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TESTO La grandezza e la fragilità

don Maurizio Prandi

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V Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/02/2007)

Vangelo: Lc 5,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». 5Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. 8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Mi piace partire dalla Colletta che abbiamo pregato poco fa: Dio di infinita grandezza, che affidi alle nostre labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di portare agli uomini l'annunzio del vangelo, sostienici con il tuo Spirito, perché la tua parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra.

Dove sta l'infinita grandezza di Dio? Nell'affidare a labbra impure e a fragili mani il compito di portare agli uomini l'annunzio del vangelo... le mie labbra impure, le mie fragili mani... Mi pare che la Colletta davvero mette in evidenza questo aspetto della liturgia della Parola di questa domenica: quasi un inno alla fragilità umana da una parte e il riconoscimento che è questa fragilità la via che Dio privilegia per la comunicazione del suo vangelo di salvezza.

C'è una condizione però perché tutto questo avvenga, che la propria fragilità sia riconosciuta. Se volete è un po' quello che già domenica scorsa accennavo nell'omelia quando dicevo che la Parola di Dio si compie in me quando riesco a leggermi con chiarezza e, seppur con fatica, riesco a gettare alcune luci sulla mia vita. Quello del riconoscimento è il percorso che fa il profeta Isaia nella prima lettura: Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti; ma anche S. Paolo nella lettura che abbiamo ascoltato fa lo stesso passaggio: Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio; infine anche Pietro nel brano di vangelo riconosce la sua piccolezza: Signore, allontanati da me che sono un peccatore.

Mi domando se è il mio stesso percorso... se è il nostro stesso percorso... intendo dire se parto, se partiamo da lì, dal dire sono piccolo, oppure dall'avere una tale considerazione di me che non riesco a non dire: guarda come sono bravo, per forza Dio ha scelto me! Guardando alle letture e al vangelo mi viene da dire che se non sono capace di riconoscere la mia piccolezza è perché non ho mai veramente incontrato il Signore... sono belli i percorsi diversi per questo incontro con il Signore: Isaia all'interno del tempio in un momento in cui Dio manifesta la sua gloria, Paolo nel momento in cui perseguita e uccide e Pietro nel mezzo delle attività mondane: i pescatori erano scesi e lavavano le reti... Pietro si rende conto della sua condizione non di fronte a una manifestazione straordinaria di gloria, ma di fronte a un grande atto di amore.

E' l'amore che pone in noi le condizioni per una creazione nuova, per una vita nuova... ricordo che quattro anni fa, durante un campo scuola di IV^ e V^ elementare, proprio riguardo a questo, i ragazzi hanno avuto una intuizione straordinaria: Dio crea perché ama e anche noi, ogni volta che siamo capaci di amare, creiamo qualche cosa... Tutti e tre, nell'incontro con l'infinita grandezza di Dio non possono che riconoscere il loro limite. La cosa straordinaria è che per Dio questo limite diventa un veicolo, uno strumento attraverso il quale il vangelo corre e si diffonde. Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini... amante degli uomini e proprio per questo creatore di novità nella loro vita. Un monaco certosino scrive: D'ora in poi sarai pescatore di uomini, vuol dire che, dopo quanto è accaduto, prenderai gli uomini; cioè, dato che ti sei umiliato, a te spetterà d'ufficio di pescare gli uomini; l'umiltà ha infatti il potere di attirare ed è cosa buona e giusta che coloro i quali, pur avendo autorità, sappiano non esaltarsi nell'essere a capo degli altri...

Questo aspetto allora, quello di una fragilità benedetta da Dio, va di pari passo con la capacità di affidarsi. Solo chi si sente debole, solo chi sente fragile, solo chi si sente povero è capace di affidarsi: Eccomi, manda me!... Per grazia di Dio sono quello che sono!... Sulla tua parola getterò le reti...

Tutto questo però fa un po' a pugni con una idea di discepolo che abbiamo e che spesso è vicina a quella di un super-eroe: aver fede vuol dire essere forti, aver fede vuol dire essere incrollabili, tutti di un pezzo, avere delle certezze... e invece, Pietro ci insegna, lui che l'unica certezza che poteva avere era quella di non prendere nulla dice: sulla tua parola getterò le reti. Bellissimo! Ti affidi ad una parola... nella tua condizione di fragilità ti attacchi ad un qualcosa che forse è più fragile di te perché può essere non ascoltata, non capita, fraintesa, non accolta... ti affidi alla parola perché sai che equivale ad affidarsi ad una persona: Gesù di Nazareth. A questo proposito Paolo, al capitolo 20 del libro degli Atti degli apostoli nel discorso che fa a Mileto dice: Vi affido al Signore e alla parola della sua grazia... la nostra vita affidata ad una parola, la nostra vita custodita da una parola... e piano piano, come dice S. Paolo, per grazia ci scopriamo capaci di vivere i nostri giorni all'interno non di un prendere o di un pretendere, ma all'interno di un consegnarsi, di un affidarsi: sulla tua parola getterò le reti!

 

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