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PREGHIERA

2061. Signore, io ti chiedo sempre perdono   1

Signore, io ti chiedo sempre perdono, ad ogni mancanza mi ricordo che tu soffri per questo mio peccato che potevo evitare.
Dico parolacce e la sera prima di addormentarmi ti chiedo di perdonarmi.
...Ma un mio amico mi offende e non riesco a dimenticare tale offesa...
Non aiuto in casa e sono menefreghista nei confronti dei miei genitori che fanno sacrifici per me. Scusa Signore per la mia indifferenza.
...Però un mio amico non mi aiutato in un compito ed ho deciso che d'ora in poi con me ha chiuso...
Signore, perdonami perché ti penso poco e dedico poco tempo alla preghiera e al dialogo con te.
...Però un mio ex compagno di classe non si fa più sentire e ho deciso di dimenticarlo perché non merita le mie attenzioni....
C'è qualcosa che non quadra Signore: ti chiedo di perdonarmi azioni che io stesso non sono capace di perdonare ad altri.... Ma è difficile...
Signore, dammi la forza di riuscire a perdonare perché il mio piccolo mondo possa essere un mondo di pace.

perdonopacemisericordiamisericordia di Dio

inviato da Lisa Gleria, inserito il 02/10/2005

TESTO

2062. Bellezza

Fëdor Dostoevskij

La bellezza salverà il mondo. Al mondo esiste un solo essere assolutamente bello, Cristo, ma l'apparizione di questo essere immensamente, infinitamente bello, è di certo un infinito miracolo".

bellezzabellosalvezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Filippo Pomponi, inserito il 02/10/2005

TESTO

2063. Morto

Hans Christian Andersen, Il violinista

«Morto!» Che mondo di dolore è racchiuso in questa breve parola.
È una spada a due lame che, mentre colpisce chi ci è caro, affonda anche nel nostro petto. Tutto si oscura ai nostri occhi e il mondo ci sembra nero, anche se il sole illumina altri milioni di persone felici. Una sola parola, ancor più breve dell'altra, ci permette di rialzarci in piedi dandoci il soccorso necessario: «Dio».

morteresurrezionevita eternasperanza

inviato da Centro Giovani Diocesi Di Pinerolo, inserito il 02/10/2005

PREGHIERA

2064. Quando

Adolfo Rebecchini

Quando mi sento stanco
e le mie sole forze non sembrano più sufficienti per andare avanti,
dammi la forza di cercarti sempre, Signore.

Quando il buio della notte
scende cupo nel mio cuore e tutto mi appare triste e doloroso,
rischiarami con la luce della tua Parola.

Quando intorno a me
vedo gente che soffre e piange,
fammi donare sempre gioia e speranza.

Quando gli altri sono in difficoltà
e hanno bisogno di me,
fammi essere presenza discreta e amica.

Quando le falsità e i compromessi
regolano la mia vita,
dammi il coraggio dell'autenticità senza riserve.

Quando voglio far valere
sempre e solo le mie idee,
dammi l'umiltà di considerare anche le posizioni altrui.

Quando prevalgono
le lotte e le divisioni,
fammi essere portatore di unione e di concordia.

Quando,...

Solo quando sarò capace di fidarmi di te, Signore,
riuscirò a vedere e a proclamare il tuo Regno
che è già tra noi, con noi e dentro di noi.

speranzafiduciaaffidamentorapporto con Diofede

4.5/5 (2 voti)

inviato da Adolfo Rebecchini, inserito il 02/10/2005

TESTO

2065. E' Natale o è già Pasqua?

Gesù nasce a Betlemme.
Colui che si donerà a noi ogni giorno sotto
forma di pane, nasce proprio nella "Casa del Pane".

Gesù viene rifiutato dalla città e nasce fuori dalle mura.
Come sarà rifiutato dalla città e morirà fuori dalle mura di Gerusalemme.

Gesù nasce in una grotta.
Come sarà posto, dopo la croce, in una grotta.

Gesù viene posto in una mangiatoia,
luogo in cui si pone il cibo.
Come si farà per noi cibo per la nostra vita eterna.

