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TESTO
Devi soffermarti con umiltà anche dinanzi ad una rugiada che brilla davanti ad un filo d'erba, perché potresti riuscire a vedere l'arcobaleno.
stuporeimportanza delle piccole cosecreato
inviato da Cinzia Novello, inserito il 08/05/2012
PREGHIERA
522. Preghiera degli educatori prima dell'incontro 3
Signore, siamo pronti
per iniziare un altro pomeriggio
insieme ai nostri ragazzi e insieme a te,
per i nostri ragazzi e per te.
Aiutaci a lasciare da parte
tutti i nostri pensieri, le nostre preoccupazioni
per dedicarci interamente ai nostri ragazzi.
Fa' che i nostri sentimenti e le nostre parole,
le nostre azioni e i nostri pensieri,
tutto sia dei nostri ragazzi, tutto sia per loro.
Insegnaci, Signore,
a consolare i ragazzi che sono tristi,
a rialzare quelli che cadono,
a sostenere i più timidi e timorosi
e a venire in aiuto di tutti coloro che sono più deboli.
Fa' che sappiamo adattarci
alle esigenze, al carattere,
alle disposizioni, alle capacità e ai limiti
di ciascuno dei nostri ragazzi.
Manda su di noi il tuo Santo Spirito
che ci doni la luce e le competenze di cui abbiamo bisogno.
Metti sulle nostre labbra parole rette e giuste,
affinché, insieme con loro,
possiamo crescere anche noi
nella fede, nella speranza e nell'amore,
nella purezza e nell'umiltà,
nella pazienza, nell'obbedienza
e nella profonda amicizia tra di noi e con te
e possiamo portarti ai nostri ragazzi nella gioia.
Amen!
educatorioratorioaffidamentoanimatorieducare
inviato da Simone Perotto, inserito il 08/05/2012
PREGHIERA
523. Preghiera dell'animatore "Buon Samaritano" 3
Insegnami, Signore,
a servirmi delle mani
per donare premure e attenzioni
facendomi vicino a chiunque ha bisogno di me.
Insegnami, Signore,
a servirmi bene degli occhi e dell'udito
per vedere e percepire con il cuore
che ogni persona che incontro può essere il mio prossimo.
Insegnami, Signore,
a usare bene la parola avendo sempre nel volto il sorriso,
per portare a tutti "belle parole"
che edificano e fanno crescere.
Insegnami, Signore,
a usare i miei piedi per andare incontro
a quel prossimo "un po' scomodo"
perché tu mi chiedi di amarlo come me stesso.
Aiutami, Signore,
a mettere in pratica il tuoi insegnamenti
e diventerò un animatore dal cuore grande,
un vero compagno di viaggio
per i bambini e ragazzi a me affidati.
Amen.
inviato da Milena Pavan, inserito il 08/05/2012
PREGHIERA
524. Ciò che ritroveremo un giorno 1
Rivista il Carmelo e le missioni
Un giorno ci nutrirà solo il pane che abbiamo dato da mangiare;
ci disseterà solo l'acqua che abbiamo dato da bere;
ci vestirà solo il vestito che abbiamo donato;
ci rallegrerà solo il pellegrino che abbiamo ospitato.
Ci consolerà solo la parola che abbiamo detto per confortare;
ci guarderà solo l'ammalato che abbiamo assistito;
ci visiterà solo il prigioniero che abbiamo visitato.
La fatica di vivere è fatica di costruire;
la realtà non si trasforma a partire dai sogni,
ma dalla realtà.
Abbiamo studiato molte parole d'Amore,
abbiamo coniato molte parole d'Amore.
