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TESTO Deporre le vesti, per entrare nel mistero di Dio

don Maurizio Prandi

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Giovedì Santo (Messa in Cena Domini) (05/04/2007)

Vangelo: Gv 13,1-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,1-15

1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

Ci è dato di contemplare anche questa sera il volto di Dio. Domenica accennavo al fatto che il momento che ri-viviamo proprio questa sera è quello della intimità più alta tra Gesù e i suoi. E' il momento dell'addio, è il momento nel quale Gesù vuole lasciare ai discepoli e a noi "tutto di sé".

E' il momento, scrive don Pozzoli, delle confidenze estreme, che sono troppo belle ed intense per affidarsi solo alle parole... hanno bisogno di sguardi, di gesti, di silenzi. Un primo gesto allora, evidente, macroscopico e allo stesso tempo non plateale, non di facciata... un gesto che come dice lo stesso Gesù chiede di essere ben compreso: Sapete ciò che vi ho fatto? Un gesto, lo ripeto tutti gli anni, di rivelazione, un gesto che impegna la chiesa e ognuno di noi... un gesto che è una parola autorevole rivolta ai cristiani indicando loro che la forma della comunità voluta da Gesù è il farsi servi gli uni degli altri: nella fraternità voluta da Cristo chi vuole primeggiare deve amare fino a servire (L. Pozzoli).

Un gesto che oltre alla comprensione richiede l'appropriazione, nel senso che va fatto nostro, deve appartenere ad ognuno di noi: vi ho dato l'esempio affinché come ho fatto io facciate anche voi. L'obiettivo non è fare il bene, l'obiettivo non è diventare umili, l'obiettivo non è imitare semplicemente Gesù... l'obiettivo è entrare nel mistero di Dio.

E' importante, fondamentale, decisivo decidere di spogliarsi, di denudarsi: Depose le vesti. Mi pare una sottolineatura bellissima. Per farsi servi, in quello spazio voluto da Gesù che si chiama chiesa, comunità di fratelli e sorelle, è necessaria una spogliazione: incontriamo gli altri in profondità nello spogliamento, quando eliminiamo barriere e le corazze che ci difendono dagli altri. L'incontro avviene quando abbiamo il coraggio di condividere la nostra fragilità. Non a caso l'incontro più intimo tra gli uomini avviene in quella nudità che normalmente essi proteggono (Enzo Bianchi).

Mi pare bellissimo! Se non c'è questa spogliazione, se non c'è questo lasciare le proprie difese, se non c'è questo stare di fronte all'altro nella propria verità, che vuol dire povertà, che vuol dire consapevolezza di una vita certamente non perfetta, che vuol dire piccolezza... se non c'è tutto questo non c'è servizio, non c'è vita donata, c'è soltanto ricerca di una propria gratificazione personale.

Si cinse un asciugatoio... domenica scorsa tanto abbiamo insistito sul servizio e sulla grandezza che è tale perché decide di servire, di inginocchiarsi, di prostrarsi di fronte alle nostre povertà, alle nostre storture... L'amore di Gesù che arriva fino alle anime ma anche fino ai corpi, questi corpi affaticati, che hanno fatto tanta strada... questa umanità povera e stanca. Questo amore che arriva non solo fino agli amici ma anche a colui che da lì a poco, uscendo dal cerchio luminoso dell'amicizia, sarà risucchiato dalla notte (L. Pozzoli). Abbiamo insistito tanto su Gesù che si abbassa... ricordate la seconda lettura? Colui che era in forma di Dio assunse forma di uomo, anzi, di servo. Gesù ha davvero assunto i panni del servo. E guardate bene che sono panni che restano, perché quando nel vangelo leggiamo che Gesù ha ripreso le sue vesti, non viene detto che l'asciugatoio se lo è levato... lo ha tenuto. E' rimasto quel segno del servizio... è rimasto per sempre. Chissà... forse è proprio quello che lo ha coperto negli istanti della sua vita quando era sulla croce.

Il vangelo ci dice che l'avvicinarsi della sua ora Gesù lo vive come un'occasione per amare. Gesù non rivendica, non condanna, non giudica... ama solamente. E se volete questo brano di vangelo è un mettere in pratica il detto dell'amore ai nemici: amare Giuda che tradisce (come ho accennato prima) e amare Pietro che non capisce quello che Lui dice e quello che Lui fa. Non mi laverai mai i piedi! Amare i discepoli che litigano per veder chi tra di loro è il più grande e amarli anche se da lì a poco lo lasceranno solo, lo abbandoneranno. Tutto, nella nostra vita è occasione per vivere la sequela del Signore, per vivere l'amore. Nulla e nessuno può impedirci di cercare di vivere l'amore, nemmeno le situazioni più dolorose e contraddittorie (E. Bianchi).

 

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