Quando hai bisogno, Qumran ti dà una mano, sempre.
Ora Qumran ha bisogno di te.
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Hai cercato amore verso dio
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TESTO
Se il cuore non è pervaso di questo amore superiore, ch'è la carità, come la nostra vita ne potrà dare testimonianza esteriore, concreta e sociale? E nel semplice tentativo di sperimentare se il nostro cuore sia abile e pronto ad «amare il prossimo», scopriremo quanto sia logico, quanto sia necessario che l'amore verso il prossimo trovi il suo fondamento, la sua sorgente, la sua suprema ragion d'essere nell'amore di Dio: di Dio a noi, e di noi a Dio. Chi priva l'amore sociale della sua motivazione religiosa, evangelica, espone l'amore sociale a facile stanchezza, a rinascente opportunismo ed egoismo, quando non sia a degenerazione violenta e passionale. È questo il nostro primo fondamento: la religione, che ci unisce a Dio, rende possibile, urgente, perseverante e fecondo l'amore verso gli uomini, che in molti, moltissimi casi sembrano immeritevoli di tale amore, se questo non è alimentato dall'amore di Dio.
caritàamoreprossimorapporto con Dio
inviato da Luca Peyron, inserito il 28/07/2004
PREGHIERA
Luigi di Blois, 1506-1566, abate benedettino
Signore, sono affamato di te!
Nutri questo mendicante
col flusso continuo della tua divinità.
Rallegrami con la presenza che tanto desidero della tua grazia.
Ecco la mia domanda, ecco il mio desiderio:
che il tuo amore che arde mi penetri interamente,
mi riempia e mi trasformi a sua immagine.
O luce che sempre brilla e non è mai oscurata, illuminami!
Fuoco che sempre brucia e non si estingue mai, abbracciami!
O amore, sempre ardente e che mai s'intiepidisce, assobrimi e trasformami in te!
O amato, donami di trovarti,
e poi tenerti e di stringerti forte a me
in un abbraccio spirituale.
Io ti desidero, sospiro verso di te.
Concediti a me,
unisciti intimamente alla mia anima
e inebriami con il vino del tuo amore.
O Gesù, fiore più bello
della più bella primavera;
vita eterna, vita che sei la mia vita
e senza la quale muoio;
vita che sei la mia gioia
e senza la quale piango;
amabile e dolce vita,
donami di essere unito
e di addormentarmi nella pace in te.
Abbatti, dolce Gesù,
l'odiosa muraglia della mia tiepida vita
e fa' che in tutta gioia e libertà,
io ti segua con un coraggio invincibile.
Fa' che si levi il vento violento
di una infinitamente ardente carità,
che mi precipiti in te così impetuosamente
da far sì che non abbia più altro respiro all'infuori di te.
ricerca di Diorapporto con Diopreghiera
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 28/07/2004
PREGHIERA
103. Preghiera del sacerdote la domenica sera 3
Michel Quoist, Preghiere
Signore, stasera, sono solo.
A poco a poco, i rumori si sono spenti nella chiesa,
le persone se ne sono andate,
ed io sono rientrato in casa,
solo.
Ho incontrato la gente che tornava da passeggio.
Sono passato davanti al cinema che sfornava la sua porzione di folla.
Ho costeggiato le terrazze dei caffè, in cui i passanti,
stanchi, cercavano di prolungare la gioia di vivere una domenica di festa.
Ho urtato i bambini che giocavano sul marciapiede,
i bambini o Signore,
i bambini degli altri, che non saranno mai i miei.
Eccomi, Signore
solo.
Il silenzio mi incomoda,
la solitudine mi opprime.
Signore, ho 35 anni,
un corpo fatto come gli altri,
braccia nuove per il lavoro,
un cuore riservato all'amore,
ma ti ho donato tutto.
È vero, tu ne avevi bisogno.
Io ti ho dato tutto ma è duro, o Signore.
È duro dare il proprio corpo: vorrebbe darsi ad altri.
È duro amare tutti e non serbare alcuno.
È duro stringere una mano senza volerla trattenere.
È duro far nascere un'affetto, ma per donarlo a Te.
È duro non essere niente per sé per esser tutto per loro.
È duro essere come gli altri, fra gli altri, ed esser un'altra.
È duro dare sempre senza cercare di ricevere.
È duro andare incontro agli altri, senza che mai qualcuno ti venga incontro.
È duro soffrire per i peccati degli altri, senza poter rifiutare di accoglierli e portarli.
È duro ricevere i segreti, senza poterli condividere.
È duro sempre trascinare gli altri e non mai potere, anche solo un'istante, farsi trascinare.
È duro sostenere i deboli senza potersi appoggiare ad uno forte
È duro essere solo,
solo davanti a tutti,
Solo davanti al Mondo.
Solo davanti alla sofferenza,
alla morte,
al peccato.
Figlio, non sei solo,
io sono con te,
Sono te.
Perché avevo bisgono di un'umanità in più
per continuare la Mia Incarnazione e la Mia Redenzione.
Dall'eternità Io ti ho scelto,
ho bisogno di te.
Ho bisogno delle tue mani per continuare a benedire,
Ho bisogno delle tue labbra per continuare a parlare,
Ho bisogno del tuo corpo per continuare a soffrire,
Ho bisogno del tuo cuore per continuare ad amare,
Ho bisogno di te per continuare a salvare,
Resta con Me, Figlio mio.
Eccomi, Signore;
ecco il mio corpo,
ecco il mio cuore,
ecco la mia anima.
Concedimi d'essere tanto grande da raggiungere il Mondo,
tanto forte da poterlo portare,
tanto puro da abbracciarlo senza volerlo tenere.
Concedimi d'essere terreno d'incontro,
ma terreno di passaggio,
strada che non ferma a sé,
perché non vi è nulla di umano da cogliervi
che non conduca a te.
Signore, stasera, mentre tutto tace e nel mio cuore sento
duramente questo morso della solitudine,
mentre il mio corpo urla a lungo la sua fame di piacere,
mentre gli uomini mi divorano l'anima ed io mi sento incapace di saziarli,
mentre sulle mie spalle il mondo intero pesa con tutto il suo peso di miseria e di peccato,
io ti ripeto il mio sì, non in una risata, ma lentamente, lucidamente, umilmente.
