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ESPERIENZA
Era stata una giornata molto faticosa, avevo finito il mio lavoro con i malati e mentre mi preparavo per tornare a casa, passando per l'UTIC (Unità di Terapia Intensiva Cardiovascolare) vidi una signora abbastanza giovane che piangeva sconsolatamente era da sola in quel momento, io non potevo passare indifferente, senza pensare due volte mi avvicinai e le chiesi se potevo fare qualcosa per aiutarla, mi disse di no: "Mio marito ha avuto un infarto, è stato sottoposto ad un intervento e adesso non mi lasciano entrare per vederlo, vorrei solo sapere come sta".
Mi offrii di entrare nel reparto e chiedere di lui, m'informarono che l'intervento era andato bene ma che era ancora addormentato, chiesi poi se potevo avvicinarmi e cosi feci, quando mi avvicinai, vidi che si trattava di un signore molto giovane che non passava i cinquanta, era pieno di tubi come si è di solito dopo un intervento al cuore; mentre lo guardavo lui aprì gli occhi e mi chiese "come sto?", io sorridendo gli risposi "bene", e lui dopo qualche secondo richiuse gli occhi.
Uscendo dal reparto riferii alla moglie quello che mi avevano detto e che per il momento non erano possibili le visite, la invitai ad avere pazienza e fiducia e me ne andai.
Passati alcuni giorni, io avevo dimenticato l'accaduto, mentre portavo la comunione nel reparto di cardiologia, ricordai quello che era successo e cosi entrai nella stanza e vide un signore giovane che parlava allegramente con un altro, era lui! lo trovavo abbastanza bene, mi avvicinai per salutarlo e lui sorpreso mi disse: sei tu! Allora era vero, pensavo che fosse stato un angelo, tutta di bianco e con un sorriso mi credevo in paradiso... ci facemmo una risata tutti tre.
Ho la certezza che gli angeli esistono, ma ricordando le parole di quell'uomo mi chiedevo se esistono gli angeli sulla terra.
La domanda di Javhé a Caino "Dove è tuo fratello?" ci mette di fronte ad una realtà molte volte non riconosciuta, anzi non accettata per gli esseri umani, ma che senza dubbio dovrà rispondere alla fine dei tempi, in conseguenza ognuno di noi è custode di un altro, cioè di chi è accanto a noi, e se questo è cosi gli angeli sulla terra sono coloro che si prendono questa responsabilità con coraggio e disinteressatamente, e nella misura in cui noi siamo consapevoli e percepiamo questa missione che ci è stata donata allora diventiamo angeli anche noi.
Gli angeli non possono essere persone qualsiasi, hanno un volto distinto, i gesti sono diversi, le loro parole parlano di cose che sempre lasciano un tocco speciale nel cuore dell'altro, trasmettono la pace, la gioia, ma non come quella del mondo, vedono il mondo diversamente da come la vediamo noi, non si fermano soltanto a contemplare il negativo, anzi lo trasformano e possono trovare anche nel brutto cose belle e positive che riempiono nostri cuori di speranza.
Gli angeli della terra sono come le api che stanno in ogni luogo ma quando si fermano su un'anima, lasciano il dolce miele.
Gli angeli vedono il volto di Cristo in qualsiasi persona senza dar peso a colore, razza, atteggiamento, carattere, simpatia o antipatia, ecc.
Gli angeli non sanno far altro che amare.
Gli angeli sono capaci d'intuire un pericolo e ti guidano con sani consigli perche tu non cada e ti faccia male, ti dicono tuoi errori in faccia e ti rimproverano quando è necessario.
Gli angeli sanno aspettare con pazienza, tolleranza e misericordia che tu possa cambiare per migliorare tua vita.
Gli angeli sulla terra non temono di perdere il tempo per offrirlo a qualcuno, perché considerano più importante il tempo donato che il tempo per loro stessi.
Gli angeli sono accanto a te, certe volte consolandoti, rianimandoti, spesso in silenzio pregando per te.
Angelo sulla terra sei anche tu quando non pensi a te stesso e piuttosto esci da te per andare incontro a qualcuno morendo a te stesso. Gli angeli sulla terra sono veri figli di Dio.
protezioneaiutoangelidisponibilità
inviato da Roxsana Chavez, inserito il 13/12/2011
PREGHIERA
Anne Sophie, traduzione dal francese di Maria Colombo Lge
C'è lo sguardo di chi giudica,
la parola che critica,
c'è l'ambizione di arrivare,
il bisogno di sicurezze...
Ma tu, mio Dio, sei solo Amore!
E questo cambia tutto!
Tu vieni ad ogni istante
a cambiare il mondo:
insegnaci i gesti che salvano,
donaci di saperci scambiare
la dolcezza del tuo sguardo,
la pazienza del tuo cuore...
Insegnaci ad entrare
nella pace del silenzio,
nella tenerezza dell'accoglienza.
Amen.
accoglienzaamoredonogiudizionon giudicaresalvezza
inviato da Maria Colombo, inserito il 08/11/2011
PREGHIERA
Piccola Fraternità di S. Zenetto
Vorrei nel mio volto...
uno sguardo limpido e dolce
che trasmetta serenità e pace,
gioia di incontrare i fratelli
con sentimenti di tenerezza,
...il volto di Dio;
un bel sorriso umano
che esprima gioia di vivere,
enorme allegria,
amore verso tutti,
...il volto di Gesù;
la mitezza del suo essere
espressa con gesti generosi,
cantare e ballare insieme a lui
perché mi sento amato.
Il tuo volto, Gesù,
vorrei fosse il mio.
serenitàgioiatenerezzaamorevitagenerositàvolto
inviato da Maria Paola Nicolai, inserito il 24/05/2011
TESTO
24. E' possibile pregare o meditare scandendo i tempi della giornata? 2
Jean-Marie Lustiger, Avvenire del 30/11/2008
Ecco i consigli dell'arcivescovo di Parigi: «Obbligatevi a spezzare il ritmo frenetico delle nostre metropoli. Fatelo sui mezzi pubblici e nelle pause del lavoro». Uno scritto inedito del cardinale Francese morto un anno fa.
