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PREGHIERA
Credo in un solo Dio che è Padre,
fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bellezza, di ogni bontà;
da lui vengono e a lui tornano tutte le cose.
Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio e figlio dell'uomo,
immagine visibile e trasparente dell'invisibile volto di Dio,
immagine alta e pura del volto dell'uomo
così come lo ha sognato il cuore di Dio.
Credo nello Spirito Santo,
che vive ed opera nelle profondità del nostro cuore,
per trasformarci tutti ad immagine di Cristo.
Credo che da questa fede fluiscano
le speranze più essenziali della nostra vita:
la comunione dei santi e delle cose sante, che è la Chiesa,
la buona novella del perdono dei peccati,
la speranza della risurrezione che ci dona la certezza
che nulla va perduto nella nostra vita,
nessun frammento di bontà e bellezza,
nessun sacrificio per quanto nascosto ed ignorato,
nessuna lacrima e nessuna amicizia.
inviato da Pierpaolo Fantasia, inserito il 18/03/2006
ESPERIENZA
102. Jacques Fesch: la drammatica storia di un giovane moderno 1
Chi è Jacques Fesch? E' un giovane moderno, che a 24 anni commette un terribile delitto, epilogo di una vita vuota e senza ideali, piena di egoismo e di capricci. Ecco una veloce cronaca del delitto. Il 24 febbraio 1954 Jacques entra al mattino nel negozio di un cambiavalute e ordina un quantitativo d'oro. L'uomo si fida perché sa che alle spalle del giovane c'è un opadre facoltoso che può pagare. Nel pomeriggio dello stesso giorno Jacquaes torna per prelevare l'oro e approfittando di un momento di disattenzione del cambiavalute lo colpisce alla testa con il calcio della pistola del padre. Il cambiavalute reagisce urlando. Jacques fugge e si nasconde in un palazzo vicino fino a che è riconosciuto da un polizziotto accorso sul posto. All'ingiunzione di fermarsi Jacques spara e uccide l'agente di polizia. Intervengono poi altri agenti che lo catturano.
Perché questo delitto assurdo? Jacques voleva aprire una propria attività e chiede un grosso prestito al padre che glielo rifiuta. Sa che il figlio ha le mani bucate! Allora Jacques decide di compiere una rapina: di procurarsi i soldi con l'inganno.
Che cosa accade in carcere? Viene raggiunto dal cappellano ma egli lo rifiuta dicendo: "Io non ho la fede e non ho bisogno di lei!". Passano i giorni, chiuso tra quattro pareti, solo con la sua disperazione. Ma una notte: "Era una sera, nella mia cella... Nonostante tutte le catastrofi che da alcuni mesi si erano abbattute sulla mia testa, io restavo ateo. Ora quella sera, ero a letto con gli occhi aperti e soffrivo realmente per la prima volta nella mia vita per le conseguenze del mio delitto; ed è allora che un grido mi scaturì dal petto, un appello di soccorso: "Mio Dio, Mio Dio aiutami!". E instantaneamente, come un vento violento, che passa senza che si sappia dove viene, lo Spirito del Signore mi prese alla gola! Ho creduto e non capivo più come avessi fatto prima a non credere. La grazia mi ha visitato e una grande gioia s'è impossessata di me e soprattutto una grande pace". Quella notte Jacques udì una voce che gli diceva: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Una frase per lui incomprensibile, il cui senso capirà più tardi.
Inizia una nuova vita in Cristo. Il cambiamento di questo giovane è qualche cosa di straordinario: è una testimonianza di quanto Dio può operare. "Ora veramente ho la certezza di cominciare a vivere per la prima volta. Ho la pace e ho dato un senso alla mia vita, mentre prima non ero che un uomo morto!". Jacques organizza la vita in prigione come la vita in un monastero: si dà un orario per la preghiera, legge libri religiosi e la Bibbia, scrive lettere per dare conforto ai suoi famigliari, che stanno vivendo una grossa crisi, vuole soprattutto poter vivere per riparare il male fatto.
Arriva il giorno del processo: il 3 aprile 1957 si apre il processo che si conclude con la sua condanna a morte. In quel momento capisce la frase: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Jacques dopo un iniziale smarrimento vive la sentenza e la condanna come una vocazione ad amare fino in fondo la croce di Gesù. Egli desidera prepararsi spiritulamente alla sua morte e desidera salutare da vero cristiano tutti coloro che lo hanno amato e coloro a cui ha fatto del male. Scrive alla moglie e alla sua piccola figlia di 6 anni, si mette in contatto, tramite il suo avvocato anche con la famiglia del gendarme che lui ha ucciso per chiedere il perdono. Nonostante il grande cambiamento di vita che stupisce lo stesso presidente della Repubblica a cui era stata inoltrata la domanda di grazia, la sentenza viene confermata per il 30 settembre.
Le ultime ore: l'attesa dell'incontro con Gesù. "Ancora soltanto qualche ora di lotta, prima di conoscere Colui che è l'Amore. Oggi sarò in cielo. Cara mamma, innanzi tutto ti devo dire un grosso grazie per tutto l'amore di cui mi hai circondato in questi ultimi mesi... Tu sai che Gesù ha detto nel suo vangelo: Ero carcerato e siete venuti a visitarmi. Con queste righe io ti affido la mia bambina e mia moglie. Proteggile assiduamente. Amale in Dio e sii certa che di lassù io vi proteggerò e veglierò su di voi...". Alle 5,30 del mattino del 30 settembre le guardie carcerarie che sono veute a prenderlo per l'esecuzione capitale, lo trovano in ginocchio e in preghiera accanto al letto rifatto. Si confessa e riceve l'Eucarestia. Abbraccia il crocefisso e si avvia verso la ghigliottina... Le ultime sue parole: "Signore non abbandonarmi, io confido in te!".
confessioneconversionecambiare vitapeccatomisericordia di Dio
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 13/12/2005
TESTO
È una parola che pronunciamo con troppa leggerezza.
