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TESTO Radicati in una intimità

don Maurizio Prandi

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II Domenica di Quaresima (Anno C) (04/03/2007)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,28-36

28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Nel cammino verso la Pasqua di Gesù la liturgia ci fa contemplare l'icona della Trasfigurazione. Certamente una sosta, un refrigerio, una anticipazione della Risurrezione nel duro e travagliato cammino verso Gerusalemme e verso il Calvario, infatti questo racconto lo possiamo inquadrare nel seguente contesto: è preceduto dalla confessione di Pietro, dalla sua incomprensione del mistero di dolore e sofferenza che Gesù dovrà attraversare, dal primo annuncio della passione e dalla istruzione di Gesù sulla Via Crucis del discepolo, ed è seguito dal secondo annuncio della passione...

La Trasfigurazione è raccontata in un contesto dominato dal tema della passione, della Croce, della Resurrezione. Ciò appare evidente se leggiamo il brano nella sua interezza: Circa otto giorni dopo queste parole, Gesù prese con se' Pietro Giacomo e Giovanni e salì sul monte a pregare... Bello il riferimento all'ottavo giorno, che è il giorno in cui anche i discepoli più sciocchi e tardi di cuore aprono gli occhi e riconoscono Gesù allo spezzare del pane... è il giorno della Risurrezione, è il giorno poi non così tanto distante, non soltanto il punto di arrivo per noi, ma è anche il nostro presente ogni qualvolta saliamo sul monte a pregare con il Signore... Queste parole... quali sono queste parole? Sono le istruzioni di Gesù sulla sua passione e sulla via crucis del discepolo. L'ottavo giorno, cioè il nostro punto arrivo e il nostro presente, è strettamente legato alle parole sulla passione e ci fa vedere il senso profondo della croce come mistero dell'amore di Dio per ogni uomo.

Detto questo mi piace però riprendere quanto dicevo domenica scorsa a proposito della tentazione in quanto sento che ci può aiutare a comprendere il tempo della Quaresima come il tempo della intimità con il Signore Gesù che vuol far fare ai suoi discepoli, e quindi ad ognuno di noi, un certo percorso. Dicevo che il diavolo tenta Gesù perché non sopporta la sua intimità con il Padre... anche in noi accade questo, i momenti di più grande intimità sono anche i momenti nei quali maggiormente siamo tentati di distogliere il nostro sguardo da Dio. E' quella la grande tentazione, ed è la tentazione del credente, quella di essere allontanato dal progetto buono di Dio su di noi.

L'intimità ci è raccomandata dall'inizio del tempo della Quaresima: entra nella tua stanza...il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà. l'intimità genera la consapevolezza che la nostra vita è posta sotto lo sguardo buono di Dio. Intimità è anche fatica però, fatica della solitudine... ricordate il vangelo del Mercoledì delle ceneri?: entra nella tua camera e chiusa la porta... domenica scorsa ci è stata prospettata la fatica del deserto: attraversare il deserto, abitare il deserto, ma anche farlo fiorire grazie alla relazione, al rapporto con Dio... intimità è fatica di salire sul monte come vediamo oggi: Gesù ci sottrae alla pianura e ci porta in alto, lontano dai nostri luoghi abituali. La pianura è il luogo e l'immagine della vita ripetitiva, appesantita dalle consuetudini, offuscata dalle convenzioni.

La scalata del monte allora è il tentativo di uscire e di farti uscire da tutto ciò che ti soffoca, che ti tarpa le ali, da tutto ciò che ti restringe la visione.

Gesù porta i discepoli sul monte, per far fare loro un'esperienza di intimità con Lui... Gesù porta i discepoli sul monte per permettere loro di vedere il suo volto che cambia: il suo volto cambiò d'aspetto o, per meglio tradurre: il suo volto divenne "altro"... Ecco che possiamo dire insieme a E. Bianchi una prima cosa sulla preghiera di Gesù: è per lui uno spazio di accoglienza in sé della presenza di Dio, che è santità, cioè alterità capace di trasformare colui che accetta di coglierla nella sua vita: e così il divenire altro del volto di Gesù manifesta che egli narra l'invisibile volto di Dio... è per questo allora che la chiesa ci consegna questo brano ogni anno nel tempo di Quaresima, per radicarci nell'intimità con Gesù...

Cosa è mai (scrive sr. Maria Paola, Madre Abbadessa in un monastero di Clarisse) l'esperienza di intimità di Gesù con questi apostoli? E' un favoritismo, qualcosa destinato esclusivamente agli addetti ai lavori, o ci è possibile pensare che sia per tutti? L'intimità non la troviamo per strada, l'intimità la impariamo da Gesù che prima prese con sé i tre discepoli e poi con loro salì sul monte a pregare.

Luca è l'evangelista che maggiormente insiste sulla preghiera di Gesù, ed è nella preghiera che avviene la Trasfigurazione, è nella preghiera che il suo volto diventa "altro", è nella preghiera che si aprono i cieli (il Battesimo di Gesù al Giordano) e la terra e il cielo sono non più due piani distanti... scopriamo Gesù in preghiera anche prima di scegliere i dodici e nell'imminenza della sua passione. Il momento della comunione, il momento dell'intimità rivelano l'identità di Gesù. Ecco che possiamo intendere così la preghiera, non come un momento magico, ma come un momento di verità... per Gesù ma anche per ognuno di noi. Di fronte a Dio per quello che siamo, ci viene svelato qualcosa di noi, impariamo a conoscerci. Forse è proprio per questo che non riusciamo a darci dei tempi per la preghiera personale, forse è proprio per questo che ci distraiamo durante la preghiera, forse è proprio per questo che diciamo: non riesco più a pregare, non so più pregare perché quello è l'ambito nel quale non possiamo barare e mettere delle maschere.

La preghiera allora è accoglienza della presenza di Dio, è accoglienza, nella verità, di ciò che siamo, ma la preghiera è innanzitutto ascolto: dalla nube uscì una voce che diceva: ascoltatelo!>... Ancora una volta ci viene detto ciò che è essenziale nella nostra vita di fede... l'ascolto del Figlio, l'ascolto della Parola che in Gesù si è fatta carne, l'ascolto di Colui in cui le Scritture trovano compimento. E' lui il nuovo Mosè che crebbe alla corte del faraone ma non si è mai fatto tentare dal potere, dalla gloria, anzi ha preferito la solidarietà con il suo popolo; chiamato da Dio a liberare questo popolo ha conosciuto e provato ripetutamente l'amarezza della contestazione e dell'abbandono, ma non è mai venuto meno nella sua fede. E' Gesù il nuovo Elia, profeta tenace e vigoroso, insofferente ad ogni forma di idolatria, di corruzione, di ingiustizia, che conobbe la via del deserto, della solitudine ma cui non mancò la gioia della presenza del Signore e del conforto della sua parola. Ascoltare il Figlio vuol dire ascoltare la sua parola, ascoltare il vangelo, per non proiettare su Gesù i nostri desideri, le nostre aspettative ma per conoscerlo per quello che è: il Cristo secondo le Scritture.

 

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