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TESTO La cupidigia rende impossibile la vita della gente

padre Tino Treccani

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/08/2001)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Sebbene l'ideologia del capitalismo selvaggio neoliberale prometta tutti i paradisi possibili, Luca in questo brano, ci dice che la ricchezza non garantisce la sicurezza della persona umana. Qualcuno, in mezzo alla folla, chiede che Gesù sia il giudice in un caso di spartizione di eredità. Questa è sempre problematica perché sempre mostra l'ingordigia e l'ambizione. Il pensiero ingannevole di molti si potrebbe riassumere in queste parole: "tutto sarebbe risolto, se ricevessi una buona eredità!".

Il fatto è un'occasione per Gesù: con una parabola, ci dice cosa pensa della ricchezza. In 12,31, Luca ci dirà che la vera sicurezza viene dalla ricerca del Regno di Dio. È una risposta alla domanda: cosa fare? "Cercate prima il Regno di Dio ed il resto vo sarà dato in sovrappiù".

Un raccolto abbondante (v.16) manda in delirio l'uomo ricco, dimentico del consiglio di Gesù, ("guardatevi... da ogni cupidigia" (v.14)) pensa che l'accumulo gli garantisca la vita. È ciò che sogniamo tutti. Ma la vita non ci appartiene (v. 20), non è una proprietà, è un prestito. Il ricco della parabola è un pazzo. Da una parte arricchisce sul sudore dei lavoratori (non sono le sue mani a seminare, raccogliere il grano, a costruire nuovi granai); vuole adesso riposare, darsi alla bella vita, mangiare e bere sulla pelle del lavoro, della fame, della sete e della tristezza degli altri. Dall'altra vuole trasformarsi in un assoluto, pensando così di aver garantito la vita.

Le cose accumulate a chi restano? Per prima cosa non dovrebbero essere accumulate, ma condivise, perché gli "avanzi" non mi appartengono più, bensì a coloro che non hanno niente (cfr 11,41 e 12,33); secondo, anche se l'accumulare viene da una eredità, darà sempre problemi, come sta succedendo col Tizio all'inizio del brano di oggi (12,13).

Per riflettere

Dio vuole la vita per tutti. Il benessere di qualcuno, raggiunto con l'ingiustizia e lo sfruttamento degli altri, non è dono di Dio e nemmeno può essere chiamato vita perché questa viene da Dio ed è destinata a tutti. Non serve chiamare Gesù a fare il partigiano dei nostri interessi. Qualcuno diceva: il cristianesimo ha cambiato il mondo occidentale o l'Occidente ha cambiato il cristianesimo? Chi aveva problemi di eredità usa Gesù come un pretesto. E Gesù dà una risposta secca: non sono un giudice e nemmeno un mediatore! Per i furbi, cioè per coloro che fingono di sentirsi male al solo udire la parola "poveri", o per quanti si vogliono giustificare, avanzando i diritti di eredità e le megaopere come se fossero frutto del loro sudore (e non della speculazione economica, come di fatto sono), aggiunge: state alle larghe dalla cupidigia, dalla bramosia. Perché anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni.

Sembra che l'ideologia attuale e la stessa prassi rifiutino di peso queste parole di Gesù. Lo sviluppo della persona, della società non è inteso come un'armoniosa crescita e rispetto della vita di ognuno; la stessa natura è aggredita, oltre i limiti. L'importante è accumulare, stoccare magazzini di merci che producano soldi, soldi e mai soldi. Il libero commercio è la bandiera dell'abbondanza. Ma ci sarà pure un limite: o dalla storia o dalla stessa natura. Depredando le foreste arriverà il giorno "X" in cui ci sentiremo rivolta la parola: pazzi e stolti. Depredando e annichilando la cultura di tanti popoli, la storia potrebbe avere un rigurgito di vendetta terribile. Se aggiungiamo che anche i migliori e maggiori sistemi possono andare in tilt, che ne sarà di questo globo?

Anche qui nel Terzo Mondo si cerca di veicolare l'inno alla bella vita, al tutto facile, al sogno realizzato immediatamente con una lotteria, alla carriera. Dobbiamo smettere di bere la nostra acqua per innaffiarci di Coca Cola e bibite avvelenate; dobbiamo vestire jeans e maglioni con 40 gradi all'ombra, perché così vuole la moda. Chi ha occhi per vedere scopre subito che si tratta di un miraggio. Purtroppo il deserto di miseria non è un miraggio; i milioni di braccianti e di lavoratori giornalieri continuano a costruire le megalopoli che spopolano le campagne con le luci della modernità; ma per questi lavoratori è proibito farsi una casetta decente; il salario ingiusto nemmeno permette loro una settimana di ferie. Altro che mangia e bevi, anima mia! Vanità delle vanità, dice la prima lettura. Gesù non è contro la ricchezza intesa come benessere per una vita degna, va contro una società che, anche al suo tempo, separava le persone e trovava normale che qualcuno fosse fortunato e gli altri dovessero vivere di espedienti. Vedeva i braccianti dei campi che lavoravano per i loro signori. Vedeva che la merce andava nei granai del Tempio, che i villaggi erano in funzione delle città.

È vero, sento amarezza, stupore e vergogna. Dov'è allora la gioia dei figli di Dio? Grazie al cielo esiste, eccome. Anche se non è ospite dei titoloni dei mezzi di comunicazione, la gioia della vita si vede, si sente, si tocca laddove si ha l'onestà della condivisione, si lavora per nobilitarsi e non per schiavizzarsi o rendere schiavi; quando a tavola c'è posto e pane per tutti; quando la natura è rispettata come una madre santa e generosa.

Penso che noi cristiani d'Occidente dobbiamo rivedere un poco il Vangelo che abbiamo diluito, sia per rifornirci di cose con l'accumulo per noi e la depredazione sugli altri, sia per giustificare il nostro farci padroni del mondo e della vita. Possiamo dire che il nostro corpo, in comparazione a quello di molti altri abitanti del pianeta, ha raggiunto riserve non indifferenti. Ma la nostra anima, adesso che ha tanti beni a disposizione e per molti anni, può riposarsi, mangiare, bere e darsi alla gioia? O per capire il baratro in cui ci siamo incamminati dobbiamo attendere le terribili parole: "Stolto, questa notte ti sarà richiesta la tua vita"? C'è da chiedersi proprio se con la nostra religione cristiana ci siamo arricchiti davanti a Dio o se abbiamo accumulato tesori per noi stessi. In questo caso, chi litigherà per spartirsi le cose che lascieremo?

 

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