Quando hai bisogno, Qumran ti dà una mano, sempre.
Ora Qumran ha bisogno di te.
- Clicca qui per sapere il perché.
Ecco tutti i 3556 ritagli
RACCONTO
1741. Evaristo il pettirosso 2
Evaristo era un passerotto come tanti altri. Viveva in un bel nido tra le tegole del Tempio di Gerusalemme e ogni mattina si appollaiava fra le travi di cedro del Portico di Salomone per ascoltare Gesù. In quei giorni la città era piena di gente, perché si avvicinava la Pasqua: c'era gran folla anche tra gli uccellini ed Evaristo ogni mattina, al sorgere del sole, volava in picchiata a prendersi il posto in prima fila per poter sentire bene gli insegnamenti del Redentore.
Un venerdì, però, gli uccellini aspettarono tutta la mattinata invano. Un po' alla volta gli altri se ne tornarono ai loro nidi. Evaristo era preoccupato: «Com'è strano! Di solito è sempre così puntuale! Sarà successo qualcosa?». Poco dopo mezzogiorno decise di andare a cercarlo. Quando giunse nei pressi del Golgota ebbe una terribile sorpresa: Gesù era stato crocifisso. La folla che fino al giorno prima lo acclamava come Messia, ora lo scherniva e insultava. Il suo Corpo era tutto piagato e sul suo capo era stata posta una corona di spine.
Evaristo si accorse subito che una di quelle spine gli causava un particolare dolore e decise di togliergliela. Al volo raggiunse il suo Signore, prese la spina con il becco e con tutte le sue forze cercò di staccarla. Dopo vari tentativi ci riuscì, ma appena si fu allontanato un po' si accorse di essersi ferito: una piccola spina gli era penetrata nel cuore e gli faceva tanto male. «E' dolorosa, ma non è niente rispetto a quello che soffre Gesù!».
Il tempo passava e quella spina diventava ogni momento più insopportabile. Il fervore iniziale era finito e la generosità veniva soffocata dal dolore. Evaristo si avvicinò alla Madre di Gesù per lamentarsi ed essere liberato da quella spina: «O Signora! Guardatemi come soffro! Nessuno soffre come me e non ce la faccio più!».
L'immacolata lo guardò con mestizia e, senza dir niente, con la mano gli mostrò il suo bel Cuore Immacolato: non una sola spina, ma l'intera corona lo attanagliava, facendolo sanguinare copiosamente.
Evaristo rimase profondamente confuso: lui si era lamentato così tanto per una piccola spina, mentre la Regina stava offrendo, in silenzio e con amore, al Padre il suo immenso dolore. «Oh! Scusatemi! Non voglio più essere liberato dalla mia spina, ma la voglio offrire insieme a Voi!».
Non appena ebbe detto queste parole la spina incominciò a dissolversi, lasciando sul petto una bella impronta rossa come il Sangue del Redentore e della Corredentrice. Da allora Evaristo e i suoi discendenti mostrano, con commozione e gratitudine, il loro petto rosso che ricorda a tutti quelli che lo vedono i dolori immensi di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria.
venerdì santocrocedolorepassionesofferenzapasquacalvario
inviato da Marcello Rosa, inserito il 04/03/2008
PREGHIERA
1742. A Maria, Madre della Pietà
preghiera 16a Giornata Mondiale del Malato - 2008
Ti salutiamo Vergine Santissima,
Madre e Salute degli Infermi.
Ci rivolgiamo a te o Madre della Pietà,
che sai precorrere i nostri bisogni
e sai ascoltare anche il gemito nascosto,
che non ha più parole e lacrime.
Soccorrici e intercedi per noi
nelle prove e nelle tribolazioni della malattia,
donaci in ogni momento il coraggio e la pazienza.
Premurosa Sposa della Carità, modello di ogni cura,
consiglia e sostieni quanti sono chiamati
a lenire le sofferenze del prossimo.
A Te rimasta sotto la Croce del Salvatore del mondo,
affidiamo le fatiche e le pene delle famiglie nel tempo della malattia e del lutto.
Tu, che lì sei diventata Madre dell'umanità, aiuta e consola
chi è nel dolore, rinsalda e proteggi i vincoli familiari, ispira le azioni di chi cura, fa' che popoli e governanti siano sempre solleciti verso gli ammalati, in particolare se poveri e soli.
