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RACCONTO
41. Quando le croci sono troppe 6
Un uomo viaggiava, portando sulle spalle tante croci pesantissime. Era ansante, trafelato, oppresso e, passando un giorno davanti ad un Crocifisso, se ne lamentò con il Signore così: "Ah! Signore, io ho imparato nel catechismo che tu ci hai creato per conoscerti, amarti e servirti... ma invece mi sembra di essere stato creato soltanto per portare le croci! Me ne hai data tante e così pesanti che io non ho più la forza di portarle".
Il Signore però gli disse: "Vieni qui, figlio mio, posa queste croci per terra ed esaminiamole un poco. Ecco, questa è la più grossa e la più pesante; guarda che cosa c'è scritto sopra".
Quell'uomo guardò e lesse questa parola: sensualità.
"Lo vedi?" disse il Signore, "questa croce non te l'ho data io, ma te la sei fabbricata da solo. Hai avuto troppa smania di godere, sei andato in cerca di piaceri, golosità, di divertimenti... e di conseguenza hai avuto malattie, povertà, rimorsi".
"Purtroppo è vero, soggiunse l'uomo, questa croce l'ho fabbricata io! E' giusto che io la porti!".
Sollevò da terra quella croce e se la pose di nuovo sulle spalle.
Il Signore continuò: "Guarda quest'altra croce. C'è scritto sopra: ambizione. Anche questa l'hai fabbricata tu, non te l‘ho data Io. Hai avuto troppo desiderio di salire in alto, di occupare i primi posti, di stare al di sopra degli altri... e di conseguenza hai avuto odio, persecuzione, calunnie, disinganni".
"E' vero, è vero! anche questa croce l'ho fabbricata io! E' giusto che io la porti!". Sollevò da terra quella seconda croce e se la mise sulle spalle.
Il Signore additò altre croci, e disse: "Leggi. Su questa è scritto: gelosia, su quell'altra: avarizia, su
quest'altra..."
"Ho capito, ho capito, Signore, è troppo giusto quello che tu dici".
E prima che il Signore avesse finito di parlare, il povero uomo aveva raccolto da terra tutte le sue croci e se l'era poste sulle spalle. Per ultima era rimasta per terra una crocetta piccola piccola e quando l'uomo la sollevò per porsela sulle spalle esclamò: "Oh! Com'è piccola questa! E pesa poco". Guardò quello che c'era scritto sopra e lesse queste parole: "La croce di Gesù".
Vivamente commosso, sollevò lo sguardo verso il Signore ed esclamò: "Quanto sei buono!" Poi baciò quella croce con grande affetto.
E il Signore gli disse: "Vedi figlio mio, questa piccola croce te l'ho data io, ma te l'ho data con amore di Padre; te l'ho data perché voglio farti acquistare merito con la pazienza; te l'ho data perché tu possa somigliare a me e starmi vicino per giungere al Cielo, perché io l'ho detto: Chi vuole venire dietro a me prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Ma ho detto anche: il mio giogo è soave e il mio peso è leggero".
L'uomo delle croci riprese silenzioso il cammino della vita; fece ogni sforzo per correggersi dei suoi vizi e si diede con ogni premura a conoscere, amare e servire Dio.
Le croci più grosse e più pesanti caddero, una dopo l'altra dalle sue spalle e gli rimase soltanto quella di Gesù. Questa se la tenne stretta al cuore fino all'ultimo giorno della sua vita, e quando arrivò al termine del viaggio, quella croce gli servì da chiave per aprire la porta del Paradiso.
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inviato da Lisa, inserito il 07/04/2012
TESTO
S. Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, omelia 22,7
Risorgi nel tuo cuore, esci fuori dal tuo sepolcro. Perché quando eri morto nel tuo cuore, giacevi come in un sepolcro, ed eri come schiacciato sotto il peso della cattiva abitudine. Risorgi e vieni fuori!
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inviato da Leonardo Sellitri, inserito il 07/04/2012
TESTO
Cos'hai provato Maria quando la Maddalena ti ha detto di aver visto Gesù nel giardino? E quando Pietro e Giovanni vennero a te, correndo, per raccontarti come avevano visto la tomba vuota? Cos'è capitato in quel giorno? Cosa significa credere che Cristo è risorto dai morti? E tu l'hai rivisto in quei giorni? Perché il Vangelo non parla di te? Ed eri la più interessata. Perché non è apparso a te? Quanto mi ha fatto pensare questo silenzio del Vangelo! O che Gesù voleva accennare a te quando disse a Tommaso: "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno"? Forse tu eri l'unica che non aveva bisogno di vedere per credere? Ed eri beata. Io penso di sì. Ed è per questo che sei la nostra maestra nella fede e la lode di Elisabetta fin da principio fu la più grande lode che ti si poteva fare. "Beata te che hai creduto". Tu non avevi bisogno di vedere per credere. Tu credevi al tuo Figlio Risorto e ti bastava. Credere alla Resurrezione di Gesù significa credere senza vedere. E anche io voglio credere senza vedere: come te. L'unica cosa seria è la fede. Ed è per fede che io credo alla Resurrezione di Cristo. E quando credo sono invincibile: "Questa è la vittoria che vince il mondo: la nostra fede".