Solo, o Signore davanti a te,
nella pace della sera.
I fedeli sono esigenti verso il loro prete. Hanno ragione. Ma devono sapere che è duro essere prete. Chi si è donato nella piena generosità della sua giovinezza rimane un uomo, ed ogni giorno in lui l'uomo cerca di riprendere quel che ha donato. È una lotta continua per restare totalmente disponibile al Cristo e agli altri.
Il prete non ha bisogno di complimenti o di regali imbarazzanti: ha bisogno che i cristiani, di cui ha in modo speciale la cura, amando sempre più i loro fratelli, gli provino che non ha dato invano la sua vita. E poiché rimane un uomo, può aver bisogno una volta d'un gesto delicato di amicizia disinteressata... una domenica sera in cui è solo.
Seguitemi ed io vi farò pescatori di uomini. (Mc 1,17)
Non voi avete scelto me, ma io ho sceto voi e vi ho destinati ada ndare a portare frutto, un frutto che rimanga. (Gv 15,16)
Dimentico del cammino percorso, mi protendo in avanti, corro verso la meta, per conseguire lassù il premio della vocazione di Dio nel Cristo Gesù. (Fil 3,13-14)
sacerdoziopretesacerdotesolitudineoffertà di sédonazione
inviato da Anna Barbi, inserito il 27/07/2004
TESTO
Gianfranco Ravasi, Mattutino di Avvenire del 23 ottobre 2003
"La fede è un intreccio di luce e di tenebra: possiede abbastanza splendore per ammettere, abbastanza oscurità per rifiutare, abbastanza ragioni per obiettare, abbastanza luce per sopportare il buio che c'è in essa, abbastanza speranze per contrastare la disperazione, abbastanza amore per tollerare la sua solitudine e le sue mortificazioni. Se non avete che luce, vi limitate all'evidenza; se non avete che oscurità, siete immersi nell'ignoto. Solo la fede fa avanzare".
In un articolo che sto leggendo m'imbatto in questa riflessione del teologo e autore spirituale francese Louis Evely. Alcuni sono convinti che la fede sia solo luce, certezza, evidenza e ignorano che Abramo sale verso la vetta del Moria armato, sì di fede, ma anche di paura e col cuore segnato dall'oscurità. Così sarà per Giobbe, il credente che lotta con Dio. Se fosse solo evidenza, allora la fede sarebbe solo una variante della matematica o della geometria. Se fosse solo tenebra, allora sarebbe l'anticamera della disperazione.
Credere è, invece, "avanzare" come dice Evely, è rischiare. E' per questo suo "intreccio di luce e di tenebra" che la fede non ammette il fanatismo, che è una sua orribile scimmiottatura, ma non cade neppure nel dubbio sistematico, riducendosi a mera e sconsolata domanda. Quando, perciò, il cielo s'oscura, non temiamo di aver perso necessariamente la fede; quando la luce è sempre e solo evidente, interroghiamoci sul Dio che stiamo seguendo, per non cadere nell'illusione.
Vorrei concludere ancora con Evely che così definisce la sua fede: "Grazie a quello che di Te conosco, credo in Te per ciò che non conosco ancora, e, in virtù di quello che ho già capito, ho fiducia in Te per ciò che non capisco ancora".
crederefededubbiorapporto con Dio
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 20/12/2003
RACCONTO
Bruno Ferrero, Solo il vento lo sa
Nella comunità dell'Arca dove aveva deciso di vivere, dopo una vita passata nel mondo universitario, un giorno il celebre padre Henri Nouwen fu avvicinato da una handicappata della comunità che gli disse: "Henri, mi puoi benedire?". Padre Nouwen rispose alla richiesta in maniera automatica, tracciando con il pollice il segno della croce sulla fronte della ragazza.
Invece di essere grata, lei protestò con veemenza: "No, questa non funziona. Voglio una vera benedizione!". Padre Nouwen si accorse di aver risposto in modo abitudinario e formalistico e disse: "Oh, scusami... ti darò una vera benedizione quando saremo tutti insieme per la funzione".
Dopo la funzione, quando circa una trentina di persone erano sedute in cerchio sul pavimento, padre Nouwen disse: "Janet mi ha chiesto di darle una benedizione speciale. Lei sente di averne bisogno adesso".
La ragazza si alzò e andò verso il sacerdote, che indossava un lungo abito bianco con ampie maniche che coprivano sia le mani che le braccia. Spontaneamente Janet lo abbracciò e pose la testa contro il suo petto. Senza pensarci, padre Nouwen la avvolse con le sue maniche al punto di farla quasi sparire tra le pieghe del suo abito.
Mentre si tenevano l'un l'altra padre Nouwen disse: "Janet, voglio che tu sappia che sei l'Amata Figlia di Dio. Sei preziosa agli occhi di Dio. Il tuo bel sorriso, la tua gentilezza verso gli altri della comunità e tutte le cose buone che fai, ci mostrano che bella creatura tu sei. So che in questi giorni ti senti un po' giù e che c'è della tristezza nel tuo cuore, ma voglio ricordarti chi sei: sei una persona speciale, sei profondamente amata da Dio e da tutte le persone che sono qui con te". Janet alzò la testa e lo guardò; il suo largo sorriso dimostrò che aveva veramente sentito e ricevuto la benedizione.
Quando Janet tornò al suo posto, tutti gli altri handicappati vollero ricevere la benedizione. Anche uno degli assistenti, un giovane di ventiquattro anni, alzò la mano e disse: "E io?". "Certo", rispose padre Nouwen. "Vieni".
Lo abbracciò e disse: "John, è cosi bello che tu sia qui. Tu sei l'Amato Figlio di Dio. La tua presenza è una gioia per tutti noi. Quando le cose sono difficili e la vita è pesante, ricordati sempre che tu sei Amato di un amore infinito". Il giovane lo guardò con le lacrime agli occhi e disse: "Grazie, grazie molte".
