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TESTO Commento su Giovanni 14,23-29

Omelie.org - autori vari  

VI Domenica di Pasqua (Anno C) (13/05/2007)

Vangelo: Gv 14,23-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

* L'ideale di una "città perfetta" rimane al centro di ogni buon progetto politico. Molte ideologie, di ogni estrazione culturale, si sono spese intensamente nel disegnare il proprio progetto politico di "città perfetta".

Ogni buon amministratore si fa paladino di una città vivibile, dove il cittadino può ritrovare le condizioni ottimali di vita, capaci di rispondere alle esigenze fondamentali della persona, della famiglia, della società.

* La Parola di questa domenica ci rivela quali siano le coordinate di una "città perfetta" secondo Dio. Si tratta di un ambizioso progetto "politico": l'apostolo Giovanni, infatti, in una delle sue più straordinarie visioni, non risparmia metafore nel presentare la rivelazione della città futura, Gerusalemme: santa, risplendente della gloria di Dio, avvolta di splendore simile a quello di una gemma, simile a pietra di diaspro cristallino, cinta da un alto muro che poggia su dodici basamenti, senza bisogno della luce del sole e della luce della luna, risplendente della gloria di Dio e dell'Agnello.

* C'è anche un segno premonitore di questa città perfetta: è la comunità dei credenti, è la Chiesa, che mentre cammina nella storia degli uomini, sa guardare al suo futuro, e sogna la sua ultima realizzazione, quella definitiva e perfetta, come "città di Dio".

Essa è dichiarata tale perché Dio ne occupa l'intero spazio, la inabita, la ricopre totalmente della sua presenza, garantisce in modo assoluto una relazione speciale a sua difesa e sicurezza: "Udii allora una voce potente che usciva dal trono: Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il 'Dio con-loro".

Tutto questo sfiora una sorta di legame indissolubile, una sorta di identificazione: dire "città santa " è dire tutta la potenza dell'amore di Dio in essa.

Ma tutto questo riguarda la condizione futura, il punto terminale del cammino della storia: cosa aiuterà la comunità dei credenti a camminare verso la sua piena realizzazione di "città perfetta"?

* Gesù propone ai suoi una trasformazione concreta della società, che non si attuerà con la forza e con la violenza di una rivoluzione umana. Bensì attraverso la forza dell'amore, manifestata e resa possibile dall'ascolto e dall'osservanza dei suoi comandamenti:

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola; il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).

Sono, queste, le coordinate essenziali che permettono di individuare l'identikit del credente "ideale".

* Il tempo liturgico della Pasqua dà inizio al tempo della Chiesa, comunità dei salvati, di coloro che sono stati "lavati dal sangue dell'Agnello", primizia di coloro che sono stati strappati dalla città della "grande prostituta" e trasferiti in una nuova e diversa rete di relazioni. Quali?

La fedeltà alla parola del Maestro rafforza il legame dell'Amore con Lui: e il discepolo sperimenta la presenza Sua e del Padre.

Tale presenza si sperimenta soprattutto come vicinanza: Gesù e il Padre, attraverso la strada maestra dell'Amore, stabiliranno la loro dimora nella vita stessa del discepolo. Nelle relazioni umane spesso l'amicizia diventa "possesso"; mentre nel rapporto con il suo Signore risorto, il credente sente di diventare liberamente sua "dimora", resa degna di ospitare una presenza amorevole e discreta: nessuna forzatura, nessuna pretesa, nessuna costrizione: "Ecco, sto alla porta e busso. SE qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 3, 20-22).

* Una delle caratteristiche del cammino dell'antico esodo era la presenza di Dio in mezzo al popolo, presenza localizzata nella "tenda" dell'Incontro (Es 26), è la "dimora" situata al di fuori dell'accampamento, non dentro ma accanto alle tende degli uomini.

La tenda rappresentava il segno visibile, "sacramentale", della prossimità di Dio; ma allo stesso tempo rappresentava anche la sua non-conoscibilità, la sua trascendenza, il suo essere
"a parte" rispetto alla condizione degli uomini.

* La Parola di questa domenica annuncia, invece, una novità sorprendente: non è una dimora "a parte" quella che il Signore decide di abitare rispetto alla quotidianità della vita: dopo l'evento imprevedibile dell'Incarnazione del Logos, ancora una volta Gesù rivela la volontà amorevole del Padre anche sua di voler "porre la sua tenda in mezzo a noi"; nel cuore, cioè, della nostra umanità concreta, tangibile, fragile.

* Il Padre e Gesù condividono, insieme, la vita del discepolo, nell'intimità di una nuova condizione familiare.

E' la nuova famiglia dei credenti, dei discepoli che formano la "città santa" totalmente abitata dalla pienezza dell'Amore.

Lo attesta anche l'apostolo Paolo: "In Lui anche voi insieme con gli altri, venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito" (Ef 2, 22).

* Si tratta di una prospettiva per questa vita; è la promessa della compagnia di Dio, del contatto personale fra il Padre, Gesù e ogni discepolo. Nel nuovo esodo ogni membro della comunità è chiamato ad essere dimora di Dio; così l'intera comunità sarà il luogo della manifestazione della gloria. Gesù, nuovo santuario, rende partecipi della sua qualità tutti e ciascuno i suoi discepoli che si configurano a Lui tramite l'ascolto sincero della sua Parola.

* In tale esperienza siamo accompagnati da un "istruttore" interiore, lo Spirito Santo, che ha la missione di confermarci nella verità delle parole di Gesù, facendoci sperimentare il frutto della pace. Non una pace "imposta" dall'esterno (questo è il massimo che il mondo potrebbe raggiungere); ma una pace che fiorisce dall'interno, come segno e frutto di tale esperienza interiore di discepolato.

* Se queste sono le promesse di Gesù, non c'è che da rallegrarsi che Lui vada al Padre, perché con l'invio dello Spirito promesso possa sostenere l'impegno della comunità dei credenti, chiamati a trasformare il mondo come "città di Dio" .

Saremo in grado di restituire al cammino e alla vita della Chiesa questo grande respiro dell'intimità con il suo Signore?

Commento a cura di don Gerardo Antonazzo

 

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