Gesù viene avvolto in fasce.
Come verrà avvolto in fasce una volta deposto dalla Croce.
Ma è Natale o è già Pasqua?

natalepasquaincarnazionepresepe

inserito il 02/10/2005

TESTO

2066. Dio ha solo noi

Dio non ha occhi,
ha solo i nostri occhi
per contemplare i ragazzi e da loro farsi riconoscere.
Dio non ha mani,
ha solo le nostre mani
per accarezzarli e far sentire loro il calore della sua tenerezza
Dio non ha braccia,
ha solo le nostre braccia
per stringerli al petto e far sentire loro il suo cuore che batte.
Dio non ha labbra,
ha solo le nostre labbra
per baciarli teneramente e far sentire loro
l'infinita dolcezza del suo amore.
Dio non ha bocca,
ha solo la nostra bocca per sorridergli
e comunicare loro la sua gioia infinita
Dio non ha voce,
ha solo la nostra voce
per parlare con i ragazzi che ci sono stati affidati
e ripetergli infinite volte quanto li ama
Dio non ha gambe,
ma ha le nostre gambe
per camminare con loro incontro alla vita,
incontro al suo amore.

Dioimpegnoresponsabilitàmissione

inviato da Sabrina Martorana, inserito il 02/10/2005

TESTO

2067. Dalla finestra del cielo, il canto del risorto

Gianni Fanzolato

Quella nuda bara di cipresso al centro
di quel abbraccio del colonnato del Bernini,
emana una potenza prorompente, che mette
in ginocchio i potenti della terra in un unico abbraccio.

Iran, Israele e Siria si tendono la mano,
le religioni si stringono attorno e guardano al Risorto,
i giovani cantano speranza in una nuova Pentecoste,
e il Papa dalla finestra del cielo sorride benedicendo.

Come dimenticar il Vangelo aperto sulla bara;
il vento dello Spirito sfoglia quelle pagine con forza:
pare ora un mare in tempesta, ora il passar del tempo,
ora un andar, ora un venir convulso della Storia.

Ogni pagina mossa e girata dal vento dello Spirito
è un capitolo che il Papa venuto da lontano
ha scritto nella croce, nel sangue e nel Vangelo.
Poi il libro si chiude e resta in bilico tra la bara e noi,
per sussurrarci piano che ora è l'uomo il vangelo vivo.

C'è una croce che domina alta dietro la bara nuda:
il volto dolce, icona della misericordia del Padre,
pare fissare con uno sguardo intenso d'amore
quella bara, e quell'uomo e quel Vangelo
che si apre ora indicando il cero acceso, ora la folla.

Quel vento che ricama una tela di vesti di colori
che scuote e unisce l'abbraccio di una Pentecoste,
sfiora il lontano e il vicino, travalica muri e confini,
stringendo il mondo in un unico girotondo d'amore.

Che tutti siano uno con il Padre, aveva gridato Cristo.
Oggi, attorno a quella bara, il miracolo s'è compiuto.

Giovanni Paolo II

inviato da P. Gianni Fanzolato, inserito il 02/10/2005

TESTO

2068. Conclave

Karol Wojtyla, Trittico romano, marzo 2003

E proprio qui, ai piedi di questa stupenda policromia sistina,
si riuniscono i cardinali,
una comunità responsabile per il lascito delle chiavi del Regno.
Giunge proprio qui.
E Michelangelo li avvolge, tuttora, della sua visione.
"In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo..."
Chi è lui?
Ecco, la mano creatrice dell'Onnipotente Vecchio, diretta verso Adamo...
Al principio Dio ha creato...
Costui che vede tutto...
La policromia sistina allora propagherà la Parola del Signore:
"Tu es Petrus" - udì Simone, il figlio di Giona.
"A te consegnerò le chiavi del Regno".
La stirpe, a cui è stata affidata la tutela del lascito delle chiavi,
si riunisce qui, lasciandosi circondare dalla policromia sistina,
da questa visione che Michelangelo ci ha lasciato.
Era così nell'agosto e poi nell'ottobre, del memorabile anno dei due conclavi,
e così sarà ancora, quando se ne presenterà l'esigenza dopo la mia morte.
All'uopo, bisogna che a loro parli la visione di Michelangelo.
"Con-clave": una compartecipata premura del lascito delle chiavi, delle chiavi del Regno.
Ecco, si vedono tra il Principio e la Fine,
tra il Giorno della Creazione e il Giorno del Giudizio.
E' dato all'uomo di morire una volta sola e poi il Giudizio!
Una finale trasparenza e luce.
La trasparenza degli eventi.
La trasparenza delle coscienze.
Bisogna che, in occasione del conclave, Michelangelo insegni al popolo.
Non dimenticate: Omnia nuda et aperta sunt ante oculos Eius.
Tu che penetri tutto - indica!
Lui additerà...

conclavecardinali

inviato da Sr. Anna Maria O.s.b., inserito il 02/10/2005

TESTO

2069. La croce di Cristo, nostra salvezza

S. Teodoro Studita, Discorso sull'adorazione della croce; PG 99, 691-694, 695, 698-699

O dono preziosissimo della croce! Quale splendore appare alla vista! Tutta bellezza e tutta magnificenza. Albero meraviglioso all'occhio e al gusto e non immagine parziale di bene e di male come quello dell'Eden.