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inviato da Angela Magnoni, inserito il 23/01/2012
TESTO
44. La missione è testimonianza
Mons. Luigi Padovese, II Assemblea ecclesiale del Patriarcato di Venezia, 11 ottobre 2009
Essere uniti per essere testimoni (...) non riguarda soltanto le nostre Chiese di Oriente che vivono in una situazione minoritaria e di confronto con il mondo islamico, ma si può applicare anche alle Chiese di Europa messe a confronto con una società pluralistica e dove è anche dalla comunione dei cristiani tra loro che deve nascere la loro testimonianza. Come è stato osservato la Chiesa non ha una missione, non fa missione, ma è missione. E dunque va capita da essa. Se vuol rimanere Chiesa di Cristo deve uscire da sé. In quanto - come dice il Concilio. Vaticano II - è "sacramento universale di salvezza", essa è ordinata al Regno, è al suo servizio, esiste per proclamare il vangelo, e non soltanto oggi come misura d'emergenza in tempo di crisi, ma come costitutiva del suo essere. E il senso di tale impegno è di far sì che un'esperienza divenuta messaggio torni ad essere esperienza. Noi parliamo di ciò che "abbiamo visto ed udito", dichiara Giovanni (1 Gv 1,3).
La missione dunque è testimonianza resa all'amore di Gesù Cristo e al volto di Dio da lui rivelato. Si tratta di portare gli uomini a scoprire liberamente che il cammino di fede alla sequela di Gesù arricchisce la vita: va restituito al vangelo il carattere di vangelo, cioè di notizia che dà gioia, trasmettendo la visione che Gesù aveva del Regno, ma pronti a raccogliere anche delusioni. Ma non può essere altrimenti poiché la fede, in quanto espressione congiunta della grazia di Dio e della libera adesione umana, non si può imporre ma soltanto proporre.
Ed è qui che il ruolo della testimonianza diventa fondamentale anche perché, come diceva un Padre della Chiesa - "gli uomini si fidano più dei loro occhi che delle loro orecchie".
Annunciare Gesù Cristo per l'Apostolo Paolo è stata una necessità che nasceva dall'amore per lui. Ciò significa che chi incontra Cristo non può fare a meno di annunciarlo, sia con la vita che con le parole.
Monsignor Luigi Padovese, vescovo, ucciso il 3 giugno 2010.
testimonianzamartiriofedeevangelizzazionechiesamissione
inviato da Qumran2, inserito il 11/01/2012
PREGHIERA
Vieni, Signore Gesù,
donaci l'intelligenza per vagliare ogni cosa
e la forza per scegliere ciò che è buono.
Donaci la voce per gridare di prepararti la strada,
e coraggio per essere i primi a prepararla.
Donaci la capacità di essere sempre lieti
anche quando la tua parola,
che innalza i piccoli e abbassa i forti,
ci pone contro la logica umana.
Donaci di consolare chi sta peggio di noi,
di confortare chi soffre più di noi,
di rallegrare chi ha meno gioia di noi,
di farci vicini a chi ha bisogno di noi.
Amen!
attesagiovanni battistaletiziaottimismogioia
inviato da Qumran2, inserito il 11/12/2011
TESTO
Carlo Carretto, Beata te che hai creduto
Una sera tentai il discorso con Maria.
Mi era così facile!
Le volevo così bene!
Maria, dimmi come è andata? Raccontalo a me come l'hai raccontato a Luca l'evangelista.
Tu lo sai, mi disse, perché conosci il Vangelo.
È stato tutto molto bello!
lo vivevo a Nazaret in Galilea e la mia vita era la vita di tutte le ragazze del popolo: lavoro, preghiera, povertà, molta povertà, gioia di vivere e soprattutto speranza nelle sorti di Israele.
Abitavo con Anna, mia madre, in una casetta molto semplice che aveva un cortile davanti ed un gran muro di cinta fatto apposta perché noi donne ci sentissimo in libertà ed intimità.
Lì sostavo sovente per lavorare e pregare. In me l'una e l'altra cosa si mescolavano ed ero piena di pace e di gioia.
Quel giorno ero sola nel piccolo cortile e una gran luce mi avvolgeva.
Pregavo, seduta su uno sgabello. Tenevo gli occhi socchiusi e sentivo una gioia invadermi tutta.
La luce aumentava ed io incominciai a socchiudere le palpebre che avevo chiuso per non restare abbacinata.
