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TESTO L'amore identifica il vero cristiano

padre Antonio Rungi

V Domenica di Pasqua (Anno C) (06/05/2007)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Il testo del Vangelo di Giovanni della quinta domenica del tempo di Pasqua ci riporta all'ultima cena e ci presenta Gesù in atteggiamento di grande confidenza verso i suoi discepoli. Dal gruppo ormai è partito Giuda, il traditore, per portare a termine il suo progetto di odio verso il divino Maestro e Gesù dà una lezione di vita ai suoi discepoli, indicando quali aspetti ne individuano in modo evidente la loro appartenenza alla comunità dei credenti. Dice, senza mezzi termini e a chiare lettere, che se si amano come lui li ha amati saranno facilmente identificati come suoi discepoli, in quanto il messaggio che egli viene a portare all'umanità, il comandamento principale che affida alla custodia del singolo e della comunità dei credenti è appunto I'amore.

"Quando Giuda fu uscito dal cenacolo, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri".

Gesù è alla vigilia della sua passione e morte, ma anche della sua risurrezione ed ascensione al cielo. Prima di lasciare fisicamente il gruppo dei discepoli vuole consegnare a loro il suo testamento spirituale, le sue ultime volontà da uomo tra uomini, tra il Figlio di Dio e i figli di Dio, tra Colui che ama fino a dare la vita per l'umanità e coloro che sono ancora incapaci di amare e testimoniare l'amore. Egli si pone chiaramente come il Maestro, ma soprattutto come il testimone, come Colui che si dona totalmente per amore. Il comandamento nuovo dell'amore trova la sua sorgente nella stessa vita di Cristo, che ci rivela un Dio amore. Da questa sorgente attinge il significato ogni amore in questo mondo, di qualsiasi natura e consistenza, purché sia un amore segnato dalla fede nel Risorto. Quanto sia difficile amarsi lo si riscontra ogni giorno nelle relazioni umane. Ci sono persone che vivono per fare del male, che odiano nel profondo del loro cuore, incapaci di qualsiasi gesto d'amore e di tenerezza. Ci sono, invece, tantissime persone che sanno sacrificarsi per gli altri e sanno amare di un amore oblativo che non si ferma neppure davanti alla morte, come lo fu per Cristo, alla cui vita si ispirano. Quanto poi sia difficile testimoniare e rendere visibile questo amore, oggi, soprattutto in un mondo dove si sgomita per occupare posti e ruoli, ove I'arrivismo e il carrierismo costituiscono i motivi di conflittualità in tutti gli ambienti, ove, anche negli ambienti religiosi ed ecclesiali il volto dell'amore non si riscontra sui volti di coloro che sono chiamati in modo particolare ad amare Dio e i fratelli! Si tratta di convertirsi all'amore e fare del comandamento dell'amore fraterno il motivo costante della nostra ricerca personale di santità. E' nell'amore che si cresce verso la santità ed è con I'amore che portiamo gli altri verso i gradini più alti dell'ascesi cristiana.

In questo contesto della parola di Dio è interessante sottolineare il brano degli Atti degli Apostoli che ascoltiamo oggi e che ci ricorda come Paolo e Barnaba operano nel campo dell'evangelizzazione per fortificare quanti si erano convertiti in quella fede in Cristo, che richiede coraggio della testimonianza e della fedeltà. "In quel tempo, Paolo e Barnaba ritornarono a Listra, Iconio e Antiochia, rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio. Costituirono quindi per loro in ogni comunità alcuni anziani e dopo avere pregato e digiunato li ffidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisidia, raggiunsero la Panfilia e, dopo aver predicato la parola di Dio a Perge, scesero ad Attalia; di qui fecero vela per Antiochia là dove erano stati affidati alla grazia del Signore per l'impresa che avevano compiuto. Non appena furono arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto quello che Dio aveva compiuto per mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la porta della fede".

Nel loro peregrinare da un parte all'altra del territorio, modelli di una predicazione itinerante troppo spesso dimenticata ai nostri giorni, costituiscono le comunità, alla cui guida pongono i presbiteri, quelli ritenuti degni di essere garanti e promotori della fede e della sana dottrina su Gesù Cristo. Paolo e Barnaba vengono presentati come missionari instancabili per la causa del Vangelo. Mossi come sono dall'amore per la diffusione del Regno di Dio tra gli uomini non fanno calcoli per se stessi o per il gruppo degli amici, che in qualche modo ti possono sostenere ed in seguito gratificare, hanno di mira solo Cristo, che desiderano ardentemente far conoscere a quanti non l'hanno ancora conosciuto. E' il fuoco della carità e dell'amore che si agita nei loro cuori e nei loro pensieri e che li rende capaci di non fermarsi mai nell'evangelizzare. Modelli di vita per tutti i missionari di ieri e di oggi, ma anche per tutti i battezzati, anch'essi chiamati ad essere missionari del Vangelo della carità nei rispettivi ambienti di vita. E si è missionari non solo con la parola, per quanto qualificata, esperta e specifica si possa trasmettere al popolo dei credenti e dei non credenti, ma soprattutto con la vita e l'amore alla vita.

Possiamo ben dire come ci rammenta il testo dell' Apocalisse di oggi che quando l'uomo è preso dall'amore trasforma il suo mondo ed il mondo che lo circonda. "Io, Giovanni, vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà fra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il ''Dio-con-loro''. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate". E colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose".

Quel vedere cieli nuovi e terra nuova, quella Gerusalemme in cui è assiso per sempre l'Emmanuele, il Dio con noi, ci fa legittimamente attendere che il mondo può e deve essere cambiato attraverso la vicinanza di Dio nella storia dell'umanità, che è vicinanza d'amore ed è rimozione di ogni sofferenza e dolore. Non è solo la prospettiva escatologica a mettere nel cuore dell'uomo la speranza di un mondo migliore, ma è la prospettiva storica, quella presente, che se è segnata dall'amore, attinto dal cuore trafitto del Cristo morto e Risorto, può davvero fare nuove le cose vecchie e rinnovare il mondo, questo mondo, considerando che il mondo che verrà nella sua caratteristica essenziale è solo beatitudine, vera ed eterna felicità. E' in questo mondo che bisogna tergere le lagrime a chi facciamo piangere per le nostre cattiverie e malvagità. E' in questo mondo che dobbiamo operare per rimuovere tutti quei segnali di morte e di assenza di vita e speranza con un comportamento capace di promuovere la vita in ogni situazione contingente. E' in questo mondo che dobbiamo agire per rimuovere le cause di lutto prodotte da noi per egoismo, imprudenza, interessi, malvagità di ogni genere. E' in questo mondo che dobbiamo agire per non causare danno affanno, lamenti e dolori di ogni genere agli altri. E' evidente che tutto il messaggio della parola di Dio di questa domenica ci invita a fare una scelta di campo nella prospettiva dell'amore e dell'amore che distingue i cristiani, dai fedeli di altre religioni o dagli stessi uomini di buona volontà: un segno distintivo che Gesù indica nell'amarsi gli uni gli altri senza riserve e senza preferenze, senza privilegi, senza presunzione di essere migliori rispetto ad altri che spesso sanno amare nel silenzio e soprattutto nella sofferenza.

Possiamo quindi a ragione chiedere al Signore in questa domenica: "O Dio, che nel Cristo tuo Figlio rinnovi gli uomini e le cose, fa' che accogliamo come statuto della nostra vita il comandamento della carità, per amare te e i fratelli come tu ci ami, e così manifestare al mondo la forza rinnovatrice del tuo Spirito".

 

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