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TESTO La forza esplosiva e missionaria dell'amore

padre Romeo Ballan  

V Domenica di Pasqua (Anno C) (06/05/2007)

Vangelo: Gv 13,31-33.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Riflessioni

Nella lunga conversazione durante l'Ultima Cena, alla quale Giovanni dedica ben cinque capitoli (dal 13 al 17), ad un certo punto Giuda, "preso il boccone, subito uscì. Ed era notte" (Gv 13,30). Giuda entra in quella tragica notte, portando in cuore il suo mistero. Uscito Giuda, Gesù parla con insistenza della sua 'glorificazioné (Vangelo): ne parla ben cinque volte (v. 31-32). Il contrasto è enorme, paradossale: mancano solo poche ore alla sua cattura e alla morte in croce, eppure Egli si ostina a parlare di 'gloria'. In che cosa consiste allora la sua glorificazione? La sua gloria è il momento stesso della sua morte-risurrezione: essere come il chicco di grano che cade per terra e muore per dare molto frutto (Gv 12,24). Egli l'aveva annunciato anche pochi giorni prima, quando arrivarono a Gerusalemme alcuni Greci che volevano "vedere Gesù" (Gv 12,20-21). Egli presenta la sua carta d'identità nel chicco di grano che muore generando vita. Strana gloria nella follia della croce: con la sua morte-risurrezione Gesù rivela quanto è grande l'amore di Dio che salva tutti!

Alla luce di questo amore divino che oltrepassa ogni misura, si percepisce la grandezza del "comandamento nuovo", che Gesù lascia ai suoi 'figlioli-discepolì come distintivo di riconoscimento: "come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (v. 33-35). L'insistenza di Gesù sull'amore vicendevole -lo ripete tre volte in due versetti- ha le caratteristiche di un testamento importante circa un comando che Egli, a ragione, definisce "nuovo".

L'Antico Testamento prescriveva: "ama il prossimo tuo come te stesso" (Lv 19,18). Gesù va oltre:

1. Anzitutto, la Sua misura non è più solo il "come te stesso", con le incertezze e gli errori propri dell'egoismo, ma il "come io vi ho amato"; cioè la certezza e la misura senza misura dell'amore divino.

2. L'amore che Gesù propone è nuovo, perché è completamente gratuito: non va in cerca di motivi per amare, ama chi non lo merita o chi non può ricambiare, ama anche chi ti fa del male...

3. Si tratta di un comandamento nuovo, perché "nessuno prima di Gesù ha mai tentato di costruire una società basata su un amore come il suo. La comunità cristiana è posta così come alternativa, come proposta nuova a tutte le società vecchie del mondo, a quelle basate sulla competizione, sulla meritocrazia, sul denaro, sul potere. È quest'amore che deve 'glorificare' i discepoli di Cristo" (F. Armellini). È un nuovo principio associativo, una forza speciale di aggregazione. "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli..." (v. 35): l'amore vicendevole e gratuito ha una irresistibile, contagiosa ed esplosiva forza di irradiazione missionaria. L'ha ripetuto anche il Papa Benedetto XVI nel suo recente viaggio pastorale a Pavia sulle orme di Sant'Agostino. (*)

Solo l'amore è capace di ispirare e tessere rapporti nuovi e vitalizzanti fra le persone; solo la rivoluzione dell'amore è capace di trasformare le persone e, quindi, le istituzioni. Lo insegnava così anche Raoul Follereau, 'apostolo dei lebbrosi e vagabondo della carità': "Il mondo ha solo due possibili destini: amarsi o scomparire. Noi abbiamo scelto l'amore. Non un amore che si accontenti di piagnucolare sui mali degli altri, ma un amore da combattimento, un amore-rivolta. Per il suo avvento, per il suo regno, noi lotteremo senza posa e senza sosta. Bisogna aiutare il giorno a spuntare".