Ero contenta di lasciarmi riempire di quella luce. Mi pareva il segno della presenza di Dio che mi avvolgeva come un manto. Ad un tratto quella luce prese l'aspetto di un angelo. Ho sempre pensato agli angeli così come lo vidi in quel momento.
Tu sai com'è la questione della fede. Non sai mai se la visione è dentro o fuori.
È certamente dentro perché se fosse solo fuori potresti dubitare come fosse un'illusione.
Ma dentro l'illusione non c'è, è così, sai che è così: ne è testimone Dio.
lo stavo molto ferma per paura che tutto scomparisse.
E invece l'Angelo parlò. Anche qui: non sai mai se la voce la senti nell'orecchio o più in profondo.
Certamente in profondo perché se fosse solo nell'orecchio potresti illuderti.
La voce la senti là dove lo stesso Dio è il testimone.
E che ti disse?
Mi disse: Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
E tu che provasti?
È evidente che ne fui turbata. Era come se fossi visitata da cose troppo grandi per me e per la mia dimensione così piccola.
Tu puoi pensare alle cose di Dio con immenso desiderio ma quando ti toccano non puoi non spaventarti.
Difatti mi disse subito.
«Non temere, Maria» (Luca 1,30).
Mi feci coraggio perché la stessa frase l'avevo sentita alla Sinagoga quando si leggeva la storia di Abramo.
«Non temere, Abramo. lo sono il tuo scudo» (Genesi 15, 1).
Poi l'Angelo mi diede l'annuncio della maternità con poche parole ma così chiare che avevo l'impressione mi stessero nascendo dentro. Non mi era mai capitato di sentire parole come fossero avvenimenti.
Dimmi, Maria, sei stata colta di sorpresa? Non avevi mai pensato prima che tu... proprio tu...
Oh sì! Ci avevo pensato. Noi ragazze ebree non pensavamo ad altro. Sentivamo che i tempi erano quelli e quando pregavamo nella Sinagoga, l'aria era satura di attesa del Messia.
Che hai capito quando l'angelo ti disse che eri tu la scelta e che il Messia sarebbe nato da te?
Capii esattamente cosa voleva dirmi, e rimasi soltanto stupita della straordinarietà della cosa. Com'era possibile se io ero vergine?
L'Angelo mi spiegò le cose e mi fu facile accettarle perché mi sentivo immersa in Dio come in quella luce vivissima del mezzogiorno.
Confusamente capii anche che pasticci ce ne sarebbero stati, che non sarei riuscita a spiegarmi con mia madre, specialmente col mio fidanzato Giuseppe, ma non avrei potuto fermarmi tanta era forte la presa di Dio su di me e tanta era la certezza che mi veniva dalle parole dell'Angelo.
«Nulla è impossibile a Dio
nulla è impossibile a Dio
nulla è impossibile a Dio» (Luca 1,37). Adagio, adagio la luce diminuì e non vidi più l'Angelo.
Vidi mia madre Anna attraversare il cortile e mi venne voglia di parlarle, ma non ne fui capace perché non trovai le parole adatte.
Capii subito che non c'erano parole con cui potevo spiegare le cose.
Così nei giorni che seguirono, anzi, più andavo avanti e più diventavo silenziosa.
Fu più difficile il discorso con Giuseppe, mio fidanzato.
Tu sai come avvenivano le cose nelle nostre tribù. La sposa veniva promessa molto presto. Era come un patto tra famiglie.
Ma essendo così giovane la futura sposa continuava a vivere in famiglia in attesa della maturità.
Allora con grande festa, di notte, si compiva lo sposalizio e lo sposo accompagnato dai suoi amici veniva con tante luci e canti e gioia a prendere la sua sposa ed a condurla a casa. Da quel momento si era veramente sposati.
Quando l'Angelo mi apparve per annunciarmi la maternità, io ero ancora in casa. Ero stata promessa a Giuseppe ma non ero ancora andata ad abitare con lui.
Bastarono pochi mesi perché tutto divenisse complicato agli occhi degli uomini. lo non potevo nascondere la mia maternità e il mio ventre mi denunciava.
Capii allora cos' era la fede oscura, dolorosa.
Come potevo spiegarmi con mia madre?
Come potevo discutere col mio fidanzato Giuseppe?
Vissi tempi veramente dolorosi e l'unico conforto mi veniva nel ripetere: «Tutto è possibile a Dio, tutto è possibile a Dio».
Toccava a Lui spiegarsi ed io avevo tanta confidenza. Ma ciò non toglieva la mia sofferenza che in certi momenti mi straziava l'anima.
Come potevo trovare le parole per dire che quel bimbo che portavo in seno era il figlio dell'Altissimo?
Intanto non osavo più uscire di casa ed una volta vidi una vicina guardarmi da sopra il muro del cortile con evidente attenzione puritana.