È una parola micidiale.
È una parola che spesso liquida i problemi senza lasciarceli neppure affrontare.
È una parola che molto spesso uccide la nostra carità.
Ho ricevuto una lettera da un lebbrosario: è di una nostra sorella che vive tra i lebbrosi.
Scriveva:
"Oggi ho avuto tanta forza da una scena che Dio mi ha messo sotto gli occhi: ho visto un povero lebbroso che non camminava più, un lebbroso che si trascinava senza gambe. L'ho visto aiutare un bambino poliomielitico a camminare. Il piccolo era aggrappato alle sue spalle e lui si trascinava carponi intorno alla capanna per farlo camminare. La scena mi ha fatto piangere".
Ha commosso anche me e ho chiesto perdono a Dio per tutte le volte che davanti ad una carità ho detto: non posso.
Ci siamo tanto abituati a quelle due parole che le portiamo in noi costantemente. È un cliché preparato al nostro egoismo.
Quando è che in realtà "non possiamo"?
Se non possiamo fare noi, possiamo almeno trovare chi farà per noi.
se non possiamo fare oggni, possiamo fare domani.
Se non possiamo fare tutto, possiamo almeno fare qualcosa.
È tremendo dire: non posso!
È una ghigliottina della carità cristiana.
Bisogna bandire quelle parole.
Quando non posso veramente, posso almeno calarmi nel bisogno del fratello e versare una lacrima con lui.
caritàsolidarietàdisponibilitàimpegno
inviato da F. Carlo, inserito il 08/12/2005
PREGHIERA
104. Signore, io ti chiedo sempre perdono 1
Signore, io ti chiedo sempre perdono, ad ogni mancanza mi ricordo che tu soffri per questo mio peccato che potevo evitare.
Dico parolacce e la sera prima di addormentarmi ti chiedo di perdonarmi.
...Ma un mio amico mi offende e non riesco a dimenticare tale offesa...
Non aiuto in casa e sono menefreghista nei confronti dei miei genitori che fanno sacrifici per me. Scusa Signore per la mia indifferenza.
...Però un mio amico non mi aiutato in un compito ed ho deciso che d'ora in poi con me ha chiuso...
Signore, perdonami perché ti penso poco e dedico poco tempo alla preghiera e al dialogo con te.
...Però un mio ex compagno di classe non si fa più sentire e ho deciso di dimenticarlo perché non merita le mie attenzioni....
C'è qualcosa che non quadra Signore: ti chiedo di perdonarmi azioni che io stesso non sono capace di perdonare ad altri.... Ma è difficile...
Signore, dammi la forza di riuscire a perdonare perché il mio piccolo mondo possa essere un mondo di pace.
perdonopacemisericordiamisericordia di Dio
inviato da Lisa Gleria, inserito il 02/10/2005
TESTO
105. Un decalogo per il papà 4
Bruno Ferrero, Bollettino Salesiano, marzo 2005
1°. Il primo dovere di un padre verso i suoi figli è amare la madre. La famiglia è un sistema che si regge sull'amore. Non quello presupposto, ma quello reale, effettivo. Senza amore è impossibile sostenere a lungo le sollecitazioni della vita familiare. Non si può fare i genitori "per dovere". E l'educazione è sempre un "gioco di squadra". Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un'intima unione danno piacere e promuovono la crescita, perché rappresentano una base sicura. Un papà può proteggere la mamma dandole in "cambio", il tempo di riprendersi, di riposare e ritrovare un po' di spazio per sé.
2°. Il padre deve soprattutto esserci. Una presenza che significa "voi siete il primo interesse della mia vita". Affermano le statistiche che, in media, un papà trascorre meno di cinque minuti al giorno in modo autenticamente educativo con i propri figli. Esistono ricerche che hanno riscontrato un nesso tra l'assenza del padre e lo scarso profitto scolastico, il basso quoziente di intelligenza, la delinquenza e l'aggressività. Non è questione di tempo, ma di effettiva comunicazione. Esserci, per un papà vuol dire parlare con i figli, discorrere del lavoro e dei problemi, farli partecipare il più possibile alla sua vita. E' anche imparare a notare tutti quei piccoli e grandi segnali che i ragazzi inviano continuamente.
3°. Un padre è un modello, che lo voglia o no. Oggi la figura del padre ha un enorme importanza come appoggio e guida del figlio. In primo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a scegliere determinate condotte in accordo con i principi di correttezza e civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di benevolenza. Anche se non lo dimostrano, anche se persino lo negano, i ragazzi badano molto di più a ciò che il padre fa', alle ragioni per cui lo fa. La dimostrazione di ciò che chiamiamo "coscienza" ha un notevole peso quando venga fornita dalla figura paterna.
4°. Un padre dà sicurezza. Il papà è il custode. Tutti in famiglia si aspettano protezione dal papà. Un papà protegge anche imponendo delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tanto "no", che è il modo migliore per comunicare: "ho cura di te".
5°. Un padre incoraggia e dà forza. Il papà dimostra il suo amore con la stima, il rispetto, l'ascolto, l'accettazione. Ha la vera tenerezza di chi dice: "Qualunque cosa capiti, sono qui per te!". Di qui nasce nei figli quell'atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un papà è sempre pronto ad aiutare i figli, a compensare i punti deboli.
