TESTO Commento su Ger 17,7-8
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Giovedì della II settimana di Quaresima (08/03/2007)
Brano biblico: Ger 17,7-8

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Dalla Parola del giorno
Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. Egli è come l'albero piantato lungo l'acqua, verso la corrente stende le radici.
Come vivere questa Parola?
Questo è il secondo quadro. Il primo, del dittico che ritrae natura viva, presenta la situazione opposta. Non un uomo che, confidando nel Signore, si trova ad essere simile a un albero florido le cui radici sprofondano in terreno impregnato d'acqua vivificante, ma un uomo che è caduto nell'inganno esistenziale più deludente: quello di porre la sua fiducia nell'uomo, cioè nel "limite", capace di deluderti e incapace invece di sostenerti come sostegno assoluto, inconcusso.
C'è un particolare di grande interesse. L'albero che frondeggia florido è tale perché stende le sue radici verso il corso d'acqua e non in altre direzioni. Una cosa da notare: ci sono radici. Ed è come dire, traducendo la metafora, c'è profondità. L'uomo si fida veramente del Signore proprio perché non vive nella superficialità che, tra l'altro, è tipica della cultura di oggi. E l'affondarsi delle sue radici (cioè l'intima essenza del suo essere uomo e credente) non è in una direzione qualsiasi ma verso il corso d'acqua. Fuori metafora: è un uomo che cerca anzitutto l'unione con Dio, come Sorgente viva del suo "esserci" e del suo operare.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, visualizzerò il dittico, soffermandomi sull'albero che affonda le radici in zona rorida di acqua, nei pressi di un fiume di limpida acqua. E mi chiederò: quale albero io sono? Ha "radici" la mia vita o è presa dalla fretta che mi fa essere e mi fa fare tutto con superficialità?
Signore, uniscimi in profondità a te. Che io viva di te, irrorato ogni giorno dalla tua Parola. E verdeggi di speranza cristiana il mio essere ed operare.
La voce di un Dottore della Chiesa
Come a simboleggiare la nostra vita, questa pianta anzitutto infigge le radici vitali nel terreno e poi – essendo per sua natura flessibile e caduca – quasi con braccia e con viticci stringe ogni sostegno che raggiunge, su di esso si erge e si innalza. Ad essa assomiglia il popolo della Chiesa, che è piantato con la radice della fede, fatto crescere con la propaggine dell'umiltà.
S. Ambrogio di Milano