Sii per noi Stella e Madre della Speranza e,
come facesti a Betlemme e a Nazareth,
continua a generare e a far crescere nei nostri cuori Gesù,
il fondamento e la meta di ogni speranza.
La sua Risurrezione e la certezza del suo ritorno glorioso,
ci confortino nelle nostre attese e riempiano di gioia
i nostri volti perché nel suo Nome saremo salvi,
nel suo Amore avremo la vita per l'eternità. Amen.
inviato da Qumran2, inserito il 11/02/2008
TESTO
La via della croce, Gesù, non basta imboccarla, bisogna chinarsi a terra e baciarla. Essa è il luogo sacro dove il tuo Signore e tuo Dio, si manifesta per quello che è: amore infinito. E la tua croce, Gesù, non basta caricarla sulle spalle e accettarla giorno per giorno, bisogna abbracciarla.
crocedoloresofferenzaaccettazione
inviato da Alessandra Privitera, inserito il 06/02/2008
PREGHIERA
1744. Dio onnipotente, che io possa risorgere con Gesù
Adattamento dalla liturgia del sabato dopo le ceneri
Dio onnipotente,
grazie perché hai mandato il tuo divin Figlio Gesù
a chiamare non i giusti, ma i peccatori.
Grazie perché tu sei buono, pieno di misericordia
e sempre pronto al perdono.
Gazie perché guardi con bontà la debolezza dei tuoi figli,
tra i quali sono pure io con le mie fragilità e miserie;
grazie perché la tua misericordia è generosa
e ti rivolgi a me con una clemenza grande;
grazie perché mi difendi dal male
e mi assicuri la tua paterna protezione;
grazie perché tendi il tuo orecchio a me
che sono povero e infelice.
Ho bisogno, ogni giorno e tutto il giorno, della tua pietà
perché non muoia nei miei peccati
ma cambi vita e direzione di cammino e viva.
Per questo, fa' che partecipi alla Pasqua del tuo divin Figlio Gesù
e con lui io risorga:
almeno da una mia pigrizia e inerzia costante,
almeno da un mio rimando ricorrente,
almeno da un mio ritardo abituale,
almeno da una mia omissione comoda,
almeno da una mia indecisione irresponsabilizzante,
almeno da una mia trascuratezza danneggiante.
Insegnami a camminare sulla tua strada e per la tua strada
con pensieri e azioni conformi alla tua volontà.
Ascolta, per intercessione di Maria, la mia preghiera di supplica
e custodiscimi nella fedeltà al mio unico Salvatore e al suo Vangelo.
Amen.
risurrezioneresurrezionepasquaconversionequaresimacambiamentoresponsabilità
inviato da Don Guido Olivieri, inserito il 06/02/2008
TESTO
Carissimi, cenere in testa e acqua sui piedi.
Una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa. Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.
Pentimento e servizio. Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all'acqua, più che alle parole. Non c'è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito. Queste, invece, no: perché espresse con i simboli, che parlano un "linguaggio a lunga conservazione".
È difficile, per esempio, sottrarsi all'urto di quella cenere. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un'autentica martellata quel richiamo all'unica cosa che conta: "Convertiti e credi al Vangelo". Peccato che non tutti conoscono la rubrica del messale, secondo cui le ceneri debbono essere ricavate dai rami d'ulivo benedetti nell'ultima domenica delle palme. Se no, le allusioni all'impegno per la pace, all'accoglienza del Cristo, al riconoscimento della sua unica signoria, alla speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo, diverrebbero itinerari ben più concreti di un cammino di conversione. Quello "shampoo alla cenere", comunque, rimane impresso per sempre: ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente, sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato.
Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell'acqua nel catino. È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini, l'abbiamo "udita con gli occhi", pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente. Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benché articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l'offertorio di un piede, il levarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio.
Una predica strana. Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana, è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate.
Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell'attesa di Cristo? "Una tantum" per la sera dei paradossi, o prontuario plastico per le nostre scelte quotidiane? Potenza evocatrice dei segni!
Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua.
La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnerne l'ardore, mettiamoci alla ricerca dell'acqua da versare... sui piedi degli altri.
Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.
Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.