6°. Un padre ricorda e racconta. Paternità è essere l'isola accogliente per i "naufraghi della giornata". E' fare di qualche momento particolare, la cena per esempio, un punto d'incontro per la famiglia, dove si possa conversare in un clima sereno. Un buon papà sa creare la magia dei ricordi, attraverso i piccoli rituali dell'affetto. Nel passato il padre era il portatore dei "valori", e per trasmettere i valori ai figli basta imporli. Ora bisogna dimostrarli. E la vita moderna ci impedisce di farlo. Come si fa a dimostrare qualcosa ai figli, quando non si ha neppure il tempo di parlare con loro, di stare insieme tranquillamente, di scambiare idee, progetti, opinioni, di palesare speranze, gioie o delusioni?
7°. Un padre insegna a risolvere i problemi. Un papà è il miglior passaporto per il mondo " di fuori". Il punto sul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio della realtà, l'attitudine ad affrontare e controllare il mondo in cui si vive. Elemento anche questo che contribuisce non poco alla strutturazione della personalità del figlio. Il papà è la persona che fornisce ai figli la mappa della vita.
8°. Un padre perdona. Il perdono del papà è la qualità più grande, più attesa, più sentita da un figlio. Un giovane rinchiuso in un carcere minorile confida: "Mio padre con me è sempre stato freddo di amore e di comprensione. Quand'ero piccolo mi voleva un gran bene; ci fu un giorno che commisi uno sbaglio; da allora non ebbe più il coraggio di avvicinarmi e di baciarmi come faceva prima. L'amore che nutriva per me scomparve: ero sui tredici anni... Mi ha tolto l'affetto proprio quando ne avevo estremamente bisogno. Non avevo uno a cui confidare le mie pene. La colpa è anche sua se sono finito così in basso. Se fossi stato al suo posto, mi sarei comportato diversamente. Non avrei abbandonato mio figlio nel momento più delicato della sua vita. Lo avrei incoraggiato a ritornare sulla retta via con la comprensione di un vero padre. A me è mancato tutto questo".
9°. Il padre è sempre il padre. Anche se vive lontano. Ogni figlio ha il diritto di avere il suo papà. Essere trascurati, trascurati o abbandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.
10°. Un padre è immagine di Dio. Essere padre è una vocazione, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche dicono che i bambini si fanno l'immagine di Dio sul modello del loro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro. Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma quasi normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loro un'impronta indelebile.
papàpadregenitorifamigliafiglieducazioneeducare
inviato da Gianni Andrea Granzotto, inserito il 29/09/2005
TESTO
La grazia di cui parla il Nuovo Testamento è una "grazia di virtù"? Se così fosse, il cristianesimo sarebbe una dottrina della disperazione. Infatti basta essere vissuti in mezzo ai cristiani per rendersi conto che moltissimi di loro hanno implorato fin dall'infanzia la grazia del Signore per rimanere virtuosi, e non sono rimasti tali. Possiamo chiederci invece se la grazia non è piuttosto una "grazia d'amore" che permette, quando si è in peccato, di non odiare, come troppo spesso avviene, gli altri peccatori, ma di avere un'infinita compassione per i nostri fratelli e di lanciare verso Dio un grido d'amore.
graziavita cristianaperdono di Dioamore di Dio
inviato da Luca Peyron, inserito il 21/06/2005
PREGHIERA
Signore, tu ci hai creato a tua immagine e somiglianza, misterioso miscuglio di terra animata dal tuo soffio divino. Vieni ad abitare la respirazione, il nostro amore. Che ogni nostra inspirazione sia accoglienza e ogni nostra espirazione sia dono.
Signore, tu sorgente zampillante d'ogni vero amore umano, accordaci di diventare l'uno per l'altra, un segno della tua invisibile presenza, un appello ad amare senza ritorno, un sacramento, una strada che conduce verso il tuo Regno di vita eterna.
Signore, donaci abbastanza fede per costruire la casa del nostro amore sulla roccia di Cristo, nostro fondamento. Preservaci dagli inganni che la minacciano di rovina. Insegnaci a costruire una casa che chiude le sue imposte ai cattivi venti dell'abitudine e apre le sue porte a tutti quelli che hanno bisogno di riscaldare il cuore alla viva fiamma della nostra gioia.
Signore, insegnaci a tessere il manto del nostro amore coi punti della fedeltà, della facilità al perdono e della pazienza, della verità, della gioia e della sofferenza. Aiutaci a non lasciar perdere alcun piccolo punto: sorgente d'una irrimediabile smagliatura.
Signore, quando verranno le ore della tempesta, donaci la forza di gettare verso di te l'ancora della preghiera, affinché possiamo attendere insieme e per sempre la riva della tua eternità.
Signore, che la gratuità e la fecondità del nostro amore continuino la tua alleanza con la terra e celebrino le nozze di Cristo col popolo di Dio. Amen.
inviato da Casa di preghiera San Biagio, inserito il 19/06/2005
TESTO
I giovani sono belli. Tu li ami, Gesù.
I giovani sono ribelli. Tu li ami.
I giovani sono strani. Tu li ami.
I giovani si perdono. Tu li vai a cercare.
I giovani amano. Tu vivi nel loro amore.
I giovani sono confusi nell'amore. Tu hai compassione.
I giovani sparano cavolate. Tu dici... «cresceranno».
I giovani hanno immense potenzialità. Tu ne favorisci lo sviluppo.
I giovani sono infantili. Tu non li condanni.
I giovani hanno dentro ogni vocazione. Tu li chiami.
I giovani ti offendono. Tu li perdoni.
I giovani hanno le ali. Tu gli offri l'azzurro dell'immenso cielo.
I giovani ti abbandonano. Tu vai a morire da solo.