Chi fa sua questa sfida vuol dire che accetta l'utopia di "un nuovo cielo e una nuova terra" (II lettura), entra nella nuova "dimora di Dio con gli uomini", dove saranno bandite le lacrime, la morte e gli affanni, per la fede in Colui che ha la forza di far "nuove tutte le cose". Compresa una società nuova che si basa e ha come obiettivo la civiltà dell'amore. Anche la missione di Paolo e Barnaba (I lettura) aveva questo obiettivo finale: aprire "ai pagani la porta della fede" (v. 27), esortandoli ad affrontare fiduciosamente le inevitabili "tribolazioni per entrare nel regno di Dio" (v. 22). Questo primo grande viaggio missionario di Paolo (Atti 13-14) è una pagina intensa e stimolante di metodologia missionaria: per il modo come la comunità cristiana di Antiochia sceglie i missionari da inviare, per il coraggio (la 'parresía') di Paolo e Barnaba nel dare il primo annuncio del Vangelo di Gesù a giudei e pagani, per la designazione di alcuni presbiteri e la costituzione di nuove comunità ecclesiali, per le nuove frontiere geografiche dell'evangelizzazione che si estende oltre i territori usuali dell'Antico Testamento e dei Vangeli, per il confronto con la comunità di Antiochia al loro rientro... In sintesi, un modello di prassi missionaria!

Parola del Papa

(*) "L'Amore è l'anima della vita della Chiesa e della sua azione pastorale... Solo chi vive nell'esperienza personale dell'amore del Signore è in grado di esercitare il compito di guidare e accompagnare altri nel cammino della sequela di Cristo. Alla scuola di Sant'Agostino ripeto questa verità per voi come Vescovo di Roma, mentre, con gioia sempre nuova, la accolgo con voi come cristiano... Sulle orme di Agostino, siate anche voi una Chiesa che annuncia con franchezza la 'lieta notizia' di Cristo, la sua proposta di vita, il suo messaggio di riconciliazione e di perdono".
Benedetto XVI

Omelia ai Vespri davanti alla tomba di sant'Agostino, Pavia, 22.4.2007

Sui passi dei Missionari

- 6/5: S. Pietro Nolasco (+1245 a Barcellona), fondatore, assieme a S. Raimondo di Peñafort e al re Giacomo I di Aragona, dell'Ordine della Mercede per il riscatto e redenzione morale degli schiavi.

- 6/5: B. Francesco di Montmorency-Laval (1623-1708), missionario francese, vescovo di Quebec.

- 6/5: B. Rosa Gattorno (1831-1900), madre di famiglia e vedova, fondò a Piacenza l'Istituto delle Figlie di Sant'Anna, che ben presto (1878) partirono come missionarie per altri continenti.

- 8/5: B. Maria Caterina Symon di Longprey (+1668), delle Suore Ospedaliere della Misericordia, dedita alla cura fisica e spirituale dei malati nel Quebec (Canada).

- 8/5: S. Maddalena di Canossa (1774-1835), vergine, di Verona: rinunciò ai suoi beni patrimoniali e fondò due Congregazioni per l'educazione cristiana della gioventù.

- 8/5: Giornata Internazionale della Croce Rossa (dal 1929) / e della Mezzaluna Rossa.

- 9/5: S. Pacomio (Alto Egitto, 347-348), padre del monachesimo cenobitico cristiano, autore di una delle prime regole monastiche.

- 10/5: S. Giovanni d'Avila (1500-1569), dedito alle missioni popolari nel sud della Spagna, amico e socio dei grandi riformatori del suo tempo; è il patrono dei sacerdoti Diocesani spagnoli.

- 10/5: B. Ivan Merz (1896-1928), laico della Croazia, umanista, impegnato nella vita sociale.

- 11/5: Memoria di P. Matteo Ricci (1552-1610), sacerdote gesuita italiano, vissuto, morto e sepolto a Pechino; pioniere di una nuova presenza missionaria e cristiana in Cina.

 

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