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TESTO

1. Natale: cosa attendi?

Giuseppe Impastato S.I.

Tu forse non attendi più un Messia e un Salvatore.

Dillo pure: mi bastano le assicurazioni, la carta di credito, il libretto di assegni, le multi-proprietà, gli investimenti che rendono, le giuste conoscenze, le amicizie influenti...

Mi sta bene il Natale come fiaba, ricordi, festa per i bambini, regali, vacanze, ritrovarci con parenti.

Fratello, sorella, forse pure andrai in chiesa per Natale, ma se a Gesù che non ha e non dà nessuna sicurezza, e se non hai spalancato la tua vita al futuro di Dio, non celebrerai il vero Natale.

Se a Natale sai dire solo: "Auguri", "Buon Natale", "Buone feste", "Buona fine e buon principio", il Natale non è stupore, né dono divino, né cuore e occhi nuovi, né presenza inquietante, né luce dall'alto, né invito a novità di vita e gioia piena.

nataleattesaauguriavvento

inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 17/09/2022

TESTO

2. Auguri di Natale non in serie

don Tonino Bello

Carissimi,
formulare gli auguri di Natale dovrebbe essere la cosa più semplice di questo mondo. Invece, quest'anno sto provando tanta difficoltà. Ho scritto e riscritto cento volte l'attacco di questa lettera, ma mi è parso di dire sempre delle cose estremamente banali. Come sono banali certi presepi bell'e confezionati che si acquistano ai grandi magazzini. Saranno anche attraenti con i loro svolazzi di angeli e con i loro muschi di plastica. Ma sono freddi. Perché fatti in serie.
Ecco: è proprio la «serialità» che mi mette in crisi. Ho l'impressione, cioè, di esporre anch'io la mia merce preconfezionata, e poi lasciare che ognuno si serva da solo, come nei self-service di certi ristoranti.
È qui lo sbaglio: nella pretesa di voler trovare delle formule standard, buone per tutti. Invece, a Natale, non si possono porgere auguri indistinti.

Dire buon Natale a te, Ignazio, che vivi immobilizzato da anni, dopo quel terribile incidente stradale che ti ha ridotto a un rudere, è molto diverso che dire Buon Natale a te, Franco, che hai fatto spese pazze per rinnovarti l'attrezzatura sciistica, e il 25 dicembre lo passerai in montagna, dove hai già prenotato l'albergo per la settimana bianca. Tu, Ignazio, la stella cometa del presepe non la vedi neanche, perché non puoi muovere la testa dal guanciale. E, allora, devo descrivertela io, e dirti che essa fa luce anche per te, e assicurarti che Gesù è venuto a dare senso alla tua tragedia e che, nella Notte Santa, anzi, ogni notte della tua vita, egli trasloca dalla mangiatoia per venirti accanto e farsi scaldare da te. Tu, Franco, la stella cometa non la vedi perché non hai tempo per pensare a queste cose, e in testa hai ben altre stelle. E, allora, devo provocartene io la nostalgia, e dirti che le lampade dei ritrovi mondani dove consumi le tue notti e i tuoi soldi, non fanno luce sufficiente a dar senso alla tua vita.

Dire buon Natale a te, Katia, che il 26 andrai all'altare con Cosimo, è molto diverso che dire buon Natale a Rosaria, che il mese scorso ha firmato la separazione consensuale, dopo che Gigi se n'è andato con un'altra. Perché a te, Katia, basterà l'invito a vedere nel presepe la celebrazione nuziale suprema di Dio che prende in sposa l'umanità, e già ti sentirai coinvolta nel mistero dell'incarnazione. A te, Rosaria, invece, che per la prima volta le feste le passerai sola in casa, e che non hai voglia neppure di andare a pranzo dai tuoi, occorrerà tutta la mia discrezione per farti capire che non è molto dissimile il ripudio subito da Gesù nella notte santa. Buon Natale, Rosaria. E buon Natale anche a Gigi, perché, scorgendo nel bambino del presepe il mistero della fedeltà di Dio, torni presto a casa.

Dire buon Natale a te, carissimo Nicola, che mi sei tanto vicino con la tua amicizia ma anche tanto lontano con l'ateismo che professi, è molto diverso che dire buon Natale a te, don Donato, che le parole di santità, tu sei bravo a dirmele più di quanto io non sappia fare con te. Perché tu, don Donato, hai un cuore che trabocca di tenerezza, e quando parli del Verbo che scende sulla terra e diventa l'Emmanuele, cioè il Dio con noi, si vede che ci credi a quello che dici, e daresti la vita perché anche gli altri ponessero lo sguardo su quel pozzo di luce che rischia di accecare i tuoi occhi. Mentre tu, Nicola, davanti al presepe resti impassibile, e il bue e l'asino ti fanno sorridere, e l'incanto di quella notte ti sembra una fuga dalla realtà, e rassomigli tanto a qualcuno di quei pastori (qualcuno ci deve essere pur stato!) che, all'apparizione degli angeli, non si è neppure scomposto ed è rimasto a scaldarsi davanti al fuoco del suo scetticismo. Non voglio forzare la tua coscienza: ma sei proprio sicuro che, quel bambino non abbia nulla da dirti, e che questo mistero (che tu vorresti confinare tra le favole) di Dio fatto uomo per amore, sia completamente estraneo al tuo bisogno di felicità? Auguri, comunque, perché la tua irreprensibile onestà umana trovi nella culla di Betlemme la sua sorgente e il suo estuario.

Dire buon Natale a te, Corrado, che vivi nella casa di riposo, e la sera ti lasci cullare dalle nenie pastorali, e te ne vai sulle ali della fantasia ai tempi di quando eri bambino, e la tua anima brulica di ricordi più di quanto i tratturi del presepe non brulichino di percorelle, e pensi che questo sarà forse il tuo ultimo Natale, e ti raffiguri già il momento in cui Gesù lo contemplerai faccia a faccia con i tuoi occhi... è molto diverso che fare gli auguri a te, Antonietta, che hai vent'anni e tutti dicono che non sei più quella di una volta, e l'altro giorno mi hai confidato che non fai più parte del coro e che forse quest'anno non ti confesserai neppure. Buon Natale, Antonietta. Pregherò perché tu possa trovare cinque minuti per piangere da sola davanti alla culla, e in quel pianto tu possa sperimentare le stesse emozioni di quando la semplice carta stagnola del presepe ti faceva trasalire di felicità.