Ci furono dei momenti terribili ed io tremai al pensiero di essere denunziata come adultera.
Ci voleva così poco. Bastava che Giuseppe andasse alla Sinagoga a spiegare la cosa e non gli sarebbero mancati gli zelanti che l'avrebbero seguito con le pietre per lapidarmi. Non era la prima volta che a Nazaret veniva uccisa un'adultera.
Ma è vero: «Dio può tutto». E si spiegò lui.
Si spiegò con Giuseppe per primo che mi disse di avere avuto un sogno veramente straordinario e che non aveva perduto la confidenza in me e che mi avrebbe sposata lo stesso.
Che gioia quando me lo disse!
Ma che paura avevo provato! Che oscurità!
Sì, il fatto mi aveva spiegato che la fede è di quella natura e che dobbiamo abituarci a vivere nell'oscurità.
Ci fu anche un fatto straordinario che alleviò le mie pene in quei mesi.
Tu sai che l'Angelo mi aveva dato un segno per aiutare la mia debolezza. Mi aveva detto che mia cugina Elisabetta era al sesto mese di una maternità straordinaria perché tutti noi della famiglia sapevamo che era sterile.
Dovevo andare a trovarla in Giudea ad Ain-Karim dove abitava.
Non mi feci pregare a partire.
L'idea venne a mia madre perché era preoccupata che la gente del paese mi vedesse con quel ventre grosso e non voleva dicerie.
Partii di notte, ma così contenta di allontanarmi da Nazaret dove c'erano troppi occhi indiscreti e non potevo raccontare a tutti le mie faccende.
Trovai mia cugina già vicina al parto e così felice, poverina! Aveva aspettato tanto un figlio!
Il Signore si era spiegato anche perché quando giunsi fu come se sapesse
tutto!
tutto!
tutto!
Si mise a cantare per la gioia ed io cantavo con lei.
Sembravamo due pazze, ma pazze di amore.
E c'era un terzo che sembrava impazzito di gioia.
Era il piccolino, il futuro Giovanni che danzava nel ventre di Elisabetta come per fare festa a Gesù che era nel mio.
Furono giorni indimenticabili.
Ma Elisabetta, che se ne intendeva di fede e di fede oscura e che aveva tanto sofferto nella vita, mi disse una cosa che mi fece piacere e che fu come il premio a tutta la mia solitudine di quei mesi.
«Beata te che hai creduto» (Luca 1,44). E me lo ripeteva tutte le volte che mi incontrava e mi toccava il ventre, come per toccare Gesù, il nuovo Mosè che stava per venire al mondo.
Il fuoco con cui avevo cotto il pane si stava spegnendo. La notte era già alta e mi sentii solo.
La presenza di Maria ora era nel rosario che avevo in mano e che mi invitava a pregare.
Sentivo freddo e mi avvolsi nel «bournous» (Mantello arabo di lana di pecora) che avevo con me.
L'oscurità divenne totale ma non avevo nessuna voglia di addormentarmi.
Volevo gustare la meditazione che Maria mi aveva regalata.
Soprattutto volevo entrare con dolcezza e forza nel mistero della fede, la vera, quella dolorosa, oscura, arida.
Oh no! Non è facile credere, è più facile ragionare.
Non è facile accettare il mistero che ti supera sempre e che ti allarga sempre i limiti della tua povertà.
Povera Maria!
Dover credere che quel bimbo che portava in seno era figlio dell'Altissimo. Sì, è stato semplice concepirlo nella carne, estremamente più impegnativo concepirlo nella fede! Quale cammino!
Eppure non ne esiste un altro. Non c'è altra scelta.
Vuoi tu, Maria, spaventata dal credere, tornare indietro, pensare che non è vero, che è inutile tentare, che è una illusione quella di un Dio che si fa uomo, che non c'è Messia di salvezza, che tutto è un caos, che sul mondo domina l'irrazionale, che sarà la morte a vincere sul traguardo e non la vita?
No!
Se credere è difficile, non credere è morte certa.
Se sperare contro ogni speranza è eroico, il non sperare è angoscia mortale.
Se amare ti costa il sangue, non amare è inferno.
Credo, Signore!
Credo perché voglio vivere.
Credo perché voglio salvare qualcuno che affoga: il mio popolo.
Credo perché quella del credere è l'unica risposta degna di te che sei il Trascendente, l'Infinito, il Creatore, la Salvezza, la Vita, la Luce, l'Amore, il Tutto.
Che cosa strana per non dire meravigliosa: appena ho detto con tutte le viscere la parola «credo» ho visto la notte farsi chiara.
Ora chiudo gli occhi perché è proprio lei la notte che mi abbaglia con la sua luce al di là di ogni luce.
Sì, nulla è più chiaro di questa notte oscura, nulla è più visibile dell'invisibile Dio, nulla è più vicino di questo infinitamente lontano, nulla è più piccolo di questo infinito Iddio.
