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TESTO La pesca miracolosa e la sequela di Cristo

padre Antonio Rungi

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/02/2007)

Vangelo: Lc 5,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». 5Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. 8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

La parola di Dio della quinta domenica del tempo ordinario dell'anno liturgico ci porta a fianco di Gesù, nel momento in cui viene in aiuto di Simone il pescatore che durante l'intera nottata non aveva pescato nulla e gli permette di pescare abbondantemente durante la giornata, sulla parola di Gesù che lo invita a prendere il largo e a gettare nuovamente le reti.

La pesca miracolosa di cui narra il Vangelo di Luca di questa giornata è occasione per Gesù per invitare Pietro e gli altri alla sua sequela, perché è sua ferma intenzione di fare di quegli uomini laboriosi, semplici, altri tipi di pescatori, ovvero pescatori di persone in cerca di salvezza e di vero benessere, di una economia produttiva per il regno dei cieli. A Pietro Gesù affida un compito di guida ed un primato speciale sugli altri, come si evince dal brano lucano. "In quel tempo, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genesaret e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo e calate le reti per la pesca". Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore". Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini". Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono".

E' interessante notare nel testo del Vangelo tutta la preparazione al miracolo e dopo l'avvenuta pesca straordinaria le conseguenze di essa. Gesù sta presso il lago di Genesaret e c'è molta folla intorno a lui, desiderosa di ascoltare la sua parola. Gesù invece di svolgere un regolare discorso o tenere un'appropriata catechesi, sfrutta l'occasione della difficoltà in cui si trovano alcuni pescatori per proporre ai presenti il linguaggio più chiaro per suscitare la fede, che è il linguaggio dei miracoli, di cui la pesca miracolosa offerta a Gesù a Pietro ne è un esempio chiaro ed esplicito. Gesù suscita in Pietro e negli altri l'ammirazione, ma fa scattare in loro la libera adesione al suo progetto di evangelizzazione e di annuncio missionario. Pietro è scelto da Gesù ad essere suo collaboratore stretto nel piano dell'annuncio missionario.

Quell'annuncio di cui parla l'Apostolo Paolo nella seconda lettura odierna tratta dalla Prima Lettera ai Corinzi. Quel Vangelo nel quale bisogna rimanere saldi e che bisogna conservare la sua interezza, senza manipolazioni o strumentalizzazioni ai propri e altri fini che non sono quelli di Dio. Questo Vangelo è Cristo che è venuto al mondo per la salvezza dell' umanità, è morto ed è risuscitato, che appare a Pietro e al gruppo degli apostoli e li invia nel mondo quali messaggeri di amore e di speranza per ogni uomo. Che invia il convertito Paolo ad essere apostolo tra i pagani e ad aprire anche a loro lo spiraglio

di una possibile salvezza se accettano di conoscere, amare e servire Cristo. Paolo diventa

il tramite perché questa parola di salvezza giunga ai lontani e non solo ai vicini, come fu mediante la predicazione di Pietro e degli altri apostoli che fin dal primo momento condivisero con Gesù il suo progetto di evangelizzazione. "Vi rendo noto, fratelli, il Vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano! Vi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai dodici.

In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me.

Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto".

In questo contesto di annuncio missionario si comprende anche il contenuto della prima lettura di oggi, tratta dal Profeta Isaia, ove viene esposta la chiamata di questo uomo di Dio ad una singolare missione che è quella di essere il messaggero di Dio, il profeta di Dio in mezzo ad un popolo di peccatori e di iniqui. La disponibilità del profeta Isaia di lanciarsi in un opera di evangelizzazione impegnativa, quando pochi sono coloro che vogliono offrire tale servizio, è molto significativa per la comprensione di quella vocazione alla missione e alla profezia che tutti i battezzati sono chiamati a realizzare anche nell'oggi della Chiesa e del Mondo. "Manda me", dice il Profeta rivolto a Dio. "Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali e proclamavano l'uno all'altro: "Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria". Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: "Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti". Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. egli mi toccò la bocca e mi disse: "Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato". Poi io udii la voce del Signore che diceva: "Chi manderò e chi andrà per noi?". E io risposi: "Eccomi, manda me!".

La stessa cosa dovrebbero dire i cristiani di oggi davanti ad un cultura che non vuole sentire parlare di Dio e non ama ascoltare Dio che vuole dire e parlare al cuore dell'uomo di questo nostro tempo segnato da forme di ateismo e di indifferenza religiosa, con un crollo di moralità a tutti i livelli. In queste realtà è chiamato a profetare ogni cristiano, prima con la santità della vita e poi con la parola. Nella giornata della vita che celebriamo oggi, risulta essere di grande attualità il messaggio che i Vescovi italiani hanno scritto per oggi: "Non si può non amare la vita: è il primo e il più prezioso bene per ogni essere umano. Dall'amore scaturisce la vita e la vita desidera e chiede amore. Per questo la vita umana può e deve essere donata, per amore, e nel dono trova la pienezza del suo significato, mai può essere disprezzata e tanto meno distrutta". Il tema della Giornata è "Amare e desiderare la vita". Certo, i giorni della vita non sono sempre uguali: "C'è il tempo della gioia e il tempo della sofferenza, il tempo della gratificazione e il tempo della delusione, il tempo della giovinezza e il tempo della vecchiaia, il tempo della salute e il tempo della malattia... – si legge nel Messaggio -. A volte si è indotti spontaneamente ad apprezzare la vita e a ringraziarne Dio, "amante della vita" (Sap 11,26), altre volte la fatica, la malattia, la solitudine ce la fanno sentire come un peso". Vicino a Cristo la vita assume un sapore e colore diverso, come lo fu per gli apostoli che lasciarono tutto per seguire Gesù, dando una svolta radicale alla loro vita di semplici pescatori per diventare annunciatori della salvezza agli uomini del loro tempo.

 

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