I giovani si drogano, bevono, fanno sesso. Tu pazienti
e proponi una vita esigente e pura.
I giovani fanno compromessi. Tu li inviti alla radicalità.
I giovani sono provocatori. Tu mantieni la calma.
I giovani vanno fuori di testa. Tu mantieni l'equilibrio.
I giovani sono menefreghisti. Tu ti interessi di loro.
I giovani sono entusiasti. Tu apri loro le vie dell'universo.
I giovani perdono tempo. Tu li apri all'eterno senza tempo.
I giovani fanno peccati. E tu non scagli la pietra.
I giovani sono gioia. Tu la moltiplichi nel loro cuore.
I giovani cantano, ballano, sono musica. Tu sei la loro danza.
I giovani sbagliano. Tu li capisci.
I giovani sono giovani. Tu sei il loro Dio giovane.
I giovani: tu fissi il tuo sguardo d'amore su ogni generazione e li ami.
E io, Signore? E noi...?
inviato da Anna Lollo, inserito il 19/06/2005
PREGHIERA
Michel Quoist, Preghiere
Sono caduto, Signore.
Ancora.
Non ne posso più, mai ce la farò.
Ho vergogna di me, non oso più guardarti.
Pure, ho lottato, Signore, perché ti sapevo vicino a me, chino su di me, attento.
Ma la tentazione si è scatenata come una tempesta,
ed ho voltato il capo,
e mi sono allontanato,
mentre tu restavi, silenzioso e dolorante,
come un fidanzato tradito che vede il suo amore allontanarsi nelle braccia del rivale.
Quand'è cessato il vento, caduto di colpo come di colpo s'era scatenato,
quando s'è spento il fulmine dopo aver fieramente illuminato la penombra,
in un momento, mi son ritrovato solo, vergognoso, disgustato, con il mio peccato nelle mani.
Quel peccato che mi nausea,
inutile oggetto che vorrei gettar via;
quel peccato che ho voluto e che non voglio più,
quel peccato che infine ho raggiunto allontanandoti freddamente, Signore,
quel peccato che ho colto, poi consumato, avido.
Ora lo posseggo, anzi mi possiede, come la tela del ragno tiene prigioniero il moscerino.
E' mio,
mi sta attaccato,
è entrato in me,
non posso disfarmene.
Mi pare che si veda,
ho vergogna di stare in piedi, vorrei strisciare per sfuggire gli sguardi,
ho vergogna di comparire davanti al mio amico,
ho vergogna di comparire davanti a te, o Signore,
perché tu mi amavi ed io ti ho dimenticato.
ti ho dimenticato perché ho pensato a me.
Signore, non guardarmi così.
Perché sono nudo,
sono sporco,
sono a terra,
lacero,
non ho più forze,
non oso più promettere nulla,
non posso che restare là, curvo, innanzi a te.
Via, piccolo, rialza il capo.
Non è soprattutto il tuo orgoglio ferito?
Se mi amassi, avresti dispiacere, ma avresti fiducia.
Credi che l'amor di Dio abbia limiti?
Credi che un solo momento Io abbia cessato di amarti?
Ma fai ancora affidamento su di te, piccolo,
non devi fare affidamento che su di me.
Chiedimi perdono
e poi rialzati vivamente,
perché, vedi, la cosa più grave non è cadere,
ma restare a terra.
peccatomisericordiaperdonoconfessionericonciliazione
inserito il 21/04/2005
RACCONTO
Bruno Ferrero, La vita è tutto quello che abbiamo
Un giovane era seduto da solo nell'autobus; teneva lo sguardo fisso fuori del finestrino. Aveva poco più di vent'anni ed era di bell'aspetto, con un viso dai lineamenti delicati.
Una donna si sedette accanto a lui. Dopo avere scambiato qualche chiacchiera a proposito del tempo, caldo e primaverile, il giovane disse, inaspettatamente: «Sono stato in prigione per due anni. Sono uscito questa mattina e sto tornando a casa».
Le parole gli uscivano come un fiume in piena mentre le raccontava di come fosse cresciuto in una famiglia povera ma onesta e di come la sua attività criminale avesse procurato ai suoi cari vergogna e dolore. In quei due anni non aveva più avuto notizie di loro. Sapeva che i genitori erano troppo poveri per affrontare il viaggio fino al carcere dov'era detenuto e che si sentivano troppo ignoranti per scrivergli. Da parte sua, aveva smesso di spedire lettere perché non riceveva risposta.
Tre settimane prima di essere rimesso in libertà, aveva fatto un ultimo, disperato tentativo di mettersi in contatto con il padre e la madre. Aveva chiesto scusa per averli delusi, implorandone il perdono.
Dopo essere stato rilasciato, era salito su quell'autobus che lo avrebbe riportato nella sua città e che passava proprio davanti al giardino della casa dove era cresciuto e dove i suoi genitori continuavano ad abitare.
Nella sua lettera aveva scritto che avrebbe compreso le loro ragioni. Per rendere le cose più semplici, aveva chiesto loro di dargli un segnale che potesse essere visto dall'autobus. Se lo avevano perdonato e lo volevano accogliere di nuovo in casa, avrebbero legato un nastro bianco al vecchio melo in giardino. Se il segnale non ci fosse stato, lui sarebbe rimasto sull'autobus e avrebbe lasciato la città, uscendo per sempre dalla loro vita.
Mentre l'automezzo si avvicinava alla sua via, il giovane diventava sempre più nervoso, al punto di aver paura a guardare fuori del finestrino, perché era sicuro che non ci sarebbe stato nessun fiocco.
Dopo aver ascoltato la sua storia, la donna si limitò a chiedergli: «Cambia posto con me. Guarderò io fuori del finestrino».