Un grande augurio.
mercoledì delle ceneriquaresimapentimentoserviziopenitenzaGiovedì Santolavanda dei piedi
inviato da Sandra Aral, inserito il 05/02/2008
PREGHIERA
1746. Preghiera per i presbiteri
Tonino Bello, Omelia Messa Crismale
Spirito del Signore,
dono del Risorto agli Apostoli del Cenacolo,
gonfia di passione la vita dei tuoi presbiteri.
Riempi di amicizie discrete la loro solitudine.
Rendili innamorati della Terra,
e capaci di misericordia per tutte le sue debolezze.
Confortali con la gratitudine della gente con l'olio della comunione fraterna.
Ristora la loro stanchezza,
perché non trovino appoggio più dolce per il loro riposo
se non sulla spalla del Maestro.
Liberali dalla paura di non farcela più.
Dai loro occhi partano inviti a sovrumane trasparenze.
Dal loro cuore si sprigioni audacia mista a tenerezza.
Dalle loro mani grondi i il crisma su tutto ciò che accarezzano.
Fa risplendere di gioia i loro corpi.
Rivesti loro di abiti nuziali e cingili con cinture di luce perché,
per essi e per tutti, lo Sposo non tarderà.
Questa preghiera è uno stralcio di una preghiera più ampia allo Spirito Santo.
Clicca qui per la versione 1 della preghiera oppure qui per la versione 2.
sacerdoziosacerdotepretepresbitero
inviato da Qumran2, inserito il 15/01/2008
TESTO
1747. Maria donna in cammino 1
Tonino Bello, Nigrizia, novembre 1990, p. 53
Se i personaggi del vangelo avessero avuto una specie di contachilometri incorporato, penso che la classifica dei più infaticabili camminatori l'avrebbe vinta Maria. Gesù a parte, naturalmente. Ma si sa, egli si era identificato a tal punto con la strada, che un giorno ai discepoli invitati a mettersi alla sua sequela confidò addirittura: «Io sono la via». La via. Non un viandante!
Siccome allora Gesù è fuori concorso, a capeggiare la graduatoria delle peregrinazioni evangeliche è lei: Maria. La troviamo sempre in cammino, da un punto all'altro della Palestina, con uno sconfinamento anche all'estero. Viaggio di andata e ritorno da Nazaret verso i monti di Giuda, per trovare la cugina. Viaggio fino a Betlem. Di qui a Gerusalemme, per la presentazione al tempio.
Espatrio clandestino in Egitto. Ritorno guardingo in Giudea e poi di nuovo a Nazaret. Finalmente, sui sentieri del Calvario, ai piedi della Croce, dove la meraviglia espressa da Giovanni con la parola stabat, più che la pietrificazione del dolore per una corsa fallita, esprime l'immobilità statuaria di chi attende sul podio il premio della vittoria.
Icona del camminare, la troviamo seduta solo al banchetto del primo miracolo. Seduta, ma non ferma. Non sa rimanersene quieta. Non corre col corpo, ma precorre con l'anima. E se non va lei verso l'ora di Gesù, fa venire quell'ora verso di lei, spostandone indietro le lancette, finché la gioia pasquale non irrompe sulla mensa degli uomini.
Sempre in cammino. E per giunta in salita. Da quando si mise in viaggio verso la montagna, fino al giorno del Golgota, anzi fino al crepuscolo dell'Ascensione, quando salì anche lei con gli apostoli «al piano superiore» in attesa dello Spirito, i suoi passi sono sempre scanditi dall'affanno delle alture.
Avrà fatto anche discese, e Giovanni ne ricorda una quando dice che Gesù, dopo le nozze di Cana, discese a Cafarnao insieme con sua madre. Ma l'insistenza con cui il Vangelo accompagna con il verbo "salire" i suoi viaggi a Gerusalemme, più che alludere all'ansimare del petto o al gonfiore dei piedi, sta a dire che la peregrinazione terrena di Maria simbolizza tutta la fatica di un esigente itinerario spirituale.
Santa Maria, donna della strada, come vorremmo somigliarti nelle nostre corse trafelate, ma non abbiamo traguardi. Siamo pellegrini come te, ma senza santuari verso cui andare. Camminiamo sull'asfalto, e il bitume cancella le nostre orme. Forzati del camminare, ci manca nella bisaccia di viandanti la cartina stradale che dia senso alle nostre itinerante.