Un conto è dire buon Natale a te, Gianni, che stai in ospedale e oggi anche i medici se ne sono andati e tu non vedi l'ora che arrivi il momento delle visite per poter parlare con qualcuno, e un conto è dire buon Natale a te, Piero, che in carcere nessuno verrà a trovare dopo che ne hai combinate di tutti i colori perfino a tuo padre e a tua madre. Auguri a tutti e due, comunque, e ai vostri compagni di corsia o di cella: Gesù Cristo vi restituisca la salute del corpo e quella dello spirito.

Buon Natale a te, Carmela, che sei rimasta vedova. A te, Marina, che sei felice perché le cose vanno bene. A te, Michele, che ti disperi perché le cose vanno male. A te, Mussif, e a tutti i profughi albanesi che vivono insieme nella casa di accoglienza. A te, Sahid, che guardi alla televisioni gli spettacoli dell'Unicef sui bambini irakeni e slavi decimati dalla fame, e, per un'associazione di immagini non certo molto strana, pensi ai tuoi figli che hai lasciato in Tunisia.

Dopo che l'ho poggiata sull'altare, profumata d'incenso e grondante ancora di benedizioni divine, voglio dare la mano a tutti, sicuro che nessuno tirerà indietro la sua.

Perché a Natale, felice o triste che sia, fedele o miscredente, miserabile o miliardario, ognuno avverte, chi sa per quale mistero, che di quel bambino «avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia», una volta che l'ha conosciuto, non può più fare a meno.

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inserito il 19/02/2018

TESTO

3. Il vero significato dell'Avvento   1

Goffredo Boselli

Per John Henry Newman il nome del cristiano è “colui che attende il Signore”. Invece dobbiamo riconoscerlo: da secoli, in occidente, l'attesa della venuta del Signore è una dimensione perlopiù assente nella vita di fede dei cristiani. Era il rammarico di Ignazio Silone che scriveva: "Mi sono stancato di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con la stessa indifferenza con cui si aspetta l'arrivo dell'autobus".

Rivelatore di questa realtà è il modo abituale di comprendere e vivere l'Avvento. Io sono persuaso che l'Avvento è il tempo liturgico oggi meno compreso nel suo valore e nel suo significato. Lo si è ridotto a tempo di preparazione alla festa del Natale. Che tristezza! Non si comprende che l'Avvento è la chiave di tutto l'anno liturgico: l'escatologia è la verità dimenticata dell'intero anno liturgico.

L'Avvento è la chiave per comprendere la celebrazione delle feste della manifestazione del Signore nella carne: i fatti che hanno immediatamente preceduto la nascita di Gesù Cristo, la sua nascita a Betlemme, la manifestazione ai Magi, il battesimo nel Giordano fino alle nozze di Cana. Capiti nella loro intelligenza spirituale, i testi liturgici dell'Avvento esprimo non l'attesa di una nascita già avvenuta nella storia una volta per tutte, quanto piuttosto l'attesa della definitiva venuta di Cristo nella gloria.

Domandiamoci: ma com'è possibile che la liturgia cristiana, che è sempre memoriale della morte e risurrezione di Cristo finché egli venga, faccia di noi cristiani gente per la quale il Signore non è ancora nato e dobbiamo attendere la sua nascita? Se la liturgia dell'Avvento ci costringesse a immedesimarci in coloro che duemila anni fa attesero la nascita di Gesù, la liturgia sarebbe nient'altro che l'artefice di un complesso sociodramma, ossia di una rievocazione ritualizzata degli eventi fondatori del cristianesimo. La nascita non la si attende ma la si commemora (commemoratio nativitatis Domini nostri Jesu Christi), ciò che si attende è invece la parusia che è il compimento del mistero Pasquale.

Il modo di vivere l'Avvento è il simbolo della diffusa perdita della dimensione escatologica che è uno dei tratti distintivi del cristianesimo moderno e contemporaneo occidentale. La progressiva spiritualizzazione dell'escatologia ha portato l'esistenza cristiana a soffrire di un male grave: l'amnesia della parusia. Osservando come la malattia del nostro tempo sia la volontà di dimenticare l'avvento di Dio, J.B. Metz in una preziosa meditazione sull'Avvento pone una domanda:

"Domandiamoci una volta in questi giorni di Avvento e di Natale: non agiamo forse, segretamente, come se Dio fosse restato tutto alle nostre spalle, come se noi - frutti tardivi di questo ventesimo secolo post Christum natum - potessimo trovare Dio solamente in un facile e malinconico sguardo del nostro cuore, una debole luce riflessa alla grotta di Betlemme, al bambino che ci è stato dato?

Abbiamo noi qualche cosa di più della visione di questo bambino negli occhi, quando nelle nostre preghiere e nei nostri canti proclamiamo: è l'Avvento di Dio? Pendiamo qualche cosa di più del Dio dei nostri ricordi e dei nostri sogni? Cerchiamo realmente Dio anche nel nostro futuro? Siamo uomini dell'Avvento, che hanno nel cuore l'urgenza della venuta di Cristo, e con gli occhi che spiano, cercando negli orizzonti della propria vita il suo volto albeggiante?".

Oggi, dobbiamo riconoscerlo, vi è una patologia nel modo di vivere l'Avvento. In realtà l'Avvento è il solo specifico cristiano, perché un tempo di digiuno e penitenza come la Quaresima la condividiamo con l'islam, il tempo della Pasqua con l'ebraismo, ma l'attesa della venuta del Kyrios è solo cristiana. Solo noi cristiani attendiamo il ritorno di Cristo da lui stesso promesse: "Sì vengo presto! Amen" (Ap 22,20). Per questo, privare l'anno liturgico della sua costitutiva dimensione escatologica significa sottrarre alla fede cristiana la dimensione della speranza.

Così compreso e vissuto, l'Avvento sarebbe il tempo dell'anno liturgico più eloquente per i credenti di oggi. Uomini e donne che faticano a sperare perché privati di ogni speranza, a volte perfino incapaci di sperare. Per questo, occorre fare attenzione a liturgie troppo festanti al limite del superficiale, eccessive nei toni e negli accenti, quasi che si debba sempre e a ogni costo far festa.