Come pregare durante il giorno? La tradizione della Chiesa raccomanda di pregare sette volte al giorno. Perché? Una prima ragione è che il popolo d'Israele offriva il proprio tempo a Dio in sette preghiere quotidiane, in momenti fissi, nel Tempio o almeno voltati verso di esso: «Sette volte al giorno io ti lodo» ci rammenta il salmista (Salmo 118,164). Una seconda ragione è che il Cristo stesso ha pregato così, fedele alla fede del popolo di Dio. La terza ragione è che i discepoli di Gesù hanno pregato così: gli apostoli (vedi Atti 3,1: Pietro e Giovanni) e i primi cristiani di Gerusalemme «assidui nelle preghiere» (vedi Atti 2,42; 10,3-4: Cornelio nella sua visione); poi le comunità cristiane e, più tardi, le comunità monastiche. E così anche i religiosi e le religiose, i preti, sono stati chiamati a recitare o a cantare in sette riprese le «ore» dell'«ufficio» (che significa «dovere», «incarico», «missione» di preghiera), facendo una pausa per cantare i salmi, meditare la Scrittura, intercedere per i bisogni degli uomini e rendere gloria a Dio. La Chiesa invita ogni cristiano a scandire la propria giornata con una preghiera ripetuta, deliberata, voluta per amore, fede, speranza.
Prima di sapere se è bene pregare due, tre, quattro, cinque, sei, sette volte al giorno, un consiglio pratico: associate i momenti di preghiera a gesti fissi, a punti di passaggio obbligati che scandiscono le vostre giornate.
Per esempio: per coloro che lavorano e in genere hanno orari stabili, esiste pure un momento in cui lasciate il vostro domicilio e vi recate al lavoro... a piedi o in auto, in metropolitana o in autobus. A un orario preciso. E ciò vi prende un determinato tempo, sia all'andata sia al ritorno. Perché quindi non associare dei tempi di preghiera a quelli di spostamento?
Secondo esempio: siete madre di famiglia e rimanete a casa, ma avete dei figli da portare e riprendere a scuola in momenti precisi della giornata. Un altro obbligo che segna una pausa: i pasti, anche se a causa di forza maggiore o cattiva abitudine mangiate solo un panino o pranzate in piedi. Perché non trasformare queste interruzioni nella giornata in punti di riferimento per una breve preghiera?
Sì, andate a cercare nella vostra giornata questi momenti più o meno regolari di interruzione delle occupazioni, di cambiamento nel ritmo di vostra vita: inizio e fine del lavoro, pasti, tempi di viaggio ecc.
Associate a questi momenti la decisione di pregare, anche solo per un breve istante, il tempo di fare l'occhiolino a Dio. Datevi l'obbligo rigoroso, qualunque cosa accada, di consacrare quindi anche solo trenta secondi o un minuto a dare un nuovo orientamento alle vostre diverse occupazioni sotto lo sguardo di Dio.
La preghiera così, pervaderà quanto vi sarà dato vivere.
Quando andate al lavoro forse intanto rimuginate sui colleghi che ritroverete, sulle difficoltà da affrontare in un ufficio in cui lavorate in due o in tre; le personalità cozzano maggiormente quando la vicinanza è troppo stretta e quotidiana. Chiedete a Dio in anticipo: «Signore, fa' che io viva questo rapporto quotidiano nella vera carità. Permettimi di scoprire le esigenze dell'amore fraterno nella luce della Passione di Cristo che mi renderà sopportabile lo sforzo richiesto».
Se lavorate in un grande centro commerciale, forse rimuginerete sulle centinaia di volti che vi scorreranno davanti senza che abbiate il tempo di guardarli. Chiedete a Dio in anticipo: «Signore, ti prego per tutte quelle persone che passeranno davanti a me e alle quali cercherò di sorridere.
Anche se non ne ho la forza quando mi insultano e mi trattano come fossi una macchina calcolatrice».
Insomma, approfittate al meglio, durante la vostra giornata, di questi punti di passaggio obbligati, dei momenti in cui disponete di un po' di margine e vi lasciano, se siete vigili, un piccolo spazio di libertà interiore per riprendere fiato in Dio.
Si può pregare nella metropolitana o sui mezzi pubblici? Io l'ho fatto. Ho utilizzato diversi metodi secondo i momenti della mia vita o le circostanze. Ci fu un tempo in cui mi ero abituato a mettere i tappi nelle orecchie per isolarmi e poter avere un minimo di silenzio, tanto ero esasperato dal rumore. Pregavo così, senza per questo tagliar fuori le persone che mi erano attorno visto che potevo ancora essere presente a essi con lo sguardo, senza però scrutarli, senza fissarli, senza essere indiscreto nel modo di guardarli. Il silenzio fisico dell'orecchio mi permetteva di essere ancora più libero nell'accoglienza. In altri periodi, invece, ho vissuto un'esperienza esattamente contraria. Ognuno di noi fa come può, ma in nessun caso dobbiamo ritenere che sia impossibile pregare.