E' un albero che dona la vita, non la morte, illumina e non ottenebra, apre l'udito al paradiso, non espelle da esso.

Su quel legno sale Cristo, come un re sul carro trionfale. Sconfigge il diavolo padrone della morte e libera il genere umano dalla schiavitù del tiranno. Su quel legno sale il Signore, come un valoroso combattente. Viene ferito in battaglia alle mani, ai piedi e al divino costato. Ma con quel sangue guarisce le nostre lividure, cioè la nostra natura ferita dal serpente velenoso.

Prima venimmo uccisi dal legno, ora invece per il legno recuperiamo la vita. Prima fummo ingannati dal legno, ora invece con il legno scacciamo l'astuto serpente. Nuovi e straordinari mutamenti! Al posto della morte ci viene data la vita, invece della corruzione l'immortalità, invece del disonore la gloria.

Perciò non senza ragione esclama il santo Apostolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, 14).

Quella somma sapienza che fiorì dalla croce rese vana la superba sapienza del mondo e la sua arrogante stoltezza. I beni di ogni genere, che ci vennero dalla croce, hanno eliminato i germi della cattiveria e della malizia. All'inizio del mondo solo figure e segni premonitori di questo legno notificavano ed indicavano i grandi eventi del mondo. Stai attento, infatti tu, chiunque tu sia, che hai grande brama di conoscere. Noè non ha forse evitato per sé, per tutti i suoi familiari ed anche per il bestiame, la catastrofe del diluvio, decretata da Dio, in virtù di un piccolo legno? Pensa alla verga di Mosè. Non fu forse un simbolo della croce? Cambiò l'acqua in sangue, divorò i serpenti fittizi dei maghi, percosse il mare e lo divise in due parti, ricondusse poi le acque del mare al loro normale corso e sommerse i nemici, salvò invece coloro che erano il popolo legittimo. Tale fu anche la verga di Aronne, simbolo della croce, che fiorì in un solo giorno e rivelò il sacerdote legittimo. Anche Abramo prefigurò la croce quando legò il figlio sulla catasta di legna.

La morte fu uccisa dalla croce e Adamo fu restituito alla vita. Della croce tutti gli apostoli si sono gloriati, ogni martire ne venne coronato, e ogni santo santificato. Con la croce abbiamo rivestito Cristo e ci siamo spogliati dell'uomo vecchio. Per mezzo della croce noi, pecorelle di Cristo, siamo stati radunati in un unico ovile e siamo destinati alle eterne dimore.

crocesalvezzaredenzione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Barbi, inserito il 02/10/2005

TESTO

2070. Terza Lettera a Timoteo   2

Francesco Lambiasi

La seguente lettera è uno "pseudoepigrafo paolino", sulla conversione missionaria del prete; è una simpatica e profonda lettera rivolta da un vescovo ai preti di oggi.

Carissimo fratello Timoteo,

da circa un mese sei parroco in Santa Maria del terzo Millennio. Come non ricordare la solenne e commovente "presa di possesso"? L'unica pecca che stava per guastare la festa fu proprio quella bruttissima espressione - "presa di possesso" - che il cancelliere vescovile voleva implacabilmente inserire nel verbale da conservare nell'archivio Diocesano e in quello parrocchiale. Ti ho letto nel lampo degli occhi che stavi per scattare - per dire con la vostra brutalità giovanile che non ti sentivi affatto un vassallo in atto di prendere possesso del suo ambìto feudo. Intervenni io, un po' a gamba tesa, e spiegai alla tanta gente in festa che tu, la parrocchia, non l'avresti mai e poi mai vista come un "tuo" possesso, ma solo come un dono immeritato e preziosissimo, e a quel punto mi permisi un'autocitazione, presa dalla mia seconda lettera ai cristiani di Corinto: noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia.

Mi telefonasti la sera dopo, e mi dicesti: "Che bella parrocchia! E c'è anche la luna!". Da allora non ti ho più visto né sentito, ma dato che siamo al primo... "trigesimo" di quel felice inizio, ho pensato bene di scriverti questa breve lettera, perché vorrei che la tua gioia di essere parroco crescesse di giorno in giorno.

Sì, lo so: questo miracolo della beatitudine è purtroppo un po' raro tra noi pastori, ma non è improbabile e niente affatto impossibile. Ed è proprio di questo che vorrei parlarti. Stai sereno, non ti rifilo un trattato di ascetica e mistica sulla carità pastorale. Ti vorrei parlare solo di una condizione assolutamente irrinunciabile - "sine qua non", si diceva ai miei tempi - perché il miracolo si avveri. Sarai un parroco felice nella misura in cui sarai un vero missionario. Non si scappa: o missionari o... dimissionari.