Domandiamoci: si è altrettanto capaci di offrire ai credenti liturgie capaci di suscitare la speranza, di nutrirla. Liturgie capaci di dare ragioni per sperare a cuori stanchi e affaticati, capaci di risollevare quanti, come i discepoli di Emmaus, si fermano “con il volto triste”. Lo sappiamo, la fatica a credere ad avere fiducia negli altri, nella vita, nel futuro, è uno dei tratti che caratterizzano l'uomo e la donna occidentali dei nostri giorni e questo non può non segnare anche la fede del credente contemporaneo.

Comprendere l'anno liturgico come un ciclo, un anello chiuso su di sé ma come un movimento elicoidale che mette la vede in cammino significa, nel preciso contesto antropologico, culturale e sociale nel quale viviamo, comprendere che le nostre liturgie, e più in generale le celebrazioni dei sacramenti, sono oggi chiamate ad ospitare un modo di vivere la fede, anche tra i credenti più assidui, che non è più, come un tempo, la somma di certezze incrollabili ma è l'espressione di un desiderio di qualcosa e di qualcuno in cui poter sperare, così che credere significa aggrapparsi a una speranza.

Oggi la fede è, infatti, perlopiù esperimentata come l'apertura a una speranza. Nutrire la speranza, questo oggi è il compito primo dell'anno liturgico, dare ragioni per alimentare per esercitarsi a credere che si sono realtà non visibili, e queste realtà sono la nostra salvezza. Uscire dalla precarietà in cui ci si trova per entrare un giorno nella condizione di beatitudine in Dio. “Solo la speranza nella vita eterna ci fa propriamente cristiani”, ha scritto Agostino.

Oggi è molto difficile parlare di speranza, dare ragioni per speranza, eppure questo è il compito oggi dell'anno liturgico, perché la mancanza di speranza rende l'uomo estraneo al tempo, irrimediabilmente assente a questo tempo presente. La speranza è esattamente questo: volere infinitamente il finito, è vivere eternamente il tempo. Come ha scritto Emmanuel Mounier in un saggio dedicato a Péguy, la speranza “rifà ciò che l'abitudine disfa. È la sorgente di tutte le nascite spirituali, di ogni libertà, di ogni novità. Semina cominciamenti là dove l'abitudine immette morte”.

avventoanno liturgicoattesasperanzaparusia

inviato da Francesco De Luca, inserito il 15/01/2018

RACCONTO

4. La valigia   1

Un uomo morì. Appena varcata la soglia dell'aldilà vide Dio, con una valigia, che gli veniva incontro.
E Dio disse:
- Figlio, è ora di andare.
L'uomo stupito domandò:
- Di già? Così presto? Avevo tanti progetti...
- Mi dispiace ma è giunta l'ora della tua partenza.
E si incamminarono. Curioso l'uomo chiese a Dio:
- Cosa porti nella valigia?
E Dio gli rispose:
- Ciò che ti appartiene.
- Quello che mi appartiene? Porti le mie cose, i miei vestiti, i miei soldi?
Dio rispose:
- Quelle cose non ti sono mai appartenute, erano del mondo.
- Porti i miei ricordi?
- Quelli non ti sono mai appartenuti, erano del tempo.
- Porti i miei talenti?
- Quelli non ti sono mai appartenuti, erano delle circostanze.
- Porti i miei amici, i miei familiari?
- Mi dispiace, loro mai ti sono appartenuti, erano compagni di viaggio.
- Porti mia moglie e i miei figli?
- Loro non ti sono mai appartenuti. Ti sono stati solo affidati.
- Porti il mio corpo?
- Non ti è mai appartenuto. Era della polvere.
- Allora porti la mia anima?
- No, l'anima è mia.
Allora l'uomo, di scatto, afferrò la valigia per guardarvi dentro e, con le lacrime agli occhi disse:
- Ma è vuota! Allora non ho mai avuto niente?
- Beh, le cose materiali, per cui hai tanto lottato, non puoi portarle con te. Il vero bene della vita è il tempo. Ecco perché non dovevi sprecarlo ma impegnarlo per prepararti alla vita eterna, accumulando l'unico tesoro che ha valore nel mio Regno: i tuoi gesti di amore. Il resto non conta nulla.

Questo è quanto ci raccomanda il Signore, con tutto il suo cuore:
Non accumulate per voi tesori sulla terra; accumulate invece per voi tesori in cielo” (Mt 6,19-20)

morteimportanza delle cosealdilàtemporegno di Dioamorevitasenso della vitainterioritàesterioritàgiudizio

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inviato da Qumran2, inserito il 03/12/2017

TESTO

5. Ricordatevi di Dio

Isacco di Ninive, La filocalia

Ricordatevi di Dio, perché in ogni istante egli si ricordi di voi. Se si ricorda di voi, vi darà la salvezza. Non dimenticatelo lasciandovi sedurre da distrazioni vane. Volete forse che vi dimentichi nei momenti delle vostre distrazioni?

Rimanetegli vicini e obbedienti nei giorni della prosperità. Potrete contare sulla sua parola nei giorni difficili, poiché la preghiera vi renderà sicuri della sua presenza costante. Rimanete incessantemente dinanzi al suo volto, pensatelo, ricordatelo nel vostro cuore. Altrimenti, se lo incontrate appena di tanto in tanto, rischiate di perdere la vostra intimità con lui.

La familiarità tra gli uomini avviene mediante la presenza fisica. La familiarità con Dio consiste nella meditazione e nell'abbandono in lui durante la preghiera.

