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TESTO Commento su Luca 9,28-36

Suor Giuseppina Pisano o.p.

II Domenica di Quaresima (Anno C) (04/03/2007)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

"Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore" (sl 26), recita il salmo responsoriale di questa domenica, e, in tal modo, ci indica anche uno dei significati di questo tempo liturgico, il quale, oltre che cammino di fede, è anche cammino di speranza, la stessa speranza, che ci sostiene nella vita, e dà forza al desiderio di conseguire la felicità, raggiungere la salvezza, e realizzare l'incontro con Dio.

E' la stessa speranza che il Salmista canta in questi versi:
"Di te ha detto il mio cuore: cercate il suo volto;
il tuo volto, Signore, io cerco

Non nascondermi il tuo volto". ( sl.26)

La speranza, di conoscere il volto del Signore, è quella che sostiene il fedele, anche nei giorni oscuri della sofferenza, quella che faceva esclamare a Giobbe, icona dell'uomo provato da innumerevoli tribolazioni: "...dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, i miei occhi lo contempleranno, e non da stranero..." (Gb. 19, 27)

La ricerca del Volto di Dio, è il desiderio profondo che attraversa tutta la Storia della Rivelazione; conoscere questo Volto, significa contemplare la gloria di Colui che salva, che ama e guida il suo popolo, verso "la terra promessa", immagine, dietro la quale, è adombrata la salvezza eterna.

È la promessa fatta ad Abramo, padre nella fede, che animato da questa speranza, inizia il suo lungo peregrinare, che ritroviamo nella prima lettura di questa domenica, che recita: "In quei giorni, Dio condusse fuori Abramo e gli disse: «Guarda il cielo e conta le stelle, se, riesci a contarle», e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia, e gli disse: «Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questo paese»........ In quel giorno, il Signore concluse questa alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questo paese dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate». (Genesi 15,5 12.17 18)

"Non nascondermi il tuo volto", supplica, ancora, il Salmista; "Fammi vedere la tua gloria", aveva chiesto Mosè al Signore, ma Dio rispose: «Io farò passare davanti a te tutto il mio splendore, e pronunzierò davanti a te il nome del Signore...ma tu non potrai vedere il mio volto, perché l'uomo non può vedere il mio volto e restare vivo...»." (Es. 33,18-22 )

A questo desiderio profondo e vitale dell'uomo, Dio ha risposto, nella pienezza dei tempi, col suo Figlio che, incarnandosi, ha assunto un volto umano, e lo ha assunto in tutta la concretezza della sua realtà: dallo stupore del bambino, al volto dell'amico, capace di aiutare, di godere e di soffrire; in Cristo, il Volto di Dio, si è mostrato, in tutto, simile ad ogni volto d'uomo, nella bellezza, cantata dal salmo: "tu sei il più bello tra i figli dell'uomo...sulle tue labbra è diffusa la grazia..." (sl.44), e nel disfacimento dell'angoscia al momento della passione della morte.

Di questo Volto, ci parla, oggi, Luca, nel brano del Vangelo, che racconta la trasfigurazione di Cristo, sotto gli occhi di tre discepoli: Pietro, Giacomo e Giovanni, quelli stessi, che dovranno tenergli compagnia nel Getzemani, e che, per primi, dovranno dare testimonianza della resurrezione del Signore.

"In quel tempo, recita il testo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul monte a pregare".

È durante la preghiera, che il volto del Maestro cambia d'aspetto, Luca non dice altro del volto di Cristo durante la trasfigurazione, solo, aggiunge, che la sua veste divenne " candida e sfolgorante", due aggettivi che sono segno della divinità.

L'uomo Gesù, rivela ai suoi discepoli la sua natura divina, ed essi ne hanno conferma, nelle parole provenienti da quella nube, che li aveva avvolti: «Questi è il Figlio mio, l'eletto: ascoltatelo».

Sul monte, accanto a Gesù, i tre discepoli videro, anche "due uomini, che parlavano con lui", Mosè ed Elia, precisa l' Evangelista, simboli della Legge e dei Profeti, una presenza, che è chiaro segno, che tutto l'antico Testamento confluisce nel Cristo Figlio di Dio, piena rivelazione del Padre.

In tanta gloria, che aveva tenuto svegli quei poveri uomini, oppressi dal sonno, Mosè ed Elia, parlano con Gesù della sua "dipartita", dei suo "esodo" da questo mondo; parlano, quindi, dell'imminente passione, allorché il volto del Figlio di Dio non avrà più bellezza, né splendore, come profetizzò Isaia, ma sarà coperto di sputi e di sangue, sarà sfigurato dal dolore, tanto, da non attirare più alcuno sguardo.

È questa, l' immagine che fa da sfondo, a quella figura d'uomo dal volto splendente e dalle vesti sfolgoranti.

La visione, tuttavia, è di breve durata, essa non può costituire un rifugio; le parole di Pietro: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende...», non hanno senso, nel progetto salvifico di Dio, e non rientrano nella missione del Cristo; bisogna scendere dal monte e dirigersi verso Gerusalemme, e da lì salire al Calvario, bisogna portare a compimento l'esodo, tenendo vive nel cuore, le parole udite dalla nube:«Questi è il Figlio mio, l'eletto: ascoltatelo!».

La visione, di Cristo trasfigurato è, principalmente, la manifestazione della sua divinità, ma è, anche, la rivelazione, dello splendore finale, del volto di ogni uomo redento.

Quando, il nostro esodo personale, giungerà a termine, e la nostra speranza, troverà compimento nell'incontro con Dio, anche noi splenderemo della Sua stessa gloria.

È la forza e la consolazione che ci vengono dall'evento grande della Trasfigurazione, consolazione e forza, che devono essere l'anima del nostro cammino di fede e di speranza, che, inevitabilmente, passa per una via di dolore e di croce; "Se qualcuno vuol venire dietro di me - ha detto Gesù – prenda la sua croce ei segua" ( Mc. 8,34); non si può percorrere una strada, diversa da quella che porta al Golgota, e vedere il Volto del Padre.

Non c'è salvezza, ammonisce Paolo per quelli che vivono come nemici della Croce di Cristo, ".. la perdizione, scrive l'Apostolo, sarà la loro fine, perché essi, che hanno come Dio il ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra. La nostra patria, invece, è nei cieli, e di là aspettiamo, come salvatore, il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso..." ( Fil 3, 17 21. 4, 1)

"Guardate a Lui e sarete raggianti", esorta il Salmista, "non saranno confusi i vostri volti." (sl 33)


Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisan@virgilio.it

 

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