Confortaci e, se necessario, scuotici, o Signore:
non ci accada che, partiti infine dal mondo,
lasciamo non attuate troppe parole d'Amore.
caritàsolidarietàamoreconcretezza
inviato da Mariarosa Bosani, inserito il 08/05/2012
TESTO
Pino Pellegrino, Marino Gobbin, Omelie per un anno, Vol. 1 - Anno A, Elledici 2004
1. Prima di parlare controlla che il cervello sia inserito.
2. Non parlare di te: lascia che siano gli altri a scoprirlo.
3. Regala parole buone: la scienza sta ancora cercando una medicina più efficace delle parole buone.
4. Non dire tutto ciò che pensi, ma pensa a tutto ciò che dici.
5. Adopera ragioni forti con parole dolci.
6. Quando parli, pensa all'insalata: è buona se ha più olio che aceto.
7. Non basta parlare: bisogna comunicare. Chi parla difficile non comunica.
8. Ascolta! Ascoltare è la forma più raffinata di parlare.
9. Quando senti altrui mancamenti, serra la lingua tra i denti.
10. Parla per ultimo: sarai ricordato per primo.
parlarepredicaresaggezzacomunicarecomunicazioneascoltodolcezzabontàumiltà
inviato da Qumran2, inserito il 07/05/2012
TESTO
P. Gianni fanzolato, Loreto S. Natale 2011
Annunciazione
Anche per me, come a Maria, c'è stato un annuncio:
un angelo mi ha chiesto se ero disposto a portare Gesù ai fratelli;
e come per miracolo ho trovato Cristo nei poveri, carcerati, migranti.
Dal sì di Maria come centri concentrici tutti i sì di chi si sente amato dal Padre.
E nasce l'amore!
Natale.
Per me è Natale quando Cristo mi ha cambiato la vita col battesimo e sono rinato.
Da quel momento ho visto nascere attorno a me tanti che sognano un pane,
fratelli in carcere per i quali è natale quando qualcuno li va a visitare,
tanti ragazzi, uomini migranti per il mondo che aspettano di essere accolti.
E nasce la gioia!
I Re Magi
Ogni volta nel mio cuore nasce l'amore a Dio e ai fratelli, è oro che offro.
Quando lascio tutto e perdo tempo in tua compagnia è incenso che sale.
Se vivo nella tua grazia e la vita si fa dono a chi soffre è mirra che profuma.
Permettimi, Signore di inginocchiarmi per adorarti presente nel mio prossimo.
E nasce la lode!
Epifania
Ti manifesti a me nel dolore del malato, di chi vive lontano dalla patria.
Sei continua epifania negli avvenimenti della storia e di chi cammina accanto.
Ti sveli come d'incanto per chi sa scorgerti nella Parola, nel Pane e nella vita.
E il mondo avvolto dalle tenebre del peccato, toglie il velo e risorge a una luce nuova.
E nasce la pace!
annunciazionenataleepifaniare magi
inviato da Gianni Fanzolato, inserito il 07/05/2012
TESTO
Chi mai può separare la sua fede dai suoi atti, il suo credo dal suo quotidiano? Chi può disporre il suo tempo dicendo: Questo è di Dio, questo è per me? Tutte le vostre ore, tutto il vostro vivere sia la coerenza di un'ala vibrante verso l'Alto.
fedevitacredererapporto con Dio
inviato da Qumran2, inserito il 07/05/2012
TESTO
Schiavi quando pensiamo di fare da soli, quando contiamo solo sulle nostre forze.
Schiavi quando le nostre competenze, la nostra cosiddetta esperienza, sono la nostra sicurezza.
Schiavi quando crediamo che la nostra ragione debba essere affermata e non confrontata.
Schiavi quando le nostre azioni si basano sul nostro poter fare e spesso sulle incapacità degli altri.
Schiavi quando nemmeno ce ne rendiamo conto di esserlo.
Schiavi proprio quando ci sentiamo liberi di affermare che non siamo schiavi di nessuno.
Schiavi quando guardiamo male l'obbedienza, l'umiltà dei servi, la sofferenza che toglie dignità.
Schiavi quando ci ripugna l'agnello immolato, lo scandalo e la stoltezza della croce.
Il nostro Mar Rosso, il nostro passaggio è il giardino del Getsemani.
L'abbandono nell'amore del Padre, il primato della volontà di Dio,
l'accettazione del calice, essere fatti partecipi della stessa cena, ci dona libertà.
Liberi di sentirci amati.