Ecco un altro suggerimento. Scommetto che lungo il vostro tragitto, dalla stazione della metropolitana o dalla fermata dell'autobus fino a casa o al posto di lavoro, potete incontrare, nel raggio di trecento o cinquecento metri, una chiesa o una cappella (una piccola deviazione vi consentirebbe di camminare un po'). A Parigi si può fare. In quella tal chiesa potete pregare in tranquillità o, al contrario, essere continuamente disturbati; può essere adatta o meno alla vostra sensibilità: questo è un altro discorso. Ma c'è una chiesa con il Santissimo Sacramento. Perciò, camminate per qualche centinaio di metri in più; vi ci vorranno dieci minuti, e un po' d'esercizio non farà male alla vostra linea... Entrate in chiesa e andate fino al Santissimo Sacramento. Inginocchiatevi e pregate. Se non potete di più, fatelo per dieci secondi. Ringraziate Dio Padre per il mistero dell'Eucaristia nel quale siete inclusi, per la presenza del Cristo nella sua Chiesa. Lasciatevi andare all'adorazione con il Cristo, nel Cristo, tramite la forza dello Spirito. Rendete grazie a Dio. Rialzatevi.
Fatevi un bel segno della croce e ripartite.
preghierapregaretempoquotidianitàperseveranzafedeltà nella preghiera
inviato da Anna Barbi, inserito il 05/09/2010
TESTO
Semina sorriso fin dal mattino,
e nel tempo fiorirà un giardino.
Semina grani di certa speranza
ci sarà molta esultanza.
Semina nella fede e con l'ardore
e l'angolo più grigio avrà colore.
Semina parole e fatti d'amore
e nel mondo avrà senso il cuore.
Semina entusiasmo e semplicità
e sarà facile la felicità.
Semina sempre con forza e coraggio
e la paura avrà nuovo linguaggio.
Semina in pazienza e perseveranza
e la terra avrà frutti in abbondanza.
Semina gesti di vera dolcezza
perché la violenza genera tristezza.
Semina dovunque germi di pace
e di certo l'urlo di guerra tace.
Semina, semina il bene: crescerà
ed ogni seme nuova vita darà.
seminareamorepacetestimonianzagratuitàsperanzaperseveranza
inviato da Albamaria Bianchi, inserito il 22/06/2009
TESTO
Carlo Maria Martini, Sette dialoghi con Ambrogio Vescovo di Milano
L'educazione dei figli è impresa per adulti disposti a una dedizione che dimentica se stessa: ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l'affetto necessario.
Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglieranno: non sognate per loro i vostri desideri.
Basterà che sappiano amare il bene e guardarsi dal male e che abbiano in orrore la menzogna.
Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro: siate fieri piuttosto che vadano incontro al domani con slancio, anche quando sembrerà che si dimentichino di voi.
Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza, ma se Dio li chiama a qualcosa di bello e di grande non siate voi la zavorra che impedisce loro di volare.
Non arrogatevi il diritto di prendere decisioni al loro posto, ma aiutateli a capire che decidere bisogna e non si spaventino se ciò che amano richiede fatica e fa qualche volta soffrire: è più insopportabile una vita vissuta per niente.
Più dei vostri consigli li aiuterà la stima che hanno di voi e che voi avete di loro; più di mille raccomandazioni soffocanti, saranno aiutati dai gesti che videro in casa: gli affetti semplici, certi ed espressi con pudore, la stima vicendevole, il senso della misura, il dominio della passione, il gusto per le cose belle e l'arte, la forza anche di sorridere.
E tutti i discorsi sulla carità non mi insegneranno di più del gesto di mia madre che fa posto in casa per un vagabondo affamato e non trovo gesto migliore per dire la fierezza di essere uomo di quando mio padre si fece avanti a prendere le difese di un uomo ingiustamente accusato.
I vostri figli abitino la vostra casa con quel sano trovarsi bene che ti mette a tuo agio e ti incoraggia anche ad uscire di casa, perché ti mette dentro la fiducia in Dio e il gusto di vivere bene.
genitorifiglieducareeducazione
inviato da Daniela Filippino, inserito il 11/06/2009
PREGHIERA
Signore Gesù,
come già i primi apostoli,
ai quali dicesti: "Che cercate?",
ed accolsero il tuo invito: "Venite e vedrete",
riconoscendoti come il Figlio di Dio,
l'atteso e promesso Messia per la redenzione del mondo,
anche noi, discepoli tuoi di questo difficile tempo,
vogliamo seguirti ed esserti amici,
attratti dal fulgore del tuo volto desiderato e nascosto.
Mostraci, ti preghiamo, il tuo volto sempre nuovo,
misterioso specchio dell'infinita misericordia di Dio.
Lascia che lo contempliamo
con gli occhi della mente e del cuore:
volto del Figlio, irradiazione della gloria del Padre
e impronta della sua sostanza (cf Eb 1,3),
volto umano di Dio entrato nella storia
per svelare gli orizzonti dell'eternità.
Volto silenzioso di Gesù sofferente e risorto,
che amato ed accolto cambia il cuore e la vita.
"Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto" (Sal 27,8s).
Nel corso di secoli e millenni quante volte è risuonata
tra i credenti questa struggente invocazione del Salmista!
Signore, anche noi la ripetiamo con fede:
"Uomo dei dolori, davanti a cui ci si copre la faccia"(Is 53,3),
non nasconderci il tuo volto!
Vogliamo attingere dai tuoi occhi,
che ci guardano con tenerezza e compassione,
la forza di amore e di pace che ci indichi la strada della vita,
ed il coraggio di seguirti senza timori e compromessi,
per diventare testimoni del tuo Vangelo,
con gesti concreti di accoglienza, di amore e di perdono.
Volto Santo di Cristo,
luce che rischiara le tenebre del dubbio e della tristezza,
vita che ha sconfitto per sempre il potere del male e della morte,
sguardo misterioso
che non cessa di posarsi sugli uomini e i popoli,
volto celato nei segni eucaristici
e negli sguardi di coloro che ci vivono accanto,
rendici pellegrini di Dio in questo mondo,
assetati d'infinito e pronti all'incontro dell'ultimo giorno,
quando ti vedremo, Signore, "faccia a faccia" (1 Cor 13,12),
e potremo contemplarti in eterno nella gloria del Cielo.