Difatti è riuscito a stare nel tuo piccolo seno di donna, Maria, e tu l'hai potuto scaldare col tuo corpicino bello.
Maria! Sorella mia!
Beata te che hai creduto, ti dico stasera con entusiasmo, come te lo disse tua cugina Elisabetta, in quel vespero caldo ad AinKarim.
crederefedenataleincarnazioneMaria
inviato da Qumran2, inserito il 09/12/2011
TESTO
San Giovanni Maria Battista Vianney
L'umiltà è per la virtù quello che la catena è per il rosario: togliete la catena e tutti i grani se ne vanno; togliete l'umiltà e tutte le virtù spariscono.
inviato da Qumran2, inserito il 07/12/2011
TESTO
S. Agostino, Commento alla I Lettera di S. Giovanni (In Io. Ep. tr. 7, 10)
Quale volto ha l'amore? quale forma, quale statura, quali piedi, quali mani? Nessuno lo può dire. Esso tuttavia ha i piedi, che conducono alla Chiesa; ha le mani, che donano ai poveri; ha gli occhi, coi quali si viene a conoscere colui che è nel bisogno...
inviato da Qumran2, inserito il 20/10/2011
TESTO
La disperazione non è non avere niente, è non aspettare niente.
speranzadisperazioneattesaavvento
inviato da Qumran2, inserito il 12/07/2011
PREGHIERA
Mario Luzi, Meditazioni sulla Via Crucis
Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
E' bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
E' solo una stazione per il figlio tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell'uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l'ho fatto troppo mio o l'ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.
Meditazioni sulla Via Crucis fu composta da Mario Luzi nel 1999, per accompagnare la processione del Venerdì Santo guidata da Giovanni Paolo II.
via crucisincarnazioneGesù Cristo
inviato da Qumran2, inserito il 22/05/2011
TESTO
51. L'inizio e la fine dei santi 1
San Giovanni Maria Battista Vianney
I santi, non tutti hanno cominciato bene, ma tutti hanno finito bene.
inviato da Qumran2, inserito il 21/04/2011
PREGHIERA
Primo Mazzolari, Preghiere, La Locusta
La tua morte, o Gesù, è una storia di mani. Una storia di povere mani, che denudano, inchiodano, giocano a dadi, spaccano il cuore. Tu lo sai, tu lo vedi, o Signore. Prima di giudicare, però, pensiamoci.
Ci sono dentro anche le nostre mani. Mani che contano volentieri il denaro, mani che legano le mani agli umili, mani che applaudono le prepotenze dei violenti, mani che spogliano i poveri, mani che inchiodano perché nessuno contenda il nostro privilegio, mani che invano cercano di lavare le proprie viltà, mani che scrivono contro la verità, mani che trapassano i cuori. La tua morte è opera di queste mani, che continuano nei secoli l'agonia e la passione.
Se potessimo dimenticare queste mani, se ci fosse un'acqua per lavare queste mani. Per dimenticare le mie mani, ho bisogno di guardare altre mani, di sostituire le mie mani spietate con le mani misericordiose della Madonna, della Maddalena, di Giovanni, del Centurione che si batte il petto...
crocevenerdì santopassioneresponsabilitàingiustizia
inviato da Don Dino Lanza, inserito il 20/04/2011
PREGHIERA
Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni, ed. San Paolo
Santa Maria, donna coraggiosa, alcuni anni fa in una celebre omelia pronunciata a Zapopan nel Messico, Giovanni Paolo II ha scolpito il monumento più bello che il magistero della Chiesa abbia mai elevato alla tua umana fierezza, quando disse che tu ti presenti come modello «per coloro che non accettano passivamente le avverse circostanze della vita personale e sociale, né sono vittime dell'alienazione».
Dunque, tu non ti sei rassegnata a subire l'esistenza. Hai combattuto. Hai affrontato gli ostacoli a viso aperto. Hai reagito di fronte alle difficoltà personali e ti sei ribellata dinanzi alle ingiustizie sociali del tuo tempo. Non sei stata, cioè, quella donna tutta casa e chiesa che certe immagini devozionali vorrebbero farci passare. Sei scesa sulla strada e ne hai affrontato i pericoli, con la consapevolezza che i tuoi privilegi di Madre di Dio non ti avrebbero offerto isole pedonali capaci di preservarti dal traffico violento della vita.
Perciò, Santa Maria, donna coraggiosa, tu che nelle tre ore di agonia sotto la croce hai assorbito come una spugna le afflizioni di tutte le madri della terra, prestaci un po' della tua fortezza. Nel nome di Dio, vendicatore dei poveri, alimenta i moti di ribellione di chi si vede calpestato nella sua dignità. Alleggerisci le pene di tutte le vittime dei soprusi. E conforta il pianto nascosto di tante donne che, nell'intimità della casa, vengono sistematicamente oppresse dalla prepotenza del maschio.