Liberi di saperci accolti per quello che siamo e non per quello che ci piacerebbe essere senza riuscirci.
Liberi di aderire al Signore sciogliendo ogni vincolo che non ci permette di seguirlo.
Liberi perfino di sbagliare e di sentirci amati anche per questo.
Liberi di rendere grazie.
Liberi di partecipare al progetto di Dio.
Liberi di affrontare la sofferenza senza sapere prima come fare.
Liberi di vivere una fede che è dono e non conquista.
Liberi di abbandonarci conoscendo l'ampiezza delle braccia che ci accoglieranno.
Liberi di gioire davanti ad un sepolcro che è rimasto vuoto per sempre.
Liberi di annunciare a tutti che ci possiamo fidare di Lui.
Gesù risorto è la verità che ci rende liberi, colui che nella sua vita di figlio
ha inserito anche noi perché possiamo sentirci nuovamente liberi e amati dal Padre.
pasqualibertàschiaviùpeccatoredenzione
inviato da Marcello Barbieri, inserito il 06/05/2012
TESTO
Mariano Magrassi, Afferrati da Cristo
Dedichiamo brevemente attenzione ai gesti quotidiani che esprimono l'agàpe (amore) e costruiscono la koinonia (comunione). Al primo posto metterei una capacità infinita di comprensione e perdono. Non sta insieme una comunità dove i componenti non sono pronti a perdonarsi.
Bisogna anzitutto capire gli altri e accettarli come sono. Prendere i fratelli come Dio ce li manda e poi entrare in ciascuno, a partire da un gesto, da una parola, con una forte carica di simpatia, in modo da uscirne con la sua immagine, vera e non deformata. Spesso i pregiudizi fanno da schermo, si interpongono tra noi e i fratelli. Un filosofo ha definito la carità «l'attenzione prestata all'esistenza altrui».
Un altro elemento, importante per la comunione, è la prontezza a donarsi sulla linea del servizio. Un servizio che anzitutto deve afferrare tutto il mio essere, cioè devo fare di me quello che viene bene per gli altri. Aggiusto me stesso per essere gradito agli altri. È una carità che si fa con l'essere, prima che con l'azione.
Amare senza misura, né di intensità né di estensione. Quindi fraterna apertura a tutti. I fratelli non si scelgono, si accolgono senza discriminazione; basta escluderne uno per uccidere la carità. E dopo che l'ho accettato, il fratello, superando l'egoismo che è chiusura in me stesso, devo aprirmi a lui con una immensa speranza. Quando l'io si chiude in se stesso, intristisce. Quando invece diventa capace di rapporto, di comunione, allora si apre e fiorisce, come certi fiori che si schiudono quando sorge il sole.
Altro gesto di comunione è la correzione fraterna. Che sia un gesto cristiano non c'è alcun dubbio, perché si trova nel discorso ecclesiale di Matteo (18, 15-17). Ma è un'arte molto, molto difficile! Occorre intervenire nel momento giusto e col tono giusto. Deve nascere da un bisogno di amicizia che porge fraternamente all'altro una mano per risollevarsi. A sua volta, la correzione spinge chi la compie a togliere la trave dal proprio occhio.
Ma occorre pure sopportare se stessi, cioè accattare con serenità i propri limiti. Questo non lo riferisco ai peccati che dobbiamo cercare di eliminare, tutti; ma ai limiti che ci sono in ogni persona umana. Bisogna diventare scomplessati al riguardo; occorre saperci accettare come siamo, con lo sforzo quotidiano per renderci migliori. Allora si diventa uomini felici di vivere. È una cosa molto importante questa, perché l'uomo felice di vivere è capace di buoni rapporti con gli altri.
Accettare le diversità e saperle comporre nella comunione è un'altra cosa indispensabile. La diversità è voluta da Dio. La diversità è una ricchezza, purché non diventi contrasto. L'immagine più bella mi pare che l'abbia trovata Ignazio di Antiochia quando ha detto che siamo come una cetra, cha ha parecchie corde, e ogni corda suona la sua nota, ma ogni corda è armonizzata con l'altra. Se avessimo nella Chiesa un po' più di capacità di comporre queste differenze nella comunione! Si tratta di diversità a livello personale, non delle diversità sulle verità di fede; è chiaro che lì ci deve essere la perfetta comunione.
