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TESTO Il cristiano: un credente, non un militante

don Maurizio Prandi

VI Domenica di Pasqua (Anno C) (13/05/2007)

Vangelo: Gv 14,23-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,23-29

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Questa VI^ domenica del tempo di Pasqua ci regala ancora una consegna di Gesù ai suoi discepoli. Domenica scorsa dicevo che il Figlio di Dio, avvicinandosi la sua ora, vuole lasciare, consegnare quanto ha di più prezioso ed essenziale. Oggi ci dice che preziosa ed essenziale è la relazione: Se uno mi ama... siamo discepoli perché all'interno di una relazione d'amore. Ancora per poco sono con voi ci ha confidato Gesù domenica scorsa... oggi ci assicura che nella relazione di amore la sua presenza è compiuta nella nostra vita e nella vita della chiesa dallo Spirito Santo, il cui agire viene sottolineato in modo particolare dal vangelo ascoltato. Al desiderio di una visibilità espresso dai discepoli: Manifestati al mondo e non soltanto a noi!, Gesù risponde che ciò che conta non è uscire dal nascondimento per emergere, per essere visibili, per contare di più... ciò che conta non è manifestare pubblicamente segni e prodigi, catturare consensi con i convincenti mezzi del prodigioso e dello straordinario (E. Bianchi)... ciò che conta è stare in quella relazione per ricevere la Parola e diventare casa, dimora di Dio, ...verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui...

Mi pare importante tutto questo, perché anche oggi, come i discepoli, siamo tentati allo stesso modo... una tentazione sempre viva, quella della ricerca del facile consenso, dei grandi numeri, dell'audience più ampia possibile. Ecco, di fronte a questa richiesta, fatta da Giuda non l'Iscariota a nome di tutti i discepoli, Gesù propone la via dello Spirito Santo, per fare dell'uomo, per fare del cristiano non un militante ma un credente e il credente, stando al brano di vangelo che abbiamo ascoltato, è colui che ama il Signore, ascolta la sua parola e ha una sua interiorità nutrita dalla relazione.

Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore... mi pare bella questa esortazione di Gesù... la sento più che mai attuale, in un tempo in cui forse troppo nella comunità cristiana ci sentiamo minacciati, accerchiati, colpiti... mi sembra di poter tradurre così le parole di Gesù: non rinchiudetevi, non proteggetevi, non costruite muri e protezione delle vostre comunità. In questo senso mi piace tantissimo l'immagine che la seconda lettura di oggi ci consegna, quella della città: la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte... A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. Mi piace l'idea della città che pur custodita da un muro rimane aperta all'esterno grazie alle sue dodici porte che le permettono di comunicare, di accogliere, di andare incontro. Giovanni non descrive semplicemente una città, ma descrive il volto della comunità salvata e purificata da Dio: lo splendore della comunità è come quello delle gemme ed essa è costruita con oro e pietre preziose. Attenzione però, perché si può fare il madornale errore di pensare che questa gloria sia propria, ci appartenga. Se la chiesa risplende, se la comunità dei salvati risplende, risplende soltanto della gloria di Dio, perché la sua luminosità è un riflesso della presenza di Dio, risplendente della gloria di Dio. Sento qui il tratto più importante, che lega la seconda lettura a quanto dicevo prima sulla relazione d'amore con Gesù: la nuova città è in comunione con Dio, una comunione diretta trasparente, senza veli e senza mediazioni: non vidi alcun tempio in essa, perché il Signore Dio, l'Onnipotente, l' Agnello sono il suo tempio. Dio non è più incontrato attraverso qualcosa, ma faccia a faccia.

Un ultimo pensiero, che nasce dall'ascolto della seconda lettura a confronto con il Vangelo: il libro dell'Apocalisse presenta l'antitesi tra Babilonia, ovvero il mondo incapace di osservare e ascoltare la parola di Dio (Vangelo), e la Gerusalemme del cielo, la comunità dei salvati fondata sulla parola. E' bello che Giovanni, grazie all'aiuto dell'angelo che lo porta in alto, possa capire l'idolatria di Babilonia e scorgere la nuova Gerusalemme. Don Bruno Maggioni interpreta cosi: è alla luce della Parola di Dio, cioè nell'ascolto e nella preghiera, nella fede, che la comunità cristiana trova lucidità per scoprire l'idolatria del mondo presente e per ritrovare, nel contempo, la certezza del mondo futuro. Senza l'aiuto della Parola di Dio la lettura della storia perde lucidità e si confonde con la lettura mondana: la comunità credente finisce per ragionare come il mondo.

Preghiamo gli uni gli altri perché questo non accada e le scelte della comunità cristiana siano sempre "scelte altre", fatte in ascolto di quella parola che insegna la via della semplicità, dell'umiltà, del nascondimento.

 

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