Ma ispira anche la protesta delle madri lacerate negli affetti dai sistemi di forza e dalle ideologie di potere. Tu, simbolo delle donne irriducibili alla logica della violenza, guida i passi delle "madri-coraggio" perché scuotano l'omertà di tanti complici silenzi. Scendi in tutte le "piazze di maggio" del mondo per confortare coloro che piangono i figli desaparecidos. E quando suona la diana di guerra, convoca tutte le figlie di Eva perché si mettano sulla porta di casa e impediscano ai loro uomini di uscire, armati come Caino, ad ammazzare il fratello.
Santa Maria, donna coraggiosa, tu che sul Calvario, pur senza morire hai conquistato la palma del martirio, rincuoraci col tuo esempio a non lasciarci abbattere dalle avversità. Aiutaci a portare il fardello delle tribolazioni quotidiane, non con l'anima dei disperati, ma con la serenità di chi sa di essere custodito nel cavo della mano di Dio. E se ci sfiora la tentazione di farla finita perché non ce la facciamo più, mettiti accanto a noi. Siediti sui nostri sconsolati marciapiedi. Ripetici parole di speranza.
E allora, confortati dal tuo respiro, ti invocheremo con la preghiera più antica che sia stata scritta in tuo onore: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio; non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta». Così sia.
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inviato da Qumran2, inserito il 19/04/2011
TESTO
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inviato da Qumran2, inserito il 15/04/2011
TESTO
S. Giovanni Maria Vianney, Omelia per la V Domenica dopo Pasqua
Per mostrarvi il potere della preghiera e le grazie che essa vi attira dal cielo, vi dirò che è soltanto con la preghiera che tutti i giusti hanno avuto la fortuna di perseverare. La preghiera è per la nostra anima ciò che la pioggia è per la terra. Concimate una terra quanto volete, se manca la pioggia, tutto ciò che farete non servirà a nulla. Così, fate opere buone quanto volete, se non pregate spesso e come si deve, non sarete mai salvati; perché la preghiera apre gli occhi della nostra anima, le fa sentire la grandezza della sua miseria, la necessità di fare ricorso a Dio; le fa temere la sua debolezza.
Il cristiano conta per tutto su Dio solo, e niente su se stesso. Sì, è per mezzo della preghiera che tutti i giusti hanno perseverato. Del resto, ci accorgiamo noi stessi che appena trascuriamo le nostre preghiere, perdiamo subito il gusto delle cose del cielo: pensiamo solo alla terra; e se riprendiamola preghiera, sentiamo rinascere in noi il pensiero e il desiderio delle cose del cielo. Sì, se abbiamo la fortuna di essere nella grazia di Dio, o faremo ricorso alla preghiera, o saremo certi di non perseverare per molto tempo nella via del cielo.
In secondo luogo, diciamo che tutti i peccatori debbono, senza un miracolo straordinario che accade rarissimamente, la loro conversione soltanto alla preghiera. Vedete santa Monica, ciò che fa per chiedere la conversione di suo figlio: ora essa è al piede del suo crocifisso a pregare e piangere; ora si trova presso persone che sono sagge, per chiedere il soccorso delle loro preghiere. Guardate lo stesso sant'Agostino, quando volle seriamente convertirsi... Si, per quanto fossimo peccatori, se avessimo fatto ricorso alla preghiera e se pregassimo come si deve, saremmo sicuri che il buon Dio ci perdonerebbe.
Ah!, fratelli miei, non meravigliamoci del fatto che il demonio fa tutto ciò che può per farci tralasciare le nostre preghiere, e farcele dire male; è che capisce molto meglio di noi quanto la preghiera è temibile nell'inferno, e che è impossibile che il buon Dio possa rifiutarci ciò che gli chiediamo per mezzo della preghiera...
Non sono né le lunghe né le belle preghiere che il buon Dio guarda, ma quelle che si fanno dal profondo del cuore, con un grande rispetto ed un vero desiderio di piacere a Dio. Eccovene un bell'esempio. Viene riferito nella vita di san Bonaventura, grande dottore della Chiesa, che un religioso assai semplice gli dice: «Padre, io che sono poco istruito, lei pensa che posso pregare il buon Dio e amarlo?».
San Bonaventura gli dice: «Ah, amico, sono questi principalmente che il buon Dio ama di più e che gli sono più graditi». Questo buon religioso, tutto meravigliato da una notizia così buona, va a mettersi alla porta del monastero, dicendo a tutti quelli che vedeva passare: «Venite, amici, ho una buona notizia da darvi; il dottore Bonaventura m'ha detto che noi altri, anche se ignoranti, possiamo amare il buon Dio quanto i dotti. Quale felicità per noi poter amare il buon Dio e piacergli, senza sapere niente!».