Da ultimo occorre da parte di tutti una fraterna cooperazione al bene di tutto il corpo ecclesiale. La salute e la vitalità di un organismo risultano dall'apporto di tutti gli organi che lo compongono. La Chiesa è un corpo che ha bisogno di tutti: ognuno l'arricchisce col suo dono.
Il Signore ci renda capaci di moltiplicare ogni giorno i gesti di bontà intorno a noi. Questa comprensione verso gli altri non è per il cristiano pura filantropia, ma un modo di andare incontro al Cristo, perché il fratello è "sacramento di Gesù". Gesù mette sul suo conto quello che abbiamo fatto al più piccolo dei nostri - e suoi - fratelli.
amorecomunionecomunitàfratelloserviziocorrezione fraterna
inviato da Marco Sciddurlo, inserito il 06/05/2012
TESTO
Luisa Faillace, La mia vita e il Libro di Giobbe
Se il tempo quel giorno si fosse fermato io non avrei mai potuto vedere i miei migliori amici sposarsi: testimoniare di un amore che non ha confini umani.
Non avrei mai potuto scoprire che al mondo esistono uomini capaci di essere professionisti affermati e padri presenti per figli felici.
Non avrei mai potuto indossare quel tubino di raso turchese che a me piace tanto... con quelle scarpe così decisamente kitsch... e fare la smorfiosa felice per un giorno.
Non avrei mai potuto scoprire di essere capace di costruire per lavorare;
...capire che quando un figlio, un genitore, ma soprattutto un fratello ed un amico più ti allontana tanto più ha bisogno di te.
Se il tempo quel giorno si fosse fermato non avrei mai potuto far pace con me stessa e soprattutto con te...
...e pertanto non avrei mai scoperto com'è bello alzarsi e sentirsi leggeri e ascoltare ancora il battito del proprio cuore e sentirlo sorridere.
Se la morte quel giorno avesse preso il sopravvento sulla vita, sulla mia vita,
non avrei mai scoperto che possono esistere colleghi capaci di accoglierti senza remore e senza invidia,
aiutarti a formarti e "fare strada insieme" anche nella vita:
"Perché cosa rimarrebbe della Vita? E di noi?!".
...non avrei mai raccolto il frutto di speranze e preghiere taciute ma desiderate all'estremo.
Se quella macchina, la mia macchina, quel giorno fosse finita giù non avrei potuto abbracciare i nipotini dei miei migliori amici e constatare che davvero quando un bambino ti stringe tra le braccia diventi tu il suo mondo e loro il nostro.
...non avrei mai visto e sentito gridare forte con la rabbia, la disperazione il dolore, la devozione, la gioia, la felicità, la fede, l'Amore: W San Leone; affidarsi senza se e senza ma, ridere e sorridere con gente a me straniera ed amica per un giorno e... per la vita.
Non avrei goduto ancora delle meraviglie artistiche del mondo,
né di albe e tramonti che non torneranno più perché ognuno ha in sé quel ricordo.
Non avrei scoperto che la vita sa e può sorprenderti... per una nuova amicizia inaspettata, ritornata, costruita...
...per quelle debolezze di uomini e donne così apparentemente forti... e continuarli comunque senza remore ad amarli in silenzio perché soprattutto il silenzio è amore, è perdono, è speranza.
Era il 18 Febbraio di un anno fa', come due giorni fa...
...non sarei cresciuta, non sarei cambiata, non sarei rinata.
Se ti fermi a leggere queste parole allora ferma per un momento anche la tua vita:
perdona chi ti ha fatto del male,
chiedi perdono a chi tu hai fatto del male perché se non lo sai sei capace di perdonare e se lo sai che ne sei capace serve solo fare un passo più in là perché anche il perdono si costruisce;
sorridi ancora una volta, gioisci ancora una volta,
non passare indifferente tra la gente,
ascolta chi ti cerca e cerca chi ti evita,
domanda, chiedi, guarda negli occhi,
ama gratuitamente chi la vita ti fa incontrare per caso, per sbaglio,
ma sempre per un senso.
