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TESTO La Misericordia di Dio Padre

padre Antonio Rungi

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (18/03/2007)

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Quarta domenica di Quaresima. Il Vangelo di oggi, tratto da San Luca, ci presenta una delle pagine più belle, emozionanti e significative di tutti i detti e le opere di Gesù Cristo. Ci presenta la celebre parabola del Figliol prodigo o meglio del Padre Misericordioso. E' Gesù che ci presenta il vero volto di Dio, che non condanna e non castiga, non conserva odio, né vuole la morte dei peccatori, ma che si convertano e vivano. Gesù stesso rispondendo ai farisei che si scandalizzavano del suo operato, visto che frequentava persone ed ambienti di pubblici peccatori, o almeno ritenuti tali, dà una lezione di vita e soprattutto indica un percorso di perdono che tutti dobbiamo seguire e attuare nella vita di tutti i giorni. La bellezza di tutto il testo e la ricchezza che può suggerire a ciascuno, al di là del commento esegetico che di esso si possa fare, a seconda della prospettiva del Padre, del figlio o del fratello, ci suggerisce di riportarlo integralmente, per dare spazio alla riflessione e meditazione personale:

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro". Allora egli disse loro questa parabola: "Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".

Su questo testo del Vangelo sono state scritte pagine stupende e meravigliose, sia di teologici scritturisti e pastoralisti, ma soprattutto sono state vissute esperienze di conversione e di ritorno a Dio con il sincero pentimento di tantissime persone che nella piena autonomia e libertà di agire avevano perso il giusto orientamento morale, assumendo comportamenti completamente contrapposti all'etica cristiana. Su questo brano del Vangelo c'è solo da capire quanto Dio ci ami e quanto egli soffre per la nostra lontananza da lui che è la fonte della vostra vera gioia e felicità. Comprendere questo, oggi, in un mondo come il nostro dove contano le soddisfazioni ed i piaceri della vita, ove ognuno si fa una morale per proprio conto e vive una fede come più gli gradisce e nelle cose che meno lo impegnano, significa entrare in quella dinamica della conversione che è ritorno a Dio ed è inversione di marcia da un punto di vista morale. Penso che tutti, essendo peccatori, abbiamo bisogno di meditare su questo brano. Dietro una nostra esigenza asfissiante di sentirci liberi da ogni cosa e da ogni persona alla fine ci troviamo schiavi di noi stessi, del nostro egoismo, delle nostre idee, dei nostri progetti, dai quali non sappiamo più uscire, in quanto l'egoismo è la porta verso la morte e la distruzione di se stessi. La vera prospettiva di felicità, di vita e di gioia per un cristiano è quella che ci viene richiamata nel passo della seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi, che ascoltiamo oggi.

"Fratelli, se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio".

Cristo ci fa creature nuove, nel senso che nel mistero pasquale egli offre all'uomo la reale possibilità di vivere nell'amore e nell'armonia con se stesso, con Dio, con gli altri. In tale mistero noi siamo entrati attraverso il dono del battesimo, ma possiamo, dopo le tante nostre debolezze e fragilità che commettiamo quotidianamente, ritornare a dialogare con Dio nell'amore mediante il sacramento della riconciliazione. Questo dono di grazia singolare che Gesù ha affidato alla Chiesa perché continuasse in suo nome ad esercitare il ministero del perdono. Il tempo quaresimale è soprattutto tempo di pentimento e di rinnovamento spirituale.

Il breve brano della prima lettura, tratto dal libro di Giosuè ci riporta all'esperienza del popolo eletto in cammino verso la terra promessa. Possiamo cogliere in esso la direzione di marcia che tutti siamo chiamati a prendere nel disorientamento globale in cui spesso ci troviamo. Una direzione che indica la strada della celebrazione della Pasqua, ovvero di un passaggio profondo e radicale da una vita di infamia, incentrata sulla schiavitù, ad una vita di dignità, incentrata sulla libertà che si fonda su Dio e che è espressa per gli Israeliti e popolo eletto dell'Antica Alleanza nel raggiungimento della Terra promessa:

"In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: "Oggi ho allontanato da voi l'infamia d'Egitto". Gli Israeliti si accamparono a Galgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nella steppa di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della regione, azzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. La manna cessò il giorno seguente come essi ebbero mangiato i prodotti della terra, e non ci fu più manna per gli Israeliti; in quell'anno mangiarono i frutti della terra di Canaan".

Una liturgia della Parola quella di oggi che ci impegna a discernere la vera libertà nell'uomo, che non potrà mai essere quella della soggiacenza alle passioni, alle soddisfazioni dei sensi, dimenticandosi completamente di Dio e della coscienza. Perciò è particolarmente significativo, a conclusione della nostra riflessione, il versetto del Salmo responsoriale che pregherò nella liturgia di questa domenica quarta di Quaresima e che dovrebbe essere la sintesi di un nostro modo di essere, pensare ed agire: Guardate a lui, al volto di Dio e sarete raggianti e i vostri volti, tante volte segnati dalla sofferenza, dalla paura, dal terrore, dall'angoscia, dal dolore, dall'incertezza del domani, saranno raggianti come il volto del nostro Salvatore. Gesù Crocifisso, il Salvatore, è la luce che si proietta ogni giorno sulla nostra vita perché ci illumini quotidianamente per fare il bene e farlo bene e ci dia la possibilità di sperimentare la vera gioia, che solo Lui può donare al nostro afflitto e sofferente cuore.

 

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