Maria, Madre del Volto Santo,
aiutaci ad avere "mani innocenti e cuore puro",
mani illuminate dalla verità dell'amore
e cuori rapiti dalla bellezza divina,
perché, trasformati dall'incontro con Cristo,
ci doniamo senza riserve ai fratelli,
specialmente ai poveri e ai sofferenti,
nei cui volti riluce l'arcana presenza
del tuo Figlio Gesù,
che vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen!
inviato da Sandra Aral, inserito il 02/06/2009
PREGHIERA
28. A sera colloquio con il Signore 1
La giornata è finita. Nel pensiero
scorrono le ore trascorse e come ho saputo impiegare,
o Signore, questo tuo dono d'amore.
Sento di aver fatto poco o niente e
ti chiedo perdono.
Signore, ti ho visitato in chiesa
per pochi secondi soltanto!
"Figlio mio, quei pochi secondi
hanno alleviato il peso della solitudine a cui
mi condannano tanti tuoi fratelli".
Signore, ho recitato in un giorno soltanto tre o quattro
giaculatorie!
"Figlio mio, quando pronunzi il mio nome,
il mio cuore sussulta di gioia. Averlo fatto
per tre o quattro volte, mi rende uguamente felice".
Signore, so che ho fatto qualcosa
che ti ha lacerato il cuore e ho paura che ti
voglia allontanare da me!
"Figlio mio, capita che mi fai anche piangere,
ma non dubitare mai della mia presenza
accanto a te. Io sono al tuo fianco,
soprattutto nei momenti del tuo maggior bisogno".
Signore, ti ringrazio con tutto il cuore!
"Figlio mio, i piccoli gesti d'amore che oggi
hai compiuto, anche per te i più insignificanti,
sono sorrisi che hai fatto fiorire sul mio volto.
Sorrisi che hanno asciugato tante mie lacrime.
Promettimi che per ogni giorno che ti darò da vivere,
mi procurerai sempre un sorriso in più".
Signore, te lo prometto!
"Adesso, figlio mio, deponi nelle mie mani
l'offerta del tuo sonno. Io veglierò accanto a te
mentre tu dormi".
Grazie Signore. Buona notte Gesù!
preghieraesame di coscienzaquotidiano
inviato da Anna Buscemi, inserito il 02/06/2009
PREGHIERA
Quella pietra che ostruiva il tuo sepolcro
era un autentico macigno
posto lì a suggellare la tua sconfitta:
una volta entrato nelle mani della morte,
tu avresti dovuto restarci per sempre, Gesù.
Era l'unico modo sicuro
per fermarti veramente:
così non avresti più
fatto intendere la tua parola,
così i tuoi gesti
di guarigione e di misericordia
non avrebbero più
raggiunto i poveri e i malati della terra.
Immerso nell'oscurità della morte,
spenta per sempre la tua luce,
gli uomini ti avrebbero dimenticato...
Ma al terzo giorno quella pietra
è stata ribaltata
e con essa sono risultate vane
la violenza e la cattiveria
scatenate contro di te.
Con essa sono rotolate via
le pretese devastanti di chi
voleva eliminarti dalla faccia della terra.
Ecco perché, Signore risorto,
oggi per noi è un gran giorno di festa:
risorgendo da morte
tu mandi in frantumi
l'arroganza dei potenti
e ridesti la speranza dei poveri,
manifesti la forza dell'amore
ed offri ad ogni uomo la tua presenza di grazia.
Tu sei il vivente per i secoli dei secoli!
inviato da Cristina Catapano, inserito il 09/04/2009
TESTO
Tonino Bello, Nigrizia, giugno 1991, p. 58
La frase si trova in un testo del Concilio Vaticano II, ed è splendida per dottrina e concisione. Dice che, all'annuncio dell'Angelo, Maria «accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio».
Nel cuore e nel corpo
Fu, cioè, discepola e madre del Verbo. Discepola, perché si mise in ascolto della Parola e la conservò per sempre nel cuore. Madre, perché offrì il suo grembo alla Parola e la custodì per nove mesi nello scrigno del corpo.
Forse per capire fino in fondo la bellezza di questa verità, il vocabolario non basta. Bisogna ricorrere alle espressioni visive. E allora non c'è di meglio che rifarsi ad una celebre icona orientale, che raffigura Maria con il divin Figlio Gesù inscritto sul petto. È indicata come "la Madonna del segno", ma potrebbe essere chiamata "la Madonna dell'accoglienza", perché, con gli avambracci levati in alto, in atteggiamento di offertorio o di resa, essa appare il simbolo della più gratuita ospitalità.
Accolse nel cuore
Fece largo, cioè, nei suoi pensieri ai pensieri di Dio. ma non si sentì, per questo, ridotta al silenzio. Offrì volentieri il terreno vergine della sua intimità alla germinazione del Verbo, ma non si considerò espropriata di nulla. Gli cedette con gioia il suolo più inviolabile della sua vita, ma senza dover ridurre gli spazi della sua libertà. Diede alloggio al Signore nella sua casa, ma non ne sentì, la presenza come violazione di domicilio. Gli aprì le porte delle stanze più segrete, ma senza subirne lo sfratto.
Accolse nel corpo
Sentì, cioè, il peso fisico di un altro essere che prendeva dimora nel suo grembo di madre. Adattò, quindi, i suoi ritmi a quelli dell'ospite. Modificò le sue abitudini in funzione di un compito che non le alleggeriva certo la vita. Consacrò i suoi giorni alla gestazione di una creatura che non le avrebbe risparmiato preoccupazioni e fastidi. E poiché il frutto benedetto del seno suo era il Verbo di Dio che s'incarnava per la salvezza dell'umanità, capì di aver contratto con tutti i figli di Eva un debito di accoglienza che avrebbe pagato con cambiali di lacrime.
