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RACCONTO

121. Lettera ad una mamma   2

Cara figlia mia,

voglio narrarti una storia. Molto tempo fa, un uomo che aveva ricevuto da Dio il dono di dipingere con pennelli e colori le meraviglie che vedeva attorno a sè, pensò che era giusto insegnare la sua arte ad altri giovani così che non morisse con lui.

Spiegò ai suoi allievi come usare i pennelli, a diluire i colori per ottenere le sfumature più infinite per rappresentare il creato. Quando, secondo lui, furono pronti, mostrò loro un suo dipinto e li esortò a riprodurlo il più fedelmente possibile, seguendo i suoi insegnamenti concedendo loro una settimana di tempo.

Trascorsi i sette giorni ogni allievo si recò da lui con la propria opera. Quale fu la meraviglia del maestro quando vide che ogni riproduzione era simile nei tratti alla sua originale, ma i toni e le sfumature li distinguevano una dall'altra. Deluso e amareggiato li rimproverò per non aver ascoltato i suoi insegnamenti.

Prima che gli allievi avessero modo di difendersi, intervenne la sposa del maestro pittore, che aveva assistito a tutto restando fino ad allora in disparte. "Marito mio, tu hai trasmesso a questi giovani il tuo dono, mostrando loro come usarlo, secondo il loro cuore e la loro anima. E sai bene che ogni anima è dono di Dio ed è unica. Come puoi chiedere, anche ad uno solo di loro, di guardare il mondo coi tuoi occhi...tu puoi insegnargli a osservare la natura e la tecnica per riprodurla, ma è con i suoi occhi che egli la vedrà e la esprimerà attraverso la sua anima, unica e ineguagliabile. E ogni opera che uscirà dalle sue mani, grazie al dono che tu gli hai fatto, sarà mirabile e unica, degna di onore e ammirazione. Tu hai donato loro il pennello per dipingere la vita... ma lascia che lo usino secondo il loro cuore e sii sempre e comunque fiero di loro".

Fu così che il pittore capì che se facciamo un dono non possiamo ipotecare l'uso che ne verrà fatto.

Ecco figlia mia Dio ha fatto dono ad ogni donna di cooperare alla creazione delle vita, attraverso la maternità e in tantissimi altri modi. Ogni madre userà il pennello avuto in dono, per insegnare ai figli a dipingere, secondo coscienza e amore, la vita che decideranno di avere per volontà e aspirazione.

Ogni opera sarà unica, frutto di insegnamenti ricevuti attraverso atti di amore, rispetto, compassione, riconoscenza, carità e umiltà. Poiché tutti siamo fallibili, gli errori nel tuo dipinto lo renderanno ancora più prezioso e unico.

Ma ricorda che col tuo pennello potrai dipingere qualunque cosa, secondo il tuo cuore e i tuoi desideri, in piena libertà. Ecco ora il pennello è tuo, è un dono, usalo come meglio senti di fare; ricorda i miei insegnamenti sempre, perché son frutto della vita che ho ricevuto e che ti ho dato, ma dipingi la tua vita coi colori che vedono i tuoi occhi, attraverso il cuore.

Fai lo stesso coi tuoi figli e quando verrà il momento lascia loro in dono questo pennello, come faccio ora con te. Così che in futuro tutti possano godere degli insegnamenti ma mantengano la libertà di utilizzarli.

Ciò che ti lascio, è la tela dove ho dipinto la mia vita, perché tu la possa osservare e prenderne spunto per dipingere la tua, secondo le tue sole aspirazioni;è la forza di camminare con le tue gambe, ma mai da sola, perché il filo con il quale il Padre ci ha legato non può essere spezzato e io sarò sempre parte di te come tu di me.

Prendi questo dono e sii sempre fiera delle tue capacità, in esso c'è anche il mio cuore che da sempre batte assieme al tuo, per l'eternità.

Con amore la tua mamma.