E con tutti i raccordi anulari che abbiamo a disposizione, la nostra vita non si raccorda con nessun svincolo costruttivo, le ruote girano a vuoto sugli anelli dell'assurdo, e ci ritroviamo inesorabilmente a contemplare gli stessi panorami.
Santa Maria, donna della strada, fa' che i nostri sentieri siano, come lo furono i tuoi, strumenti di comunicazione con la gente e non nastri isolanti entro cui assicuriamo la nostra aristocratica solitudine. Liberaci dall'ansia della metropoli e donaci l'impazienza di Dio. L'impazienza di Dio ci fa allungare il passo per raggiungere i compagni di strada. L'ansia della metropoli, invece, ci rende specialisti del sorpasso. Ci fa guadagnare tempo, ma ci fa perdere il fratello che cammina accanto a noi.
Santa Maria, donna della strada, segno di sicura speranza e di consolazione per il peregrinante popolo di Dio, facci capire come, più che sulle mappe della geografia, dobbiamo cercare sulle tavole della storia le carovaniere dei nostri pellegrinaggi.
È su questi itinerari che crescerà la nostra fede. Prendici per mano e facci scorgere la presenza sacramentale di Dio sotto il filo dei giorni, negli accadimenti del tempo, nel volgere delle stagioni umane, nei tramonti delle onnipotenze terrene, nei crepuscoli mattinali di popoli nuovi, nelle attese di solidarietà che si colgono nell'aria.
Verso questi santuari dirigi i nostri passi. Per scorgere sulle sabbie dell'effimero le orme dell'eterno. Restituisci sapori di ricerca interiore alla nostra inquietudine di turisti senza meta.
Se ci vedi allo sbando, sul ciglio della strada, fermati, Samaritana dolcissima, per versare sulle nostre ferite l'olio della consolazione e il vino della speranza. E poi rimettici in carreggiata. Dalle nebbie di questa valle di lacrime, in cui si consumano le nostre afflizioni, facci volgere gli occhi verso i monti da dove verrà l'aiuto. E allora sulle nostre strade fiorirà l'esultanza del magnificat.
Come avvenne in quella lontana primavera, sulle alture della Giudea, quando ci salisti tu.
stradacamminomariamadonnapellegrinaggio
inserito il 11/01/2008
PREGHIERA
1748. Maria donna di frontiera 1
Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni
Maria donna feriale,
rendimi allergico ai tripudi di feste che naufragano nel vuoto.
Maria donna dell'attesa,
distruggi in me la frenesia di volere tutto e subito.
Maria donna innamorata,
affrancami dalla voglia di essere sempre capito e amato.
Maria donna gestante,
donami la gioia di sentire nel grembo i fremiti del mondo.
Maria donna accogliente,
dilata a non finire in me la tenda dell'accoglienza.
Maria donna missionaria,
rendi polverosi i miei piedi per il lungo calcare sentieri del mondo.
Maria donna di parte,
rendi costante in me il rigetto di ogni compromesso.
Maria donna del pane,
affina in me il gusto dell'essenziale nella semplicità.
Maria donna di frontiera,
snidami dalle retroguardie della mia codardia spirituale.
Maria donna in cammino,
provoca in me il rifiuto definitivo della poltrona e delle pantofole.
Maria donna del vino nuovo,
regalami un cuore traboccante di gioia e di letizia.
Maria donna del silenzio,
stabilisci il mio domicilio nella contemplazione di Dio.
Maria donna del servizio,
prestami il tuo grembiule preparato a Nazareth e mai dismesso.
Maria donna vera,
strappami le plastiche facciali che sfregiano l'immagine di Dio.
Maria donna del popolo,
abolisci in me ogni traccia di privilegio e annullane anche il desiderio.
Maria donna che conosce la danza,
fa' di me un rigo musicale su cui ognuno possa cantare la sua vita.
Maria donna elegante,
donami un sorriso per ogni gesto di amore.
Maria donna dei nostri giorni,
depenna eventuali rimpianti del passato, perché renda già presente il futuro.