La sensazione di essere maledetti spesso colpisce più facilmente che la sensazione di essere benedetti. Dobbiamo riscoprire il senso e la bellezza della benedizione. E quando le cose sono difficili e la vita è pesante ricordati chi sei: sei una persona speciale, sei profondamente amato da Dio e da tutte le persone che sono con te.
amorebenedizionerapporto con Dio
inviato da Maurizio Seghieri, inserito il 16/12/2003
PREGHIERA
O Dio nostro Padre, ricco di amore e di misericordia, noi vogliamo pregarti con fede per la pace, addolorati e umiliati come siamo a causa degli episodi di violenza che hanno insanguinato e insanguinano Gerusalemme, città il cui nome evoca subito il mistero di morte e di risurrezione del tuo Figlio, di Gesù che ha donato la sua vita per riconciliare ogni uomo e ogni donna di questo mondo con te, con se stessi, con tutti i fratelli. Città santa, città dell'incontro eppure città da sempre contesa, da sempre crocifissa e sulla quale il tuo Figlio, i profeti e i santi hanno invocato la pace.
Noi vogliamo pregarti con fede per la pace in tanti altri paesi del mondo, per i numerosi focolai di lotte e di odio; vogliamo pregarti per gli aggressori e per gli aggrediti, per gli uccisi e gli uccisori, per tutti i bambini che non hanno potuto conoscere il sorriso e la gioia della pace.
E' vero, Signore, che noi stessi siamo responsabili del venire meno della pace, e per questo ti supplichiamo di accogliere il nostro accorato pentimento, di donarci una volontà umile, forte, sincera per ricostruire nella nostra vita personale e comunitaria rapporti di verità, di giustizia, di libertà, di carità, di solidarietà. Ti confessiamo i nostri peccati personali e sociali: il nostro attaccamento al benessere, i nostri egoismi, le infedeltà e i tradimenti a livello familiare, la pigrizia e lo sciupio delle energie vitali per cose vane e frivole, dannose, il nostro voltare la faccia di fronte alle miserie di chi ci sta vicino o di chi viene da lontano. Vivendo così, non abbiamo forse pensato di renderci responsabili della distruzione di quell'edificio invisibile che è la pace. La pace terrestre è riflesso della tua pace che tu ci doni e ci affidi, nasce dal tuo amore per l'uomo e dal nostro amore per te e per tutti i fratelli.
Cambia il nostro cuore, Signore, perché siamo noi i primi ad avere bisogno di un cuore pacifico. Purificaci, per il mistero pasquale del tuo Figlio, da ogni fermento di ostilità, di partigianeria, di partito preso; purificaci da ogni antipatia, da ogni pregiudizio, da ogni desiderio di primeggiare.
Facci comprendere, o Padre, il senso profondo di una preghiera vera di pace, di una preghiera di intercessione e di espiazione simile a quella di Gesù su Gerusalemme. Preghiera di intercessione che ci renda capaci di non prendere posizione nei conflitti, ma di entrare nel cuore delle situazioni insanabili diventando solidali con entrambe le parti in contesa, pregando per l'una e per l'altra. Noi vogliamo abbracciare con amore tutte le parti in causa, fiduciosi soltanto nella tua divina potenza. Se noi preghiamo perché tu dia vittoria all'uno o all'altro, questa preghiera tu non l'ascolti; se ci mettiamo a giudicare l'uno o l'altro, la nostra supplica tu non l'ascolti.
Manda il tuo santo Spirito su di noi per convertirci a te! Non ci illudiamo di superare le nostre inquietudini interiori, i rancori che ci portiamo dentro verso un popolo o verso un altro se non lasciamo spazio allo Spirito di gioia e di pace che vuole pregare in noi con gemiti inenarrabili. E' lo Spirito che ci fa accogliere quella pace che sorpassa ogni nostra veduta e diventa decisione ferma e seria di amare tutti i nostri fratelli, in modo che la fiamma della pace risieda nei nostri cuori e nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità e si irradi misteriosamente sul mondo intero sospingendo tutti verso una piena comunione di pace. E' lo Spirito che ci aiuta a penetrare nella contemplazione del tuo Figlio crocifisso e morto sulla croce per fare di tutti un popolo solo.
E tu, Maria, Regina della pace, intercedi affinché il sorriso della pace risplenda su tanti bambini sparsi nelle varie parti del mondo, segnate dalla violenza e dalla guerriglia; veglia sulla tua terra, su Gerusalemme, suscita nei suoi abitanti desideri profondi e costruttivi di pace, desideri di giustizia e di verità. Noi ti promettiamo di non temere le difficoltà e i momenti oscuri e difficili, purché tutta l'umanità cammini nella pace e nella giustizia, così che si avveri pienamente la parola del profeta Isaia: "Ho visto le vostre vie e voglio sanarle [...] Pace, pace ai lontani e ai vicini, dice il Signore, io guarirò tutti".
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inviato da Gianmarco Marzocchini, inserito il 01/04/2003
TESTO
Kahlil Gibran, Il profeta
Allora un contadino disse: Parlaci del Lavoro.
E lui rispose dicendo:
Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l'anima della terra.
Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal corso della vita, che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l'infinito.
Quando lavorate siete un flauto attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica.
Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta quando tutte le altre cantano all'unisono?
Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura.
Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine.
Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la vita.
E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo.
Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è dolore e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte, allora vi rispondo: tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che vi è stato scritto.
Vi è stato detto che la vita è tenebre e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato detto dagli esausti.
E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché quando è slancio,
E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere,
E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro,
E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore;
E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi, con gli altri e con Dio.
E cos'è lavorare con amore?
E' tessere un abito con i fili del cuore, come se dovesse indossarlo il vostro amato.
E' costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato.
E' spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia, come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.
E' diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi.
Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno:
"Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra, è più nobile di chi ara la terra.
E chi afferra l'arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana, è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi".
Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno, il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d'erba;
E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore.
Il lavoro è amore rivelato.
E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla porta del tempio, accettare l'elemosina di chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l'uomo del tutto.