Dedicato a tutte le donne che insegnano a dipingere la vita attraverso la loro, e a tutte le mamme con e senza ali.

amore maternovitaunicitàeducazionematernitàpaternitàdono della vita

4.0/5 (2 voti)

inviato da Lisa, inserito il 15/01/2011

TESTO

122. L'anima di noi giovani

Suor Veronica Monica Novizia, Voce di Padre Pio, n. 3, marzo 2006

L'anima di noi giovani è come un'anfora fragile, basta un colpo di una piccola pietra perché l'anfora si frantumi come un sogno interrotto. Ma è solo il passare del tempo e delle tempeste che dà consistenza all'anima. Dio fa sempre irruzione tra le macerie dei nostri castelli in rovina e ci fa assaporare la sua presenza, ci fa gustare e intravedere che per la nostra vita c'è un altro destino che coincide con il suo progetto e la sua chiamata di infinito amore e tenerezza.

vitacamminogiovanigiovinezzacrescitaprogetto di Dio

5.0/5 (1 voto)

inserito il 15/01/2011

TESTO

123. Don Camillo non ti crucciare

Giovannino Guareschi, Tutto don Camillo, volume primo, pag. 248

..."Pioverà, pioverà, don Camillo" lo rassicurò il Cristo. "E' sempre piovuto da che mondo è mondo. La macchina è combinata in modo tale che, a un bel momento, deve piovere. O sei del parere che l'Eterno abbia sbagliato nell'organizzare le cose dell'universo?".

Don Camillo si inchinò. "Sta bene" disse sospirando. "Capisco perfettamente quanto sia giusto quello che voi dite. Però che un povero prete di campagna non possa neanche permettersi di chiedere al suo Dio di far venire giù due catinelle d'acqua, perdonate, ma è sconfortante."

Il Cristo si fece serio. "Hai mille ragioni don Camillo. Non ti resta che far anche uno sciopero di protesta." Don Camillo ci rimase male e si allontanò a capo chino, ma il Cristo lo richiamò.

"Non ti crucciare, don Camillo" sussurrò il Cristo. "Lo so che il vedere uomini che lasciano deperire la grazia di Dio (era in atto uno sciopero degli lavoratori agricoli e la roba del raccolto e degli allevamenti cominciò ad intristire) è per te peccato mortale perché sai che sono sceso da cavallo per raccogliere una briciola di pane. Ma bisogna perdonarli perché non lo fanno per offendere Dio. Essi cercano affannosamente la giustizia in terra perché non hanno più fede nella giustizia divina, e ricercano affannosamente i beni della terra perché non hanno fede nella ricompensa divina. E perciò credono soltanto a quello che si tocca e si vede, e le macchine volanti sono per essi gli angeli infernali di questo inferno terrestre che essi tentano invano di fare diventare un Paradiso. E' la troppa cultura che porta all'ignoranza perché, se la cultura non è sorretta dalla fede, a un certo punto l'uomo vede soltanto la matematica delle cose e l'armonia di questa matematica diventa il suo Dio, e dimentica che è Dio che ha creato questa matematica e questa armonia. Ma il tuo Dio non è fatto di numeri, don Camillo, e nel cielo del tuo Paradiso volano gli angeli del bene. Il progresso fa diventare sempre più piccolo il mondo per gli uomini: un giorno quando le macchine correranno a cento miglia al minuto, il mondo sembrerà agli uomini microscopico e allora l'uomo si troverà come un passero sul pomolo di un altissimo pennone e si affaccerà sull'infinito e nell'infinito ritroverà Dio e la fede nella vera vita. E odierà le macchine che hanno ridotto il mondo a una manciata di numeri e le distruggerà con le sue stesse mani. Ma ci vorrà del tempo ancora, don Camillo. Quindi rassicurati: la tua bicicletta e il tuo motorino non corrono per ora nessun pericolo".

Il Cristo sorrise e don Camillo lo ringraziò di averlo messo al mondo.

progressofedeumanitàscienzasenso della vita

inviato da Osvaldo Pozzi, inserito il 11/01/2011

TESTO

124. Credere all'amore   1

Se non credessi all'amore, la mia vita sarebbe un'assurda avventura.

amorevitafede

5.0/5 (1 voto)

inserito il 07/01/2011

TESTO

125. Testamento spirituale di frère Christian   1

Padre Christian de Chergé, Testamento spirituale

Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese.

Che essi accettassero che l'unico Padrone di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come potrei essere trovato degno di una tale offerta? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell'indifferenza dell'anonimato.

La mia vita non ha più valore di un'altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso non ha l'innocenza dell'infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimé, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca.

Venuto il momento, vorrei avere quell'attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.

Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che amo sia indistintamente accusato del mio assassinio.

Sarebbe un prezzo troppo caro, per quella che, forse, chiameranno «grazia del martirio», il doverla a un algerino, chiunque egli sia, soprattutto se dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l'Islam.

So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche le caricature dell'Islam che un certo islamismo incoraggia. E' troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti.