Quell'ospitalità fondamentale la dice lunga sullo stile di Maria e delle sue mille altre accoglienze di cui il vangelo non parla, ma che non ci è difficile intuire. Nessuno fu mai respinto da lei. Tutti trovarono riparo sotto la sua ombra. Dalle vicine di casa, alle antiche compagne di Nazaret. Dai parenti di Giuseppe, agli amici di gioventù di suo figlio. Dai poveri della contrada, ai pellegrini di passaggio. Da Pietro, in lacrime dopo il tradimento, a Giuda che, forse, quella notte non riuscì a trovarla in casa.
Santa Maria, donna accogliente, aiutaci ad accogliere la Parola nell'intimo del cuore. A capire, cioè, come hai saputo fare tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Egli non bussa alla porta per intimarci lo sfratto, ma per riempire di luce la nostra solitudine. Non entra in casa per metterci le manette, ma per restituirci il gusto della vera libertà.
Lo sappiamo: è la paura del nuovo a renderci spesso inospitali nei confronti del Signore che viene. I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezze, ci nascondiamo come Adamo nell'Eden, ogni volta che sentiamo i suoi passi. Facci comprendere che Dio, se ci guasta i progetti, non ci rovina la festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace. E una volta che l'avremo accolto nel cuore, anche il nostro corpo brillerà della sua luce.
Santa Maria, donna accogliente, rendici capaci di gesti ospitali verso i fratelli. Sperimentiamo tempi difficili, in cui il pericolo di essere defraudati dalla cattiveria della gente ci fa vivere dietro porte blindate e sistemi di sicurezza. Non ci fidiamo più l'uno dell'altro. Vediamo agguati dappertutto. Il sospetto è diventato organico nei rapporti con il prossimo. Il terrore di essere ingannati ha preso il sopravvento sugli istinti di solidarietà che pure ci portiamo dentro. E il cuore se ne va a pezzi, dietro i cancelli dei nostri recinti.
Disperdi, ti preghiamo, le nostre diffidenze. Facci uscire dalla trincea degli egoismi corporativi. Sfascia le cinture delle leghe. Allenta le nostre ermetiche chiusure nei confronti di chi è diverso da noi. Abbatti le nostre frontiere. Quelle culturali, prima di quelle geografiche. Queste ultime cedono ormai sotto l'urto dei popoli "altri", ma le prime restano tenacemente impermeabili. Visto allora che siamo costretti ad accogliere stranieri nel corpo della nostra terra, aiutaci ad accoglierli anche nel cuore della nostra civiltà.
Santa Maria, donna accogliente, ostensorio del corpo di Gesù deposto dalla croce, accoglici sulle tue ginocchio, quando avremo reso lo spirito anche noi. Dona alla nostra morte la quiete fiduciosa di chi poggia il capo sulla spalla della madre e si addormenta sereno. Tienici per un poco sul tuo grembo, così come ci hai tenuti nel cuore per tutta la vita. Compi su di noi i rituali delle ultime purificazioni. E portaci, finalmente, sulle tue braccia davanti all'Eterno.
Perché solo se saremo presentati da te, sacramento della tenerezza, potremo trovare pietà.
mariamadonnaaccoglienzastranieriospitalitàmigrazione
inviato da Giovanni Graziano Tassello, inserito il 11/01/2008
TESTO
Aldo Rabino, Vivere non è un assurdo
Com'è facile parlare dell'oppressione dei popoli, della violenza! Le chiacchiere sono un alibi per nascondere il pensiero; ma, molto più, per seppellire i fatti. Il grido "ho fame", "ho sete", "non ho casa", "sono nudo" ha sempre attraversato la terra e turbato il cuore dei ricchi, ma era un'emozione necessaria per dare uno sfondo alla festa.
Parlare, sentire, commuoversi è facile.
Difficile è scendere nel concreto, lasciare la superficie e calarsi a fondo nella realtà. Cos'è che c'impedisce, ci frena, ci paralizza? Se ci riflettiamo bene è la paura di non poter più - imboccata la strada di una scelta radicale per i poveri - tornare indietro. Eppure la fede senza le opere è morta, non si può dire d'essere cristiano senza una scelta radicale, con tutto ciò che di scomodo questa comporta.
Cristo è stato esplicito - "Andate, predicate, battezzate" - lui ha vissuto nella propria carne il sapore della testimonianza, del logorio, il patimento di dover essere accolti a sassate, di essere derisi e infine di essere messi a Morte. Credere nei poveri è lavorare, è un buttarsi dentro.
Non servono le mie o le tue idee. Serve il mio e il tuo impegno, messi insieme e vissuti in mezzo ai poveri. L'uomo del duemila non ha bisogno di parole ma di fatti, di cose concrete. Il mondo soffre per la guerra e la fame. Ma forse soffre più per la mancanza di gesti vivi, di realtà concrete, di piccole cose e attenzioni. Ma qual è la meta? Aiutare i poveri, quelli che hanno realmente bisogno, coloro che un po' tutti insieme abbiamo emarginato e messi da parte.
L'aiutare i poveri richiede atti di amore continuati, esige un buttarsi via, stando con loro. Non sono cose da dire ma da fare. Troppe volte sono state predicate, dimenticando che la vera sensibilizzazione è cio che Facciamo e cio che siamo. Alla base di questa conversione ci sta il lavoro; il lavoro duro che è fatica, che è sudore. "Lavoro non chiacchiere". Ciò che mette in crisi gli altri è il fare noi le cose, stando nel duro, anziché fare chiacchiere dure o discorsi da duri. Il gioco è questo: "perdere un po' alla volta noi stessi per aiutare poco alla volta gli altri".
È una strada dura, ci parrà di soffocare, ma alla fine saremo contenti di non aver chiuso la vita in passivo. Allora finalmente saremo uomini!
impegnoresponsabilitàamorepoveripovertà
inviato da Anna Lollo, inserito il 21/08/2007
TESTO
L'impegno di ogni giorno vissuto con gioia.