E se spremete l'uva controvoglia, la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 11/12/2002
PREGHIERA
Jean Galot, Vieni, Signore
Avvento, tempo dell'attesa e della speranza:
è la tua venuta, o Cristo, che vogliamo rivivere,
preparandoci più profondamente
nella fede e nell'amore.
Avvento, tempo della Chiesa affamata del Salvatore:
essa vuole ripeterti, volgendosi a te
con più insistenza, con un lungo sguardo,
che tu sei tutto per lei.
Avvento, tempo dei desideri più nobili dell'uomo
che più coscientemente convergono verso di te,
e che devono cercare in te, nel tuo mistero,
il loro compimento.
Avvento, tempo di silenzio e di raccoglimento,
in cui ci sforziamo d'ascoltare la Parola
che vuol venire a noi,
e di sentire i passi che si avvicinano.
Avvento, tempo dell'accoglienza
in cui tutto cerca di aprirsi,
in cui tutto vuol dilatarsi nei nostri cuori troppo stretti,
al fine di ricevere la grandezza infinita
del Dio che viene a noi.
inviato da Anna Barbi, inserito il 04/12/2002
TESTO
Manoscritto del 1692 trovato a Baltimora nella antica chiesa di San Paolo
Procedi con calma tra il frastuono e la fretta, e ricorda quale pace possa esservi nel silenzio. Per quanto puoi, senza cedimenti, mantieniti in buoni rapporti con tutti. Esponi la tua opinione con tranquilla chiarezza, e ascolta gli altri: pur se noiosi e incolti, hanno anch'essi una loro storia. Evita le persone volgari e prepotenti: costituiscono un tormento per lo spirito. Se insisti nel confrontarti con gli altri, rischi di diventare borioso e amaro, perché esisteranno individui migliori e peggiori di te. Godi dei tuoi successi e anche dei tuoi progetti. Mantieni interesse per la tua professione, per quanto umile: essa costituisce un vero patrimonio nella mutevole fortuna del tempo.
Usa prudenza negli affari, perché il mondo è pieno di inganno. Ma questo non ti renda cieco a quanto vi è di virtù: molti sono quelli che perseguono alti ideali e dovunque la vita è piena di eroismo.
Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti. Non ostentare cinismo verso l'amore, perché pur di fronte a qualsiasi delusione e aridità, esso resta perenne come il sempreverde. Accetta docile la saggezza dell'età, lasciando con serenità le cose della giovinezza. Coltiva la forza d'animo, per difenderti nelle calamità improvvise. Ma non tormentarti con delle fantasie: molte paure nascono da stanchezza e solitudine. Al di là di una sana disciplina, sii tollerante con te stesso. Tu sei figlio dell'universo non meno degli alberi e delle stelle ed hai pieno diritto di esistere. E convinto o non convinto che tu ne sia non vi è dubbio che l'universo si stia evolvendo a dovere.
Perciò sta in pace con Dio. E quali che siano i tuoi affanni e aspirazioni, nella chiassosa confusione dell'esistenza, mantieniti in pace con il tuo spirito. Nonostante i suoi inganni, travagli e sogni infranti, questo è pur sempre un mondo meraviglioso. Sii prudente. Sforzati di essere felice.
gioiaserenitàpace interiorefelicitàumanità
inviato da Federico Bernardi, inserito il 03/12/2002
PREGHIERA
Benedetto il tuo volto,
se sul tuo volto sai accettare
un po' di lacrime altrui.
Benedette le tue mani,
se le tue mani sanno accettare
il lavoro di un fratello.
Benedette le tue labbra,
se hanno saputo trasmettere
un messaggio d'amore
e sanno baciare un nemico.
Benedetti i tuoi occhi,
se hanno saputo conservare,
tacere un segreto.
Benedette le tue vesti,
se coperte di povertà e umiltà.
Benedetti i tuoi piedi,
se hanno saputo condurti
verso i tuoi fratelli bisognosi,
verso Dio.
Benedetti coloro che seguono Dio,
e sanno scoprirlo.
Ma Dio sa amare anche il nemico,
anche colui che lo tradisce.
solidarietàamare i nemicicondivisioneamorecaritàamore di Dio
inviato da Federico Bernardi, inserito il 03/12/2002
PREGHIERA
Cosa siamo senza Dio
se non mille granelli di sabbia
smarriti in un arido deserto
e rapiti da un vento di sfiducia
che ogni speranza allontana?
Solo Tu, Signore, accogli
le nostre infinite solitudini
nell'oasi eterna del Tuo amore
e consoli ogni cuore illuso
dai miraggi della vita.
Cosa siamo senza Dio
se non mille barche alla deriva
disperse in un mare di paura
che ci lascia annegare
tra i fondali delle incertezze?
Solo Tu, Signore, guidi
il viaggio del cuore vagabondo
verso porti sicuri.
Tu sei l'unica zattera che ci salva
dal naufragio dell'anima.
Cosa siamo senza Dio
se non mille fiori che appassiscono
al primo vento e alla prima pioggia?
chi illuminerà e scalderà
i momenti bui e freddi della vita?
Signore
tu sei l'unico vero sole
che splende
nel giardino inaridito del mondo.
rapporto con Dioabbandono in Dio
inviato da Marianna, inserito il 26/11/2002
PREGHIERA
112. Invocazione allo Spirito Santo 2
Centro Pastorale Ragazzi di Verona
Spirito Santo, noi vogliamo parlare con te e invocarti, anche se facciamo fatica a capire chi sei e a riconoscerti.
Noi crediamo che ci sei vicino e ci vuoi bene, perché Gesù stesso ti ha mandato a noi per farci conoscere e capire le sue parole. Tu ci aiuti a vivere i suoi insegnamenti.
Tu sei con noi dal giorno del Battesimo e ogni momento guidi la nostra vita. Ci vieni donato in modo speciale nella Cresima per renderci testimoni di Gesù.
Ti chiediamo di offrirci i tuoi santi doni per arricchire la nostra vita quotidiana.
Donaci l'intelletto, per capire chi è Dio e quanto è grande il suo amore per noi.