Maria donna dell'ultima ora,
affretta il mio passo verso il fratello che mi attende, verso il Cristo che mi precede, verso il Padre pronto ad accogliermi nell'Amore dello Spirito.
inserito il 11/01/2008
TESTO
1749. Maria, donna accogliente
Tonino Bello, Nigrizia, giugno 1991, p. 58
La frase si trova in un testo del Concilio Vaticano II, ed è splendida per dottrina e concisione. Dice che, all'annuncio dell'Angelo, Maria «accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio».
Nel cuore e nel corpo
Fu, cioè, discepola e madre del Verbo. Discepola, perché si mise in ascolto della Parola e la conservò per sempre nel cuore. Madre, perché offrì il suo grembo alla Parola e la custodì per nove mesi nello scrigno del corpo.
Forse per capire fino in fondo la bellezza di questa verità, il vocabolario non basta. Bisogna ricorrere alle espressioni visive. E allora non c'è di meglio che rifarsi ad una celebre icona orientale, che raffigura Maria con il divin Figlio Gesù inscritto sul petto. È indicata come "la Madonna del segno", ma potrebbe essere chiamata "la Madonna dell'accoglienza", perché, con gli avambracci levati in alto, in atteggiamento di offertorio o di resa, essa appare il simbolo della più gratuita ospitalità.
Accolse nel cuore
Fece largo, cioè, nei suoi pensieri ai pensieri di Dio. ma non si sentì, per questo, ridotta al silenzio. Offrì volentieri il terreno vergine della sua intimità alla germinazione del Verbo, ma non si considerò espropriata di nulla. Gli cedette con gioia il suolo più inviolabile della sua vita, ma senza dover ridurre gli spazi della sua libertà. Diede alloggio al Signore nella sua casa, ma non ne sentì, la presenza come violazione di domicilio. Gli aprì le porte delle stanze più segrete, ma senza subirne lo sfratto.
Accolse nel corpo
Sentì, cioè, il peso fisico di un altro essere che prendeva dimora nel suo grembo di madre. Adattò, quindi, i suoi ritmi a quelli dell'ospite. Modificò le sue abitudini in funzione di un compito che non le alleggeriva certo la vita. Consacrò i suoi giorni alla gestazione di una creatura che non le avrebbe risparmiato preoccupazioni e fastidi. E poiché il frutto benedetto del seno suo era il Verbo di Dio che s'incarnava per la salvezza dell'umanità, capì di aver contratto con tutti i figli di Eva un debito di accoglienza che avrebbe pagato con cambiali di lacrime.
Quell'ospitalità fondamentale la dice lunga sullo stile di Maria e delle sue mille altre accoglienze di cui il vangelo non parla, ma che non ci è difficile intuire. Nessuno fu mai respinto da lei. Tutti trovarono riparo sotto la sua ombra. Dalle vicine di casa, alle antiche compagne di Nazaret. Dai parenti di Giuseppe, agli amici di gioventù di suo figlio. Dai poveri della contrada, ai pellegrini di passaggio. Da Pietro, in lacrime dopo il tradimento, a Giuda che, forse, quella notte non riuscì a trovarla in casa.
Santa Maria, donna accogliente, aiutaci ad accogliere la Parola nell'intimo del cuore. A capire, cioè, come hai saputo fare tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Egli non bussa alla porta per intimarci lo sfratto, ma per riempire di luce la nostra solitudine. Non entra in casa per metterci le manette, ma per restituirci il gusto della vera libertà.
Lo sappiamo: è la paura del nuovo a renderci spesso inospitali nei confronti del Signore che viene. I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezze, ci nascondiamo come Adamo nell'Eden, ogni volta che sentiamo i suoi passi. Facci comprendere che Dio, se ci guasta i progetti, non ci rovina la festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace. E una volta che l'avremo accolto nel cuore, anche il nostro corpo brillerà della sua luce.
Santa Maria, donna accogliente, rendici capaci di gesti ospitali verso i fratelli. Sperimentiamo tempi difficili, in cui il pericolo di essere defraudati dalla cattiveria della gente ci fa vivere dietro porte blindate e sistemi di sicurezza. Non ci fidiamo più l'uno dell'altro. Vediamo agguati dappertutto. Il sospetto è diventato organico nei rapporti con il prossimo. Il terrore di essere ingannati ha preso il sopravvento sugli istinti di solidarietà che pure ci portiamo dentro. E il cuore se ne va a pezzi, dietro i cancelli dei nostri recinti.