E' una conversione profonda, che bisogna rinnovare ogni giorno. Ogni mattina, prima di mettere i piedi fuori dal letto, beato te se dirai: "Grazie, Signore, per avermi creato, fatto cristiano, e grazie per avermi fatto questi piedi belli per il vangelo". Scrivi sullo specchio in sagrestia, o almeno in quello del bagno: "Non sono un professionista del sacro, né un insegnante della fede: sono un annunciatore del vangelo". Quando ero a Corinto io avevo scritto sulla porta della stanzetta nella casa di Aquila e Priscilla: Non sono stato mandato qui a battezzare, ma ad evangelizzare.
Ricordi la grammatica di base del missionario, che ti ho insegnato quando prima di essere tuo vescovo, ti ho fatto da rettore in seminario? E' una grammatica costruita su un quadrilatero di certezze che devono rimanere solide più delle fondamenta della tua splendida chiesetta romanica:

- La parola di Dio è come l'acqua e la neve, se cade...
- La Parola non è lontana, ma molto vicina al cuore, anzi è dentro. Basta trovare il modo per far scattare il contatto...
- "Come agnelli tra i lupi" non è per farci sbranare, ma per far accogliere il messaggio: quanto più siamo deboli umanamente...
- A noi tocca il compito di annunciare. E' il Signore che veglia sulla sua parola perché si realizzi...

Stai attento, Timoteo: devi essere severo nel vigilare che questo spirito missionario non venga aggredito da virus micidiali, quali l'IO-latria del prete che pensa: "Come me non c'è nessuno: prima di me e dopo di me, non ci sarà nessuno uguale a me!". Perciò niente cose alla "W il parroco!". Un altro virus che fa strage in casa nostra è quello dello stress da pastorale: correre, competere, confliggere e alla fine... l'eterno riposo! Ma non c'è da scherzare neanche con la depressio clericalis (si chiama così anche quando infetta i laici): la si vede come un messaggio scritto sulla maglietta in quei "nostri" che vanno in giro con l'aria fritta di chi sembra dire: "fateme 'na flebo". Ti ripeto: devi essere severo. E se lo sarai con te, potrai vigilare anche sullo spirito missionario dei "vicini". Per esempio i gruppi - dal coro a quello liturgico, a quello catechistico e caritativo, dall'AC ai carismatici - non devono essere luoghi di potere o gradini per emergere (è un pericolo sempre in agguato), ma sviluppare il servizio al vangelo. Allora la tua - la vostra - parrocchia non sarà una scuola in cui si spiega il cristianesimo o, peggio ancora, un ufficio di controllo della fede dei parrocchiani, ma riuscirete a far circolare la parola di Dio per le strade, in modo che la gente la incontri.

E con gli altri? Quelli che si servono della parrocchia per continuare abitudini e consuetudini sociali; quelli che la ignorano: cosa puoi esigere se non hanno le motivazioni? Allora ringrazia Dio tutte le volte che càpitano a messa. Tutte le volte che ti portano i figli al catechismo. Tutte le volte che ti chiedono i sacramenti, per sé o per i figli, o il funerale per il caro estinto. Anche se per le loro motivazioni non proprio di fede. Tutte le volte! Non è una disgrazia: è un dono di Dio che vengano, quando saresti tu che dovresti andare a cercarli.

Accogliendoli così come sono, non farai finta che abbiano le tue motivazioni. Quindi non li rimproveri e non li ricatti, non imponi loro dei compiti come se avessero le tue motivazioni, non parli loro e non fai prediche come se avessero la fede. Ti comporti da missionario: entri nella loro situazione, cerchi di capire le loro domande e i loro interessi, parli la loro lingua, proponi con libertà e chiarezza il messaggio, non imponi loro dei fardelli che nemmeno tu riesci a portare.
Per finire, permettimi di ricordarti alcune regole che ti potranno servire per misurare il tuo spirito missionario.