Da questo, vi dirò che non c'è niente di più facile che il pregare il buon Dio, e che non c'è nulla di più consolante.
Diciamo che la preghiera è una elevazione del nostro cuore verso Dio. Diciamo meglio, è il dolce colloquio di un bambino con il padre suo, di un suddito con il suo re, di un servo con il suo padrone, di un amico con il suo amico, nel cui cuore depone i suoi dispiaceri e le sue pene.
preghierarapporto con Dioconversionecrescita interiore
inviato da Parrocchia S. Giovanni M. Vianney, Roma, inserito il 10/03/2011
TESTO
E' bello incontrare gli altri,
dopo non sei più lo stesso.
E' bello incontrare gli altri:
si apre l'orizzonte della tua vita.
E' bello incontrare gli altri,
per dire grazie a Dio.
E' bello incontrare gli altri:
la vita non è più un enigma
ma un canto che non finirà di stupirti!
incontroprossimorapporto con gli altri
inviato da Giovanni Argenziano, inserito il 08/03/2011
TESTO
San Giovanni Maria Vianney, Pensieri
Un'ora di pazienza vale più di molti giorni di digiuno.
pazienzadigiunoquaresimapenitenza
inserito il 27/02/2011
TESTO
58. Riflessioni sulla guerra e la pace
La guerra è una inutile strage.
Benedetto XV
Tutto è perduto con la guerra, niente è perduto con la pace.
Pio XII
Mai più la guerra!
Paolo VI
La guerra è il male peggiore che affligge la società umana ed è fonte di ogni male e di ogni corruzione morale. Ad essa non è possibile fornire una cura assoluta e immediata.
Immanuel Kant
La vera scelta non è tra non violenza e violenza ma tra non violenza e non esistenza... Se non riusciremo a vivere come fratelli moriremo tutti come stolti.
Martin Luther King
O l'umanità distruggerà gli armamenti o gli armamenti distruggeranno l'umanità.
Mahatma Gandhi
Un'elementare coerenza esige che chi cerca la pace difenda la vita. Nessuna azione per la pace può essere efficace se non ci si oppone con la stessa forza agli attacchi contro la vita in ogni sua fase, dal suo sorgere sino al naturale tramonto.
Giovanni Paolo II
La religione non deve mai essere utilizzata come motivo di conflitto. Cristiani e musulmani, insieme con i credenti di ogni religione, sono chiamati a ripudiare la violenza per costruire un'umanità amante della vita, che si sviluppi nella giustizia e nella solidarietà.
Giovanni Paolo II
Nessuna civiltà potrà essere considerata tale se cercherà di prevalere sulle altre.
Mahatma Gandhi
inserito il 19/02/2011
TESTO
Giovanni Paolo II, Memoria e identità
Il male esiste nel mondo anche per risvegliare in noi l'amore.
inviato da Qumran, inserito il 07/01/2011
TESTO
60. E' possibile pregare o meditare scandendo i tempi della giornata? 2
Jean-Marie Lustiger, Avvenire del 30/11/2008
Ecco i consigli dell'arcivescovo di Parigi: «Obbligatevi a spezzare il ritmo frenetico delle nostre metropoli. Fatelo sui mezzi pubblici e nelle pause del lavoro». Uno scritto inedito del cardinale Francese morto un anno fa.
Come pregare durante il giorno? La tradizione della Chiesa raccomanda di pregare sette volte al giorno. Perché? Una prima ragione è che il popolo d'Israele offriva il proprio tempo a Dio in sette preghiere quotidiane, in momenti fissi, nel Tempio o almeno voltati verso di esso: «Sette volte al giorno io ti lodo» ci rammenta il salmista (Salmo 118,164). Una seconda ragione è che il Cristo stesso ha pregato così, fedele alla fede del popolo di Dio. La terza ragione è che i discepoli di Gesù hanno pregato così: gli apostoli (vedi Atti 3,1: Pietro e Giovanni) e i primi cristiani di Gerusalemme «assidui nelle preghiere» (vedi Atti 2,42; 10,3-4: Cornelio nella sua visione); poi le comunità cristiane e, più tardi, le comunità monastiche. E così anche i religiosi e le religiose, i preti, sono stati chiamati a recitare o a cantare in sette riprese le «ore» dell'«ufficio» (che significa «dovere», «incarico», «missione» di preghiera), facendo una pausa per cantare i salmi, meditare la Scrittura, intercedere per i bisogni degli uomini e rendere gloria a Dio. La Chiesa invita ogni cristiano a scandire la propria giornata con una preghiera ripetuta, deliberata, voluta per amore, fede, speranza.
Prima di sapere se è bene pregare due, tre, quattro, cinque, sei, sette volte al giorno, un consiglio pratico: associate i momenti di preghiera a gesti fissi, a punti di passaggio obbligati che scandiscono le vostre giornate.
