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TESTO Nè pietre, nè sanpietrini

padre Gian Franco Scarpitta  

V Domenica di Quaresima (Anno C) (25/03/2007)

Vangelo: Gv 8,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Con quella domanda scribi e farisei erano intenzionati a mettere Gesù nel sacco tendendogli qualche tranello, ma questi ponderando attentamente la questione, oltre che a mostrarsi all'altezza della sfida coglie l'occasione per sottolineare l'aspetto più importante del problema, quello che di solito i suoi interlocutori non prendevano mai in considerazione. Con quella risposta calma e attenta, preceduta da una ponderata riflessione accompagnata da quel gesto di scrittura sul pavimento ( che a mio giudizio sottolinea che la riflessione di Gesù intorno alla risposta più mirata e "pedagogica") il Cristo infatti dimostra che il problema non riguarda quale punizione sia da infliggere a quella donna o più in genere alle donne adultere, quanto piuttosto il concetto che noi possiamo avere di peccato, il quale molte volte viene volutamente travisato. In altre parole Gesù invita a riflettere sul fatto che il peccato quale mancanza grave verso Dio e verso il prossimo non è riprovevole nella sola trasgressione della fedeltà coniugale ma anche a proposito di tantissime mancanze che noi molto spesso eludiamo: si è peccatori anche quando ad esempio si ruba o si bestemmia o si offende il prossimo, non si ama insomma quando si trasgredisce in qualsiasi forma la legge di Dio. Cosa che dovremmo ricordare anche noi al confessionale, quando trascuriamo volutamente di accusarci di determinate colpe, magari più gravi di altre!! Non ci si deve soffermare sulle sole mancanze gravi quali "non uccidere, non rubare" trascurando di riferire al prete le mancanze e le cattiverie che di fatto commettiamo tutti i giorni e che sono molte. Ancora più illegittimo è esordire la confessione affermando "Io peccati non ne ho" Il peccato infatti interessa tutti, poiché ciascuno di noi ne è succube per umana natura e sarebbe opportuno che noi, ancor prime di lanciare invettive sulle mancanze degli altri, impariamo a considerare noi stessi e le nostre colpe: come possiamo condannare i peccati altrui con tutta tranquillità se anche noi siamo peccatori? Se gli altri meritano la condanna e la lapidazione anche noi non siamo da meno!

Solo chi (ipoteticamente) è senza peccato e ha la coscienza pulita può permettersi di scagliare pietre di riprovazione e di condanna, giudicando le defezioni e le scorrettezze morali commesse da altri, ma poiché nessuno è esente da colpa ne deriva che nessuno può legittimamente ergersi a inquisitore delle altrui mancanze. Non per niente avviene che gli interlocutori di Gesù, che di solito in simili circostanze tentano di mettergli le mani addosso per ucciderlo, ora si allontanano tutti – attenzione – a partire dai più saggi fino ai più giovani: comprendono infatti di essere stati tutti toccati nella loro responsabilità morale di fondo, provocati nella loro coscienza fondamentale che non è più pulita di quella della donna adultera. Anche loro sono peccatori, dovrebbero mettere in discussione se stessi e pertanto non hanno voci in capitolo in merito a quella donna adultera.

Certo, Gesù non manca di deplorare per implicito la negligenza di rettitudine di quella peccatrice comunque indubbia, ravvisando alla medesima la necessità di un radicale cambiamento di vita ("Va e non peccare più") e imponendo che il perdono divino non debba comportare la persistenza nell'errore; tuttavia sottolinea la necessità che tutti e ciascuno si consideri il proprio peccato senza affatto presumere che esso sia meno grave di quello dell'adulterio.

Ma la rilevanza maggiore di tutto questo assunto risiede nel fatto che in Cristo siamo invitati a considerare tutto il nostro agire morale alla luce della novità di vita e del processo di innovazione che Egli stesso è venuto a portare fra di noi: di novità e di rinnovamento parla già il profeta Isaia (I Lettura) che invita a guardare avanti e a gioire giacché si prospetta una "cosa nuova" rappresentata emblematicamente da una strada nel deserto ossia da un orientamento valido per gli uomini mentre questi vagano nel buio e nella dispersione. La novità di vita unita comporta il radicale cambiamento di noi stessi e richiama l'affrancamento da ogni forma di schiavitù ivi compresa quella della Legge scritta e dei decreti, sicché è la sola appartenenza a Cristo che deve incuterci la sapienza nel criterio di giudizio sul bene da fare e sul male da omettere. In Cristo siamo creature nuove e questo comporta che siamo liberi di interagire con lui e di optare per una legge di libertà, la quale ci aiuta a distinguere da noi stessi il peccato poiché permette che noi stessi lo valutiamo di volta in volta lesivo alla nostra stessa dignità.

Se dovessimo infatti sottostare alla vecchia legge prescrittiva e tassativa o lasciarci condizionare dal normativismo melense delle norme scritte e fissiste, allora saremmo tutti meritori di lapidazione giacché siamo tutti peccatori, ma nella logica della libertà dei figli di Dio voluta dalla nuova vita in Cristo il peccato si fugge di per se stesso come esiziale per la nostra configurazione umana. Senza bisogno di cercare pietre né sampietrini.

 

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