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TESTO Gesù, "Dio salva"

don Marco Pratesi  

Veglia Pasquale nella Notte Santa (Anno C) (08/04/2007)

Brano biblico: Es 14,15-15,1|Es 15,1-7a.17-18|Rm 6,3-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,1-12

1Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. 2Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro 3e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 4Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. 5Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 6Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea 7e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”». 8Ed esse si ricordarono delle sue parole 9e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. 10Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. 11Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. 12Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto.

L'episodio del passaggio del mare è importante nella tradizione biblica, in quanto manifestazione potente della gloria del Signore (cf. Es 14,4.17.18). Egli in essa si rivela appunto come Signore prevalendo sulla invincibile potenza egiziana: "sapranno che io sono il Signore" (14,4.18). Lo sapranno gli egiziani, ma soprattutto gli israeliti. Il popolo d'Israele passa dal vedere gli Egiziani minacciosamente gettati all'inseguimento (14,10) al vederli gettati esanimi sulla riva del mare (14,30), e quindi a vedere la salvezza realizzata dal Signore (14,13.31). Passa dal timore davanti al Faraone e al suo esercito (14,10) al timore del Signore (14,31).

Gli Israeliti fanno in qualche modo l'esperienza di una nuova creazione, come è richiamato dall'elemento della separazione delle acque (cf. Gen 1,6-11): Proprio nel momento in cui le potenze ostili sembrano riprendere il sopravvento, la vita rinasce libera dalle acque.

Gli israeliti fanno l'esperienza di una gratuità imprevista e sorprendente, la scoperta di un Dio che dice loro di stare tranquilli e fiduciosi mentre lui agisce per loro (14,14).

Una simile esperienza non può che indurre al canto che esalta l'opera del Signore e celebra la liberazione: "cantiamo al signore, stupenda è la sua vittoria!" (Es 15, il cantico che segue la III lettura nella veglia pasquale).

L'episodio del passaggio del mare rappresenta il prototipo dell'intervento salvifico di Dio, che salva da ogni potenza ostile e, alla fine, dalla morte.

Nella notte di Pasqua siamo in grado di capire, contemplando il Risorto, quanto sia totale questa salvezza: ogni morte, tutta la morte, è vinta. Questa è la Pasqua di Gesù.

Nella Bibbia il mare simboleggia tutto ciò in cui per l'uomo non c'è vita, che è per lui ostile, infido, incontrollabile, indecifrabile; in una parola, il male nelle sue varie forme. Il passaggio del mare ci dice allora che chi in tutto questo entra - è la vita umana a richiederlo - fidando nel Signore (cf. 14,13), sperimenta la sua signoria e la sua vittoria, passa attraverso e oltre. Diversamente, vi resta affogato.

Andando ancora più in profondità: se possiamo attraversare questo mare, possiamo anche affrontare quella morte che è richiesta dal fare la volontà di Dio, l'autorinnegamento chiesto al discepolo che vuole seguire il suo maestro crocifisso risorto (cf. Mt 16,24par). Poiché le potenze ostili ci vanno gridando che, se obbediamo a Dio, noi moriremo, obbedire al Signore significa affrontare con coraggio la morte e la paura di essa.

S. Paolo lo chiama "essere battezzati (=immersi) nella morte di Gesù" (Rm 6,3). Ora, la morte di Gesù è una morte nell'obbedienza al Padre: egli muore perché ha voluto obbedire sino in fondo al Padre. Proprio in questa sua morte siamo immersi col battesimo, e con lui riemergiamo ad una vita nuova, che è sempre ancora la sua. S. Paolo ha fortissima questa coscienza: d'ora in avanti "anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6,4).

Come gli Israeliti, passiamo dal timore degli idoli al timore di Dio; l'immersione nelle acque del battesimo è la fine della schiavitù del peccato.

Morte, male, peccato, sono vinti: ecco il dono del Risorto. A noi discepoli è chiesto di trasformare questa possibilità in realtà, di realizzare nella nostra esistenza la vittoria di Cristo, offrendo la nostra persona come spazio nel quale essa oggi si rende presente.

 

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