L'autobus procedette ancora per qualche isolato e a un certo punto la donna vide l'albero. Toccò con gentilezza la spalla del giovane e, trattenendo le lacrime, mormorò: «Guarda! Guarda! Hanno coperto tutto l'albero di nastri bianchi».
Siamo più simili a bestie quando uccidiamo.
Siamo più simili a uomini quando giudichiamo.
Siamo più simili a Dio quando perdoniamo.
inviato da Brigida, inserito il 27/03/2005
TESTO
Anche se lo chiami Dio,
o se preferisci Allah,
chiamalo pure col nome
che più t'aggrada,
ma quello che li riassume tutti
e che non puoi dimenticare mai
è Padre
che significa amore, vita, misericordia...
E quando ti prende la tentazione
di accaparrarlo per te,
ricordati che è nostro,
vuol dire di tutti,
nessuno, nessuno escluso.
Sta nei cieli,
ma preferisce il cuore dell'uomo.
Lo trovi facilmente nel volto di quel bimbo,
in quella donna che soffre,
nell'uomo della strada,
nei fatti e avvenimenti della storia.
Ama vivere con noi,
e quando lui è qui,
la terra si trasforma in cielo.
Il suo nome viene santificato
quando tu vivi con dignità
la tua figliolanza con lui
e sei il riflesso luminoso del suo amore.
Solo se tu fai spazio nel tuo cuore
perché il Padre entri con la sua grazia,
allora il suo regno è una travolgente realtà.
Permettere che Dio faccia irruzione
nella tua storia,
è desiderare che si compia il suo disegno,
che si realizzi il suo piano d'amore,
che si faccia la sua volontà.
Il pane che devi chiedergli sempre
è quello che tu hai impedito
fosse presente nella mensa del povero.
Pensare all'Altro e agli altri
ti aumenterà la fame di quel pane
che appaga la la sete e la fame più struggente,
quella dello spirito.
Se è Padre è misericordia,
ci ama per quello che siamo,
è il suo amore che ci perdona e trasforma.
Ma il miracolo del perdono
avviene solo in chi ha imparato da lui
a perdonare di cuore il fratello che sbaglia.
Già che ci ama
ci salva dalla tentazione
di allontanarci da lui,
ci fa sentire la nostalgia
della casa paterna,
e il nostro cuore sarà libero dal male
e ricco solo di bene.
inviato da P. Gianni Fanzolato, inserito il 07/01/2005
RACCONTO
112. Se i peccati... fossero pietre 1
Due donne si recarono da un saggio, che aveva fama di santo, per chiedere qualche consiglio sulla vita spirituale. Una pensava di essere una grande peccatrice. Nei primi anni del suo matrimonio aveva tradito la fiducia del marito. Non riusciva a dimenticare quella colpa, anche se poi si era sempre comportata in modo irreprensibile, e continuava a torturarsi per il rimorso. La seconda invece, che era sempre vissuta nel rispetto delle leggi, si sentiva perfettamente innocente e in pace con se stessa. Il saggio si fece raccontare la vita di tutte e due.
La prima raccontò tra le lacrime la sua grossa colpa. Diceva, singhiozzando, che per lei non poteva esserci perdono, perché troppo grande era il suo peccato. La seconda disse che non aveva particolari peccati da confessare.
Il sant'uomo si rivolse alla prima: «Figliola, vai a cercare una pietra, la più pesante e grossa che riesci a sollevare e portamela qui». Poi, rivolto alla seconda: «E tu, portami tante pietre quante riesci a tenerne in grembo, ma che siano piccole».
Le due donne sì affrettarono a eseguire l'ordine del saggio. La prima tornò con una grossa pietra, la seconda con un'enorme borsa piena di piccoli sassi. Il saggio guardò le pietre e poi disse: «Ora dovete fare un'altra cosa: riportate le pietre dove le avete prese, ma badate bene di rimettere ognuna di esse nel posto esatto dove l'avete presa. Poi tornate da me».
Pazientemente, le due donne cercarono di eseguire l'ordine del saggio. La prima trovò facilmente il punto dove aveva preso la pietrona e la rimise a posto. La seconda invece girava invano, cercando di ricordarsi dove aveva raccattato le piccole pietre della sua borsa. Era chiaramente un compito impossibile e tornò mortificata dal saggio con tutte le sue pietre.
Il sant'uomo sorrise e disse: «Succede la stessa cosa con i peccati. Tu, - disse rivolto alla prima donna - hai facilmente rimesso a posto la tua pietra perché sapevi dove l'avevi presa: hai riconosciuto il tuo peccato, hai ascoltato umilmente i rimproveri della gente e della tua coscienza, e hai riparato grazie al tuo pentimento. Tu, invece, - disse alla seconda - non sai dove hai preso tutte le tue pietre, come non hai saputo accorgerti dei tuoi piccoli peccati. Magari hai condannato le grosse colpe degli altri e sei rimasta invischiata nelle tue, perché non hai saputo vederle».
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inviato da Samiland80, inserito il 08/12/2004
PREGHIERA
113. Maranatha, vieni Signore Gesù 1
"Il popolo che camminava nelle tenebre,
ha visto una gran luce;
sopra coloro che abitavano in terra tenebrosa,
una grande luce ha brillato" (Isaia 9,1).
Quando dici:... "Non ce la faccio a risolvere i miei problemi..."
Dio ti dice "Io guido i tuoi passi".
Quando dici: "E' impossibile..."
Dio ti dice "Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio".
Quando dici: "Mi sento molto solo..."
Dio ti dice "Non ti lascerò e non ti abbandonerò".