L'Algeria e l'Islam, per me, sono un'altra cosa: sono un corpo e un'anima. L'ho proclamato abbastanza, credo, in base a quanto ne ho concretamente ricevuto, ritrovandovi così spesso il filo conduttore del vangelo imparato sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima chiesa, proprio in Algeria e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.

Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: «Dica adesso quel che ne pensa!». Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità.

Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell'Islam come lui li vede, completamente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze.

Di questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e nonostante tutto.

In questo grazie in cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e ai loro, centuplo accordato come promesso!
E anche te, amico dell'ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen!
Insc'Allah.

Algeri, 1º dicembre 1993
Tibhirine, 1º gennaio 1994

Testamento spirituale di Padre Christian de Chergé del Monastero di Tibhirine.

Nella notte tra il 26 e il 27 marzo del 1996, sette dei nove monaci che formavano la comunità del monastero di Tibhirine, fondato nel 1938 vicino alla città di Médéa 90 km a sud di Algeri, furono rapiti da un gruppo di terroristi. Il 21 maggio dello stesso anno, dopo inutili trattative, il sedicente «Gruppo Islamico Armato» ha annunciato la loro uccisione. Il 30 maggio furono ritrovate le loro teste, i corpi non furono mai ritrovati.

testamento spiritualeperdonopeccatomisericordiaodioislamvitamorte

3.7/5 (3 voti)

inserito il 07/01/2011

TESTO

126. I cristiani, anima del mondo

Lettera a Diogneto, capitolo VI

A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. La carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.

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inviato da Anna Barbi, inserito il 24/11/2010

TESTO

127. Il mistero cristiano

Lettera a Diogneto, capitolo V

I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.

cristianicristianesimotestimonianzavita cristianapersecuzione

inviato da Anna Barbi, inserito il 24/11/2010

TESTO

128. Dalla favola all'eternità

Agata Fernandez Motzo, Una voce divina

E' dell'estate il solstizio:
il sole nella notte
balla con la bianca luna,
domani, al suo sorgere festoso,
spanderà candide perle di rugiada....
Questa la favola,
poetica e assai bella, ma
nella sua fantastica realtà
domani, forse, più triste
il sole sorgerà,
perché, lasciato il suo zenit,
inizia il suo declino,
giorno dopo giorno,
verso la lunga notte...
E come nella favola quello del sole, così
anche di ogni mortale il cammino:
comincia il primo giorno
in un radioso mattino,
ma segue, purtroppo, anche per lui
dell'umana vicenda
il quotidiano tramonto,
verso la lunga notte...
Per chi ha fede, però, della vita
non è triste il tramonto,
ché in quella lunga notte
sa che festeggerà il Natale,
il suo, quello eterno, quando l'anima,
oltre un orizzonte infinito,
che segna la fine dell'umano cammino
e del divino l'inizio,
incontrerà in tutto il suo splendore
quel Sole che non tramonta, ma brilla
in un eterno radioso solstizio.

vitamortevita eternaparadiso

inviato da Agata Fernandez Motzo, inserito il 17/10/2010

TESTO

129. La grande colpa   1

Martin Buber, Storie e leggende chassidiche, Mondadori

Rabbi Bunam disse ai suoi chassidim: "La grande colpa dell'uomo non sono i peccati che commette: la tentazione è potente e la forza dell'uomo è poca! La grande colpa dell'uomo è che in ogni momento potrebbe convertirsi e non lo fa".

conversionepeccatotentazioneimpegnovita spiritualecambiamento

5.0/5 (2 voti)

inviato da Elena Calvini, inserito il 05/09/2010

TESTO

130. Vita e santità   1

Giovanni Paolo II

La vita di ogni uomo dev'essere un'ininterrotta marcia verso la santità.

santitàvita

5.0/5 (2 voti)

inviato da Cinzia Novello, inserito il 03/09/2010

TESTO

131. Credo in Dio e nell'uomo

p. Giulio Bevilacqua

Credo in Dio e nell'uomo quale immagine di Dio.
Credo nello sforzo dell'uomo.
Credo negli uomini, nel loro pensiero,
nella loro sterminata fatica che ha fatto quello che sono.
Credo nella vita
come gioia e come durata:
non prestito effimero dominato dalla morte, ma dono definitivo.
Credo nella vita come possibilità illimitata di elevazione e di sublimazione.
Credo nella gioia,
la gioia di ogni stagione, di ogni tappa, di ogni aurora,
di ogni tramonto, di ogni volto, di ogni raggio di luce
che parta dal cervello, dai sensi, dal cuore.
Credo nella gioia dell'amicizia,
nella fedeltà e nella parola degli uomini,
Credo in me stesso,
nelle capacità che Dio mi ha conferito,
perché posso sperimentare la più grande tra le gioie,
che è quella del donare e del donarsi.
In questa fede voglio vivere,
per questa fede voglio lottare e con questa fede voglio addormentarmi
in attesa del grande gioioso risveglio.