Chi vuol vedere il Signore, purifichi il suo cuore col ricordo continuo di Dio. Arriverà a contemplarlo ogni istante e dentro di sé sarà tutto luce.

contemplazionevicinanza di Diopresenza di Diorapporto con Diopreghiera

inviato da Qumran2, inserito il 30/06/2017

TESTO

6. Tempo da donare   3

Agostino Degas

Il più bel regalo che possiamo fare alle persone a noi care è il nostro tempo, cioè la nostra vita.
Non è mai tempo perso, quello dedicato alle persone per noi importanti.
Tutti i momenti a loro dedicati diventano ricordi che profumano di vita.
Chi ama veramente, il tempo lo trova sempre. Perché il tempo è una scelta.
La scelta di dare sempre la priorità ai sentimenti, alle emozioni.

temporegalodonareamarevalore del tempo

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inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 28/12/2016

TESTO

7. Al mattino

Marco Aurelio, Ricordi, V, 1

Se ti accade, al mattino, di svegliarti pigro e indolente, tieni presente questo pensiero: "Mi alzo per riprendere la mia opera di uomo."

motivazioneviverevitaimpegno

inviato da Mariarosa Bosani, inserito il 25/08/2016

RACCONTO

8. Il più grande fabbro di spade del mondo   2

Efficacemente.com

Tanto, tanto tempo fa, in una terra lontana, viveva un fabbro di spade, conosciuto in tutto il mondo per la sua sublime capacità di forgiare il ferro e trasformarlo in spade eleganti e letali.

Un giorno, il racconto dell'incredibile abilità del fabbro di spade giunse a corte, ed il Re, affascinato da questa storia, volle incontrare quanto prima un suddito tanto dotato. I cavalieri del Re iniziarono a cercare il fabbro di spade in lungo ed in largo, setacciando l'intero regno, finché non lo trovarono in un piccolo villaggio vicino alle montagne. Di fronte all'invito del Re, il fabbro di spade non poté fare altro che accettare e, salutata la propria famiglia, seguì i cavalieri a corte.

Durante il loro primo incontro, il Re fu subito affascinato dall'umiltà e dalla gentilezza del fabbro di spade e decise di ricambiarla con altrettanta cortesia. Dopo una breve chiacchierata, il Re fece al fabbro di spade la domanda che poneva a tutti i grandi maestri ed esperti della sua corte: "Fabbro di spade, dimmi, qual è il tuo segreto? Come riesci a forgiare spade tanto belle?"

Il fabbro di spade, per nulla intimorito, rispose al proprio Re con reverenza, ma fermezza: "Sire, non esiste alcun segreto". Il Re sembrava perplesso, ma lasciò continuare il suo ospite. "Fin da quando ero bambino ho avuto l'opportunità di osservare, prima mio nonno e poi mio padre, lavorare il ferro."

Come catturato dall'estasi dei ricordi il fabbro di spade continuò il suo racconto. "Ben presto mi innamorai di questa arte che forgia elementi tanto potenti della natura: il ferro, il fuoco e l'acqua. Vedere nascere spade così eleganti dal ferro grezzo non solo affascinò la mia mente, ma catturò anche il mio cuore. Fu allora che, ancora bambino, decisi che sarei diventato il più grande fabbro di spade del mondo."

Il Re e tutta la corte continuarono ad ascoltare in silenzio l'umile artigiano. "Crescendo, lessi tutti il libri che furono scritti sull'arte della fabbricazione della spada ed imparai ogni tecnica sulla lavorazione del ferro. Non solo. Se un libro non conteneva la parola ‘spada', se una discussione non trattava della lavorazione del ferro, ed in generale, se un'attività non aveva nulla a che fare con le spade, semplicemente non sprecavo il mio tempo con essa. Credo che sia questo il segreto della mia eccellenza, Maestà."

impegnosuccessocostanzasacrificio

5.0/5 (2 voti)

inserito il 18/07/2015

PREGHIERA

9. Preghiera di chi compie cinquant'anni

Se ci domandiamo come stiamo vivendo la vita non sempre il bilancio è dei migliori.
Per non lasciarsi fiaccare il cuore dal pensiero di ciò che non si è vissuto bene
è meglio dire: Grazie, Signore, per la vita.

Grazie per chi ce l'ha donata:
da quando siamo diventati genitori abbiamo imparato a scoprire con occhi nuovi l'umanità di nostro padre, di nostra madre.

Grazie per gli amici che la vita ci ha donato;
con alcuni ci siamo persi per strada, con tanti altri, invece, abbiamo imparato a donare, a chiedere e a gustare ciò che davvero conta.
Ti affidiamo quelli che sono già tornati da te: il loro ricordo è gratitudine di vita.

Grazie per la capacità di amare che hai posto nel nostro cuore:
ora che abbiamo cinquant'anni ci pare di capire con più consapevolezza cosa vuol dire amare una donna, un uomo.
Ti ringraziamo di cuore, per chi ci hai messo accanto:
i ragazzi che sono diventato nostri mariti, le ragazze che sono diventate nostre mogli.
Per quelli che tra noi sono stati feriti nell'amore, o che, nel tentativo di amare, hanno ferito qualcuno:
ti chiediamo il dono della consolazione, del perdono e della fiducia nella vita.

Grazie per il dono dei figli:
non li abbiamo scelti, ci sono arrivati così come sono.
Tu ci hai affidato a loro perché imparassimo a diventare genitori, a scoprire cosa vuol dire amare sul serio; ti li hai affidati a noi perché li aiutassimo a vivere in questo mondo da persone vere, libere, buone.
Manda nel nostro cuore il tuo amore così che in questa e in tutte le età della vita possiamo essere per loro una porta aperta, un incoraggiamento: il nostro esempio, più che le parole, li aiutino a stare con coraggio e verità nella vita quotidiana.

Grazie per il dono della fede e della comunità cristiana.
Perdona le incoerenza e le falsità; fa' che viviamo l'età della maturità senza l'orgoglio di chi crede di bastare a se stesso.
Donaci di vivere la fede nel modo dei tuoi amici che si avvicinavano a te per chiederti spiegazioni:
stando vicino a te le cose diventano più chiare, gli animi più trasparenti, i ricordi più sereni, le parole più vere, il presente un dono, gli incontri più significativi.

Grazie per il dono del nostro corpo e del grado di salute di cui godiamo:
aiutaci a stare dentro alla bellezza dei cinquant'anni senza la smania di apparire ciò che non siamo.
Donaci l'entusiasmo di chi sa vedere in ciò che è nuovo, diverso, inaspettato, in ogni giorno nuovo un'opportunità.
Togli da noi ogni paura, ciò che invecchia il cuore e ci rende pedanti.

Grazie, Signore per questa vita:
per questa e per tutte le età che vivremo donaci di saper sorridere, di non prenderci troppo sul serio ma aiutaci a trovare il senso buono di ciò che viviamo.

