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TESTO Solennità della SS.ma Trinità

mons. Antonio Riboldi

Santissima Trinità (Anno C) (03/06/2007)

Vangelo: Gv 16,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 16,12-15

12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

La Chiesa, quasi ripercorrendo il continuo cammino della storia dell'amore che Dio ha per ciascuno di noi, dopo averci narrato l'amore di Gesù, Figlio del Padre, dato a noi per la nostra salvezza, la Presenza vivificante dello Spirito Santo, con la Pentecoste, oggi, ci presenta quella che il Santo Padre, recentemente, ha definito 'la Famiglia di Dio', ossia la SS.ma Trinità.

Davanti a questo incredibile ed infinito Mistero di Amore, che vuole riversarsi su ciascuno di noi, vero Paradiso per chi crede e accetta di entrare a farne parte, sia pure come figli adottivi, ci viene da esprimere il nostro stupore con le parole del salmista:

"O Signore, nostro Dio, grande è il tuo amore su tutta la terra.

Canterò la tua gloria più grande nei cieli, balbettando come i bambini e i lattanti.

Contro gli avversari hai costruito una fortezza per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

Se guardo il cielo, opera delle tue mani, la luna e le stelle che tu hai creato,
chi è mai l'uomo perché ti ricordi di lui?
Chi è mai, perché tu ne abbia cura?

Lo hai fatto di poco inferiore ad un Dio, coronato di forza e splendore, signore dell'opera delle tue mani.

Tutto hai posto sotto il suo dominio: pecore e bestie selvatiche, uccelli del cielo e pesci del mare.

O Signore, nostro Dio, grande è il tuo Nome su tutta la terra" (Salmo 8).

E Gesù, come racconta il Vangelo di Giovanni, dà forza e conferma a questo immenso dono dicendo: "Dio ha tanto amato il mondo, da dare il Suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui" (Gv 3, 16-18).

Commuove anche solo pensare che noi siamo nel Cuore di Dio in maniera così grande, che Gesù ci invita a chiamarlo: 'Abbà'.

E come conferma di questo incessante amore della Trinità per noi, in noi, 'Compagnia della vita', nelle celebrazioni, la Chiesa saluta i cristiani così: "La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo, sia con tutti noi".

Tutto questo ci fa pensare alla grandezza dell'uomo, di ogni uomo che, non solo nasce dalla mamma, ma 'da sempre è concepito' da un disegno di amore di Dio su di lui.

Di fronte a queste solenni manifestazioni di amore di Dio, viene davvero da chiedersi con il salmista: "Ma chi è mai, Signore, quest'uomo?" Siamo davvero grandi e amabili agli occhi del Padre e, forse, non lo sappiamo.

Basterebbe riflettere, oggi, su come l'uomo è considerato in questo nostro mondo. Troppe volte una 'merce da usare' per il proprio tornaconto, nell'economia e a volte nella politica.

"Ho l'impressione di essere un numero e non una persona - mi diceva un operaio, pensando alla sua vita in fabbrica - Un numero che deve produrre, a volte neppure rispettato nei suoi diritti e nella sua dignità, ma sempre e solo un numero, perché ciò che conta è il profitto. E ogni volta mi sento come sfregiato nella mia dignità".

"Chi sono - incalzava un ammalato - quando sono in ospedale? Un numero. Il numero del letto in cui soffro". E quasi a dare ragione a questo sfogo - ma non è dappertutto così - un medico sfogava la sua amarezza: "Noi, in ospedale, quando facciamo un'assemblea, parliamo quasi sempre dei diritti o di altro, ma quasi mai al centro delle nostre assemblee c'è l'uomo che soffre".

Chi è l'uomo, di cui Dio ha tanta cura, dove vi è guerra o violenza?

Penso, meditando sull' amore del Padre per ciascuno di noi, al punto da chiamarci figli, al grande dramma di tanti figli che non sanno più, a causa del divorzio, chi sia il loro papà o la loro mamma: chi li ha generati o chi è subentrato con il divorzio nella nuova famiglia?

Ed invece ogni volta che incontriamo un uomo, una donna, un bambino dovremmo vedere Dio presente in loro e, quindi, rendere omaggio con il rispetto alla loro incredibile dignità di figli di Dio.