crederefedecredoottimismopositivitàsperanzavitasenso della vita

5.0/5 (1 voto)

inviato da Beppe Gola, inserito il 03/09/2010

TESTO

132. La fiammella della vita spirituale

don Francesco Bisinella

Non dobbiamo tenere la mano concava attorno alla fiammella della nostra vita spirituale per impedire che un vento troppo forte la spenga, ma dobbiamo accendere una grande fiamma alimentata dalla nostra generosità e dal nostro coraggio.

vita spiritualetentazioneperseveranzagenerosità

inviato da Pia Marin, inserito il 14/08/2010

ESPERIENZA

133. Parlare dell'aborto in assemblea di classe   1

C. D'Esposito, Rivista "Vita Francescana", maggio 1975

PAOLO (anni 15): Io dico che l'aborto è lecito, quando si sa che il bambino nascerà deforme. A che serve farlo nascere? Io non vorrei vivere, se fossi deforme.

PROF.: (Eh già, bello e viziato come sei...) Paolo, ma allora lo scopo della vita è essere belli?

PAOLO: No, certo, non è essere belli. Ma nemmeno brutti!

MANUELA (anni 15; meditabonda e sagace): Lui vuol dire che lo scopo della vita è essere felici.

PROF.: E mi sai dire qual è lo scopo dell'aborto? Rendere felice la madre?

GIORGIO (interdetto): Lo scopo dell'aborto...

PROF.: La madre è più felice, dopo?

Vorrei dire a Paolo che il suo è un ragionamento fatto coi piedi. Se chi è deforme non ha diritto di vivere, allora dovremmo uccidere i gobbi, i paralitici, i pazzi.

MANUELA (indignata): Che c'entra! Quelli, ormai, sono nati. Sono vivi, sono interi. Prima di nascere non siamo nemmeno interi.

PROF.: fammi capire: essere uomini significa essere interi?

GIORGIO: Senta, non riattacchiamo con la filosofia.

PROF. (divertita): Io lo facevo per Paolo. Pensa a lui, che ragiona con i piedi. Se si sloga un piede, non è più Paolo. Vi do un suggerimento; facciamo fuori Paolo

GIORGIO (rassegnato): Vi saluto, gente. Parla la professoressa, quindi l'assemblea è finita.

PROF.: Ascolta, Giorgio: un uomo e una donna si sposano, pur sapendo di essere gravemente malati. Incoscienti, no? E fanno pure di peggio: questi criminali, questi irresponsabili, fanno pure cinque figli.

GIORGIO (atterrito): Cinque figli? Ma saranno tutti malati!

PROF.: Tutti malati, è evidente. Chi sordo, chi cieco, chi demente; uno sfacelo, uno spettacolo vergognoso; se ci fosse Hitler li infilerebbe nei forni. E così si perderebbe il sesto figlio.

GIORGIO (stravolto): Il sesto, professoressa?

PROF.: Che è Ludwig van Beethoven. E non dire: è bene inventata; perché è vera.

abortovitasenso della vita

inviato da Angela Muscarella, inserito il 14/08/2010

TESTO

134. Il calendario

Don Francesco Bisinella

Il calendario è appeso alla nostra carne. Dio conta i giorni. Nella nostra mente e nel nostro cuore niente sorprese, contrattempi e strani congegni. Siamo nelle mani di Dio.

tempovitamorte

5.0/5 (1 voto)

inviato da Pia Marin, inserito il 14/08/2010

PREGHIERA

135. Meravigliosa la solita vita   4

Giuditta De Feo

Signore,
ieri sera ho chiesto all'amica
"come va?"
mi ha risposto con tono quasi annoiato
"niente di nuovo,
...la solita vita!".

Spesso si pensa
che ciò che dà sapore alla vita
è lo straordinario,
un evento inatteso,
l'avventura...!

...ma nella "solita vita"
non c'è niente di bello?
"la solita vita" non è forse meravigliosa?