Quando dici: "Come posso fare questo che mi chiedi? Chi mi aiuterà?..."
Dio ti dice "Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio".
Quando dici: "Non merito perdono..."
Dio ti dice "Io ti perdono".
"Anche se i vostri peccati fossero scarlatto, diventeranno bianchi come neve" (Isaia 1,18).
Quando dici: "Ho paura..."
Dio ti dice "Non temere, perché io sono con te".
Quando dici: "Sono molto stanco..."
Dio ti dice "Io ti ristorerò".
Quando dici: "Nessuno mi vuole bene e nessuno mi considera..."
Dio dice "Io ti amo, ti porto disegnato sul palmo delle mie mani".
Quando dici: "Non so come andare avanti..."
Dio ti dice "Io ti indicherò il cammino".
Quando ti domandi... "Quale è la via che mi conduce a te...?"
Dio ti risponde: "Il mio Figlio amato Gesù Cristo".
C'è un fatto straordinario che sta accadendo in questi giorni:
Dio si fa uomo e viene ad abitare in mezzo a noi.
Apriamo gli occhi, stiamo attenti e vigilanti,
non perdiamo anche questa occasione
per incontrarci con il Signore.
"State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!" (Marco 13,33).
Avventosperanzarapporto con Diofiduciapaurasolitudine
inviato da Eleonora Galassi, inserito il 06/11/2004
TESTO
114. Tu appartieni al Signore 1
Rendine grazie al Signore! Offri a Gesù la tua mente e la tua intelligenza; chiedigli che le riempia con i suoi pensieri. Chiedigli perdono per non averla saputa usare come Lui desiderava.
Offri i tuoi occhi al Signore, chiedi perdono per i peccati commessi con gli occhi e supplicalo perché ti aiuti a guardare con i suoi occhi.
Le hai ricevute per ascoltare. Pensa alle volte che non le hai usate bene, perché quello che hai ascoltato ti può avere allontanato da Dio; chiedigli perdono e offrigliele, perché ti conceda la grazia di poterlo ascoltare in ogni momento della tua vita.
Renditi conto del fatto che puoi parlare e che questo è un dono di Dio. Chiedi perdono a Gesù per tutte le volte che hai usato la bocca per dire parole cattive, per condannare, per giudicare e chiedigli di riempire la tua bocca di parole di lode, di ringraziamento e di bontà.
Non dorme mai. Straordinario regalo di Dio. E' il motore che dà impulso alla tua vita. E' possibile che ci siano racchiusi desideri negativi. Chiedi a Gesù di avere misericordia di te e che ti aiuti. Affidagli il tuo cuore perché lui ne faccia uno strumento di lode per la sua gloria.
Dio te le ha date perché, anche attraverso di esse, tu possa manifestare la sua gloria in tutto ciò che fai. Non sempre hai saputo usarle... però, ora... hai capito e allora stendi le tue mani davanti a te, benedicile e chiedi al Signore che possano essere strumento di benedizione. Ed usale per fare il bene.
Tu sei la sua casa! E' la più bella dimora di Dio. Gli uomini si costruiscono case e le abitano, ma lui desidera vivere in te. Anche per questo ti ha fatto a sua immagine e somiglianza, tu sei il suo capolavoro!
Invitalo, allora, a prendere pieno possesso della sua dimora in te, perché ne faccia il suo Tempio Santo secondo il suo piano d'amore. Affidati veramente al Signore; ripeti più volte il nome di Gesù, sarà Lui a trionfare sulla tua mente e sul tuo cuore. Gesù vincerà le tue inclinazioni negative perché è il tuo Salvatore.
affidamentorapporto con Diotestimonianzaimpegnoresponsabilità
inviato da Daniela Rizzello, inserito il 29/07/2004
PREGHIERA
Rubens Costa Romanelli, O Primado do Espírito
Quando, nel momento della prova, la tua anima è triste e dubbiosa, invocami:
Io sono colui che ti consola.
Quando ti senti mancare, a causa delle difficoltà della vita, e senti che non ce la fai più, chiamami:
Io sono la forza.
Quando sei stanco e affaticato, e non riesci a trovare conforto, vieni a cercarmi:
Io sono il rifugio.
Quando perdi la serenità e senti che i tuoi nervi non reggono più, invocami:
Io sono la pazienza.
Quando sei sconvolto dai fatti della vita e sei affranto dal dolore causato dalle prove, grida a me:
Io sono il balsamo.
Quando il mondo ti farà solo false promesse e ti sorgerà il dubbio che non ci sia più nessuno di cui potersi fidare, vieni a me:
Io sono la verità.
Quando il tuo cuore è pieno di tristezza e di malinconia, chiamami:
Io sono l'allegria.
Quando, ad una ad una, saranno distrutte tutte le tue aspettative e la disperazione prenderà il sopravvento, cercami:
Io sono la speranza.
Quando la cattiveria e l'arroganza del cuore umano ti prostreranno a terra e ti umilieranno, chiamami:
Io sono il perdono.
Quando il dubbio ti assalirà fino a farti rimettere tutto in discussione, fidati di me:
Io sono la fede.
Quando nessuno ti capirà e vedrai svanire tutte le tue speranze nell'indifferenza del mondo, vieni a me:
Io sono la giustificazione.
E quando alla fine vorrai sapere chi sono, chiedilo al fiume che scorre,
all'usignolo che canta, alle stelle che scintillano:
Io sono la vita.
Io sono colui che ha creato te e tutte le cose.
Io sono colui che ti ama di un amore infinito ed eterno.
Io sono il tuo Signore e tuo Dio.
Versione forse più fedele all'orginale, che risente di una traduzione non perfetta:
Mio figlio!