Donaci la scienza, per guardare la vita e tutto ciò che ci circonda con gli occhi stessi di Dio, e riconoscere la sua presenza d'amore in ogni cosa.
Donaci il consiglio, perché tra le tante proposte di ogni giorno possiamo scegliere ciò che piace a te.
Donaci il timor di Dio, per sentire la sua presenza piena di tenerezza e vivere come suoi amici.
Donaci la fortezza, per vivere le grandi scelte della vita, come figli di Dio e fratelli di Gesù.
Donaci la pietà, così che sappiamo orientare il nostro cuore e tutta la nostra vita verso l'amore di Dio, che, come stella polare, ci indica la vera gioia.
Donaci la sapienza, per imparare a misurare ogni gesto con il metro dell'amore di Dio, con la sua bontà e tenerezza di Padre.
Spirito Santodoni dello Spirito Santocresima
inviato da Marianna, inserito il 25/11/2002
RACCONTO
Henry van Dyke, The Story of the Other Wise Man
I Magi, mentre scrutavano la volta celeste, scoprirono una nuova stella che brillò per una notte e poi sparì. Dopo qualche tempo, il cielo fu solcato da una scintilla blu che roteando emetteva splendore di porpora, finché divenne una sfera scarlatta con raggi lucenti e un vivissimo punto centrale bianco. Era il segnale della nascita del Re atteso da secoli. Lo videro i magi di Borsippa. Lo vide anche Artibano, che abitava a Ecbatana, distante dieci giorni di cammino.
Gaspare, Baldassare e Melchiorre decisero di partire per Gerusalemme. Anche Artibano, si preparò per il viaggio. Vendette tutti i suoi beni e acquistò uno zaffiro, un rubino e una perla da portare al Re e, montato in sella al velocissimo Vosda, galoppò verso Borsippa. Attraversò boschi, guadò fiumi, s'inerpicò per colline e montagne, quando a una svolta pericolosa trovò un moribondo abbandonato sulla strada.
Artibano saltò dal suo corsiero e, caricatosi l'infelice sulle spalle, lo adagiò sotto una palma, gli bagnò le labbra riarse, lo ristorò e il moribondo dopo qualche tempo aprì gli occhi. «Voglia il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe ricompensarti - disse - faccia prosperare il tuo viaggio fino a Betlemme, perché è lì che deve nascere il Messia, che tu vai cercando».
Artibano si rimise in cammino verso la mezzanotte... e alle prime luci dell'undicesimo giorno entrò in Borsippa, ma non trova i compagni. Essi avevano atteso 10 giorni, poi erano partiti lasciandogli un messaggio: «T'abbiamo aspettato sino alla mezzanotte..., seguici attraverso il deserto».
Arabano, allora, vende lo zaffiro, appalta una carovana e riprende il viaggio affrontando i pericoli e i disagi del deserto.
Giunse a Betlemme dopo tre giorni che i suoi compagni avevano deposto ai piedi del Re l'oro, l'incenso e la mirra... ed erano ripartiti per un'altra via.
Il villaggio pareva deserto: gli uomini erano nei campi e i ragazzi al pascolo delle greggi. Dalla parte di una casupola sulla strada udì una flebile nenia. Entrato vide una giovane madre. La donna ospitò il forestiero, ristorandolo e parlandogli di tre stranieri, vestiti come lui, giunti dall'Oriente poco prima, guidati da una stella al luogo dove abitava Giuseppe, la sua sposa e il Bambino. Essi l'avevano adorato lasciandogli in omaggio ricchi doni; ma poi erano spariti misteriosamente, come pure, in segreto, la notte successiva scomparve la Famiglia di Nazareth, dirigendosi forse in Egitto.
Artibano si diresse allora verso Ebron alla volta dell'Egitto. Egli sperava di raggiungere la Sacra Famiglia nelle oasi del deserto, sotto le palme o i sicomori, ma invano. Si spinse fino a Elaiopoli e a Menfi; percorse le rive fiorite dei Nilo, si aggirò tra le Piramidi dei Faraoni, all'ombra della sfinge; ma le sue ricerche non approdarono a nulla.
Scoraggiato e deluso tornò in Palestina nella speranza di poterli trovare. Dopo alcuni anni di peregrinazioni si rivolse ad un rabbino perché gli indicasse in quali paraggi avrebbe potuto incontrare il Messia. Il rabbino, preso un papiro, lesse: «Il Messia conviene cercarlo tra i poveri, tra gli umili, tra i sofferenti e gli oppressi».
A tali parole, Artibano vendette il rubino e si diede a nutrire gli affamati, a rivestire gli ignudi, a curare gli infermi, a visitare i carcerati. Passarono così trentatré anni da quando era partito in cerca della «Vera Luce». I suoi capelli, allora di un bel nero lucido, si erano fatti bianchi. Lacero ed esausto, ma tuttora in cerca del Re, era tornato per l'ultima volta a Gerusalemme nel periodo della Pasqua.
La città santa brulicava di gente, venuta dalle terre più lontane alla festa del Tempio. Era il venerdì della Parasceve... e nella folla si notava un'agitazione particolare. Egli, imbattutosi in un gruppo, domandò la causa del tumulto e dove andavano tutti. «Noi andiamo - risposero - al luogo dei Teschio fuori le mura, dove c'è la crocifissione di due malfattori e di un altro chiamato Gesù di Nazareth, il quale ha fatto molte opere prodigiose in mezzo al popolo ed ora è messo a morte perché si dice Figlio di Dio e Re dei Giudei».
Artibano pensò fra sé: «Non potrebbe essere quel Gesù, nato a Betlemme trentatré anni fa? Che abbia trovato finalmente il mio Re nelle mani dei suoi nemici? Arriverò in tempo almeno per offrire la mia perla per il suo riscatto, prima che Egli muoia?».
Così il buon vecchio seguì la moltitudine, quando, lungo la salita, una fanciulla di Ecbatana, riconosciutolo dal costume per suo connazionale, gli si avvicinò scongiurandolo in ginocchio: «Per amore del Dio della Purezza, abbi pietà di me; sono una misera schiava della tua stessa fede; salvami, ridandomi la libertà».
