomini come gli altri, a loro non è lecito perdere un milionesimo di secondo, sbagliare una manovra, tornare indietro, stancarsi o arrabbiarsi: sono uomini del Cielo.

E tu, o sacerdote di Dio che devi portare il satellite della salvezza, non sulla luna, ma travalicando gli infiniti spazi fin nel cuore del Creatore, pensa alle tue immense e infinite responsabilità.

Se tu, o sacerdote, sei santo, sei grande, sei umile, sacrificato, moribondo di giorno in giorno, consumato dall'amore del Divino Spirito e dall'incanto di Maria, la giovinezza sarà salva, avremo vocazioni, avremo amore di sacrificio e il mondo troverà la strada della luce.

A voi che siete gli atleti di Dio, i difensori di Dio, gli appassionati di Dio, di Colui che è il dolce Padrone dell'essere e il Fremito di tutte le cose, di Colui che non dimentica il volo di una rondine, la lacrima di un uomo, il sorriso di un bimbo, il palpito d'amore di un cuore, a voi è riservato il compito sublime e stupendo di annunciarlo con forza e coraggio perché lui, che è tutto e solo Amore, ha bisogno di voi, ministri prediletti, per donare la sua infinita gioia a tutti e in tutti rinascere ogni giorno, grazie al vostro sì.

sacerdotepreteserviziosantità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Cosimo Di Lella, inserito il 19/07/2009

