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TESTO Commento su Giovanni 14,23-29

Suor Giuseppina Pisano o.p.

VI Domenica di Pasqua (Anno C) (13/05/2007)

Vangelo: Gv 14,23-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

"...il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto..."

Siamo alla sesta Domenica di Pasqua, l'ultima di un lungo ciclo, dedicato alla celebrazione del Mistero della Resurrezione, per il quale, né un giorno, né una settimana, sono sufficienti, ma è necessario un intero arco di tempo, questo, appunto, che stiamo vivendo, e che avrà il suo culmine, nella celebrazione dell'Ascensione e della Pentecoste, espressioni, entrambe, dell'unico evento che è la Pasqua di Cristo.

Il brano del Vangelo di oggi ci propone, ancora, un breve passaggio del lungo discorso di Gesù, quasi un testamento, in quella sera dell' addio, prima d'esser consegnato nelle mani degli uomini, per affrontare il processo e la condanna a morte.

Quando Giovanni scrisse queste pagine, aveva fatto, da tempo, l'esperienza della morte del Maestro, e, da tempo lo aveva incontrato risorto, lo aveva " visto", aveva creduto, pur senza toccarlo, ed era stato trasformato da questa visione, che è un tutt'uno con l'effusione dello Spirito.

Si, la " visione" del Risorto e l'incontro illuminante con Lui, furono, per i discepoli di allora, come per noi oggi, una trasformazione profonda della vita, del modo di credere e, soprattutto, del modo di seguire Cristo, il Signore risorto, che porta in dono la gioia, la pace, e annuncia il dono dello Spirito.

La Chiesa dedicherà una solennità particolare, alla celebrazione dell'effusione dello Spirito, nella domenica detta di Pentecoste, ma già oggi, attraverso le parole scritte da Giovanni, possiamo comprendere qualcosa di questo dono, di questa "missione", perché, appunto, di una "missione" si tratta; dato che il Padre, come inviò il Figlio, così, ha inviato, e, sempre, invia lo Spirito.

Riguardo a questa Persona divina, Gesù stesso, parlando con Nicodemo, uno dei capi dei giudei, che si era recato da Lui di notte, lo aveva descritto attraverso le immagini di una bellissima parabola, che ha una liricità intensa: "...il vento soffia dove vuole, e ne senti la voce, ma non sai da dove viene, né dove va..." ( Gv. 3,8).

È il soffio dello Spirito, che non ha origine dal mondo creato, non è soffio di vento come gli altri, dei quali si può indicare e prevedere la provenienza, la direzione e la forza; il Vento, immagine dello Spirito, è libero, misterioso, ci avvolge, ci sospinge, ci penetra, ci trasforma, ci fa rinascere:

"Se uno non è nato dall'acqua e dallo Spirito, dice il Maestro, non può entrare nel regno di Dio. Chi è nato dalla carne è carne, chi è nato dallo Spirito è spirito...voi, dovete nascere dall'alto..."; da quel "Vento" che soffia e ricrea.

Questo soffio vitale che vene da Dio, ci introduce nella vita di Lui, facendoci, come rinascere, in virtù della resurrezione di Cristo; lo Spirito, infatti, è, anch'esso, dono della Pasqua.

Che cosa avranno capito, di quel lungo discorso di congedo, i discepoli, che non prevedevano certo, il dramma che li aspettava, con l'arresto e l'uccisione del Maestro?

Probabilmente, poco, se in un breve volger di ore, lo abbandonarono.

Ma ora, dopo l'esperienza di quel sepolcro vuoto e l'incontro, ripetuto, col Risorto, anche Giovanni comprende, e può riferirci quelle parole di Cristo, perché è lo Spirito a guidarlo, a illuminarlo, facendogli rivivere con spirito nuovo, i momenti intensi di quell' ultima cena, che ci ha aperto la via ad una incredibile comunione col Figlio di Dio.

In quella sera, Gesù, aveva fatto una promessa ai discepoli e a quanti, nel tempo, avrebbero accolto la Sua parola, facendosi custodire da essa:" Se uno mi ama, dice il Maestro, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui...".