Quando nelle ore di intimo dispiacere o di disanimo, invadono la tua anima e le lacrime affiorano agli occhi, buscami: io sono colui che sa soffocarti il pianto e stancarti le lacrime.
Quando ti giudichi incompreso da coloro che ti circondano e senti in loro l'indifferenza, avvicinati a me: io sono la luce i cui raggi illuminano la purezza delle tue intenzioni e la nobiltà dei tuoi sentimenti.
Quando si estinguono le forze per affrontare le difficoltà e contrasti della vita e ti senti smarrire, chiamami: io sono la forza che può rimuovere le pietre del cammino e superare le avversità del mondo.
Quando, i venti e le bufere soffiano inclementi e non sai piú dove chinare la testa, vieni a me: io sono il rifugio dove incontrarà riposo il tuo corpo e tranquillità il tuo spirito.
Quando nei momenti di maggior afflizione ti senti mancare la calma e non riesci mantenere la serenità dello spirito, invocami: io sono la pazienza, che ti aiuta a vivere i momenti e trionfare nelle piú difficili situazioni.
Quando ti dibatterai nell'atrocità del dolore e la tua anima ferita dalle spine del cammino, chiamami gridando: io sono il balsamo che cicatrizza le piaghe e lenisce le pene.
Quando il mondo ti illudirà con le sue false promesse e ti accorgerai che non potrai fidarti di nessuno, vieni a me: io sono la sincerità, che sa comprendere la lealtà dei tuoi atteggiamenti e la nobiltà dei tuoi ideali.
Quando la tristezza e la malinconia invadiranno il tuo cuore e di tutto sentirai scotento, chiamami: io sono l'allegria, che ti infonderà un nuovo coraggio e ti farà conoscere gli incanti del tuo mondo interiore.
Quando uno ad uno sfiniranno gli edeali piú belli e ti sentirai al margine della disperazione, invocami: io sono la speranza, che fortificherà la tua fede e ti accarezzerà i sogni.
Quando il mondo non scuserà i tuoi sbagli e proverai la durezza del cuore umano, cercami: io sono il perdono che solleverà il tuo animo e promuoverà la reabilitazione del tuo spirito.
Quando dubitando di tutto, persino delle tue proprie convinzioni e lo scetticismo ti invadirà l'anima, ricorri a me: io sono la fede, che innonderà di luce l'intelletto e ti preparerà per la conquista della Felicità.
Quando non proverai più la sublimità di un terno e sincero affetto, e ti sentirai deluso dei sentimenti dei tuoi simili, avvicinati a me: io sono la rinuncia, che t'insegnerà a dimenticare l'ingratitude degli uomini e l'incomprensione del mondo.
E infine, quando vorrai sapere chi sono, chiedilo al ruscello che mormora e al passaro che canta, al fiore che sboccia e alla stella che scintilla, al giovane che spera e all'anziano che ricorda. Io sono il dinamismo della vita e l'armonia della Natura: mi chiamo amore e sono rimedio per tutti i mali che attormentano lo spirito.
Stendimi poi la tua mano, oh anima della mia anima, che io ti condurrò in estasi e incantamenti continui alle serene dimore dell'Infinito, sotto la brillante luce dell'Eternità.
fiducia in Dioabbandono in Diofedesperanzasolitudinepaurarapporto con Dio
inviato da Aurora, inserito il 29/07/2004
TESTO
Spesso hanno minacciato di uccidermi. Come cristiano devo dire che non credo nella morte senza resurrezione: se mi uccidono, risorgerò nel popolo salvadoregno. Lo dico senza superbia, con la più grande umiltà. In quanto pastore ho l'obbligo, per divina disposizione, di dare la mia vita per coloro che amo ossia per tutti i salvadoregni, anche per coloro che potrebbero assassinarmi. Se le minacce giungessero a compimento, fin d'ora offro a Dio il mio sangue per la redenzione del Salvador.
Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare. Ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, il mio sangue sia seme di libertà e segno che la speranza sarà presto realtà. La mia morte, se Dio l'accetta, sia per la libertà del mio popolo e sia una testimonianza di speranza per il futuro.
Può dire anche, se mi uccideranno che perdono e benedico quelli che lo faranno. Dio voglia che si convincano di perdere il loro tempo.
Morirà un vescovo, ma la Chiesa di Dio, ossia il popolo, non perirà mai.
sacrificiooffertamortemartiriofederisurrezioneresurrezione
inviato da Massimo Di Lullo, inserito il 29/07/2004
TESTO
Giovanni Paolo I, Udienza Generale 20 settembre 1978
Qualcuno dirà: ma se io sono un povero peccatore? Gli rispondo come risposi a una signora sconosciuta, che s'era confessata da me molti anni fa. Essa era scoraggiata, perché - diceva - aveva avuta una vita moralmente burrascosa.
«Posso chiederle - dissi - quanti anni ha?»
«Trentacinque.»
«Trentacinque! Ma lei può viverne altri quaranta o cinquanta e fare ancora un mucchio di bene. Allora, pentita com'è, invece che pensare al passato, si proietti verso l'avvenire e rinnovi, con l'aiuto di Dio, la sua vita.»
Citai in quell'occasione S. Francesco di Sales, che parla delle «nostre care imperfezioni». Spiegai: Dio detesta le mancanze, perché sono mancanze. D'altra parte, però, in un certo senso, ama le mancanze in quanto danno occasione a Lui di mostrare la sua misericordia e a noi di restare umili e di capire e compatire le mancanze del prossimo.
speranzapeccatofedeperdonodebolezzapentimentoconversioneperdono di Diomisericordia
inviato da Luca Peyron, inserito il 28/07/2004
PREGHIERA
Come è bello Signore stare innanzi a te,
guardarti e sentirmi guardato,
parlarti e sentirti parlare,
ascoltarti e sentirmi ascoltato,
cercarti e trovarti,
amarti e sentirmi amare.