TESTO

16. Il Dio in cui non credo   1

Arias Juan

Sì, io non crederò mai in:
Il Dio che «sorprenda» l'uomo in un peccato di debolezza.
Il Dio che condanni la materia.
Il Dio incapace di dare una risposta ai problemi gravi di un uomo sincero e onesto che dice piangendo: «non posso».
Il Dio che ami il dolore.
Il Dio che metta la luce rossa alle gioie umane. Il Dio che sterilizza la ragione dell'uomo.
Il Dio che benedica i nuovi Caini dell'umanità.
Il Dio mago e stregone.
Il Dio che si faccia temere.
Il Dio che non si lasci dare del tu.
Il Dio nonno di cui si possa abusare.
Il Dio che si faccia monopolio di una Chiesa, di una razza, di una cultura, di una casta.
Il Dio che non abbia bisogno dell'uomo.
Il Dio lotteria con cui si vinca solo a sorte.
Il Dio arbitro che giudichi sempre col regolamento alla mano.
Il Dio solitario.
Il Dio incapace di sorridere di fronte a molte monellerie degli uomini.
Il Dio che «giochi» a condannare.
Il Dio che «mandi» all'inferno.
Il Dio che non sappia aspettare.
Il Dio che esiga sempre dieci agli esami.
Il Dio capace di essere spiegato da una filosofia.
Il Dio che adorano quelli che sono capaci di condannare un uomo.
Il Dio incapace di amare quello che molti disprezzano.
Il Dio incapace di perdonare tante cose che gli uomini condannano.
Il Dio incapace di redimere la miseria.
Il Dio incapace di capire che i «bambini» debbono insudiciarsi e sono smemorati.
Il Dio che impedisca all'uomo di crescere, di conquistare, di trasformarsi, di superarsi fino a farsi «quasi un Dio».
Il Dio che esiga dall'uomo, perché creda, di rinunciare a essere uomo.
Il Dio che non accetti una sedia nelle nostre feste umane.
Il Dio che è capito soltanto dai maturi, i sapienti, i sistemati.
Il Dio che non è temuto dai ricchi alla cui porta sta la fame e la miseria.
Il Dio capace di essere accettato e compreso dagli egoisti.
Il Dio onorato da quelli che vanno a messa e continuano a rubare e a calunniare.
Il Dio asettico, elaborato in un gabinetto scientifico da tanti teologi e canonisti.
Il Dio che non sappia scoprire qualcosa della sua bontà, della sua essenza là dove vibra un amore per quanto sbagliato.
Il Dio a cui piaccia la beneficenza di chi non pratica la giustizia.
Il Dio per cui è il medesimo peccato compiacersi alla vista di due belle gambe, distrarsi nelle preghiere, calunniare il prossimo, frodare del salario gli operai o abusare del potere.
Il Dio che condanni la sessualità.
Il Dio del «me la pagherai».
Il Dio che si penta, qualche volta di aver regalato la libertà all'uomo.
Il Dio che preferisca l'ingiustizia al disordine.
Il Dio che si accontenti che l'uomo si metta in ginocchio anche se non lavora,
il Dio muto e insensibile nella storia di fronte ai problemi angosciosi della umanità che soffre.
Il Dio a cui interessino le anime e non gli uomini.
Il Dio morfina per il rinnovamento della terra e speranza soltanto per la vita futura.
Il Dio che crei discepoli che disertano i compiti del mondo e sono indifferenti alla storia dei loro fratelli.
Il Dio di quelli che credono di amare Dio, perché non amano nessuno.
Il Dio che è difeso da quanti non si macchiano mai le mani, non si affacciano mai alla finestra, non si gettano mai nell'acqua.
Il Dio a cui piacciano quelli che dicono sempre: «tutto va bene».
Il Dio di quelli che pretendono che il sacerdote cosparga di acqua benedetta i sepolcri imbiancati delle loro sporche manovre.
Il Dio che predicano i preti che credono che l'inferno è pieno e il cielo quasi vuoto.
Il Dio dei preti che pretendono che si possa criticare tutto e tutti all'infuori di loro.
Il Dio che giustifichi la guerra.
Il Dio che ponga la legge al di sopra della coscienza.
Il Dio che sostenga una chiesa statica, immobile, incapace di purificarsi, di perfezionarsi e di evolversi.
Il Dio dei preti che hanno risposte prefabbricate per tutto.
Il Dio che neghi all'uomo la libertà di peccare.
Il Dio che non continui a scomunicare i nuovi farisei della storia.
Il Dio che non sappia perdonare qualche peccato.
Il Dio che preferisca i ricchi.
Il Dio che «causi» il cancro, che «invii» la leucemia, che «renda sterile» la donna o che «si porti via» il padre di famiglia che lascia cinque creature nella miseria.
Il Dio che possa essere pregato solo in ginocchio, che si possa incontrare solo in chiesa.
Il Dio che accetti e dia per buono tutto ciò che i teologi dicono di lui.
Il Dio che non salvi quanti non lo hanno conosciuto ma lo hanno desiderato e cercato.
Il Dio che «mandi» all'inferno il bambino dopo il suo primo peccato.
Il Dio che non dia all'uomo la possibilità di potersi condannare.
Il Dio per cui l'uomo non sia la misura di tutto il creato.
Il Dio che non vada incontro a chi lo ha abbandonato.
Il Dio incapace di far nuove tutte le cose.
Il Dio che non abbia una parola diversa, personale, propria per ciascun individuo.
Il Dio che non abbia mai pianto per gli uomini.
Il Dio che non sia la luce.
Il Dio che preferisca la purezza all'amore.
Il Dio insensibile di fronte a una rosa.
Il Dio che non possa scoprirsi negli occhi di un bambino o di una bella donna o di una madre che piange.
Il Dio che non sia presente dove vibra l'amore umano.
Il Dio che si sposi con una politica.
Il Dio di quanti pregano perché gli altri lavorino.
Il Dio che non possa essere pregato sulle spiagge.
Il Dio che non si riveli qualche volta a colui che lo desidera onestamente.
Il Dio che distrugga la terra e le cose che l'uomo ama di più invece di trasformarle.
Il Dio che non abbia misteri, che non fosse più grande di noi.
Il Dio che per renderci felici ci offra una felicità separata dalla nostra natura umana.
Il Dio che annichilisca per sempre la nostra carne invece di risuscitarla.
Il Dio per cui gli uomini valgono non per ciò che sono ma per ciò che hanno o che rappresentano.
Il Dio che accetti come amico chi passa per la terra senza far felice nessuno.
Il Dio che non poserà la generosità del sole che bacia quanto tocca, i fiori e il concime.
Il Dio incapace di divinizzare l'uomo facendolo sedere alla sua tavola e dandogli la sua eredità.
Il Dio che non sappia offrire un paradiso in cui noi ci sentiamo fratelli e in cui la luce non venga solo dal sole e dalle stelle ma soprattutto dagli uomini che amano.
Il Dio che non sia l'amore e che non sappia trasformare in amore quanto tocca.
Il Dio che abbracciando l'uomo già qui sulla terra non sappia comunicargli il gusto, la gioia, il piacere, la dolce sensazione di tutti gli amori umani messi insieme.
Il Dio incapace di innamorare l'uomo.
Il Dio che non si sia fatto vero uomo con tutte le sue conseguenze.
Il Dio che non sia nato dal ventre di una donna.
Il Dio che non abbia regalato agli uomini la sua stessa madre.
Il Dio nel quale io non possa sperare contro ogni speranza.
Sì, il mio Dio è l'altro Dio.

Diocrederefede

4.0/5 (3 voti)

inviato da Busato Don Paolo, inserito il 19/07/2009

TESTO

17. La comunione eucaristica

San Giovanni Maria Vianney, Omelia per la VI domenica dopo Pentecoste

Quale gioia per un cristiano che ha la fede, che, alzandosi dalla santa Mensa, se ne va con tutto il cielo nel suo cuore!... Ah, felice la casa nella quale abitano tali cristiani!... quale rispetto bisogna avere per essi, durante la giornata. Avere, in casa, un secondo tabernacolo dove il buon Dio ha dimorato veramente in corpo e anima!

- Forse, mi direte ancora: se questa felicità è così grande, perché dunque la Chiesa ci dà il comandamento di comunicarci una volta ogni anno?

