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TESTO Commento su Gen 11,4

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Venerdì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (16/02/2007)

Brano biblico: Gen 11,4 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra.

Come vivere questa Parola?

"Riempite la terra" aveva ordinato il Signore al momento della creazione e in quello dell'alleanza con Noè. E l'intero planisfero si era offerto all'umanità perché ogni ceppo umano vi trovasse la propria collocazione: uno spazio vitale che permettesse a ognuno la libera espressione del proprio peculiare modo d'essere. Ma subdola e persistente si insinua l'istigazione del maligno: "Sarete dei!". Il miraggio di una "città" sottratta alla dipendenza da Dio, di una "torre" con cui sfidarlo... Sì: "Facciamoci un nome!". L'espressione, bibli-camente, è fortissima. L'imposizione del nome diceva conoscenza o determinazione della natura di una certa realtà, e veniva a stabilire un legame di dipendenza. Accogliere il nome che viene dato da Dio è, quindi, ri-conoscere la propria creaturalità. Ma è proprio contro questa dipendenza che l'uomo si rivolta, rivendicando una libertà e signoria assolute. Il nome vogliamo darcelo da soli! Noi vogliamo stabilire quando e come nascere, noi vogliamo definire i parametri per valutare se valga la pena di portare avanti o meno una vita e vogliamo anche riservare a noi stessi la decisione dei tempi e delle modalità del morire... Tutto deve rientrare nei nostri schemi, sottostare alle nostre decisioni. Volenti o nolenti dobbiamo "unirci", livellando tutto, imponendo, anche con il ricorso alle armi se necessario, i nostri standard di vita, facendo confluire le ricchezze dei popoli nei nostri arsenali, che amplieremo adeguatamente... Costruiremo così una "città" forte, un immenso impero economico. Spingeremo le nostre ricerche scientifiche oltre ogni limite, cercando di piegare ai nostri capricci le stesse leggi della natura. E allora la torre della nostra superbia potrà forare i cieli. Quale Dio potrà resisterci? Non vi sembra che oggi stiamo così sviluppando una foto di cui queste pagine della Genesi ci offrono il negativo?

Oggi, nella mia pausa contemplativa, rifletterò su quel bisogno di comunione che trovo inscritto in me e sulla sua distorsione (cioè unione sia di pensiero che di azione nel male) in cui posso trovarmi invischiato. Prende-rò quindi la decisione di farmi promotore di comunione autentica.

Aiutami, Signore, a intessere reti di comunione nel segno della fratellanza e dell'umile dipendenza da te.

La voce di un autore del XVI secolo

Da millenni un istinto potente spinge l'umanità, attraverso un caos apparente di incontri e di scontri, verso una forma di comunione che oscuramente ma irresistibilmente l'attira
G. Postel

 

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