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TESTO Il dubbio e la fede

don Elio Dotto  

III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete (16/12/2001)

Vangelo: Mt 11,2-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Leggendo il Vangelo di questa Domenica (Mt 11,2-11) mi è venuta in mente una vecchia preghiera del catechismo, l'Atto di fede, che diceva: "Mio Dio, credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato". Ricordo che da piccolo pregavo spesso con queste parole; e ricordo pure che non ne capivo bene il senso. E tuttavia, continuavo ad usarle, perché così mi era stato insegnato.

Oggi ho più difficoltà ad usare queste parole; ho difficoltà a dire "credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato". È davvero possibile credere fermamente? Come si fa a non avere dubbi, incertezze, titubanze? Cosa vuol dire - nella nostra complicata vita - credere fermamente?

Sono domande legittime, nate in me appunto leggendo il Vangelo; soprattutto leggendo quella domanda di Giovanni a Gesù: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?" Domanda in apparenza lontana da quel credere fermamente della vecchia preghiera. Domanda carica di dubbio, che è messa sulla bocca non di una persona qualsiasi, ma di uno che è profeta; anzi, di uno che è anche più di un profeta.

Giovanni stava passando un brutto momento della sua vita: era in carcere; ormai le folle - quelle che erano accorse da lui per farsi battezzare - lo avevano dimenticato, e lui si ritrovava solo davanti alla prepotenza di un Re capriccioso come Erode. In questa difficile situazione, Giovanni ripensa al tempo passato; ripensa alla sua attesa del Messia e al suo incontro con Gesù di Nazareth.

Come i profeti antichi - anzi anche più di loro - Giovanni aveva atteso con forza la venuta del Signore, e aveva esortato le folle a fare altrettanto. Ma non solo aveva atteso: per un momento Giovanni aveva pure ritenuto compiuta l'attesa, quando nel deserto, indicando Gesù di Nazareth che passava, aveva esclamato "Ecco l'agnello di Dio" (Gv 1,36). E non si era lasciato scoraggiare dalla solitudine del suo riconoscimento: Gesù, per lui, era il Messia, e presto tutti lo avrebbero riconosciuto.

Ora però, nella solitudine del carcere, Giovanni è assalito dal dubbio, e fa' chiedere a Gesù: "Davvero sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?" C'è una grande tristezza in questa domanda di Giovanni; e forse c'è qualcosa di più della tristezza, forse c'è addirittura un terrore. Se davvero Giovanni dovesse concludere che l'atteso è un altro ancora, allora tutto il suo cammino fino a quel momento gli sembrerebbe un grosso errore.

Appunto come quelli di Giovanni sono spesso i nostri pensieri. Anche la nostra fede in Gesù Cristo ha attraversato e continua ad attraversare la prova del dubbio, tanto che, a volte, ci è parso perfino inutile credere. E pure noi siamo stati invasi dalla tristezza, o addirittura dal terrore, da quella sgradevole e dolorosa impressione di aver perso tempo, di avere sperato invano.

La tentazione, in questi momenti, è stata quella di lasciar perdere tutto, e di vivere con distrazione, con indifferenza, con cautela, senza legarci a nulla, senza sperare troppo. Lontani dalla fede forse, ma soprattutto lontani dal dubbio, che ci fa sentire così fragili e indifesi, che ci riempie di paura...

Di questo nostro dubbio, però, Gesù non si stupisce. Il Vangelo è stato chiaro: davanti alla domanda dubbiosa di Giovanni, Gesù non si lamenta per la sua poca fede, ma anzi lo loda: "Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista". E così, allo stesso modo, Gesù non ci rimprovera per i nostri dubbi; anzi, considera normale il dubbio nel difficile cammino della fede; tanto che anche lui, il Figlio di Dio, lo ha provato un giorno, sulla croce.

Gesù non si stupisce davanti al nostro dubbio perché credere fermamente, come dice la vecchia preghiera, non significa per forza non avere dubbi. Credere fermamente significa invece credere nonostante tutto; credere nonostante il dubbio e la fatica della nostra storia; credere senza fuggire dai nostri dubbi, ma imparando a viverli ogni giorno. Credere fermamente significa fare come l'agricoltore, che "aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra" (Gc 5,7-10, seconda lettura); significa fare come i poveri, che, nonostante tutto, sanno ancora attendere una buona notizia per la loro vita (Is 35,1-6.8.10, prima lettura); significa fare come Giovanni, che ha atteso fino alla morte. Credere fermamente significa fare come Gesù, che sulla croce ha gridato al Padre tutto il suo dubbio e il suo terrore.

 

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