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TESTO Lontano da Dio... si sciupa tutto!

don Mario Campisi  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (18/03/2007)

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-3.11-32

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Un grazie a Luca perché solo lui ci ha raccontato questa parabola: perla delle parabole evangeliche; parabola anche attuale per il giudizio sui due fratelli, in sintonia con la nostra sensibilità: simpatia per il figlio minore pentito a scapito del "buono" presuntuoso.

Si capisce meglio la parabola quando se ne considerano i destinatari immediati: scribi e farisei che mormorano per la benevolenza che Gesù accorda a pubblicani e peccatori. Questi ultimi sono presenti nel figlio minore, i primi si identificano con il fratello maggiore.

Questa parabola, come dicevo, è considerata da sempre come la perla fra tutte le altre, "un Vangelo nel Vangelo". L'insegnamento è chiaro: Gesù rivela la misericordia infinita del Padre e la gioia messianica per la conversione dei peccatori.

Anche se il figlio prodigo ha molto rilievo nella trama del racconto, tuttavia il vero protagonista è il padre, per cui la parabola la si dovrebbe intitolare più esattamente "parabola del padre misericordioso".

Per comprendere più a fondo il significato della parabola, è necessario domandarsi in che cosa consista il peccato del figlio prodigo. Si accenna alla sua vita dissoluta e il fratello maggiore gli rimprovererà lo sperpero del patrimonio con le prostitute.

Ma non sembra che il fallimento dipenda tanto dalla sua condotta morale. Eventualmente la colpa riguardava il suo rapporto con Dio e non con il padre terreno. Sembra che il figlio abbia peccato contro il cielo e dinanzi al padre (v.18.21) "rifiutando di esserne figlio, di ricevere dunque tutto il suo amore, pretendendo al contrario d'essere padrone di se stesso, come Adamo nell'Eden. Questo peccato il figlio minore l'ha espresso lasciando la casa paterna. Ciò corrisponde alla nozione biblica del peccato: il peccatore si allontana da Padre celeste; se si converte torna a lui".

Il peccato più grosso del giovane è proprio quello di avere rotto col padre.

Penso che a questo punto il pensiero debba correre ai tanti ragazzi e giovani che, arrivati all'età dell'adolescienza, magari dopo una fanciullezza tutta casa, chiesa e comunione, taglino la corda per tuffarsi, come il figlio prodigo, nelle avventure e nei piaceri più sfrenati della vita. Anch'essi si allontanano dal Padre, cessano di pregare, di frequentare la chiesa, di accostarsi ai sacramenti.

A questi giovani io grido: non rompete con Dio! Se nella vostra vita ci sono delle cadute, "lasciatevi riconciliare con Dio"! Cadere e poi rialzarsi pregiudica poco. Invece è lontano da Dio che si fa sempre la fine del figlio prodigo: si sciupa tutto!!!

La parabola raggiunge una svolta con la decisione del figlio prodigo: "Mi alzerò e andrò da mio padre!". Momento culminante: l'abbraccio paterno che cancella in un istante ogni colpa. E in casa comincia la grande festa per quel figlio che era come "morto" ed è "tornato in vita".

Sulla gioia paterna a questo punto ecco un soffio di vento gelido: il figlio maggiore, il buono e il giudizioso, di ritorno dai campi. Il minore riconoscendosi colpevole e debitore aveva riportato al padre e a tutta la casa la festa. Il maggiore si sente creditore, invoca giustizia, chiede che il colpevole paghi.

La parabola finisce con il limitarsi a dire che mentre il colpevole porta gioia e festa, il "giusto" mette tutti in imbarazzo.

Non allontaniamoci dal Padre. Se ci siamo allontanati per qualche motivo, torniamo! Ma attenzione: non si sta vicini al padre per intersesse o calcolo! Equivarrebbe ad allontanarsi e anche peggio! Bisogna allora fare posto ad un'altra realtà: il cuore. Allora soltanto si sta veramente vicini al padre quando si ha il cuore gonfio d'amore per il padre e per i fratelli.

 

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