Per esempio: per coloro che lavorano e in genere hanno orari stabili, esiste pure un momento in cui lasciate il vostro domicilio e vi recate al lavoro... a piedi o in auto, in metropolitana o in autobus. A un orario preciso. E ciò vi prende un determinato tempo, sia all'andata sia al ritorno. Perché quindi non associare dei tempi di preghiera a quelli di spostamento?
Secondo esempio: siete madre di famiglia e rimanete a casa, ma avete dei figli da portare e riprendere a scuola in momenti precisi della giornata. Un altro obbligo che segna una pausa: i pasti, anche se a causa di forza maggiore o cattiva abitudine mangiate solo un panino o pranzate in piedi. Perché non trasformare queste interruzioni nella giornata in punti di riferimento per una breve preghiera?
Sì, andate a cercare nella vostra giornata questi momenti più o meno regolari di interruzione delle occupazioni, di cambiamento nel ritmo di vostra vita: inizio e fine del lavoro, pasti, tempi di viaggio ecc.
Associate a questi momenti la decisione di pregare, anche solo per un breve istante, il tempo di fare l'occhiolino a Dio. Datevi l'obbligo rigoroso, qualunque cosa accada, di consacrare quindi anche solo trenta secondi o un minuto a dare un nuovo orientamento alle vostre diverse occupazioni sotto lo sguardo di Dio.
La preghiera così, pervaderà quanto vi sarà dato vivere.
Quando andate al lavoro forse intanto rimuginate sui colleghi che ritroverete, sulle difficoltà da affrontare in un ufficio in cui lavorate in due o in tre; le personalità cozzano maggiormente quando la vicinanza è troppo stretta e quotidiana. Chiedete a Dio in anticipo: «Signore, fa' che io viva questo rapporto quotidiano nella vera carità. Permettimi di scoprire le esigenze dell'amore fraterno nella luce della Passione di Cristo che mi renderà sopportabile lo sforzo richiesto».
Se lavorate in un grande centro commerciale, forse rimuginerete sulle centinaia di volti che vi scorreranno davanti senza che abbiate il tempo di guardarli. Chiedete a Dio in anticipo: «Signore, ti prego per tutte quelle persone che passeranno davanti a me e alle quali cercherò di sorridere.
Anche se non ne ho la forza quando mi insultano e mi trattano come fossi una macchina calcolatrice».
Insomma, approfittate al meglio, durante la vostra giornata, di questi punti di passaggio obbligati, dei momenti in cui disponete di un po' di margine e vi lasciano, se siete vigili, un piccolo spazio di libertà interiore per riprendere fiato in Dio.
Si può pregare nella metropolitana o sui mezzi pubblici? Io l'ho fatto. Ho utilizzato diversi metodi secondo i momenti della mia vita o le circostanze. Ci fu un tempo in cui mi ero abituato a mettere i tappi nelle orecchie per isolarmi e poter avere un minimo di silenzio, tanto ero esasperato dal rumore. Pregavo così, senza per questo tagliar fuori le persone che mi erano attorno visto che potevo ancora essere presente a essi con lo sguardo, senza però scrutarli, senza fissarli, senza essere indiscreto nel modo di guardarli. Il silenzio fisico dell'orecchio mi permetteva di essere ancora più libero nell'accoglienza. In altri periodi, invece, ho vissuto un'esperienza esattamente contraria. Ognuno di noi fa come può, ma in nessun caso dobbiamo ritenere che sia impossibile pregare.
Ecco un altro suggerimento. Scommetto che lungo il vostro tragitto, dalla stazione della metropolitana o dalla fermata dell'autobus fino a casa o al posto di lavoro, potete incontrare, nel raggio di trecento o cinquecento metri, una chiesa o una cappella (una piccola deviazione vi consentirebbe di camminare un po'). A Parigi si può fare. In quella tal chiesa potete pregare in tranquillità o, al contrario, essere continuamente disturbati; può essere adatta o meno alla vostra sensibilità: questo è un altro discorso. Ma c'è una chiesa con il Santissimo Sacramento. Perciò, camminate per qualche centinaio di metri in più; vi ci vorranno dieci minuti, e un po' d'esercizio non farà male alla vostra linea... Entrate in chiesa e andate fino al Santissimo Sacramento. Inginocchiatevi e pregate. Se non potete di più, fatelo per dieci secondi. Ringraziate Dio Padre per il mistero dell'Eucaristia nel quale siete inclusi, per la presenza del Cristo nella sua Chiesa. Lasciatevi andare all'adorazione con il Cristo, nel Cristo, tramite la forza dello Spirito. Rendete grazie a Dio. Rialzatevi.
Fatevi un bel segno della croce e ripartite.
preghierapregaretempoquotidianitàperseveranzafedeltà nella preghiera
inviato da Anna Barbi, inserito il 05/09/2010