Il vecchio, non possedendo che un'unica perla, la consegnò alla sventurata concittadina per il suo riscatto.
Improvvisamente si udì un boato; la terra sussulta; il cielo si oscura; le mura delle case si spalancano e crollano; nuvole di polvere riempiono l'aria; soldati e popolo fuggono terrorizzati.
Artibano e la fanciulla si rifugiano sotto i loggiati del Pretorio. Una nuova scossa di terremoto, più violenta, fa cadere una pietra contro le tempie di Artibano, che traballa pallido, esanime.
La ragazza lo sostiene con le sue braccia, mentre il sangue scorre a rivoli dalla ferita. Non è morto, lo si sente pronunziare queste estreme parole: «Non così o mio Signore... quando mai ti vidi affamato e ti nutrii? Assetato e ti porsi da bere? Quando mai ti vidi forestiero e ti ospitai? In carcere e ti visitai? Nudo e ti rivestii? Per ben trentatré anni ti ho cercato ansiosamente, ma non ho mai avuto la soddisfazione di poter contemplare il tuo volto, né di renderti il minimo servizio, o mio dolce Re!».
Artibano cessò di parlare. Ma un'altra voce si fece udire a suo conforto: «In verità in verità ti dico, che ogni volta che tu hai fatto ciò ai tuoi simili, ai miei fratelli, tu l'hai fatto a me». Un grande respiro di sollievo gli uscì dalle labbra. Egli aveva finito il suo lungo viaggio. I suoi doni erano stati veramente graditi. Artibano, il quarto dei Magi aveva finalmente trovato il Re.
caritàamoreservizioparadisogiudizio universale
inviato da Don Angelo, inserito il 24/11/2002
PREGHIERA
114. Quando la paura ci prende
Signore nostro Dio!
Quando la paura ci prende,
non lasciarci disperare!
Quando siamo delusi,
non lasciarci diventare amari!
Quando siamo caduti,
non lasciarci a terra!
Quando non comprendiamo più niente
e siamo allo stremo delle forze,
non lasciarci perire!
No, facci sentire
la tua presenza e il tuo amore
che hai promesso
ai cuori umili e spezzati
che hanno timore della tua parola.
E' verso tutti gli uomini
che è venuto il tuo Figlio diletto,
verso gli abbandonati:
poiché lo siamo tutti,
egli è nato in una stalla e morto sulla croce.
Signore,
destaci tutti e tienici svegli
per riconoscerlo e confessarlo.
affidamentoavversitàNatalesofferenzafiduciaabbandono
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 17/09/2002
ESPERIENZA
Padre Mariano, Vivere il quotidiano con fedeltà, a cura di Giovanni Barra, Ed. Gribaudi
Padre Mariano raccontò una volta, in uno dei suoi famosi colloqui in TV, questa singolare storia di una vocazione..
Era una signorina dell'alta società romana. Era fidanzata e stava per sposarsi. Mancavano pochi mesi.
Già l'appartamento era pronto, tutto bello, tutto sorridente. Si preparava un matrimonio veramente sontuoso.
Questa signorina stava in villeggiatura ai Castelli Romani. Tutte le sere scendeva giù nel paesino, da una sua villa, per prendere alla posta la lettera del suo fidanzato che in quegli ultimi mesi, per ragione di lavoro, stava in Alta Italia e le scriveva tutti i giorni.
Essa imbucava la sua cartolina o lettera e ritirava quella di lui.
"Quella sera imbucai la solita lettera. - raccontava, ormai anziana la protagonista. - Era estate, faceva caldo, ero stanca...
La cassetta delle lettere stava sopra la parete della chiesa parrocchiale e mi venne la tentazione (perché proprio di una tentazione si trattava per me, che non mettevo piede in chiesa da più di quindici anni) di entrare in quella chiesa per riposarmi un po' al fresco.
Mi avviai verso la porta della chiesa e, mentre camminavo, mi passa per la testa un'idea (ma che idea bizzarra!), una domanda, che mai
mi ero fatta:
- Quest'uomo, al quale io sto per dedicare tutta la mia vita, mi vorrà poi bene davvero?.
- Perché no? (mi rispondevo tra me e me) Mi ha dato anelli, gioielli, ha preparato la casa per me...
Una seconda domanda mi passò poi per la testa:
- Ma quest'uomo, domani se fosse necessario, per il mio bene, un sacrificio anche grave da parte sua, sarebbe disposto a farlo?
- Io penso di sì, (continuavo a rispondermi) perché l'anno scorso non è andato a quella crociera per starmi vicino, l'anno prima lo stesso... Insomma, qualche sacrificio per amor mio, lo ha già fatto. E altri li farà certamente in seguito...
Entro in chiesa, e nella semioscurità, mentre mi sto orientando per cercare un banco per sedermi, mi passa per la mente la domanda più assurda, la più stupida che possa passare per la mente di una fidanzata, che sta per sposarsi:
- Ma quest'uomo, se dovesse dare la sua vita per me, sarebbe capace di farlo?
- Che cretina, che stupida, - mi dissi proprio così - ma se dà la vita... non lo sposo più!
Ero evidentemente stanca... e come fuori di me, mi siedo, alzo la testa e vedo, là sopra il pulpito di quella povera chiesa, un Crocifisso.
Io non sono una visionaria, e nemmeno una sognatrice, ma in quel momento mi sono sentita dire da quel Crocifisso:
"Io ho dato la mia vita per te!".
Fu tale lo sconvolgimento della mia anima, tale il rovesciamento dei valori, inesplicabile, istantaneo, che io scattai in piedi e dissi a me stessa: - Sarò suora carmelitana!
E non ci furono ritorni.
Io non avrei più potuto sposarmi, non mi sarei più sentita di farlo perché avevo 'sentito' questa affermazione, alla quale non avevo mai pensato prima e ormai la mia vita dovevo impegnarla per Lui.