Signore,
aiutaci tu
a scoprire che svegliarsi ogni mattina,
vedere la luce del nuovo giorno
è un fatto straordinario...
riprendere al mattino la "solita vita"
è un fatto nuovo
perché ogni giorno
tu ci dai la possibilità,
al di là dell'età,
di crescere in saggezza ed amore...
di nutrirci di te,
di riscaldarci al "sole" della tua Parola,
di incontrare la gente,
di ammirare gli occhi innocenti dei bambini...
di fare del bene,
di sentirci utili,
di amare il nostro lavoro...

...quante possibilità ci offri Signore...!

E allora che dirti?
Solo e semplicemente grazie!
Chiederti perdono
se nella "solita vita"
non sappiamo incontrarti,
amarti nel volto dei fratelli,
nella bellezza del creato,
nel nostro cuore che è in pace
solo se lì ci sei tu.

Aiutaci,
Signore,
nell'ordinarietà della vita
a scoprire che tu ci salvi
perché ci vuoi bene.

vitaquotidianitàstupore

4.0/5 (2 voti)

inviato da Giuditta De Feo, inserito il 14/08/2010

TESTO

136. Il tempo   2

Il tempo è nelle nostre mani, nella misura in cui l'infinito è nei nostri cuori.

tempovalore del temposenso della vitavita

4.5/5 (2 voti)

inviato da Antonietta Milella, inserito il 14/08/2010

PREGHIERA

137. Ringraziamento

Signore, io pensavo di essere tagliato fuori dal tuo invito alla gioia della vita. Sai io non sono ricco, fortunato, potente, non ho il fisico per farmi largo nella vita, ma ora so che tu inviti anche me; finora sono rimasto fuori ad aspettare ponendo la mia fiducia nel mondo: ma c'è un posto per ciascuno alla tua mensa. Ti ringrazio Signore per avermi convocato: oggi è la mia ora di risponderti sì. Un sì pieno, definitivo, lasciando da parte ogni gelosia, invidia terrena, perché possa anch'io sedermi alla tua mensa ed essere nel numero dei tuoi invitati.

preghierachiamatarispostavocazionevitasenso della vita

inviato da Babbo Lupo, inserito il 11/08/2010

TESTO

138. Cosa serve per apprezzare

Valerio Albisetti, Ascoltiamo le nostre emozioni

Occorre conoscere la notte per apprezzare il giorno.
Occorre stare soli per apprezzare la vita di coppia.
Occorre conoscere la sete per apprezzare l'acqua.
Occorre sapere di morire per dare significato alla vita.

ricerca di sensosenso della vitainteriorità

1.0/5 (1 voto)