Disperdi, ti preghiamo, le nostre diffidenze. Facci uscire dalla trincea degli egoismi corporativi. Sfascia le cinture delle leghe. Allenta le nostre ermetiche chiusure nei confronti di chi è diverso da noi. Abbatti le nostre frontiere. Quelle culturali, prima di quelle geografiche. Queste ultime cedono ormai sotto l'urto dei popoli "altri", ma le prime restano tenacemente impermeabili. Visto allora che siamo costretti ad accogliere stranieri nel corpo della nostra terra, aiutaci ad accoglierli anche nel cuore della nostra civiltà.
Santa Maria, donna accogliente, ostensorio del corpo di Gesù deposto dalla croce, accoglici sulle tue ginocchio, quando avremo reso lo spirito anche noi. Dona alla nostra morte la quiete fiduciosa di chi poggia il capo sulla spalla della madre e si addormenta sereno. Tienici per un poco sul tuo grembo, così come ci hai tenuti nel cuore per tutta la vita. Compi su di noi i rituali delle ultime purificazioni. E portaci, finalmente, sulle tue braccia davanti all'Eterno.
Perché solo se saremo presentati da te, sacramento della tenerezza, potremo trovare pietà.
mariamadonnaaccoglienzastranieriospitalitàmigrazione
inviato da Giovanni Graziano Tassello, inserito il 11/01/2008
PREGHIERA
1750. Preghiera in ricordo del battesimo 1
Massime eterne, preghiere e meditazioni, ed. Messaggero Padova
O Dio, Padre buono,
voglio ringraziarti con tutto il cuore per il dono del santo Battesimo, per mezzo del quale sono divenuto tuo figlio e tempio vivo dello Spirito Santo.
Ti ringrazio perché, con l'acqua battesimale, mi hai fatto risorgere con Cristo e hai riempito la mia anima dello splendore della tua grazia.
Voglio rinnovare in questo momento le mie promesse battesimali, con cui mi sono impegnato a vivere nella santità dei figli di Dio.
Conserva in me la fede, la speranza e la carità, e concedimi di essere fedele alla tua legge per tutta la vita.
Amen.
inviato da Anna Barbi, inserito il 11/01/2008
PREGHIERA
1751. Ringraziamento in ricordo del battesimo 2
O Signore, quando fui battezzato
ero un bambino inconsapevole.
Ora però so la grandezza del dono che mi hai fatto:
mi hai innestato in Cristo, tuo Figlio
immergendomi nella sua morte e risurrezione,
e sono rinato tuo figlio.
Mi hai inserito nella tua Chiesa, comunità di salvezza,
come membro attivo e responsabile,
mi hai dato un futuro e una speranza
nella fede e nell'amore.
Grazie, Signore!
inviato da Suor Irina Mandro, inserito il 11/01/2008
PREGHIERA
Giovanni Paolo II, Hiroshima, 25 febbraio 1981
Ascolta la mia voce perché è la voce delle vittime di tutte le guerre e della violenza tra gli individui e le nazioni;
Ascolta la mia voce, perché è la voce di tutti i bambini che soffrono e soffriranno ogni qualvolta i popoli ripongono la loro fiducia nelle armi e nella guerra;
Ascolta la mia voce, quando ti prego di infondere nei cuori di tutti gli esseri umani la saggezza della pace, la forza della giustizia e la gioia dell'amicizia;
Ascolta la mia voce, perché parlo per le moltitudini di ogni Paese e di ogni periodo della storia che non vogliono la guerra e sono pronte a percorrere il cammino della pace;
Ascolta la mia voce e donaci la capacità e la forza per poter sempre rispondere all'odio con l'amore, all'ingiustizia con una completa dedizione alla giustizia, al bisogno con la nostra stessa partecipazione, alla guerra con la pace.
O Dio, ascolta la mia voce e concedi al mondo per sempre la tua pace.