Ma soprattutto pensa costantemente che la vita può durare tanto
ma può durare anche solo un altro istante!
...e poi:
"Considera i cieli, e vedi!
Guarda le nuvole, come sono più in alto di te!".
vitasenso della vitainterioritàperdonoviverecogliere l'attimoimportanza delle piccole cose
inviato da Luisa Faillace, inserito il 06/05/2012
TESTO
Quando la malattia o un lutto entrano nella nostra vita ci sdraiamo sulla croce e d'improvviso, ci accorgiamo che è già occupata. Lì si incontra Gesù Cristo.
rapporto con Diosofferenzacrocedolore
inviato da Betty Bonfanti, inserito il 06/05/2012
RACCONTO
Un principe molto ricco decise di costruire una chiesa per tutte le persone che abitavano nel villaggio. Era un bell'edificio elegante, posto sulla collina e dunque ben visibile a tutti. Ma aveva una stranezza: era senza finestre! Il giorno dell'inaugurazione, prima che il sacerdote cominciasse la celebrazione, il principe fece il suo discorso per consegnare il tempio alla comunità. Disse: "Questa chiesa sarà un luogo d'incontro con il Signore, che ci chiama a pregarlo ed a volerci bene. Vi chiederete come mai non sono state costruite finestre. Lo spiego subito. Quando ci sarà una celebrazione ad ogni persona che entra in chiesa, verrà consegnata una candela. Ognuno di noi ha un suo posto. Quando saremo tutti presenti, la chiesa risplenderà ed ogni suo angolo sarà illuminato. Quando invece mancherà qualcuno, una parte del tempio rimarrà in ombra". Gli abitanti di quel villaggio furono molto grati al principe, che oltre ad essere ricco era anche molto saggio.
Ogni cristiano è luce per gli altri, ed ha un suo posto particolare nella comunità.
lucetestimonianzachiesacomunitàimportanza del singolo
inviato da Pozzato Maura, inserito il 06/05/2012
TESTO
colpaammissionepeccatopentimentoguarigionerinascita
inviato da Qumran2, inserito il 02/05/2012
TESTO
In un campo ho veduto una ghianda: sembrava così morta, inutile.
E in primavera ho visto quella ghianda mettere radici e innalzarsi, giovane quercia verso il sole.
Un miracolo, potresti dire: eppure questo miracolo si produce mille migliaia di volte nel sonno di ogni autunno e nella passione di ogni primavera.
Perché non dovrebbe prodursi nel cuore dell'uomo?
attesasperanzarinascitacambiamentoconversionefiducia
inviato da Cinzia Novello, inserito il 02/05/2012
PREGHIERA
Ne abbiamo fatto un armadietto
contro il pericolo d'incendio e di scasso.
Ma, in realtà, dovrebbe essere una piccola tenda;
lo dice il nome: "Tabernaculum",
una tenda simile a quella dei beduini
che, pascolando il gregge,
si spostano continuamente
in cerca di nuovi pascoli.
Così, o mio Dio,
vuoi condurci con Cristo
sempre più avanti, verso nuovi spazi
ove l'erba è più fresca,
la pace più profonda,
ove le pecore
più piccole, più deboli, più povere del gregge
trovino il più grande benessere.
Pregare
guardando il tabernacolo,
mettersi, cioè, in sintonia con Dio,
è chiedere di poter vivere in continuo movimento,
perché i pascoli più ubertosi
restano ancora nascosti.
E noi dobbiamo arrotolare continuamente la tenda
per raggiungere un'altra pace, reale,
ed una felicità più grande
a vantaggio delle pecore
più piccole, più deboli, più povere del gregge.
inviato da Maria Colombo, inserito il 28/04/2012
TESTO
Amici della Zizzi, Commento al Vangelo
"Si lavò le mani".
Quante volte davanti alle ingiustizie ci siamo lavati le mani come ha fatto Ponzio Pilato?
