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TESTO Commento su Giovanni 13,31-33.34-35

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V Domenica di Pasqua (Anno C) (06/05/2007)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

"Ecco, io faccio nuove tutte le cose!"

Nel film "The Passion" di Mel Gibson, il regista mette queste parole dell'Apocalisse sulla bocca di Gesù sulla via della croce, dopo il commovente incontro con la Madre addolorata. Nell'ora dello schiacciamento e della sconfitta, il Signore, sostenuto dallo sguardo della Madre, si rialza e procede verso il Calvario.

La liturgia pasquale ci offre la possibilità di ritornare sulle tracce di Gesù nelle sue ultime ore della vita terrena, per accendere anche sulla passione la luce della resurrezione.

Tra i luoghi in cui torniamo spesso c'è il cenacolo, luogo dell'eucaristia e della lavanda dei piedi, delle parole d'amore di Gesù e del turbamento dei suoi discepoli. È lo stesso luogo in cui il Risorto si è rivelato nella sera di Pasqua e poi otto giorni dopo, alla presenza di Tommaso. Anche noi siamo chiamati oggi a salire in quel luogo, al piano superiore, e osservare quanto sta accadendo provando ad avere un orecchio e uno sguardo particolari: quelli del discepolo che Gesù amava. Pochi versetti prima, infatti, durante l'annuncio del tradimento, l'evangelista ci presenta il discepolo reclinato sul petto di Gesù, in un atteggiamento più spirituale che fisico che ci permette di ascoltare in modo profondo le molte parole che d'ora in poi (fino al capitolo 17) Gesù pronuncerà ai suoi amici.

È giunta a compimento l'ora, iniziata a Cana, della glorificazione di Gesù. E non è una glorificazione alla maniera degli uomini, ma alla maniera di Dio. è giunta l'ora dell'Amore, mentre Giuda sta compiendo l'opera delle tenebre ("era notte" cfr. 13,30b) e il Padre, abbandonando il Figlio nella notte della morte, sta già preparando l'alba della vita.

È l'ora in cui, tra il turbamento generale di fronte a quanto sta per accadere, non si può che parlare d'amore.

Di tutti i grandi personaggi della storia si ricordano le ultime ore e le ultime parole. Anche noi ricordiamo con intensità gli ultimi istanti della vita dei nostri cari, con ciò che ci hanno detto, come testamento...

L'evangelista non solo ci dice le parole di Gesù, ma ci mostra Gesù Parola del Padre, Verbo della vita, Verbo fatto carne, Parola fatta silenzio. Essere glorificato da Dio significa essere innalzato su una croce.

Che strano modo di vincere, con una apparente sconfitta! Che strano modo di trionfare, così lontano dal nostro modo di combattere e di lottare per ottenere corone e ricchezze corruttibili.

Ecco allora il comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri!

In realtà già l'Antico Testamento aveva questo precetto, ma ora il comandamento è "nuovo" perché completato da Gesù stesso, vissuto in prima persona e, per non far morire l'amore, Gesù ci ama da morire, muore per amore.

Proprio perché Gesù ci ha amati per primo, noi ora possiamo corrispondere con un amore reciproco, disinteressato, come il suo. Senza il suo atto d'amore noi non saremmo capaci di nulla.

Caterina da Siena, estasiata da questo amore folle di Gesù scriverà:

"Tu hai posato gli occhi solamente sulla bellezza della tua creatura, perché se avessi visto in primo luogo l'offesa, avresti finito per dimenticare l'amore che ti muoveva a creare. No, ciò non ti è rimasto nascosto, ma tu ti sei fissato sull'amore, perché non sei altro che fuoco d'amore, folle per la tua creatura".

È questo amore "nuovo" che rende già adesso "nuovi" i cieli e la terra, secondo la visione del veggente dell'Apocalisse. È questo comandamento "nuovo" che rende bella la terra, facendo Gerusalemme "nuova", e trasformando l'umanità credente nella chiesa "sposa" pronta per il suo sposo.

È così che cambia il nostro modo di vivere quotidiano. È così, con questo sguardo nuovo, che si rinnova la fiducia nella Vita eterna, anche quando la nostra vita è appesantita dalle difficoltà, a volte drammatiche, a cui andiamo incontro.

La liturgia di oggi ci invita a sollevare gli occhi, a fare nostra la dimensione essenziale della pasqua: la gioia dell'incontro con il Risorto, una Persona viva. I testimoni del Risorto sono "condannati alla gioia" e se ci dovesse essere ancora qualche motivo di pianto, Lui, con la mano di Pastore e di Sposo, tergerà le lacrime dai nostri occhi.

È questa la ferma speranza del cristiano: tutte le lacrime del mondo, motivate dalla cattiveria dell'uomo, nella storia e nell'oggi, spariranno, davanti al Dio-con-noi, Colui che dimora tra gli uomini perché gli uomini possano trovare dimora in Lui.

Commento a cura di don Paolo Ricciardi

 

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