E sono cinquant'anni e più che sono suora carmelitana e sono felicissima. E, se ho un rincrescimento, è quello di non aver ancora saputo rendere al Signore, se non in minima parte, quello che Lui mi ha dato".
vocazionechiamataprogetto di Dioamore di Diorapporto con Dio
inviato da Don Natale Trevisan, inserito il 29/08/2002
TESTO
116. Ho vissuto una intensa esperienza di Dio 2
Note di Pastorale Giovanile, n. 1/ gennaio 1999
Carissimo amico o amica,
Voglio farti qualche confidenza sulla mia relazione con Dio. Dio occupò il centro della mia vita. Per arrivare a quest'esperienza dovetti fare un notevole sforzo di personalizzazione e di interiorizzazione e mettere in gioco tutte le dimensioni della mia persona: intelligenza, sentimenti, atteggiamenti. E ti posso assicurare che sempre mi sentii pienamente me stesso.
Dio occupò il centro della mia vita come un Padre che mi amava intensamente, con un amore somigliante a quello che sente una madre quando il suo figlio sta per nascere, per questo osai chiamarlo "papà"; Questo amore di Dio - Padre fu la roccia ferma su cui appoggiai sempre la mia vita.
Mi costò molto far capire alla gente che Dio ama gratuitamente, cioè, senza che in noi ci siano motivi speciali perché lui ci ami: essere buoni, bravi, intelligenti, ecc. Per questo narrai le parabole, come quella del padre che accoglie il suo figlio che se n'era andato da casa o quella dei lavoratori della vigna che ricevono lo stesso stipendio anche se non hanno lavorato tutti le stesse ore.
Non è stato facile convincere quella donna samaritana a cui chiesi di darmi un po' d'acqua, che Dio è come una fonte d'acqua che toglie la sete per sempre. Basta relazionarsi con lui in Spirito e verità. Per questo, sentii una grande necessità di lodarlo, di rendergli grazie, soprattutto, quando vidi che le mie parole sul Regno di Dio arrivavano al cuore della gente semplice.
Riconosco che davanti ai grandi avvenimenti - la chiamata degli apostoli, il discorso sul monte, ecc. - mi piaceva passare la notte pregando da solo con Lui, ascoltavo il suo filo di voce dentro di me, vedevo una presenza amorosa nelle persone a cui dovevo parlare e guarire il giorno dopo. Il cielo pieno di stelle della Palestina faceva più maestosa e bella la sua presenza.
Arrivai addirittura a dire, non senza un po' di paura di non essere capito e di scandalizzare i farisei e gli scribi di Israele, che il mio cibo era fare la volontà del Padre mio, anzi che Dio e io eravamo la stessa cosa.
Non credere che questo fare la volontà di Dio fosse, qualcosa di facile. L'ansia di potere e di fama bussavano continuamente alla mia porta, soprattutto quando la gente mi perseguitava per farmi re. Molte volte, ho avuto la sensazione di usare Dio, di fare di Lui un idolo secondo la mia misura e convenienza.
Ci sono stati dei momenti in cui il cammino è diventato più duro. Ci sono stati momenti di solitudine e di sconfitta a causa dell'incomprensione e dell'abbandono dei miei amici. Vivere la relazione con Dio come Padre fu allora un'esperienza dolorosa, soprattutto nel momento della verità, quando la mia vita scorreva inesorabilmente verso la morte.
Nell'orto degli ulivi, il sudore e il sangue inzupparono la mia tunica. Dio rimaneva muto di fronte alla mia passione e alla mia morte. La gente ai piedi della croce mi ricordava con ironia che sempre avevo chiamato Dio Padre e sulla croce arrivai a dubitare di Lui. Però finalmente vinsi la tentazione. Mi misi nel buio tunnel della morte convinto di una cosa sola: Dio era mio Padre e Lui sapeva cosa farsene della mia vita.
Il giorno di Pasqua fu, e continua ad essere, la prova che lui non era nel torto. Quel giorno Dio gridò all'umanità intera e continua a farlo fino ad oggi, che la Croce è la fonte da dove sgorga la vita; che il chicco di grano, se non muore, non produce frutto; che una candela deve consumarsi pian piano se vuole illuminare; che il sale per dare sapore deve sciogliersi; che il lievito deve mescolarsi con la massa fino a scomparire per fare un buon pane per tutti, soprattutto per i più poveri ed emarginati.
Gesù di Nazareth
Gesù CristoDiorapporto con Dio
inviato da Don Giovanni Cuccu, inserito il 22/08/2002
TESTO
117. La preghiera è uno slancio del cuore
La preghiera
è uno slancio del cuore,
è un semplice sguardo
gettato verso il Cielo,
è un grido di gratitudine
e di amore nella prova
come nella grazia;
insomma è qualche cosa
di grande, di soprannaturale,
che mi dilata l'anima
e mi unisce a Gesù.
inviato da Moreno Cattelan, inserito il 14/06/2002
PREGHIERA
Signore, aspettami!
Non andare così in fretta...
Io non posso seguirti.
Tu vai troppo forte per me.
Aspettami, lasciati raggiungere.
Signore, però non devi fermarti,
né rallentare il tuo passo.
Signore, voglio percorrere
la strada verso la tua casa.
Signore, non preoccuparti
di venire verso di me.
Io mi affretto verso di te.
Potremo parlarci lungo la strada,
fare una sosta.
Signore, non sono degno
di accoglierti sotto il mio tetto!
Però tu hai già aperto la porta
e varcato la soglia: Signore,
non ho nulla di pronto,
non ho preparato niente per riceverti!
Ma già l'Amore senza limiti
è entrato nella mia stanza e mi dice:
«Mettiti a tavola, voglio cenare con te».
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 02/06/2002
PREGHIERA
119. Signore, liberami da me stesso! 1
Signore, mi senti?
Soffro tremendamente. Asserragliato in me stesso,
prigioniero di me stesso. Non sento che la mia voce,
non vedo che me stesso, e dietro di me non v'è che sofferenza.
Signore, mi senti?
Liberami dal mio corpo, che è tutto brama,
e tutto quello che tocca con i suoi innumerevoli grandi occhi,
con le sue mille mani tese, è solo per coglierlo e cercare di calmare la sua insaziabile fame.
Signore, mi senti?