Quante volte abbiamo visto un barbone per la strada dormire sotto i cartoni ed abbiamo detto: "Qualcuno ci penserà, non è affar mio".
Quante volte abbiamo saputo di un bambino in una brutta situazione ed abbiamo detto: "Lo prenda un'altra famiglia, non la mia".
Quante volte abbiamo visto qualcuno soffrire e non lo abbiamo aiutato dicendo che non è affar nostro?
Basterebbe che ognuno di noi si preoccupasse di una sola persona povera o abbandonata per cambiare la sua vita ed il mondo che ci circonda.
"Non è affar mio", ed allora chi si dovrebbe occupare dei bambini abbandonati, dei poveri, degli emarginati?
Lo stato? Ma chi è lo stato se non noi? Ok, allora che se ne occupino le istituzioni, ma con quali soldi se già a stento funzionano ospedali, scuole ed uffici pubblici? Disposti a raddoppiare le tasse per aiutare chi soffre? Ma non è una questione di soldi, è una questione di cuore, di amore. Un bambino che è stato picchiato dalla sua mamma, violentato dal suo papà, denutrito da quando è nato, un bambino che ha visto la sorella prostituirsi nel letto vicino al suo tutte le sere, che ha visto i drogati entrare in casa sua per comprare una dose... secondo voi ha bisogno dei vostri soldi o di quelli dello stato? Ha bisogno di una struttura che lo accolga, diventi un numero ed una volta raggiunta una certa età (spesso 13/14 anni) venga mandato via, che viva sempre con il pensiero che possa essere mandato via, che non abbia punti di riferimento perché gli educatori che nella struttura interagiscono con lui lo fanno per lavoro e come ogni mestiere hanno orari, ferie, licenziamenti, opportunità migliori per le quali andarsene?
Ma secondo voi come può crescere un bambino in tal modo?
Di cosa hanno bisogno i vostri figli? Li mandereste in una struttura del genere? Le comunità educative devono esserci perché ci sono ragazzi troppo difficili da poter essere inseriti in una famiglia, ma ci sono migliaia di bambini (un milione e trecentomila è la stima dei bambini che necessitano di aiuto nella nostra bella Italia) che hanno bisogno del cuore di una mamma e di un papà "puliti". Due genitori che amino quel bimbo come loro stessi. A noi è andata così. Noi ci hanno amato, ci hanno accudito, ci hanno educato. Ma se fossimo nati per la strada? Se fossimo nati in una famiglia disgraziata quale sarebbe stato il nostro desiderio più grande? Quale il nostro sogno? Avere una famiglia che ci amasse.
Ecco, questo è il loro sogno, il loro desiderio. Aprite il vostro cuore ad un bambino in affido, date loro quell'amore che vi è stato donato da piccoli, offritegli quel calore che vorreste fosse elargito ai vostri figli se per qualche motivo voi non poteste più dare.
E' Pasqua, un periodo in cui si dovrebbe pensare riflettere di più, un momento in cui ci si scambia gli auguri di pace.
Il mio augurio è che possiate sporcarvi le mani per aiutare qualcuno, ma non dandogli un euro per tacitare la vostra coscienza, ma dandogli il vostro amore, ascoltando le loro pene.
Prendere un bambino in affidamento, accogliere un fanciullo nella propria casa non è difficile.
Noi siamo a vostra disposizione e scommettiamo su di voi. Chi dice "non ho le capacità" è un bischero. Tutti noi abbiamo la capacità di fare qualsiasi cosa, basta volerlo, basta non aver paura della strada spesso in salita.
Chi si incamminerà verso l'aiuto per il prossimo, specie per un bambino, avrà l'appoggio del Signore e riceverà tanto di quell'amore da quel ragazzo che il cuore vi scoppierà dalla gioia e direte a voi stessi "...lo avessi fatto prima!".
Non lavatevi le mani anche voi come fanno in tanti.