La forza di sorridere anche nei momenti più duri.
Dio incontrato in ogni istante della vita.
Accoglienza incondizionata di ogni fratello.
Preghiera che si incarna nella vita e vita che diventa preghiera.
Impegno perché la giustizia sia realtà per tutti.
Dono semplice del proprio essere.
Accogliere ogni minuto come dono di Dio e ringraziare di cuore.
Credere che Dio accompagna e benedice ogni nostra azione, ogni nostro pensiero.
E' il coraggio della verità, della libertà, della giustizia.
E' costruire la pace attraverso i piccoli gesti di ogni giorno.
E' lasciare che la Parola di Dio illumini la nostra vita.
E' il paradiso raggiunto nel quotidiano.
E' gratuità, generosità, condivisione.
E' dare e ricevere.
inviato da Maria Rosa Radigheri, inserito il 20/08/2007
PREGHIERA
33. Insegnami, Signore, a dire grazie
Grazie per il pane, il vento, la terra e l'acqua.
Grazie per la musica e per il silenzio.
Grazie per il miracolo di ogni nuovo giorno.
Grazie per i gesti e le parole di tenerezza.
Grazie per le risate e per i sorrisi.
Grazie per tutto ciò che mi aiuta a vivere, nonostante le sofferenze e lo sconforto.
Grazie a tutti quelli che amo e che mi amano.
E che questi mille ringraziamenti
si trasformino in un'immensa azione di grazie
quando mi rivolgo a te,
fonte di ogni grazia e roccia della mia vita.
Grazie per il tuo amore senza confini.
Grazie per il pane dell'Eucarestia.
Grazie per la pace che viene da te.
Grazie per la libertà che tu ci dai.
Con i miei fratelli io proclamo la tua lode
per la nostra vita che è nelle tue mani
e per le nostre anime che ti sono affidate.
Per i favori di cui tu ci inondi
e che non sempre sappiamo riconoscere.
Dio buono e misericordioso,
che il tuo nome sia benedetto, sempre.
ringraziamentogratitudinecreato
inviato da Anna Mela, inserito il 07/06/2007
PREGHIERA
Signore Gesù,
anche a te vogliamo dire oggi: Buon Natale!
Soprattutto a te.
Perché tu vieni ancora a nascere tra noi,
povero e indifeso, come allora,
eppure sempre atteso come la parola più alta
dell'infinito amore del nostro Dio.
Buon Natale, Gesù:
possa rinnovarsi il miracolo della luce
che ha illuminato l'oscurità di quella notte.
Buon Natale:
possa riecheggiare l'augurio di pace
che gli angeli hanno cantato nel cielo di Betlemme.
E ci sia dato di accoglierti
con la semplicità dei pastori,
e di godere, pieni di stupore,
della predilezione che Dio riserva
ai poveri e agli umili.
Fa' che anche noi, accogliendoti nelle nostre mani,
possiamo contemplare il volto umano di Dio
presente in ogni creatura:
volto da onorare nei poveri
con gesti di tenerezza e di pietà,
volto da custodire in noi come un tesoro nascosto;
con la passione di dire a tutti:
Buon Natale: il Signore è nato anche per te.
inviato da Rosy, inserito il 21/12/2006
PREGHIERA
35. L'estasi delle tue volontà 1
Madeleine Delbrel, Che gioia credere
Quando quelli che amiamo ci chiedono qualcosa,
noi li ringraziamo di avercelo chiesto.
Se a te piacesse, Signore, chiederci una sola cosa
in tutta la nostra vita,
noi ne rimarremmo meravigliati
e l'aver compiuto questa sola volta la tua volontà
sarebbe «l'avvenimento» dei nostro destino.
Ma poiché ogni giorno ogni ora ogni minuto
tu metti nelle nostre mani tanto onore,
noi lo troviamo così naturale da esserne stanchi,
da esserne annoiati.
Tuttavia, se comprendessimo quanto inscrutabile è il tuo mistero,
noi rimarremmo stupefatti
di poter captare queste scintille del tuo volere
che sono i nostri microscopici doveri.
Noi saremmo abbagliati nel conoscere,
in questa tenebra immensa che ci avvolge,
le innumerevoli
precise
personali
luci delle tue volontà.
Il giorno che noi comprendessimo questo
andremmo nella vita come profeti,
come veggenti delle tue piccole provvidenze,
come mediatori dei tuoi interventi.
Nulla sarebbe mediocre, perché tutto sarebbe voluto da te.
Nulla sarebbe troppo pesante, perché tutto avrebbe radice in te.
Nulla sarebbe triste, perché tutto sarebbe voluto da te.
Nulla sarebbe tedioso, perché tutto sarebbe amore di te.
Noi siamo tutti dei predestinati all'estasi,
tutti chiamati a uscire dai nostri poveri programmi
per approdare, di ora in ora, ai tuoi piani.
Noi non siamo mai dei miserabili lasciati a far numero,
ma dei felici eletti,
chiamati a sapere ciò che vuoi fare,
chiamati a sapere ciò che attendi, istante per istante, da noi.
Persone che ti sono un poco necessarie,
persone i cui gesti ti mancherebbero,
se rifiutassero di farli.
Il gomitolo di cotone per rammendare, la lettera da scrivere,
il bambino da alzare, il marito da rasserenare,
la porta da aprire, il microfono da staccare,
l'emicrania da sopportare:
altrettanti trampolini per l'estasi,
altrettanti ponti per passare dalla nostra povertà,
dalla nostra cattiva volontà
alla riva serena dei tuo beneplacito.
abbandonovolontà di Diodisponibilitàumiltàprontezza
inviato da Qumran2, inserito il 29/10/2006
TESTO
36. La voce che grida nel deserto
Un uomo abbandona la vita mondana e si trasforma in eremita. Lontano dal centro delle decisioni politiche della sua epoca, trascorre diversi anni della propria vita tentando di preparare il cammino per il Messia. Si definisce come "Voce di uno che grida nel deserto".