- Questo comandamento non è fatto per i buoni cristiani, esiste soltanto per i cristiani pusillanimi e indifferenti verso la salvezza della loro povera anima. Agli inizi della Chiesa, la più grande punizione che si poteva imporre ai cristiani era di privarli di tale felicità; ogni volta che avevano la gioia di assistere alla santa Messa, avevano la gioia di comunicare. Mio Dio! possibile che dei cristiani rimangano tre, quattro, cinque e sei mesi, senza dare questo nutrimento celeste alle loro povere anime? La lasciano morire di inedia!... Mio Dio!, che guaio e quale accecamento!... avendo tanti rimedi per guarirla e un cibo così adatto a conservarla in salute!

La Chiesa, vedendo quanto già i cristiani perdevano di vista la salvezza delle loro povere anime, sperando che il timore del peccato facesse loro aprire gli occhi, dette loro un comandamento che li obbligava a comunicarsi tre volte all'anno, a Natale, a Pasqua e a Pentecoste. Ma in seguito, vedendo che i cristiani diventavano sempre più insensibili alla loro disgrazia, la Chiesa ha finito per non obbligarli più ad avvicinarsi al loro Dio, tranne una volta all'anno. O mio Dio!, che disgrazia e quale accecamento che un cristiano sia obbligato a mezzo di leggi a cercare la sua felicità!

comunione eucaristicaeucaristiaanno sacerdotalecomunione

inviato da Parrocchia S. Giovanni M. Vianney - Roma, inserito il 26/06/2009

PREGHIERA

18. Preghiera per i sacerdoti

Richard Cushing

Dio onnipotente ed Eterno, guarda con amore il volto del tuo Figlio e per l'amore che hai verso di lui, che è il Sommo ed Eterno Sacerdote, abbi misericordia dei tuoi sacerdoti.

Ricordati, Signore, che sono fragili e deboli essere umani.
Rinnova in loro il dono della vocazione, che in modo mirabile fu consolidato per l'imposizione delle mani dei tuoi Vescovi.

Conservali sempre vicino a te e in cerca di te.
Non permettere che il nemico l'abbia vinta su di loro affinché non abbiano mai la benché minima mancanza nei confronti di così sublime vocazione.

Signore Gesù, ti prego per i tuoi sacerdoti fedeli e fervorosi,
e per quelli infedeli e tiepidi;
per i sacerdoti che lavorano nel proprio paese
e per quelli che lavorano in terre e missioni lontane,
per i tuoi sacerdoti tentati, per quelli che sentono la solitudine, la noia o la stanchezza,
per i sacerdoti giovani
per quelli che stanno per morire, e anche per le anime dei sacerdoti nel purgatorio.

Ti raccomando i sacerdoti che più apprezzo:
il sacerdote che mi battezzò,
quello che mi ha assolto dai miei peccati,
i sacerdoti alla cui Messa ho partecipato
e mi hanno dato il tuo Corpo e Sangue nella Comunione,
i sacerdoti che mi hanno consigliato, consolato o spronato,
e quelli verso i quali sono in debito per il loro aiuto.
Gesù, conservali tutti vicino al tuo Cuore
e dà loro abbondanti benedizioni. Amen.

sacerdotepretepresbiterosacerdozio

inviato da Laura Baravelli, inserito il 26/06/2009

TESTO

19. Del buon uso delle tentazioni

S. Giovanni Maria Vianney

Come il buon soldato non ha paura di combattere, così il buon cristiano non deve aver paura della tentazione. Tutti i soldati sono bravi quando sono all'interno della loro guarnigione: è sul campo di battaglia che si nota la differenza tra i coraggiosi e i vili.

La più grande delle tentazioni è di non averne alcuna. Si potrebbe arrivare a dire che bisogna essere contenti di avere delle tentazioni: è il momento del raccolto spirituale, durante il quale facciamo provviste per il cielo. E' come nel tempo della mietitura: ci si leva di buon mattino, ci si dà un gran daffare, ma non ci si lamenta, perché si raccoglie molto.

Il demonio tenta solamente le anime che vogliono uscire da una situazione di peccato e quelle che sono in stato di grazia. Le altre gli appartengono già: non ha alcun bisogno di tentarle.

Se fossimo profondamente compresi della santa presenza di Dio, sarebbe molto facile per noi resistere al nemico. Sarebbe sufficiente il pensiero "Dio ti vede!" per non peccare mai.

C'era una santa che, dopo esser stata tentata, si lamentava con il Signore dicendogli: «Dov'eri dunque, amatissimo Gesù, durante quella tremenda tempesta?». E il Signore: «Ero al centro del tuo cuore e mi rallegravo di vederti combattere».

tentazionetentazionipeccatolotta spirituale

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 18/06/2009

TESTO

20. Il vero perdono

Arthur Schnitzler, Aphorismen und Betrachtungen

Ciò che logora le nostre anime nel modo più rapido e peggiore possibile è perdonare senza dimenticare.

memoriaperdonoconversione

inviato da Luca, inserito il 05/06/2009

Pagina 1 di 3