Lasciatevi coinvolgere dall'amore e ne riceverete in cambio molto più di quello che mai avreste potuto sperare.
genitorifigliadozioneaffidodisponibilitàaffettocalore
inviato da Riccardo Ripoli, inserito il 28/04/2012
PREGHIERA
Jean Debruyrnne, Ecoute, Seigneur, ma prière
Non amo attendere nelle file. Non amo attendere il mio turno. Non amo attendere il treno. Non amo attendere prima di giudicare. Non amo attendere il momento opportuno. Non amo attendere un giorno ancora. Non amo attendere perché non ho tempo e non vivo che nell'istante.
D'altronde tu lo sai bene, tutto è fatto per evitarmi l'attesa: gli abbonamenti ai mezzi di trasporto e i self-service, le vendite a credito e i distributori automatici, le foto a sviluppo istantaneo, i telex e i terminali dei computer, la televisione e i radiogiornali. Non ho bisogno di attendere le notizie: sono loro a precedermi.
Ma tu Dio tu hai scelto di farti attendere il tempo di tutto un Avvento. Perché tu hai fatto dell'attesa lo spazio della conversione, il faccia a faccia con ciò che è nascosto, l'usura che non si usura. L'attesa, soltanto l'attesa, l'attesa dell'attesa, l'intimità con l'attesa che è in noi, perché solo l'attesa desta l'attenzione e solo l'attenzione è capace di amare.
inviato da Qumran2, inserito il 26/04/2012
RACCONTO
538. La parte più importante della Messa 6
Un catechista chiese un giorno a un gruppo di giovani in preparazione per la Cresima: "Qual è la parte più importante della Messa?"
La maggioranza rispose: "La Consacrazione". Ma uno disse: "La parte più importante è il rito di congedo".
Il catechista stupito chiese: "Perché dici questo?" Ed egli rispose: "La Messa serve a nutrirci con la Parola, il Corpo e il Sangue del Signore. Però la messa inizia quando termina, quando usciamo nelle strade per andare a fare e dire quello che hanno detto i discepoli di Emmaus: Abbiamo riconosciuto il Signore nella frazione del pane, ed è vivo e vive per sempre e per noi".
messamissioneeucaristiaemmausmandatotestimonianza
inviato da Qumran2, inserito il 26/04/2012
TESTO
539. Intervista a Cleofa, uno dei due discepoli di Emmaus 1
Stuart Jackman, Il caso del Nazareno, Ed. Paoline 1985 (pag. 188-196)
Stavamo tornando a casa, continuando a confabulare sugli avvenimenti di questo fine settimana, riandandovi per la centesima volta. Ci sforzavamo di dare un qualche costrutto alle cose, ma senza molto successo. Ed ecco che, a circa un chilometro dalla città, ci si avvicina un uomo...
- Era il Nazareno?
Be', questa è la cosa buffa: Noi non l'abbiamo riconosciuto. Siamo stati suoi seguaci per quasi due anni. Non eravamo di quelli importanti, ma credevamo in lui, l'abbiamo ascoltato decine di volte mentre parlava... eppure quello che si è avvicinato a noi ieri pomeriggio, ci parve del tutto forestiero.
Inoltre, sembrava completamente all'oscuro di quanto era successo a Gerusalemme in questi ultimi giorni. Si unì alla nostra conversazione, ma ci toccò informarlo sulla crocifissione di venerdì scorso e sulle voci di ieri mattina sulla risurrezione.
Sembrava non fosse al corrente di nulla, ma poi, conversando con noi, si è rifatto ai tempi passati e, cominciando da Mosè e attraverso tutti i profeti, è giunto ai giorni nostri. Aveva tutto sulle punte delle dita, formidabile era! Ce ne stavamo lì, imbambolati a bocca aperta a guardarlo. Tutti quei passaggi e brani di profezie, i testi più difficili, egli li ha collegati tra loro... come tasselli di un puzzle. Ha reso chiaro tutto l'insieme e l'ha fatto apparire quasi - come dire? - inevitabile. Soprattutto la risurrezione!