In un primo momento, possiamo pensare che quell'uomo - Giovanni Battista - non abbia avuto alcuna influenza nella sua epoca. Ma la storia ci dimostra esattamente il contrario: la sua presenza fu fondamentale nella vita di Gesù.
Quante volte ci sentiamo come delle voci che gridano nel deserto? Le nostre parole sembrano perdersi nel vento, i nostri gesti apparentemente non destano alcuna reazione. Giovanni persistette. A noi tocca fare la stessa cosa. Le voci che gridano nel deserto sono quelle che scrivono la storia del loro tempo.
inutilitàGiovanni battistaumiltàprofezia
inviato da Qumran2, inserito il 06/10/2006
TESTO
37. Cosa la Chiesa può sopportare e cosa non può sopportare 1
Primo Mazzolari, Risposta ad un aviatore, 1941, ora in La chiesa, il fascismo, la guerra, Vallecchi, Firenze 1966
Chi capisce come dev'essere presente la Chiesa in questa svolta della storia capisce anche ciò che la sua carità può sopportare e ciò che non può sopportare proprio in nome della stessa carità. Ripeto: in nome della carità, poiché la rivoluzione cristiana, l'unica che può essere giustificata anche davanti alla storia, più che da diritti conculcati o offesi nasce da doveri suggeriti e imposti al nostro cuore dalla carità che ci lega al nostro prossimo. Chi più ama è potenzialmente l'unico e vero rivoluzionario.
La Chiesa sopporta:
- il male che le fanno i suoi nemici, che, per quanto si allontanino e la rinneghino, portano sempre l'incancellabile volto di figli, e di figli tanto più cari quanto più cresce il loro perdimento;
- di essere spogliata di ogni bene materiale e di ogni privilegio concessole più o meno disinteressatamente dagli uomini;
- di vedere le sue basiliche e le sue chiese distrutte, chiusi i suoi conventi e le sue scuole, poiché è già "l'ora che né in Gerusalemme né su questo monte i veri adoratori adorano il Padre in spirito e in verità";
- le persecuzioni aperte e subdole, le calunnie e le blandizie, i vituperi e i panegirici menzogneri;
- gli erranti e in un certo senso perfino l'errore quando esso non può venire colpito senza offesa mortale all'anima dell'errante;
- di essere misconosciuta nella sua carità, colmata di obbrobrio per colpe non sue;
- il disonore che le viene dalla vita indegna dei suoi figlioli stessi, i loro rinnegamenti e i loro tradimenti;
- d'essere baciata da un Giuda, rinnegata da un Pietro.
La Chiesa non può sopportare:
- che vengano negate o diminuite o falsate le verità che essa ha il dovere di custodire e che costituiscono il patrimonio dell'umanità redenta;
- che sia cancellato dalla storia e dal cuore il senso della giustizia che è il patrimonio di tutti, ma in modo particolare dei poveri;
- la libertà e la dignità della persona e della coscienza, che sono il nostro divino respiro. Mentre sopporta senza aprir bocca di essere spogliata e tiranneggiata in qualsiasi modo, non può sopportare che vengano spogliati, conculcati, manomessi i diritti dei poveri e dei deboli, individui, città, nazioni e popoli, cristiani e non cristiani. E nella sua difesa materna e invitta è tanto più grande quanto più la sua tutela si estende alla plebs infedele, egualmente santa. Alcuni gesti di munifica protezione di Pio XII, in favore di ebrei perseguitati, hanno commosso e sollevato l'ammirazione del mondo;
- il potente che abusa della propria forza per opprimere i deboli;
- il sapiente che abusa della propria intelligenza per circuire e trarre in inganno l'ignorante;
- il ricco che abusa delle proprie ricchezze per angariare e affamare il popolo.
Vi sono quindi dei limiti nella sopportazione della Chiesa, e questi limiti vengono non dai raffreddamenti ma dai colmi della sua carità. Ciò che è abominevole per il Signore lo è pure per la sua Chiesa; la quale, senza parteggiare, non può trattare alla stessa stregua la vittima e il carnefice, l'oppressore e l'oppresso.
Chi fermerebbe la mano del malvagio, chi solleverebbe il cuore abbandonato dell'oppresso se un'egual voce raccogliesse il grido dell'uno e il gemito dell'altro?
Sarebbe un delitto il pensare, per il fatto che la Chiesa predica la pazienza ed esalta l'infinito valore del dolore, specialmente del dolore innocente, ch'essa accettasse le tristezze dei prepotenti come un mezzo provvidenziale per moltiplicare i meriti sovrannaturali dei buoni. Purtroppo il nostro linguaggio ascetico, sprovveduto di ampiezza e d'audacia mistica, può indurre un profano in apprezzamenti non solo sproporzionati ma contrari al buon senso.
La sofferenza ben sopportata mi redime e redime, ma non fa diventar buona l'ingiustizia di chi ha pesato su di me. E una bontà conseguente, che non ha nulla da spartire con la causa ingiusta che ha generato la mia sofferenza. Soffrendo bene l'ingiustizia, creo una corrente di bontà: ma non per questo gli uomini sono dispensati dal fermare con tutte le forze la sorgente di male che continua a generare l'errore.
Perché c'è uno che espia in modo edificante, io non sono scusato di lasciar fare e di lasciar passare. Il soffrire non è un bene in sé e se il Signore ci aiuta a cavare il bene dal male non vuole che noi chiamiamo bene il male, il quale va tolto di mezzo nei limiti della nostra responsabilità e della nostra carità. Il perdono stesso delle offese va all'uomo, non all'azione di lui, la quale rimane giudicata anche dopo il perdono, anzi giudicata veramente e irrevocabilmente solo dopo il perdono.
chiesagiustiziaingiustiziabenemaleredenzioneespiazione
inviato da Carlo Maria Cananzi, inserito il 03/05/2006
TESTO
38. Poesia in onore di papa Karol
Eccomi anche adesso:
mi hai chiamato "Sentinella del mattino"
e ora sono qui vicino... non mi senti?