Benedici i nostri giorni, quanti portiamo nel cuore, le nostre famiglie, le nostre comunità.
Amen.

ringraziamentomaturitàvita

5.0/5 (3 voti)

inviato da Don Massimo De Francesci, inserito il 18/09/2014

PREGHIERA

10. Il riflesso del tuo splendore   1

Preghiera nella Giornata per la Vita

O Dio, luce del mondo,
fa' che sappiamo vedere il riflesso del tuo splendore
sul volto di ogni uomo:
nel mistero del bimbo che cresce nel grembo materno;
sul volto del giovane che cerca segni di speranza;
sul viso dell'anziano che rievoca ricordi;
sul volto triste di chi soffre, è malato, sta per morire.
Suscita in noi la volontà e la gioia di promuovere,
custodire e difendere la vita umana sempre,
nelle nostre famiglie, nella nostra città, nel mondo intero.
Per intercessione di Maria,
piena di grazia e Madre dell'Autore della vita,
manda su di noi il tuo Santo Spirito,
e fa' che accogliendo e servendo l'immenso dono della vita,
possiamo partecipare alla tua eterna comunione d'amore. Amen.

vitarispetto della vita

3.0/5 (1 voto)

inviato da Cinzia Novello, inserito il 14/12/2012

PREGHIERA

11. La preghiera di un animatore   1

Hai un momento Dio? Preghiere nate e cresciute sul Web, Patrizio Righero, Effatà editrice, 2011

Aiutami a stare sveglio, Signore, altrimenti la mia preghiera si perderà
in chissà quale sogno strampalato.
Aiutami a stare sveglio, perché ho tante cose da raccontarti e poche energie per farlo.
Voglio raccontarti tutti i ragazzi che hanno riempito le mie ore.
Uno per uno.
Nome per nome.
Volto per volto.
Ma voglio raccontarti anche gli animatori.
Uno per uno.
Nome per nome.
Volto per volto.
E poi della "saletta" che sembra un campo di battaglia, tutta barattoli, cartelloni, pennarelli e bottiglie di aranciata che si svuotano sempre troppo in fretta.
Non posso neanche dimenticare di parlarti di quel papà:
mi ha chiesto di dare un'occhiata speciale al suo bambino che sulla sedia a rotelle non vuole stare di un solo centimetro dietro agli altri.
E del don? Ti ricordi del don, che urla, salta, sposta sedie, corre come un matto e un attimo dopo prende in mano la Bibbia e ci parla di te con una tenerezza che ci fa venire la pelle d'oca?
Ricordati di tutti, Signore.
E domani ributtami nella mischia, come oggi, più di oggi.
La fatica è già passata.
La gioia di questi giorni, invece, resterà per sempre.

educatoreeducatorianimatoregruppo educatori

5.0/5 (1 voto)

inviato da Roberta Crosato, inserito il 22/08/2012

TESTO

12. Le cinque tappe dell'amore

Silvana Lunardi

Ho voluto fare un viaggio in un'altra terra per scoprire le differenze tra gli uomini.

Nella mia prima tappa ho incontrato un bambino i suoi occhi erano pieni di gioia e curiosità; guardandolo bene ho scoperto che anche negli occhi dei bimbi della mia terra c'è la stessa gioia e curiosità.

Nella seconda tappa ho visto un contadino, era sudato con la schiena bruciata dal sole, le sue mani ferite e callose. Ho scoperto poi che anche nella mia terra i contadini sudano per il pane di ogni giorno.

Continuando il mio viaggio mi sono fermata per la terza volta, la mia terza tappa, qui ho visto una madre che cullava il suo bimbo, cantava una dolce melodia per addormentarlo, nei miei ricordi ho rivisto gli occhi di mia madre e ho risentito in fondo al cuore la ninnananna che mi cantava, sì anche nella mia terra le mamme sono piene d'amore.

Nella quarta tappa, ho incontrato un povero, chiedeva l'elemosina, la sua mano era tesa verso di me, nel suo sguardo tanta vergogna e desolazione, anche nella mia terra la povertà è uguale.

Alla fine del mio viaggio, nell'ultima tappa, la quinta, ho visto un uomo che pregava, il suo volto sprigionava serenità, le sue mani erano giunte e il capo chino, era immobile! Sembrava vivere in un'altra dimensione.

Mi sono inginocchiata al suo fianco e mi sono messa davanti a Dio, ho pregato, in quel momento ho capito che non esistono differenze tra gli uomini, tutti seguono un'unica strada, quella dell'amore!

uguaglianzaumanitàfraternità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Silvana Lunardi, inserito il 24/06/2012

RACCONTO

13. L'amore di una mamma   4

Un angelo scappò dal paradiso per trascorrere la giornata vagando sulla terra. Al tramonto decise di portarsi via dei ricordi di quella visita. In un giardino c'erano delle rose: colse le più belle e compose un mazzo da portare in paradiso. Un po' più in là un bambino sorrideva alla madre. Poiché il sorriso era molto più bello del mazzo di rose, prese anche quello. Stava per ripartire quando vide la mamma che guardava con amore il suo piccolo nella culla. L'amore fluiva come un fiume in piena e l'angelo disse a se stesso: "L'amore di quella mamma è la cosa più bella che c'è sulla terra, perciò prenderò anche quello".