Come è bello Signore stare innanzi a te,
sapere che tu sei lì, in quel pezzo di pane,
sapere che passi i giorni interi e le notti,
chiuso in quel tabernacolo ad aspettare chi come me,
preso da tanti impegni, dimentica la cosa più importante,
la cosa più preziosa.
Come è bello Signore stare insieme a te.
Il mio cuore carico di peccati sembra scoppiare,
ma l'amore che esce da quel tabernacolo mi dà speranza,
mi dà la forza di rialzarmi,
mi dà il coraggio di chiederti perdono,
mi dà la gioia di gridare a tutti:
Come è bello Signore stare insieme a te.
adorazioneEucaristiarapporto con Diopreghiera
inviato da G. A., inserito il 28/07/2004
RACCONTO
Un giorno un uomo "single" venne a sapere che Dio stava per venire a trovarlo. «Da me?», si preoccupò. «Nella mia casa?». Si mise a correre affannato attraverso tutte le camere, salì e scese per le scale, si arrampicò fin sul tetto, si precipitò in cantina. Vide la sua casa con altri occhi, adesso che doveva venire Dio.
«Impossibile! Povero me!», si lamentava. «Non posso ricevere visite in questa indecenza. E' tutto sporco! Tutto pieno di porcherie. Non c'è un solo posto adatto per riposare. Non c'è neppure aria per respirare». Spalancò porte e finestre.
«Fratelli! Amici!», invocò. «Qualcuno mi aiuti a mettere in ordine! Ma in fretta!». E cominciò a spazzare con energia la sua casa. Attraverso la spessa nube di polvere che si sollevava, vide uno che era venuto a dargli aiuto. In due era più facile. Buttarono fuori il ciarpame inutile, lo ammucchiarono e lo bruciarono. Si misero in ginocchioni e strofinarono vigorosamente le scale e i pavimenti. Ci vollero molti secchi d'acqua, per pulire tutti i vetri. Stanarono anche la sporcizia che si annidava negli angoli più nascosti.
«Non finiremo mai!», sbuffava l'uomo. «Finiremo!», diceva l'altro, con calma. Continuarono a lavorare, fianco a fianco, per tutto il giorno. E, finalmente, la casa pareva messa a nuovo, lustra e profumata di pulito.
Quando scese il buio, andarono in cucina e apparecchiarono la tavola. «Adesso», disse l'uomo, «può venire il mio Visitatore! Adesso può venire Dio. Dove starà aspettando?». «Io sono già qui!», disse l'altro, e si sedette al tavolo. «Siediti e mangia con me!».
Dio non ci lascia mai soli nel compito di «far pulizia» nella nostra casa-anima. E' con noi, dalla nostra parte. Ci incoraggia con la sua parola, ci affianca e agisce con la sua grazia. Il sacramento della Riconciliazione è opera contemporaneamente di Dio e del cristiano, che si incontrano per star bene insieme e «mangiare alla stessa tavola».
confessionericonciliazionepeccatorapporto con Diomisericordia di Dioattesaperdonoperdono di dio
inviato da Cecilia Leone, inserito il 28/07/2004
TESTO
120. Mi piacerebbe essere un prete...
Mi piacerebbe essere un prete...
... Un prete così: un prete che ama il Signore, e che insieme a Lui ama la gente che gli sta attorno, le persone che, prima di ogni altra cosa, hanno bisogno di essere amate.
...Un prete che, abbia la caratteristica del pastore, di chi cerca chi si smarrisce; uno che si sforza di conoscere e di ascoltare.
...Un prete che è capace di farsi vicino alle gioie e alle sofferenze degli altri, vicini e lontani, credenti e non credenti; un prete che dice la Verità, che è sempre pronto a confessare per distribuire il perdono.
...Un prete che ha viva la consapevolezza che Dio ha fatto di lui un grande miracolo: lo ha ritenuto degno di fiducia chiamandolo nel ministero, nonostante egli sia un povero peccatore.
... Un prete "affettivamente libero", uno che non cerca a tutti i costi di essere amato; ma uno che, pur amando intensamente le altre persone, è capace di tirarsi in disparte quando gli viene richiesto.
... Un prete che sappia indicare una "direzione spirituale", senza però voler fare da padrone sulla fede degli altri. Vorrei che la gente credesse in Gesù Cristo e non tanto nel prete che lo annuncia.
... Un prete che sappia "radunare" in autentica comunità cristiana. Uno di quelli che sanno giocare con i ragazzi, così come parlare e stare con gli adulti.
...Un prete che costruisce la comunità a partire dall'Eucarestia; che è capace di viverla bene; che non la vive come un'abitudine.
...Un prete che prega. Che ama Maria, il Papa, la Chiesa, figlio di una tradizione e con i piedi ben piantati nel presente
... Un prete che sappia vivere la povertà. Uno che non è attaccato al denaro; uno che sa donare ciò che è suo.
...Un prete con la predilezione versi gli ultimi, quelli che contano di meno agli occhi del mondo.
...Un prete capace di far uso "dell'intelligenza della fede", che sa operare "discernimento", che sa "leggere" le situazioni, che non usa solo il cuore e la volontà, ma anche la luce dell'intelligenza.
... Si, mi piacerebbe essere un prete così!
Signore, aiutami...
vocazionecomunitàparrocopretesacerdotesacerdozio
inviato da Marco Ferrari, inserito il 27/07/2004