1. Non maledire i tempi correnti: è arrivato al capolinea il cristianesimo dell'abitudine e sta rinascendo il cristianesimo per scelta, per innamoramento.
2. Non anteporre nulla all'annuncio di Gesù Cristo, morto e risorto. Afferra ogni situazione, ogni problema, ogni interesse e riportalo lì, al centro di tutta la fede.
3. Annuncia il cristianesimo delle beatitudini e non vergognarti mai del vangelo della croce: Cristo non toglie nulla e dà tutto!
4. Il vangelo è da proporre, non da imporre. Non imporlo mai a nessuno, neanche ai bambini, soprattutto ai bambini: gli resterebbe un ricordo negativo per tutta la vita.
5. Non amareggiarti per l'indifferenza dei "lontani" e non invocare mai il fuoco dal cielo perché li consumi, ma fa' festa anche per uno solo di loro che si converte.
6. Ricorda: il kerygma non è come un chewing-gum che più si mastica e più perde sapore. Il messaggio cristiano non è da ripetere meccanicamente, è da reinterpretare nella mentalità e nella lingua della gente: vedi s. Paolo. Scusami: guarda me...
7. Sogna una parrocchia che sia segno e luogo di salvezza, non club di perfetti.
8. Non credere di comunicare il vangelo da solo! Almeno in 2, meglio in 12, molto meglio in 72! Creare un gruppo di parrocchiani veri per evangelizzare i presunti tali.
9. Ricordati che i laici non vanno usati come ausiliari utili, ma vanno aiutati a diventare collaboratori corresponsabili.
10. Non ridurti mai a vigile del traffico intraparrocchiale: tu non sei il coordinatore delle attività o il superanimatore di gruppi, ma sei una vera guida, sei il primo evangelizzatore.

Ti auguro di credere sempre nella presenza forte e dolce dello Spirito Santo e ti raccomando di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani.

Caro Timoteo, ti ripeto quanto ti scrissi nella mia prima Lettera: Custodisci con cura tutto quanto ti è stato affidato. Evita le chiacchiere contrarie alla fede. E ti raccomando pure quanto ti scrissi nella seconda Lettera: Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù: annuncia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e inopportuna, rimprovera, raccomanda e incoraggia con tutta la tua pazienza.

La grazia sia con te e con tutti i fedeli della tua comunità, anche con quelli che ancora non sei riuscito ad incontrare!

Paolo, missionario di Gesù Cristo

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4.3/5 (3 voti)

inserito il 01/10/2005

PREGHIERA

2071. Le ali degli angeli

Anna Rita Mazzocco, Cantico di Tommaso

"Cos'è quest'uomo
perché tu, mio Dio,
l'abbia fatto poco meno degli angeli?" (Salmo 8).
Le sue ali sono di zucchero filato
i cieli a cui l'hai destinato
sono di latte e miele
mentre la tenerezza
con cui l'hai plasmato
l'ha reso per sempre
vulnerabile al tuo amore.
Mi accascio e mi rialzo,
piango e subito abbozzo un sorriso,
provo rancore mentre anelo la pace
sono deluso e intanto spero
mi rifugio impaurito
e sospiro l'avventura...

Per quali cieli
m'hai destinato mio Dio?
E cos'è quest'interminabile sfida,
che accompagna il mio respiro
e perché un'impalpabile ragnatela
basta ad imbrigliarmi le ali
per non farmi tornare a casa?
Cos'è quest'uomo mio Dio
perché tu l'abbia voluto
malato per sempre d'amore?

Io lo so, Signore:
so chi ha intessuto le ali degli angeli.
Conosco il telaio e l'ordito
usato per ricamarci il loro volo.
Riconosco l'impronta di quella mano
nel mistero che sono
perché nulla mi sazia
in questo misero orizzonte,
nulla m'acquieta
in questo spazio di tempo
che mi separa da te.

uomosenso della vitaricerca di sensorapporto con Diointeriorità

inviato da A. R. Mazzocco, inserito il 01/10/2005

TESTO

2072. Madre dolorosa

Victor Hugo, Les contemplations, settembre 1855

Era là, in piedi, la madre dolorosa.
La tenebra cupa, cieca, sorda, terribile,
grondava da ogni parte intorno al Golgota.

O Cristo! La luce si fece buia quando tu le fosti tolto,
e il tuo ultimo respiro portò via ogni chiarore.
La Madre era là, in piedi, vicino al patibolo!
E io mi dissi: Ecco il dolore!, e mi accostai.

"Che cosa tieni, le dissi, fra le tue dita divine?".
Allora, ai piedi del Figlio, sanguinante per il colpo di lancia,
essa levò la mano destra e l'aprì in silenzio,
e vidi nella sua mano la stella del mattino.

venerdì santodolorecrocifissioneMariaMadonnasperanza

inviato da Anna Barbi, inserito il 29/09/2005

TESTO

2073. Maria, donna del sabato santo

Carlo Maria Martini, La Madonna del Sabato Santo

Il senso del tuo soffrire, o Maria, è dunque la generazione di un popolo di credenti. Tu nel Sabato Santo ci stai davanti come madre amorosa che genera i suoi figli a partire dalla croce, intuendo che né il tuo sacrificio né quello del Figlio sono vani.