Volò verso il cielo, ma prima di passare i cancelli perlacei, decise di esaminare i ricordi per vedere come si erano conservati durante il viaggio. I fiori erano appassiti, il sorriso del bambino era svanito, ma l'amore della mamma era ancora là in tutto il suo calore e la sua bellezza. Scartò i fior appassiti e il sorriso svanito, chiamò intorno a se tutti gli ospiti del cielo disse: "Ecco l'unica cosa che ho trovato sulla terra e che ha mantenuto la sua bellezza nel viaggio per il paradiso: L'amore di una mamma".

mammaamore materno

5.0/5 (3 voti)

inviato da Don Giuseppe Ghirelli, inserito il 12/05/2012

PREGHIERA

14. Costringimi alla bellezza, Signore!   3

Don Angelo Saporiti

Signore,
ti ringrazio,
perché adesso sento dentro di me
che tu ci sei
e che è bello stare con te.
Fa' che non ti lasci mai.
Fa' che mi ricordi di questo momento bello
anche quando sarò immerso
nelle cose brutte di tutti i giorni.
Tu, Signore, sei l'immenso che mi abita
la luce che mi illumina,
la bellezza che mi rasserena.
Resta con me,
resta con noi, Signore!
Resta con la tua bellezza
e rendimi capace
di lasciare nella mia vita
impronte di bontà e di armonia,
di dono e di sorriso.
Rendimi capace di scoprire la bellezza
che si svela nel saper perdonare
chi mi ha fatto soffrire.
A te, Signore,
che sei lo splendido,
il bellissimo in assoluto
chiedo solo che tu mi costringa alla bellezza,
che tu mi costringa a tirare fuori
tutto il bello e lo splendido che c'è in me.
Io ti lascerò fare, Signore.
E ti riscoprirò vivo.
E ti ritroverò risorto.
Amen.

bellezzaTaborTrasfigurazioneVitarapporto con Dio

5.0/5 (4 voti)

inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 22/01/2012

TESTO

15. Davanti al cielo stellato   3

Antonietta Milella, Meditazione sul Salmo 8

Quando ti senti solo, quando ti senti abbandonato, quando ti senti messo da parte, quando pensi che nessuno si ricordi di te, affacciati alla finestra, alza gli occhi e guarda il cielo stellato. Quante luci riesci a vedere? Quante ne immagini nello spazio ristretto del tuo limitato orizzonte?

Pensa... ciò che vedi ha una profondità infinita, le luci che distingui sono nulla, gocce d'acqua nell'oceano del cielo profondo e sconfinato.

Pensa... ogni stella si muove secondo una legge per lei fissata dalla notte dei tempi, intorno a lei girano i pianeti, intorno ai pianeti i satelliti, ognuno con una precisione millimetrica, secondo un tempo che è stato dato ad ogni più piccolo essere come sua misura.

Moltiplica quelle luci, moltiplica quei movimenti, moltiplica il tuo piccolo quadro di cielo all'infinito, e... sei infinitamente distante dalla verità.

Pensa... dietro ad ognuna di quelle luci, dietro ad ogni impercettibile movimento, dietro ad ogni realtà percepita dall'uomo con i suoi strumenti imperfetti c'è qualcuno che quella realtà, quel movimento, la legge che lo regola li ha creati. Tanta perfezione, per cosa?

Guarda te ora... guarda i tuoi occhi capaci di comprendere e abbracciare ciò che è così tanto più grande di loro, guarda il tuo cuore, quel cuore che ora senti piagato e pensa...

Il tuo cuore ha in sé un'ansia infinita di amore, un desiderio infinito di assoluto, di Dio... ha un'ansia infinita di infinito. Eppure il cuore per quanto grande è piccolo rispetto al corpo che lo contiene! Eppure il cuore soffre più di qualsiasi altro organo, più di qualsiasi altra parte del corpo!

Pensa... le cose piccole capaci di cose grandi! Gli occhi, il cuore capaci di accogliere la più grande pena, ma anche la più grande manifestazione di amore, quella di Dio!

"Chi è l'uomo perché te ne curi, chi è l'uomo perché te ne ricordi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e onore lo hai coronato. Tutto hai messo ai suoi piedi".
Così recita un salmo.

Di fronte a quel cielo stellato ci sei tu, di fronte alla più grande meraviglia del Creato ci sei tu, piccolo, fragile, smarrito, turbato, ma ci sei.

Tu sei prezioso di più della più luminosa stella che riesci a vedere ad occhio nudo dalla tua finestra, sei prezioso perché Dio ha fatto tutto quello che ti sta davanti per te, perché potessi percepire un frammento della sua potenza, della sua grandezza, un frammento del suo amore.

Se ad ogni stella, ad ogni pianeta, ad ogni molecola, ad ogni atomo che sono inerti e senza vita ha dato il compito così grande di celebrare la sua gloria, quanto più grande è il progetto su di te, sull'uomo che si eleva su tutte le cose create e le domina con il suo pensiero!
Guarda lontano, guarda in alto; guarda ora dentro di te.

Scoprirai che quell'universo che ti sembra così irraggiungibile, così perfetto e misterioso, davanti ai tuoi occhi è dentro di te. E' un universo da esplorare, è un universo in cui troverai le risposte che cerchi, è l'universo delle emozioni e dei sentimenti che arricchiscono e illuminano il cielo sconfinato della tua anima.

Guarda, ma ad occhi chiusi: E vedrai dentro di te accendersi tante stelle luminose. Vedrai che nel buio più profondo, proprio come in quel cielo da cui tu ora hai distolto lo sguardo, spuntano fiori stupendi, che tu non ti eri accorto di avere piantato.

Fratello, nel tuo cuore Dio ha seminato ciò che vuole tu impari a guardare: vuole che tu nel tuo cuore riscopra l'amore con cui lui ti guarda, vuole che tu almeno una volta ti fidi di lui.

E' ansioso di manifestarti il suo progetto meraviglioso che ha in serbo per te, desidera che almeno una volta tu gli permetta di entrare per farsi conoscere più da vicino.

Vuole incontrarti non nel cielo infinito, ma nella tua pena, nella tua sofferenza, nella tua difficoltà di ogni giorno, nel tuo bisogno di amore non soddisfatto, per trasformarli in canto di gioia, in inno di lode a lui, che non ha smesso neanche un momento di occuparsi di te.

gratitudinericerca di sensoricercasenso della vitagrandezzapiccolezzaumanitàfiduciasperanza

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inviato da Antonietta Milella, inserito il 21/01/2012

PREGHIERA

16. Cercarti   3

S. Agostino, La Trinità 15,28,51

Signore mio Dio unica mia speranza,
fa' che stanco non smetta di cercarti,
ma cerchi il tuo volto sempre con ardore.
Dammi la forza di cercare,
tu che ti sei fatto incontrare,
e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarti.
Davanti a te sta la mia forza e la mia debolezza:
conserva quella, guarisci questa.
Davanti a te sta la mia scienza e la mia ignoranza;
dove mi hai aperto, accoglimi al mio entrare;
dove mi hai chiuso, aprimi quando busso.
Fa' che mi ricordi di te, che intenda te, che ami te.
Amen!

ricerca di Dioamore di Dio

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inviato da Sr Roberta Tiberio, inserito il 03/09/2010

RACCONTO

17. La vita è uno specchio   1

Renato non aveva quasi visto la signora, dentro la vettura ferma al lato della carreggiata. Pioveva forte ed era buio, ma si rese conto che la donna aveva bisogno di aiuto, così fermò la sua macchina e si avvicinò. L'auto della signora odorava ancora di nuovo. Lei pensava forse che poteva essere un assalitore: non ispirava fiducia quell'uomo, sembrava povero e affamato.