inviato da Maria Carmela Moretti, inserito il 11/08/2010

PREGHIERA

139. Maria, donna del silenzio   1

Tonino Bello

Santa Maria,
donna del silenzio,
riportaci alle sorgenti della pace.
Liberaci dall'assedio delle parole.
Da quelle nostre, prima di tutto.
Ma anche da quelle degli altri.
Figli del rumore,
noi pensiamo di mascherare l'insicurezza
che ci tormenta
affidandoci al vaniloquio del nostro interminabile dire:
facci comprendere che,
solo quando avremo taciuto noi,
Dio potrà parlare.
Coinquilini del chiasso,
ci siamo persuasi di poter esorcizzare
la paura alzando il volume dei nostri transistor:
facci capire che Dio si comunica all'uomo
solo sulle sabbie del deserto,
e che la sua voce non ha nulla da spartire
con i decibel dei nostri baccani.
Spiegaci il senso profondo di quel brano della Sapienza,
che un tempo si leggeva a Natale
facendoci trasalire di meraviglia:
«Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose,
e la notte era a metà del suo corso,
la tua Parola onnipotente dal cielo,
dal tuo trono regale, scese sulla terra...».
Riportaci, ti preghiamo,
al trasognato stupore del primo presepe,
e ridestaci nel cuore la nostalgia di quella "tacita notte".
Santa Maria, donna del silenzio,
raccontaci dei tuoi appuntamenti con Dio.
In quali campagne ti recavi nei meriggi di primavera,
lontano dal frastuono di Nazaret, per udire la sua voce?
In quali fenditure della roccia ti nascondevi adolescente,
perché l'incontro con lui non venisse profanato dalla violenza degli umani rumori?
Su quali terrazzi di Galilea,
allagati dal plenilunio,
nutrivi le tue veglie di notturne salmodie,
mentre il gracidare delle rane,
laggiù nella piana degli ulivi,
era l'unica colonna sonora ai tuoi pensieri di castità?
Che discorsi facevi, presso la fontana del villaggio,
con le tue compagne di gioventù?
Che cosa trasmettevi a Giuseppe quando al crepuscolo, prendendoti per mano,
usciva con te verso i declivi di Esdrelon,
o ti conduceva al lago di Tiberiade nelle giornate di sole?
Il mistero che nascondevi nel grembo glielo
confidasti con parole o con lacrime di felicità?
Oltre allo Shemàh Israel
e alla monotonia della pioggia nelle grondaie,
di quali altre voci risonava la bottega del falegname
nelle sere d'inverno?
Al di là dello scrigno del cuore,
avevi anche un registro segreto
a cui consegnavi le parole di Gesù?
Che cosa vi siete detto, per trent' anni,
attorno a quel desco di povera gente?
Santa Maria, donna del silenzio,
ammettici alla tua scuola.
Tienici lontani dalla fiera dei rumori
entro cui rischiamo di stordirei,
al limite della dissociazione.
Preservaci dalla morbosa voluttà di notizie,
che ci fa sordi alla "buona notizia".
Rendici operatori di quell'ecologia acustica,
che ci restituisca il gusto della contemplazione
pur nel vortice della metropoli.
Persuadici che
solo nel silenzio maturano le cose grandi della vita:
la conversione, l'amore, il sacrificio, la morte.
Un'ultima cosa vogliamo chiederti, Madre dolcissima.
Tu che hai sperimentato, come Cristo sulla croce,
il silenzio di Dio,
non ti allontanare dal nostro fianco nell'ora della prova.
Quando il sole si eclissa pure per noi,
e il cielo non risponde al nostro grido,
e la terra rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell'abbandono rischia di farei disperare,
rimanici accanto.
In quel momento, rompi pure il silenzio:
per direi parole d'amore!
E sentiremo sulla pelle i brividi della Pasqua.

Mariasilenziovita quotidianarumore

5.0/5 (1 voto)

inviato da Barbara Battilana, inserito il 30/07/2010

RACCONTO

140. Sognando la vita

In un grembo, vennero concepiti due gemelli. Passavano le settimane ed i bambini crescevano. Nella misura in cui cresceva la loro coscienza, aumentava la gioia: «Di', non è fantastico che siamo stati concepiti? Non è meraviglioso che viviamo?».

I gemelli iniziarono a scoprire il loro mondo. Quando scoprirono il cordone ombelicale, che li legava alla madre dando loro nutrimento, cantarono di gioia: «Quanto grande è l'amore di nostra madre, che divide con noi la sua stessa vita!». A mano a mano che le settimane passavano, però, trasformandosi poi in mesi, notarono improvvisamente come erano cambiati. «Che cosa significa?», chiese uno.

«Significa», rispose l'altro, «che il nostro soggiorno in questo mondo presto volgerà alla fine!».

«Ma io non voglio andarmene», ribatté il primo, «vorrei restare qui per sempre!».

«Non abbiamo scelta», replicò l'altro, «ma forse c'è una vita dopo la nascita!».

«E come può essere», domandò il primo, dubbioso, «perderemo il nostro cordone di vita, e come faremo a vivere senza di esso? E per di più, altri prima di noi hanno lasciato questo grembo, e nessuno di loro è tornato a dire che c'è una vita dopo la nascita. No, la nascita è la fine!».

Così, uno di loro cadde in un profondo affanno, e disse: «Se il concepimento termina con la nascita, che senso ha la vita nell'utero? È assurda... Magari non esiste nessuna madre dietro tutto ciò!».

«Ma deve esistere», protestò l'altro, «altrimenti come avremmo fatto ad entrare qua dentro? E come faremmo a sopravvivere?».

«Hai mai visto nostra madre?», domandò l'uno. «Magari vive soltanto nella nostra immaginazione. Ce la siamo inventata, perché così possiamo comprendere meglio la nostra esistenza!».

E così, gli ultimi giorni nel grembo della madre, furono pieni di mille domande e di grande paura. Infine, venne il momento della nascita. Quando i gemelli ebbero lasciato il loro mondo, aprirono gli occhi.

Gridarono... Ciò che videro superava i loro sogni più arditi!

Un giorno, finalmente, nasceremo!

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inviato da Lisa, inserito il 26/06/2010

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