Se lui ci ha amato e ha dato se stesso per noi, se il Padre non lo ha risparmiato, ma lo ha consegnato per tutti noi, tu hai unito il tuo cuore materno all'infinita carità di Dio con la certezza della sua fecondità.

Ne è nato un popolo, "una moltitudine immensa... di ogni nazione, razza, popolo e lingua"; il discepolo prediletto che ti è stato affidato ai piedi della croce ("Donna, ecco il tuo figlio": Gv 19,26) è il simbolo di questa moltitudine.

La consolazione con la quale Dio ti ha sostenuto nel Sabato santo, nell'assenza di Gesù e nella dispersione dei suoi discepoli, è una forza interiore di cui non è necessario essere coscienti, ma la cui presenza ed efficacia si misura dai frutti, dalla fecondità spirituale. E noi, qui e ora, o Maria, siamo i figli della tua sofferenza.

Mariasabato santomaternitàPasqua

5.0/5 (1 voto)

inviato da Wanda Simoncelli, inserito il 29/09/2005

TESTO

2074. L'agnello immolato ci strappò dalla morte

Melitone di Sardi, vescovo, Omelia sulla Pasqua» capp. 65-67; SC 123, 95-101

Molte cose sono state predette dai profeti riguardanti il mistero della Pasqua, che è Cristo, «al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen» (Gal 1, 5, ecc.).

Egli scese dai cieli sulla terra per l'umanità sofferente; si rivestì della nostra umanità nel grembo della Vergine e nacque come uomo. Prese su di sé le sofferenze dell'uomo sofferente attraverso il corpo soggetto alla sofferenza, e distrusse le passioni della carne. Con lo Spirito immortale distrusse la morte omicida.

Egli infatti fu condotto e ucciso dai suoi carnefici come un agnello, ci liberò dal modo di vivere del mondo come dall'Egitto, e ci salvò dalla schiavitù del demonio come dalla mano del Faraone. Contrassegnò le nostre anime con il proprio Spirito e le membra del nostro corpo con il suo sangue.

Egli è colui che coprì di confusione la morte e gettò nel pianto il diavolo, come Mosè il faraone. Egli è colui che percosse l'iniquità e l'ingiustizia, come Mosè condannò alla sterilità l'Egitto.

Egli è colui che ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno. Ha fatto di noi un sacerdozio nuovo e un popolo eletto per sempre. Egli è la Pasqua della nostra salvezza.

Egli è colui che prese su di sé le sofferenze di tutti. Egli è colui che fu ucciso in Abele, e in Isacco fu legato ai piedi. Andò pellegrinando in Giacobbe, e in Giuseppe fu venduto. Fu esposto sulle acque in Mosè, e nell'agnello fu sgozzato.
Fu perseguitato in Davide e nei profeti fu disonorato.

Egli è colui che si incarnò nel seno della Vergine, fu appeso alla croce, fu sepolto nella terra e, risorgendo dai morti, salì alle altezze dei cieli. Egli è l'agnello che non apre bocca, egli è l'agnello ucciso, egli è nato da Maria, agnella senza macchia. Egli fu preso dal gregge, condotto all'uccisione, immolato verso sera, sepolto nella notte. Sulla croce non gli fu spezzato osso e sotto terra non fu soggetto alla decomposizione.

Egli risuscitò dai morti e fece risorgere l'umanità dal profondo del sepolcro.

pasquaredenzionestoria della salvezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Barbi, inserito il 29/09/2005

TESTO

2075. Un decalogo per il papà   4

Bruno Ferrero, Bollettino Salesiano, marzo 2005

1°. Il primo dovere di un padre verso i suoi figli è amare la madre. La famiglia è un sistema che si regge sull'amore. Non quello presupposto, ma quello reale, effettivo. Senza amore è impossibile sostenere a lungo le sollecitazioni della vita familiare. Non si può fare i genitori "per dovere". E l'educazione è sempre un "gioco di squadra". Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un'intima unione danno piacere e promuovono la crescita, perché rappresentano una base sicura. Un papà può proteggere la mamma dandole in "cambio", il tempo di riprendersi, di riposare e ritrovare un po' di spazio per sé.

2°. Il padre deve soprattutto esserci. Una presenza che significa "voi siete il primo interesse della mia vita". Affermano le statistiche che, in media, un papà trascorre meno di cinque minuti al giorno in modo autenticamente educativo con i propri figli. Esistono ricerche che hanno riscontrato un nesso tra l'assenza del padre e lo scarso profitto scolastico, il basso quoziente di intelligenza, la delinquenza e l'aggressività. Non è questione di tempo, ma di effettiva comunicazione. Esserci, per un papà vuol dire parlare con i figli, discorrere del lavoro e dei problemi, farli partecipare il più possibile alla sua vita. E' anche imparare a notare tutti quei piccoli e grandi segnali che i ragazzi inviano continuamente.