Liberami dal mio cuore, tutto gonfio di amore,
ma, mentre credo di amare pazzamente, intravvedo rabbioso che ancora amo me stesso nell'altro.
Signore, mi senti?
Liberami dal mio spirito, pieno di se stesso, delle sue idee,
dei suoi giudizi; non sa dialogare, perché non lo colpisce altra parola fuorché la sua.
Solo, mi annoio, mi detesto, mi disgusto,
e mi rigiro nella mia sudicia pelle come il malato nel suo letto bruciante da cui vorrebbe scappare.
Tutto mi sembra brutto, mostruoso, senza luce,
...perché non posso veder nulla se non attraverso me.
Mi sento disposto ad odiare gli uomini ed il mondo intero,
...per dispetto, perché non li posso amare.
Vorrei uscire,
Vorrei camminare, correre verso un altro paese.
So che esiste la gioia, l'ho vista raggiare sui volti.
So che brilla la luce, l'ho vista illuminare gli sguardi.
Ma Signore, non posso uscire,
insieme amo e odio la mia prigione,
perché la mia prigione sono io
ed io mi amo,
mi amo, o Signore, e mi faccio ribrezzo.
Signore, non trovo neppure più la porta di casa mia.
Mi trascino tastoni, accecato,
urto nelle mie stesse pareti, nei miei propri limiti,
mi ferisco.
Ho male, ho troppo male, e nessuno lo sa, perché nessuno è entrato in casa mia.
Sono solo, solo.
Signore, Signore, mi senti?
Signore, indicami la mia porta,
prendi la mia mano, apri,
indicami la Via,
la via della gioia, della luce.
...Ma...
Ma, o Signore, mi senti Tu?
Figliuolo, Io ti ho sentito.
Mi fai compassione.
Da tanto tempo spio le tue imposte chiuse, aprile,
la Mia luce ti rischiarerà.
Da tanto tempo Io sono davanti al tuo uscio sprangato, aprilo,
mi troverai sulla soglia.
Io ti attendo, gli altri ti attendono,
ma bisogna aprire,
ma bisogna uscire da te.
Perché rimanere prigioniero di te stesso?
Sei libero.
Non ho chiuso Io la tua porta,
non posso riaprirla Io,
...perché sei tu dall'interno a tenerla solidamente sprangata.
peccatoconversionelibertàrapporto con Dio
inviato da Mariangela Molari, inserito il 01/06/2002
TESTO
Credo nell'amore perché in sé racchiude tutto il significato della nostra vita: nasciamo per amore, cresciamo nell'amore e siamo chiamati ad amare, in condivisione e comunione completa con i nostri fratelli, perché elevato fino a Dio l'amore può andare oltre i limiti dell'uomo.
Credo nell'altro perché è in chi mi sta accanto che ritrovo il tuo volto.
Credo nell'amicizia perché riconosco in essa un importante punto di riferimento che mi dà sicurezza, fiducia in me e negli altri, insegnandomi a crescere e a maturare.
Credo nella vita come grande dono che Dio ci ha concesso e con il quale possiamo realizzare quel progetto che lui ha posto in noi.
Credo nella preghiera perché ci permette di entrare in intimità con un amico sempre disponibile ad ascoltarci e confortarci; perché ci consente di elevarci fino a lui dimenticando tutto ciò che ci preoccupa ed affanna e perché in essa ritroviamo la forza per fare della nostra vita una grande esperienza d'amore.
Credo nell'intelligenza perché ci permette di affrontare con consapevolezza e responsabilità le scelte della vita.
Credo nella sincerità perché rende più puri e veri i nostri sentimenti.
Credo nella fiducia perché ci consente di non rimanere mai soli.
Credo nella felicità perché ci rende vivi e capaci di donare con spontaneità e senza pretese.
Credo nel rispetto poiché non siamo nati per giudicare o condannare, ma per imparare a crescere nella scoperta del grande valore che l'altro rappresenta per noi.
Credo nella vita eterna perché consente di superare il limite umano, la materialità, dando un senso ancora più profondo alla vita terrena.
Credo nella semplicità perché Dio ha scelto la semplicità del pane e del vino per essere sempre presente e vivo in mezzo a noi.
Credo nella conversione perché solo attraverso essa posso liberare la mia anima ed avvicinarmi a Dio privo di condizionamenti e nel totale appagamento.
Credo nel silenzio perché ci consente di superare la confusione delle parole, di riflettere, di capire, ascoltare e confortare meglio di quanto possa fare qualunque parola o qualunque orecchio.
Credo nella musica come modo di comunicare universale, diretto, spontaneo; la musica ci parla della nostra vita e ci dà l'opportunità di riflettere.
Credo nella volontà perché è grazie al desiderio e allo stimolo che Dio suscita nel cuore dell'uomo che egli riesce ad affrontare di tutto per poter, alla fine, raggiungere il suo scopo e trovare la piena felicità in esso.
Credo nella Verità poiché tutti noi abbiamo bisogno di sapere la verità; l'uomo ha sete di verità.
Credo nella gratuità perché nessuna ricompensa è più grande della gioia che sa donarci la felicità espressa dal sorriso di un volto amico.
Credo nella Provvidenza perché con essa in noi nulla ci può mancare anche quando non abbiamo niente.
Credo nel camposcuola come stimolo, spinta verso un cammino di crescita che ci fa forti nella fede e ci rende testimoni della Tua misteriosa e preziosa presenza.
Credo nella perfetta letizia, nel dono di Dio di perdonare e sentirsi perdonati. Un amore senza misura che riempie il cuore di gioia e dà il coraggio di affrontare la vita.
Credo nella libertà di essere se stessi perché ci rende unici, veri, autentici e liberi.
Credo nella pace perché è nella pace che si costruisce un mondo fatto d'amore, di felicità e di quella serenità che ci rende liberi pellegrini verso te, Signore.
Credo nel creato perché ovunque Lo sento: nelle montagne, nel cielo, nelle nuvole, nelle stelle, nel sole, nel vento... Tutto ci parla di Lui.
Credo in tutto questo perché credo in te.
inviato da Francesco G., inserito il 21/05/2002