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TESTO Senza fretta, ma volentieri

padre Gian Franco Scarpitta  

III Domenica di Quaresima (Anno C) (11/03/2007)

Vangelo: Lc 13,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Sintetizzando quanto ci eravamo detti nelle Domeniche precedenti, se la Quaresima è tempo di conversione a Dio, essa non è tuttavia un imperativo perentorio e categorico: nessuno di noi deve convertirsi a tutti i costi e immediatamente e indipendentemente dalle attuali disposizioni dello spirito. Si tratta piuttosto di un processo graduale e progressivo che ha Dio come protagonista, essendo Lui a convertirci in prima persona donandoci tutti i mezzi e gli strumenti di grazia per vincere ogni difficoltà e instaurare rapporti di confidenza reciproca. Come anche ha affermato il papa nel suo messaggio per la Quaresima 2007, a noi non resta che aderire consapevolmente a questo progetto di amore e incamminarci verso di Lui con coraggio e con fiducia non già guardando ad un giudice severo a cui rendere conto, ma piuttosto "volgendo lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Gv 19,37).

Appunto le parole del pontefice ci invitano a non sottovalutare il rapporto di familiarità con Dio come primaria esperienza del nostro cammino penitenziale considerando che Dio "attende il"sì" delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa" mentre "il "no" dell'uomo è stato come la spinta decisiva che l'ha indotto a manifestare il suo amore in tutta la sua forza redentrice."il che vuol dire che è in conseguenza della consapevolezza che Dio ci ama che noi dobbiamo convertirci a lui senza esitazione.

In questa liturgia odierna siamo mossi a fare un'altra considerazione importante: molte volte succede che, sia negli ambiti di lavoro che in quelli di studio, come pure in altre situazioni della vita specialmente chi intraprende un progetto per la prima volta, tende a concluderlo impeccabilmente e in fretta soprattutto perché mosso dalla paura di fare brutta figura o di non essere gradito al proprio capo, specialmente quando si ha la consapevolezza che questi è pedante e scrupoloso: l'ansietà e la preoccupazione inducono all'errore (perché di errore si tratta) di raggiungere in fratta l'obiettivo a volte senza prenderci i tempi che sono dovuti. Si potrebbe pensare che anche Dio pretenda che noi giungiamo repentinamente alla perfezione e che imponga dei limiti tassativi tempo, per cui ci sentiamo animati a convertirci immediatamente passando da un giorno all'altro dalla cattiva alla buona condotta, dai peccati alle opere di bene. Invece, instaurare i rapporti intensi con il Signore, realizzare vincoli di comunione con lui, convincerci della validità della sua presenza e immetterci nei suoi sentieri abbandonando i propositi di male comporta che si intraprenda un itinerario spirituale per il quale non è sufficiente un'intera vita; la conversione non è una decisione fra le tante che possa aver luogo da un giorno all'altro ma richiede la perseveranza di un cammino progressivo e costante che richiede i suoi tempi, conosce tappe e può anche incappare in ambiti oscuri di insuccessi e deviazioni e per questo va percorso senza alcuna premura.

E anche il Signore si mostra ben lungi dal volerci incutere fretta, come spiega la parabola del fico sterile riportata immediatamente dopo l'esortazione alla conversione: fra tutti gli albero da frutto di nostra conoscenza, il fico forse è l'unico che sia in grado di crescere e fruttificare spontaneamente, senza bisogno di potature o particolari interventi di agronomia; esso dà i suoi frutti puntualmente all'arrivo della stagione propizia si per se stesso ragion per cui sarebbe addirittura assurdo che un fico non producesse frutti in abbondanza e di conseguenza anche più che legittimo che un agricoltore se ne sbarazzi in vista di colture più promettenti: "Perché deve sfruttare il terreno?" Ciò nonostante, il proprietario di questo albero infruttuoso decide di persistere nell'attesa: pazienterà ancora per un anno per dare l'opportunità a questa pianta di recare frutto, nonostante sia ormai convinto che vale la pena abbatterla. Ebbene, se un ortolano si mostra paziente nel risparmiare un fico sterile magari facendosi dare del pazzo dai vicini di casa, quanto più Dio si mostra paziente con l'uomo nell'aspettare che questi rechi i dovuti frutti di conversione! Appunto perché la conversione è un disegno dell'amore divino che riguarda la nostra fiducia in Lui e la convinzione di essere prediletti per amare gli altri, suppone molta pazienza e Dio è il primo a concederci tutti i tempi per poterla attuare, mostrandosi anche disposto nel caso in cui non dovessimo avere successo.

Quello che poi esterna tutta la piacevolezza di doversi convertire a Dio è proprio la calma e la tranquillità, paragonabile ad una crociera nel mar dei Caraibi che viene svolta viaggiando senza eccessiva premura per gustare il panorama, poiché la familiarità con Dio va sperimentata di volta in volta con rinnovato vigore ed entusiasmo e chi scopre il Signore che gli si propone assapora il nuovo con maggiore volontà e disinvoltura.

Come insegna anche la prima Lettura che vede Mosè come protagonista, Dio fra l'altro non propone alcunché senza prima rivelare se stesso instaurando la relazione amicale con l'interessato ragion per cui abbiamo un Mosè in primo luogo coinvolto dal fascino di Dio che lo chiama alla comunione con sé e per realizzare tale comunione si prende tutti i tempi che gli sono necessari.

Sempre la liturgia di oggi mostra tuttavia anche tutta la sua realtà e categoricità, informandoci che se la conversione è conveniente e piacevole essa è anche necessaria e improcrastinabile: pena la nostra autocondanna alla dissolutezza e lo smarrimento di noi stessi e degli altri nella molteplicità delle illusioni, il fatto che Dio ci agevoli non vuole legittimare negligenze e ritardi nel ritornare a Lui con tutto il cuore e neppure giustificare presunte difficoltà in quanti avanzano pretesti per non intraprendere questo cammino: convertirsi comunque è necessario per non cadere in preda ai vincoli della morte sotto mentite spoglie della vita apparente che offre il peccato e se vi sono le garanzie e gli ausili nella vita penitenziale non deve mancare la volontà nell'aderire prontamente. Un po' come avviene nei compiti di matematica: quelli più facili a volte sono i più importanti.

 

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