Osservare la parola, non è una supina, anonima obbedienza, ma significa farsi custodire da essa, significa, fare di questa parola un abito, che ci riveste, ci fascia, ci difende e ci distingue; dirà Pietro che il nostro ascolto non può esser di smemorati, ma di persone che accolgono con amore e, di questa parola, vivono, realizzando, una comunione che supera i confini della terra, per raggiungere Dio.

La Parola di vita, proclamata da Cristo e accolta nel cuore dell'uomo, fa di questo cuore, la dimora terrena del Padre, che, in esso, abita, col Figlio e con lo Spirito, il Soffio col quale siamo stati creati, e che, col ritorno di Cristo al Padre, resta, nell'umanità e nella Storia, come luce che guida, forza che sostiene, impulso che trasforma.

È questo il Consolatore, Colui che non ci lascia soli, radicati nella terra e nella temporalità, ma che, come vento potente, ci sospinge, verso orizzonti nuovi, che approderanno alla pienezza della vita in Dio.

Ed è lo Spirito, a ricordare al discepolo prediletto, i discorsi dell'ultima sera, e quel ricordo, non è il riaffiorare alla memoria di un evento passato, ma è un ricordare che fa rivivere quel medesimo passato, e lo rende più intelligibile e presente.

Su questo ricordo, su questo insegnamento, ad opera dello Spirito di Dio, si fonda la missione degli Apostoli, colonne della Chiesa nascente, che dovrà evangelizzare il mondo intero sino alla fine dei tempi.

La storia ci dice, che, fin dagli inizi, l'evangelizzazione incontrò resistenze, ostacoli, difficoltà esterne de anche interne; è quel che cogliamo, oggi, dalla lettura degli atti degli Apostoli, che ci fa conoscere il volto storico, umano, della Chiesa, che si trova a dover risolvere i problemi nati dall'accoglienza dei pagani nella comunità cristiana; problemi che avevano creato non solo polemiche, ma avevano, anche, minato l'unità della stessa Chiesa di quei primi anni.

In quel frangente, che nella Storia si ripeterà molte altre volte, fu necessario riunirsi, e riunirsi, nel nome di Dio, sorretti dal suo Spirito, per giungere ad una decisione giusta.

Così, dopo che Pietro ebbe ricordato che la salvezza viene solo da Dio, il quale, con un'unica, medesima grazia, salva giudei e pagani, nel nome dello Spirito Santo, la Chiesa si aprì all'accoglienza dei nuovi fratelli, senza imporre loro obblighi aggiuntivi, derivanti da antiche consuetudini giudaiche.

". Abbiamo deciso, recita il testo, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dall' impudicizía. Farete cosa buona a guardarvi da queste cose."

Così, da quei lontani giorni e fino a che durerà il tempo, la Chiesa, fondata sugli Apostoli, guidata da Pietro, illuminata e vivificata dallo Spirito Santo, si offre come sacramento di salvezza per ogni uomo, qualunque sia la sua provenienza geografica, o la sua cultura, purché voglia avvicinarsi a Cristo, per seguirlo sino alla pienezza della verità e della vita.

"Prego anche per coloro che crederanno in me, mediante la loro parola, aveva detto il Signore, perché siano uno, come tu Padre sei in me ed io in te, affinché siano anch'essi in noi..." (Gv.17,20-21)

È questa la prospettiva nuova di comunione, che si apre all'umanità intera, con la resurrezione di Cristo, quando Egli ritornerà, quando Dio sarà tutto in tutti, e vivremo in quella situazione splendida che l'Apocalisse descrive con immagini preziose, che ci parlano di una simbolica città, la dimora di Dio e di tutti i redenti: "Le mura della città, recita il testo, posano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi, dei dodici apostoli dell'Agnello. Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore, Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né, della luce della luna, perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello."

Verso questa pienezza, compimento del Mistero, che include in sé l'uomo, gloria di Dio, ci guida lo Spirito, dono del Risorto, Spirito, sempre presente in tutti noi, membra vive di una Chiesa, viva, perché mistico corpo del Figlio di Dio, morto e risorto.

Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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