Mi hai cercato nella notte, la più dura,
e nel cuore la paura
cominciava a diventare insopportabile...
...occhi verso il cielo, a cercare la preghiera
che ti avrebbe fatto splendere ancora per un poco...
...cuore tra le mani, a mostrarti quell'amore
che mi hai chiesto tante volte di donare...
Mi dicevi "Non temere!", e ci credevo
Perché c'eri ancora tu a farmi luce
sulla strada del Signore...
Ma adesso cosa fare??
E' immensamente buia questa notte,
e la tua mano dolce e così forte
non potrà più sostenere la mia fede ancora acerba,
poca cosa
in confronto a quella gioia meravigliosa
che tu ci raccontavi in ogni istante
con l'anima ed il cuore, e i gesti e le parole,
e con quel peso immenso
che alla fine hai voluto sostenere:
davvero troppo grande era il tuo amore...
Eccomi anche adesso,
col mattino che si affaccia all'orizzonte
e una pioggia di ricordi nella mente:
quanti sguardi sorridenti ci hai donato,
quante mani hai accarezzato,
quanti i piccoli innocenti che hai baciato...
tante volte ci hai ripreso, tante altre incoraggiato,
e le più belle, tutte quelle
in cui abbiamo chiacchierato e cantato
e vegliato e fatto chiasso insieme
che ormai nemmeno il cielo se le può dimenticare,
si perché anche lui tremava emozionato
ogni volta che urlavamo il tuo nome...
E adesso cosa fare?
E' caldo il primo sole del mattino,
proprio come questa lacrima
che scivola sul viso e dentro il cuore...
Vorrei poterti urlare un milione di parole,
ma riesco a sussurrare solamente
questo grazie piccolissimo, minuscolo
che adesso sta scoppiando nel mio cuore:
un grazie per il tuo immenso amore!
Giovanni Paolo IIsperanzacoraggiogiovanipaurasolitudinefiducia
inviato da Rosaria Lauro, inserito il 01/05/2006
TESTO
Paolo VI, dall'omelia per il Giovedì Santo, 11 aprile 1974
Dove siamo? perché siamo qui riuniti? che cosa stiamo facendo? La celebrazione di questo rito esige da noi un momento d'intensa concentrazione.
È pur vero: essa non è in sostanza che una Santa Messa, quale noi celebriamo ogni giorno e moltiplichiamo in tanti luoghi diversi. Ma oggi questo rito vuole assumere il suo pieno e originario significato. Esso vuole ricordare, anzi rinnovare le sue ragioni costitutive, e acquista per noi, in ogni suo aspetto, un rilievo particolare; noi vogliamo onorare la sua misteriosa e complessa realtà; la sua origine, ch'è l'ultima Cena del Signore; la sua natura, ch'è il sacrificio eucaristico; i suoi rapporti con la Pasqua giudaica, memoriale della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù e poi segno della promessa messianica circa i futuri destini di quel popolo; il suo aspetto innovatore, ch'è l'inaugurazione d'un nuovo Testamento, d'una nuova alleanza, cioè d'un nuovo piano religioso, eminentemente più elevato e più perfetto, fra Dio e l'umanità, mediante il sacrificio d'una vittima unica e nuova, Gesù Cristo stesso.
Noi siamo collocati all'incrocio delle grandi linee traiettorie dei destini storici, profetici e spirituali dell'umanità: qui si conclude l'Antico Testamento; qui si inaugura il Nuovo; qui l'incontro con Cristo, da evangelico e particolare, si fa sacramentale e universalmente accessibile, qui la intenzione fondamentale della sua presenza nel mondo, con la celebrazione dei due misteri essenziali della sua vita nel tempo e sulla terra, l'Incarnazione e la Redenzione, si svela in gesti ed in parole indimenticabili: «Sapendo Gesù, dice infatti il Vangelo, che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Giovanni 13, 1), cioè fino all'estremo limite, fino al dono supremo di Sé.
Questo è il tema sul quale ora dobbiamo fissare la nostra attenzione. Non ne saremo veramente capaci, come non sono capaci i nostri occhi di sostenere lo sguardo diretto della luce del sole. Ma non dovranno questi nostri occhi umani e fedeli stancarsi di contemplare ciò che il misterioso fulgore dell'ultima Cena fa risplendere davanti a noi: i gesti dell'amore che si offre e si dà, e che assumono l'aspetto e la dimensione d'un amore assoluto, divino; l'amore che si esprime nel sacrificio.
Per la versione completa, clicca qui.
amoredonoeucaristiagiovedì santosacrificioultima cenamessa
inviato da Luca, inserito il 01/05/2006
TESTO
Piccoli gesti, tante parole
quanti tormenti, mille emozioni
questo è l'uomo, la sua anima
non lasciamo che venga imbruttita dal dolore,
dall'odio, dal rancore
alimentiamo il nostro cuore
con l'amore,
con sorrisi da dare agli altri,
con carezze e sguardi silenziosi,
con parole quasi mute ma vere
facciamo della vita un poema
da regalare
a chi incontra i nostri occhi;
facciamo della gioia un'arma
da scagliare contro chi non riesce a volare
e vorrebbe tutti con i piedi ben piantati in terra;
facciamo del nostro cuore l'ala
che ci sa trascinare in volo
e nel nostro volo
la speranza che altri possano salire in alto.
speranzaimpegnosorrisoottimismo
inviato da Alessandra, inserito il 05/02/2006