Leggi il testo completo del discorso di Giovanni Paolo II al "Peace Memorial" di Hiroshima.
inviato da Qumran2, inserito il 31/12/2007
TESTO
E allora, o fratelli, osserviamo i comandamenti che ci danno la vita; la fraternità sia tenuta ben unita con i legami di una pace profonda; sia tenuta ben stretta con il vincolo salutare dell’amore che copre un gran numero di peccati. Noi dobbiamo abbracciare con tutti i nostri desideri l’amore che ha un premio speciale per ognuno dei suoi aspetti buoni. La pace si deve custodire più di tutte le altre virtù, perché Dio é sempre nella pace. Amate la pace e tutto sarà tranquillo. La vostra pace per noi sarà un premio, per voi una gioia e la Chiesa di Dio, fondata nell’unità della pace, potrà godere di una coesione perfetta in Cristo.
inviato da Lucia Varo, inserito il 31/12/2007
PREGHIERA
Rivista "Il Cenacolo"
Madre, che sai cosa significa stringere nelle braccia il corpo morto del Figlio, di colui al quale hai dato la vita, risparmia a tutte le madri di questa terra la morte dei loro figli, i tormenti, la schiavitù, la distruzione della guerra, le persecuzioni, i campi di concentramento, le carceri!
Conserva loro la gioia della nascita, del sostentamento, dello sviluppo dell'uomo e della sua vita.
Nel nome di questa vita, nel nome della nascita del Signore, implora con noi la pace, la giustizia nel mondo!
Madre della pace, in tutta la bellezza e maestà della tua maternità, che la Chiesa esalta e il mondo ammira, ti preghiamo: sii con noi in questo momento!
Fa' che questo nuovo anno sia un anno di pace, in virtù della nascita e della morte del tuo figlio! Amen
inviato da Ester Da Ponte, inserito il 31/12/2007
TESTO
La santa sera tutto era pronto, a Greccio, come frate Francesco aveva desiderato; verso l'ora di mezzanotte, tutto il popolo di quei pressi era convenuto intorno al presepe per festeggiare la nascita del Signore. Come ci racconta Tomaso da Celano: «Greccio era diventata una nuova Betlemme; la foresta risuonava di voci melodiose e le rocce echeggiavano ai canti della folla». Ognuno portava torce accese, mentre, vicino al presepe, stavano i frati coi loro ceri; tanto che i boschi erano rischiarati come fosse pieno giorno. Sulla mangiatoia che serviva d'altare, un prete lesse la messa, perché il divino fanciullo fosse presente, sotto le specie del pane e del vino, al modo stesso che lo era stato corporalmente a Betlemme. Ci fu pure un istante in cui Giovanni Vellita ebbe l'impressione di vedere un vero bambino coricato nella mangiatoia, ma che sembrava morto, o, per lo meno, addormentato. Ed ecco che frate Francesco si avvicina al bambino e lo prende teneramente tra le braccia; ed ecco che anche il bambino si sveglia, sorride a frate Francesco, e, con le sue piccole mani, gli accarezza le guance barbute e la stoffa grigia della sottana! Visione che, del resto, non aveva nulla di stupefacente per messer Vellita: poiché egli conosceva già parecchi cuori, in cui, allo stesso modo, Gesù era stato morto, o per lo meno addormentato, fino al giorno in cui frate Francesco, con la sua parola e il suo esempio, non l'aveva risvegliato e risuscitato.
Dopo la lettura del Vangelo, frate Francesco, in veste di diacono, si avanzò verso la folla. «Sospirando profondamente, ci dice Celano, accasciato sotto la pienezza della sua pietà, e traboccante di meravigliosa gioia, il santo di Dio si drizzò presso la mangiatoia. E la sua voce, la sua voce forte e dolce, la sua voce chiara e sonora, trascinò gli uditori a ricercare il bene supremo».
Frate Francesco predica alla folla. «Con parole d'una dolcezza squisita, parla del povero re nato quella notte che è il Signore Gesù, nella città di David. E, ogni volta che vuole pronunciare il nome di Gesù, ecco che egli è tutto arso dal fuoco del suo amore, e che, invece di dirgli questo nome, lo chiama teneramente il Bambino di Betlemme! E, questa parola Betlemme, la dice col tono d'un agnello belante; e quando ha proferito il nome di Gesù, lascia scivolare la lingua sulle labbra, come per assaporare la dolcezza che quel nome ha sparso dietro di sé, passando su quelle labbra. E non fu che molto tardi che terminò quella santa notte di vigilia, e che ciascuno, con il cuore pieno di gioia, se ne ritornò alla sua casa».