Renato percepiva che la signora aveva molta paura e le disse: "Sono qui per aiutarla, signora, non si preoccupi. Perché non aspetta nella mia auto dove fa un po' più caldo? A proposito, il mio nome è Renato".

La signora aveva bucato una ruota e oltretutto era di età avanzata. Mentre la pioggia cadeva a dirotto, Renato si chinò, collocò il crik e alzò la macchina. Quindi cambiò la gomma, sporcandosi non poco. Mentre stringeva i dadi della ruota, la donna aprì la portiera e cominciò a conversare con lui. Gli raccontò che non era del posto, che era solo di passaggio e che non sapeva come ringraziarlo per il prezioso aiuto. Renato sorrise mentre terminava il lavoro.

Lei domandò quanto gli doveva. Già aveva immaginato tutte le cose terribili che sarebbero potute accadere se Renato non si fosse fermato per soccorrerla.

Ma Renato non pensava al denaro, gli piaceva aiutare le persone... questo era il suo modo di vivere. E rispose: "Se realmente desidera pagarmi, la prossima volta che incontra qualcuno in difficoltà, si ricordi di me e dia a quella persona l'aiuto di cui ha bisogno".

Alcuni chilometri dopo la signora si fermò in un piccolo ristorante, la cameriera arrivò e le porse un asciugamano pulito per farle asciugare i capelli rivolgendole un dolce sorriso.

La donna notò che la cameriera era circa all'ottavo mese di gravidanza, ma lei non permetteva che la tensione e i dolori cambiassero il suo atteggiamento e fu sorpresa nel constatare come qualcuno che ha tanto poco, possa trattare tanto bene un estraneo. Allora si ricordò di Renato. Dopo aver terminato la sua cena, e mentre la cameriera si allontanò ad un altro tavolo, la signora uscì dal ristorante.

La cameriera ritornò curiosa di sapere dove la signora fosse andata, quando notò qualcosa scritto sul tovagliolo, sopra al quale aveva lasciato una somma considerevole.

Le caddero le lacrime dagli occhi leggendo ciò che la signora aveva scritto. Diceva: "Tieni pure il resto. Qualcuno mi ha aiutato oggi e alla stessa maniera io sto aiutando te. Se tu realmente desideri restituirmi questo denaro, non lasciare che questo circolo d'amore termini con te, aiuta qualcuno".

Quella notte, rincasando, stanca, si avvicinò al letto; suo marito già stava dormendo e non volle svegliarlo perché sapeva che prima di addormentarsi era stato preda di mille angosce, quindi, rimase a pensare al denaro e a quello che la signora aveva scritto. Quella signora come poteva sapere della necessità che suo marito e lei avevano di quel denaro: con il bebè che stava per nascere, tutto sarebbe diventato più difficile...

Pensando alla benedizione che aveva ricevuto, fece un grande sorriso. Ringraziò Dio e si voltò verso il suo preoccupato marito che dormiva al suo lato, lo sfiorò con un leggero bacio e gli sussurrò: "Andrà tutto bene. Ti amo... Renato!".

La vita è così... è uno specchio: tutto quello che tu dai, ti ritorna!

solidarietàaltruismogenerositàgratitudinegratuità

4.0/5 (2 voti)

inserito il 26/06/2010

TESTO

18. Essere giovani

Domenico Sigalini

Essere giovani è avere un'età che ti permette di essere al massimo della salute, al massimo della voglia di vivere, al massimo dei sogni.
Essere giovani è sentirsi liberi da ricordi.
Essere giovani è alzarti una mattina deciso a conquistare il mondo e il giorno dopo stare a letto fino a quando vuoi, perché tanto c'è qualcuno che lo farà per te.
Essere giovani è sapere di stare a cuore a qualcuno, magari anche solo papà e mamma, che ti rimproverano continuamente, ma che alla fine ti lasciano fare quel che vuoi e di fronte agli altri ti difendono sempre.
Essere giovani è sballare e sapere di avere energie per uscirne sempre anche se un po' acciaccati.
Essere giovani è sbagliare e far pagare agli altri.
Essere giovani è trovare pronti i calzini, le camicie ben stirate e i jeans lavati.
Essere giovani è parlare coi vestiti, perché ti mancano parole per dire chi sei.
Essere giovani è passare per fuori di testa e accorgerti che gli adulti forse sono più fuori di te.
Essere giovani è portare i pantaloni bassi e vedere tua madre che ti imita e fa pietà.
Essere giovani è sognare che oggi ci divertiremo al massimo, anche se qualche volta quando torni e chiudi la porta dietro le spalle ti sale una noia insopportabile.
Essere giovani è trovare sempre in piazza qualcuno con cui stare a tirare sera sparando stupidate, senza problemi.
Essere giovani è sgommare e sorpassare sperando che ti vada sempre bene.
Essere giovani è avere il cuore a mille perché ti ha guardato negli occhi e ti senti desiderata.
Essere giovani è avere un bel corpo, anche se qualche volta non hai il coraggio di guardarti allo specchio e stai col fiato sospeso a sentire come ti dipingono gli altri.
Essere giovani è il desiderio di vita piena che il giovane ricco ha espresso a Gesù e la sua debolezza nel non riuscire a distaccarsi da sé.
Essere giovani è sentirsi fatti per cose grandi e trovarsi a fare una vita da polli.
Essere giovani è sentirsi precari: oggi qui, domani là, ma sempre scaricato.
Essere giovani è aprire la mente, incuriosirsi delle cose belle del mondo, della scienza, della poesia, della bellezza.
Essere giovani è affrontare la vita giocando, sicuri che c'è sempre una qualche rete di protezione.
Essere giovani è sentirsi addosso un corpo di cui si vuol fare quel che si vuole, perché è tuo e nessuno deve dirti niente.
Essere giovani è sentirsi dalla parte fortunata della vita, e avere un papà che tutte le volte che ti vede, gli ricordi che lui non è mai stato così spensierato, si commuove e stacca un assegno.
Essere giovani è sentire che nel pieno dello star bene ti assale un voglia di oltre, di completezza, di pienezza che non riesci a sperimentare. Hai un cuore che si allarga sempre più, le esperienze fatte non sono capaci di colmarlo.
Essere giovani è sentire dentro un desiderio di altro cui non riesci a dare un volto, anche il ragazzo più bello che sognavi, ti comincia a deludere e la ragazza del cuore ti accorgi che ti sta usando.
Essere giovani è alzarsi un giorno e domandarsi ma dove sto andando, che faccio della mia vita, chi mi può riempire il cuore? Posso realizzare questi quattro sogni che ho dentro? Che futuro ho davanti?
Essere giovani è capire che divertirmi oggi per raccontare domani agli amici non mi basta più. È avere una sete che non mi passa con la birra, aver rotto tutti i tabù di ogni tipo: spinello, coca, ragazzo, ma sentire ancora un vuoto.