E questo è il punto culminante, la conclusione prodigiosa che dà significato a tutto il resto! Il Messia viene, ma la gente non lo riconosce. Nessuno lo accoglie perché non corrisponde in nulla a quello che noi ci attendevamo ch'egli fosse. Invece di incoronarlo re, lo mettiamo a morte. Non sappiamo chi sia e così ci liberiamo di lui. Ma il Messia è il vincitore della morte. E il terzo giorno egli ritorna in vita per stabilire il suo regno.
- Se il Messia è il vincitore della morte, come può morire?
Ma se non incontra la morte faccia a faccia come può vincerla?
Questo è quanto il nostro misterioso compagno di viaggio ci spiegò chiaramente. Se il Messia vuole soccorrere gli uomini, deve condividere con loro l'esperienza della morte, deve morire come muoiono tutti gli uomini. Noi non possiamo essere partecipi della vita nel suo regno, se egli non ha prima condiviso con noi la morte.
- I suoi nemici del Sinedrio gli dicevano: "Se sei il Figlio di Dio, salva te stesso"
Eppure sembra un'idea piuttosto ragionevole!
Oh certamente avrebbe potuto farlo!... Ma allora non ci avrebbe aiutati: se egli avesse inventato per sé una scappatoia dell'ultimo minuto, allora non avrebbe fatto per noi alcuna differenza. Non si vince la morte evitandola. La si vince solo se la si accetta per poi superarla, ritornando in vita dall'altro lato. Siccome Gesù Nazareno ha fatto questo, noi non dobbiamo più aver paura della morte.
- E mentre egli vi spiegava tutte queste cose, voi continuaste a non riconoscerlo?
Non prima di aver raggiunto Emmaus. Ci disse che avrebbe proseguito, ma lo convincemmo a fermarsi da noi, come nostro ospite graditissimo. Fu così ch'egli venne a casa con noi e là avvenne il fatto: l'abbiamo riconosciuto durante la cena! Ce ne stavamo seduti attorno al tavolo, pronti a mangiare. Lo invitammo a dire la preghiera di ringraziamento, secondo il nostro costume. A quel punto egli prese il pane, pronunciò la benedizione, e lo spezzò. Lo stavamo guardando, e in quel momento l'abbiamo riconosciuto: Gesù, il Messia, che era morto ed è vivo di nuovo! Ch'egli sia benedetto!
- Lei è sicuro di questo?
Nel modo più assoluto! So perfettamente chi era, perché gli stavamo seduti a fianco e lo fissavamo mentre spezzava il pane. Ed era Gesù! Era proprio Gesù!
- E poi cosa accadde?
E' scomparso! Svanito! Un istante prima era là che ci porgeva il pane, e un attimo dopo era sparito!
Per nulla impauriti, ci siamo precipitati fuori, abbiamo piantato la cena lasciando di stucco le nostre famiglie e siamo ripartiti subito per Gerusalemme.
- Lei sa certamente che le autorità prendono molto sul serio tutta questa faccenda, avrà visto le pattuglie per le strade... Non ha un po' di paura per quanto le potrebbe capitare?
Be', un po' di paura ce l'ho. Ma, vede, il peggio che possano fare è uccidermi. Ma adesso la morte non è più una cosa importante. Gesù l'ha reso sufficientemente chiaro: la morte non è la fine, ma soltanto un inizio. Fino a ieri mattina noi fruivamo solo di una mezza vita... eravamo tutti vivi a metà. Questo è ciò che eravamo. Ma ora è tutto diverso: Lui è di nuovo vivo, e siccome lui è vivo, anche noi siamo vivi a nostra volta. Vivi per davvero, come non l'eravamo mai stati!
Emmausrisurrezioneresurrezionerisortocoraggiofedeconvinzioneprofeziemortevita
inviato da Laura Baravelli, inserito il 18/04/2012
TESTO
540. Non smettere mai di amare la vita
Romano Battaglia, Ho incontrato la vita in un filo d'erba
Finché la mano e la mente ti guideranno, non smettere mai di amare la vita. Anche se aiuterai una sola anima non avrai vissuto invano.
speranzaresponsabilitàdono di sévitasenso della vita
inviato da Cinzia Novello, inserito il 14/04/2012