«In seguito, questo luogo, dove era stato piantato il presepe, fu consacrato al Signore con l'erezione di un tempio; e sopra la mangiatoia fu alzato un altare in onore del nostro beato Padre Francesco: così che, là dove poco prima le bestie senza ragione mangiavano il fieno dalla greppia, oggi gli uomini, per la salute delle loro anime e del loro corpo, ricevono l'Agnello immacolato, Nostro Signore Gesù Cristo, che, spinto da ineffabile amore, ha dato la sua carne per la vita del mondo, e che, col Padre e lo Spirito Santo, vive e regna in somma grandezza per tutti i secoli dei secoli. Così sia!».
natalepresepepresepioSan Francesco
inviato da Franco Canzian, inserito il 19/12/2007
RACCONTO
1756. Per ultima venne la morte
Piero Gribaudi, Fiabe della Notte Santa
La morte non voleva credere alle proprie orecchie quando le fu comunicato che il suo dominio universale stava per finire. Pur riconoscendosi la più inamabile di tutte le creature, un po' di riguardo l'avrebbe gradito da parte dell'Arcangelo messaggero. Non era mica l'ultima delle ancelle di Dio, anzi. Il suo ruolo nei piani del Creatore era fondamentale.
«E continuerà ad esserlo», le aveva garantito il messo celeste, «per tutte le creature viventi, tranne che per l'uomo.»
«Perché?», gli aveva domandato la Morte, «diventerà immortale?»
«Non fare troppe domande... tu non capiresti.»
Era stato a questo punto che la Morte si era gravemente offesa. Che oltre a fare un lavoraccio infame, la si giudicasse imbecille, non lo poteva tollerare! Di essere perdente non le importava affatto, tanto il suo lavoro le era ingrato, ma come sarebbe avvenuta la metamorfosi?
Le bastò uno sguardo circolare sulla superficie terrestre per individuare il punto. Forse nessuno, davanti alla grotta di Betlemme, provò maggior sbalordimento della Morte. Eppure, ora che lo aveva davanti, il progetto le appariva chiaro e di un'incredibile semplicità: quel batuffolo di carne, per il solo fatto di essere vita, era già sua preda. La Morte desiderò a quel punto che il Creatore avesse scelto un'altra strada, per non essere chiamata in causa. Ma fu allora che, dal sonno profondo in cui era immerso, il Bimbo le sorrise. E la Morte si sentì vinta e capì come sarebbe stata vinta: da un amore talmente intenso che proprio attraverso di lei sarebbe passato, per dimostrare all'universo la propria potenza e la propria vastità.
natalemorteamorevitaincarnazionepasquarisurrezione
inviato da Monique, inserito il 19/12/2007
TESTO
La Madre era seduta sulla paglia
con nel grembo il bambino,
come stella del mattino in grembo all'aurora.
Tutti piegarono le ginocchia:
il re e il mendicante, il santo e il peccatore,
il sapiente e l'ignorante.
Tutti ad alta voce gridarono:
vittoria per l'uomo, vittoria per il Neonato,
per colui che vive in eterno!
Come stella del mattino in grembo all'aurora.
inviato da Luca Simoni, inserito il 19/12/2007
PREGHIERA
1758. Formiche - Preghiera della sera
Ti ringrazio, Signore
della vita che oggi
mi hai dato di vivere.
E' stato un tuo
inesplicabile dono.
Noi, non siamo
che minuscole formiche;
granelli, che camminano solo
se tu vi soffi sopra
il tuo alito di vita.
Se tu, Signore,
smettessi di soffiare,
noi smetteremmo
di camminare.
inviato da Anna Marinelli, inserito il 16/12/2007
TESTO
Bruno Maggioni, La cruna e il Cammello
E' la gratuità che rende stabile l'amore. Anche se l'altro ti abbandona, il tuo amore verso di lui non viene meno. Soffri, ma non viene meno. E' come l'amore per il Crocifisso: rifiutato, dona la vita per chi lo rifiuta.
inviato da Marina Ullio, inserito il 16/12/2007
TESTO
1760. È proprio questa la vita
Tu ti credi già al limite delle possibilità ed ecco che nuove forze accorrono.
È proprio questa la vita.
vitaforzaottimismosperanzaconversione
inserito il 25/11/2007