In quali di queste affermazioni ti riconosci?

giovanigioventù

inviato da Marco Malatesta, inserito il 07/12/2009

TESTO

19. Sai invecchiare?   1

Non è tanto l'eta, ma certi pensieri a farti vecchio.
Come quando ricordi disgrazie e torti subiti,
dimenticando gioie gustate e doni ricevuti.
Quando ti danno fastidio giochi e corse di bambini
il cinguettio di ragazzine e il bacio dei giovani.
Sei vecchio quando continui a dire
che bisogna tenere i piedi per terra,
e cancelli dalla tua vita la fantasia,
il rischio, la poesia la musica.
Quando non gusti piu i canti degli uccelli,
l'azzurro del cielo, il sapore del pane,
la freschezza dell'acqua, la bellezza dei fiori.
Sei vecchio quando pensi che sia finita per te
la stagione della speranza e dell'amore.
Sei vecchio quando pensi alla morte
come al calar della tomba,
invece che come al salire verso il cielo.
Se invece ami, speri e ridi, allora Dio
allieta la tua giovinezza anche se hai novant'anni.

vecchiaiagiovinezzasperanza

2.0/5 (1 voto)

inviato da Giovanna Pirronitto, inserito il 07/12/2009

PREGHIERA

20. Santa Maria donna del riposo   1

Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni

Santa Maria, donna del riposo, accorcia le nostre notti quando non riusciamo a dormire. Come è dura la notte senza sonno! È una pista senza luce, su cui atterrano tenebrosi convogli di ricordi, e da cui decollano stormi di incubi che stringono il cuore.

Mettiti accanto a noi quando, nonostante i sedativi, non ce la facciamo a chiudere occhio, e il letto più morbido diventa una tortura, e dalla strada i latrati del cane sembrano dar voce ai gemiti dell'universo, e dalla torre dell'orologio i rintocchi scendono sull'anima come colpi di maglio, e i secondi scanditi dal pendolo del corridoio non si sa bene se vogliano farti compagnia, o ricordarti l'inarrestabile corsa del tempo, o dilatare il supplizio delle ore che non passano mai.

Sorveglia il riposo di chi vive solo. Allunga nei vecchi i sipari del sonno, corti e leggeri come veli di melagrana. Tonifica il dormiveglia di chi sta in ospedale sotto un pianto di flebo. Rasserena l'inquietudine notturna di chi si rigira nel letto sotto un pianto di rimorsi. Acquieta l'ansia di chi non riposa perché teme il sopraggiungere del giorno. Rimbocca gli stracci di chi dorme sotto i ponti. E riscalda i cartoni con cui la notte i miserabili si riparano dal freddo dei marciapiedi.

Santa Maria, donna del riposo, vogliamo pregarti per coloro che annunciano il Vangelo. Qualche volta li vediamo stanchi e sfiduciati, e sembrano dire come san Pietro: «Abbiamo faticato tutta la notte, ma non abbiamo preso nulla». Ebbene, fermali quando la generosità pastorale li porta a trascurare la loro stessa persona. Richiamali al dovere del riposo. Allontanali dalla frenesia dell'azione. Aiutali a dormire tranquilli. Non indurli nella tentazione di ridurre le quote minime di sonno, neppure per la causa del Regno. Perché lo stress apostolico non è un incenso gradito al cospetto di Dio.

Pertanto, quando nel breviario recitano il Salmo 126, mettiti a cantarlo con loro, e calca la voce sui versetti in cui si dice che è inutile alzarsi di buon mattino o andare tardi a riposare la sera, perché «ai suoi amici il Signore dà il pane nel sonno». Capiranno bene, allora, che tu non li esorti al disimpegno, ma a rimettere tutto nelle mani di colui che dà fecondità al lavoro degli uomini.

Santa Maria, donna del riposo, donaci il gusto della domenica. Facci riscoprire la gioia antica di fermarci sul sagrato della chiesa, e conversare con gli amici senza guardare l'orologio. Frena le nostre sfibranti tabelle di marcia. Tienici lontani dall'agitazione di chi è in lotta perenne col tempo. Liberaci dall'affanno delle cose. Persuadici che fermarsi sotto la tenda, per ripensare la rotta, vale molto di più che coprire logoranti percorsi senza traguardo. Ma, soprattutto, facci capire che se il segreto del riposo fisico sta nelle pause settimanali o nelle ferie annuali che ci concediamo, il segreto della pace interiore sta nel saper perdere tempo con Dio. Lui ne perde tanto con noi. E anche tu ne perdi tanto.

Perciò, anche se facciamo tardi, attendici sempre la sera, sull'uscio di casa, al termine del nostro andare dissennato. E se non troviamo altri guanciali per poggiare il capo, offrici la tua spalla su cui placare la nostra stanchezza, e dormire finalmente tranquilli.

ripososolitudineammalatisofferenzaannuncioevangelizzatorievangelizzazioneconsacratireligiosiparrocidomenicafare la propria parte

3.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 24/07/2009

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