3°. Un padre è un modello, che lo voglia o no. Oggi la figura del padre ha un enorme importanza come appoggio e guida del figlio. In primo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a scegliere determinate condotte in accordo con i principi di correttezza e civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di benevolenza. Anche se non lo dimostrano, anche se persino lo negano, i ragazzi badano molto di più a ciò che il padre fa', alle ragioni per cui lo fa. La dimostrazione di ciò che chiamiamo "coscienza" ha un notevole peso quando venga fornita dalla figura paterna.

4°. Un padre dà sicurezza. Il papà è il custode. Tutti in famiglia si aspettano protezione dal papà. Un papà protegge anche imponendo delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tanto "no", che è il modo migliore per comunicare: "ho cura di te".

5°. Un padre incoraggia e dà forza. Il papà dimostra il suo amore con la stima, il rispetto, l'ascolto, l'accettazione. Ha la vera tenerezza di chi dice: "Qualunque cosa capiti, sono qui per te!". Di qui nasce nei figli quell'atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un papà è sempre pronto ad aiutare i figli, a compensare i punti deboli.

6°. Un padre ricorda e racconta. Paternità è essere l'isola accogliente per i "naufraghi della giornata". E' fare di qualche momento particolare, la cena per esempio, un punto d'incontro per la famiglia, dove si possa conversare in un clima sereno. Un buon papà sa creare la magia dei ricordi, attraverso i piccoli rituali dell'affetto. Nel passato il padre era il portatore dei "valori", e per trasmettere i valori ai figli basta imporli. Ora bisogna dimostrarli. E la vita moderna ci impedisce di farlo. Come si fa a dimostrare qualcosa ai figli, quando non si ha neppure il tempo di parlare con loro, di stare insieme tranquillamente, di scambiare idee, progetti, opinioni, di palesare speranze, gioie o delusioni?

7°. Un padre insegna a risolvere i problemi. Un papà è il miglior passaporto per il mondo " di fuori". Il punto sul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio della realtà, l'attitudine ad affrontare e controllare il mondo in cui si vive. Elemento anche questo che contribuisce non poco alla strutturazione della personalità del figlio. Il papà è la persona che fornisce ai figli la mappa della vita.

8°. Un padre perdona. Il perdono del papà è la qualità più grande, più attesa, più sentita da un figlio. Un giovane rinchiuso in un carcere minorile confida: "Mio padre con me è sempre stato freddo di amore e di comprensione. Quand'ero piccolo mi voleva un gran bene; ci fu un giorno che commisi uno sbaglio; da allora non ebbe più il coraggio di avvicinarmi e di baciarmi come faceva prima. L'amore che nutriva per me scomparve: ero sui tredici anni... Mi ha tolto l'affetto proprio quando ne avevo estremamente bisogno. Non avevo uno a cui confidare le mie pene. La colpa è anche sua se sono finito così in basso. Se fossi stato al suo posto, mi sarei comportato diversamente. Non avrei abbandonato mio figlio nel momento più delicato della sua vita. Lo avrei incoraggiato a ritornare sulla retta via con la comprensione di un vero padre. A me è mancato tutto questo".

9°. Il padre è sempre il padre. Anche se vive lontano. Ogni figlio ha il diritto di avere il suo papà. Essere trascurati, trascurati o abbandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.

10°. Un padre è immagine di Dio. Essere padre è una vocazione, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche dicono che i bambini si fanno l'immagine di Dio sul modello del loro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro. Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma quasi normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loro un'impronta indelebile.

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inviato da Gianni Andrea Granzotto, inserito il 29/09/2005

PREGHIERA

2076. Una luce

Quella notte Gesù ti hanno posto sulla fredda roccia. Dopo aver coperto quel tuo corpo martoriato, hanno posto un macigno all'entrata della tomba.
In quel momento l'uomo aveva smesso di credere in Dio!

Tu avevi guarito molti lebbrosi, ridato la vista ad un povero cieco, avevi sfamato migliaia di persone, avevi ridato perfino la vita al tuo amico Lazzaro... e ti hanno inchiodato sul legno della croce.
C'erano molte persone che stavano a guardare la tua umana agonia, che ti hanno visto soffrire e portare quel peso sulla via del Calvario. Alla tua morte non solo il cielo si è oscurato, ma anche il cuore di ogni uomo si è riempito del vuoto più assoluto.
Tutti ti hanno abbandonato quel pomeriggio, pochi ti sono stati vicini senza temere.