Quando scompare la dignità della persona umana, figlio di Dio, scompare Dio e...che sarà dell'uomo? È vero che occorre tanta fede per arrivare non solo a Dio, ma, con Dio, alla bellezza nostra. E la fede è un dono che tanti forse desiderano e non riescono a raggiungere. Ma quando si cerca Dio con passione, il Padre non si fa attendere. Ed allora si apre il grande sipario della Presenza in noi della Trinità. Il male è che tante volte neppure ci pensiamo alla nostra dignità e, di conseguenza, non la vediamo negli altri. Ma Dio non smette di volerci bene e di avere cura di noi.

Abbiamo iniziato la nostra vita con il diventare totalmente suoi figli e, quindi, partecipi della 'famiglia di Dio', nel santo Battesimo. Gesù si è fatto nostro Cibo, Viatico di vita, Pane di vita, nell'Eucarestia. Lo Spirito Santo ci ha donato il suo Spirito, Spirito di sapienza, di fortezza, di scienza, nel Sacramento della Confermazione. Davvero siamo 'figli in pienezza'.

Abbiamo tutto quello che potremmo sognare di avere dal Padre e tocca a noi, ora, nella ferialità della vita, costruire quella santità, o dignità di figli, che è poi la bellezza di vivere non una vita qualunque, a volte priva di senso, ma piena di gioia: una vita che va oltre la morte, per essere in cielo figli della 'grande famiglia' di Dio.

Tutti, credo, parecchie volte al giorno, quando iniziamo la giornata, prima del lavoro, dei pasti e alla sera, come a chiudere il diario del giorno, ci facciamo il segno della croce, che è semplice, ma efficace professione di fede nella Trinità.

Qualche volta al giorno, forse, non solo ricordiamo, ma professiamo la nostra fiducia nel Padre, recitando quella meravigliosa preghiera, insegnataci dal Figlio Gesù, che è il 'Padre nostro'.

Davvero abbiamo un Padre, un Figlio ed uno Spirito che altro non desiderano, nella nostra vita, che farci partecipi della loro divinità. I Santi lo sapevano, e lo sanno bene, quanta felicità si vive in questa 'compagnia'...come un preludio del Regno dei Cieli. È vero che Dio, rispettando la nostra libertà, si fa piccolo, fragile, bussando continuamente e con discrezione alla porta del nostro cuore.

Il vero amore è discreto, non fa rumore, chiede di essere accolto.

Sento di esprimere la mia gioia, il mio amore e il mio credo a Dio, con un bel poema di Juan Arias: "Il mio Dio non è un Dio duro, impenetrabile, insensibile, stoico. Il mio Dio è fragile. È della mia razza e io della sua. Lui è uomo e io quasi Dio. Perché io potessi assaporare la sua divinità, Lui amò il mio fango. L'amore ha reso fragile il mio Dio: ebbe fame e sonno, e si riposò. Il mio Dio è sensibile: si irritò, fu passionale e nello stesso tempo fu docile come un bambino. Il mio Dio amò tutto quanto è umano, le cose e gli uomini, i buoni e i peccatori. Fu un uomo del suo tempo, il mio Dio. Vestiva come tutti, parlava il dialetto della sua terra, gridava come i profeti. Morì giovane, perché era sincero. Lo uccisero perché lo tradiva la verità, che era nei suoi occhi. Ma il mio Dio morì senza odiare. Morì scusando più che perdonando. Il mio Dio ruppe con la vecchia morale del dente per dente, della vendetta meschina, per inaugurare la frontiera dell'amore e di una 'violenza' totalmente nuova. Il mio Dio, gettato nel solco, schiacciato sotto terra, tradito, abbandonato, incompreso, continuò ad amare. E comparve un frutto nuovo tra le mani: la Resurrezione. Per questo noi siamo tutti sulla via della Resurrezione: gli uomini e le cose.

È difficile per tanti il mio Dio fragile, il mio Dio che piange, il mio Dio che non si difende. È difficile il mio Dio abbandonato da Dio, che deve morire per trionfare, il mio Dio che fa di un ladrone e criminale il primo santo della storia della Chiesa.

È difficile questo mio Dio, questo mio Dio fragile, per chi pensa di trionfare soltanto vincendo, per chi si difende soltanto uccidendo, per chi la salvezza vuol dire sforzo e non regalo. È difficile questo mio Dio fragile per quelli che continuano a sognare un Dio che non somigli agli uomini".
Grazie mio Dio fragile e meraviglioso!

 

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