Cosa è successo nella tomba in quella notte Gesù?
Nessuno lo sa, e nessuno vorrà mai saperlo. Voler spiegare con la nostra mente umana quell'evento è presunzione.
Ma come poteva l'uomo pensare di chiudere in una tomba la Vita? Come è possibile coprire la Luce con le tenebre? Come è possibile voler chiudere tra i confini della fredda roccia l'Infinito Amore?

Tu Gesù sei il seme che, piantato per terra, muore e porta frutto. La tua morte ha portato alla nostra salvezza, ha portato alla vittoria della vita sulla morte.
Sei rinato a vita nuova per poter vivere ogni giorno e in ogni momento nel nostro cuore, in ognuno di noi.
La tomba abitata dalle tenebre, con la tua risurrezione è illuminata dalla vita, una luce che da speranza ad ogni uomo.

speranzaPasquafiduciarisurrezione

inviato da Antonio Ruffato, inserito il 29/09/2005

TESTO

2077. La croce accolta   1

Giovanni Paolo II, Messaggio per la XVI GMG

Il cristiano non ricerca la sofferenza per se stessa, ma l'amore. E la croce accolta diviene il segno dell'amore e del dono totale. Portarla dietro a Cristo vuol dire unirsi a lui nell'offrire la prova massima dell'amore.

crocesofferenzaamoredolore

5.0/5 (1 voto)

inviato da Centro Giovani Diocesi Di Pinerolo, inserito il 29/09/2005

PREGHIERA

2078. Preghiera per le vocazioni sacerdotali

Lorenzo Loppa, Vescovo di Anagni-Alatri

Signore, Gesù Cristo, pastore dei pastori
e vera luce del mondo,
guida forte e sicura dell'uomo
in cammino verso la vita,
donaci sempre pastori come te,
non troppo distanti dal tuo cuore,
docili e umili nelle mani del Padre,
amici fedeli dello Spirito, uomini di preghiera, di lavoro e d'amore,
affettuosi compagni di viaggio dell'uomo verso la patria,
con la luce della Parola
e la forza dell'Eucaristia,
nella tua chiesa sposa e madre,
per la generazione continua e feconda
dei Corpo di cui tu sei l'unico Capo.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.

vocazioni

inviato da Anna Barbi, inserito il 28/09/2005

ESPERIENZA

2079. Vita!

- Non sapevo vivere. Nulla viveva in me, anche se affermavo il contrario. Ho chiesto perdono al Signore perché Lui mi aveva donato la vita, ma io non sapevo accoglierla. Ebbene, sei mesi dopo, un bel giorno, ho capito improvvisamente e ho visto che il Signore mi aveva risuscitato. E da quel giorno è iniziato un cammino di pace, un cammino di vita in cui nulla oppone più resistenza (Giovanni, 19 anni).

- Ho cominciato a lavorare nelle discoteche e l'ho fatto per cinque anni. Ho conosciuto droga, alcolici, sesso, omosessualità. Sono stata distrutta, tradita, ingannata. Ero diventata l'ombra di me stessa. Un giorno, nel momento in cui stavo per suicidarmi, il Signore è venuto a prendermi tra le sue braccia e per la prima volta mi sono fatta dire: "Io ti amo" e ho voluto vivere di nuovo (Anna, 21 anni).

- Ti è mai capitato di aver voglia di morire? Per molto tempo tutte le mattine guardavo dalla finestra dicendo a me stessa: "Ora mi butto!". Oggi non voglio più morire, perché ho scoperto che Gesù è vivo! Questa è la mia preghiera, il mio grido "Gesù è vivo!" (Viviana, 17 anni).

- Ho 19 anni e ho capito, dopo un tentato suicidio a 17 anni - che è fallito - che non potevo rimanere a non far niente della mia vita... Ora sono pronta, moralmente e fisicamente, a dare due o tre anni della mia vita per aiutare coloro che hanno bisogno senza ricevere nulla in cambio. E il fatto di non ricevere nulla in cambio (diciamo materialmente) è molto importante per me. Non credo che potrei costruire la mia vita, o perlomeno una parte di essa, senza offrire un po' della mia gioventù, allo scopo di dare il massimo di me stessa (Giusy).

senso della vitaviverevita

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 23/09/2005

TESTO

2080. Le guide

Blaise Pascal

Se Dio ci donasse di propria mano delle guide, come dovremmo obbedire loro di buon animo! La necessità e gli avvenimenti sono sicuramente queste guide.

discernimentoconsiglio

inviato da Centro Giovani Diocesi Di Pinerolo, inserito il 23/09/2005

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