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TESTO la vera arma vincente

padre Gian Franco Scarpitta  

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (18/02/2007)

Vangelo: Lc 6,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 27A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.

31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

In relazione alla cultura e alla mentalità generale della sua epoca, Gesù è stato definito più volte "segno di contraddizione" e "motivo di scandalo" sia per essersi proclamato Dio e re dei Giudei sia per essere stato latore di un messaggio capace di instaurare una tipologia di vita del tutto sconvolgente, che a detta dei suoi contemporanei era inaudita e inconcepibile. Secondo le testimonianze degli scritti del Mar Morto, chi entrava nei luoghi in cui l'assemblea giudaica era riunita doveva pronunciare parole di riprovazione e di disprezzo per i peccatori e dichiarare di trovarsi dalla parte dei giusti e nell'Antico Testamento si imponeva l'amore per i propri simili concomitante con l'odio verso i nemici e gli avversari; insegnamenti come amore verso i nemici, perdono, giustizia, fratellanza e predilezione di Dio verso i peccatori non potevano di conseguenza che suscitare sdegno e di fatto sollevavano non poche volte l'ira dei farisei e degli scribi.

Eppure Gesù, senza affatto intimidirsi o porsi inibizioni di sorta, insisteva con questa scomoda dottrina per cui era condannato ad essere guardato con occhi straniti e che impartiva con autorità sottolineando essere questa volontà di Dio: " Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da' a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro." Amare il nemico, questo inteso come colui che ti disprezza avendoti in odio e vuole annientarti, perdonare il torto e sopportare con pazienza tutto il male che gli altri ti provocano ottempera in pienezza la volontà di Dio e corrisponde allo stesso amore incondizionato che il Padre ha nei confronti di tutti, buoni e cattivi, giusti ed empi e se tutti gli uomini sono figli di Dio e oggetto del suo amore anche da parte nostra occorre che rendiamo tutti oggetto dello stesso amore, indistintamente. Altrimenti non potremo avanzare merito alcuno rispetto agli altri; poiché rispetto ai pagani e ai pubblicani non faremmo nulla di straordinario e non sarebbe distintivo di cristianesimo il solo amore verso gli amici e coloro dai quali sappiamo di avere il contraccambio. A detta di Gesù, l'amore verso i soli giusti e gli amici è sinonimo di egoismo o in qualche modo è sempre interessato e finalizzato al nostro solo tornaconto: occorre uscire dalla mediocrità e raggiungere l'eroismo che ci conduce verso chi ci è distante e ci è antipatico.

Ma se all'epoca del giudaismo primitivo questi concetti lasciavano esterrefatto chiunque ascoltasse, continuano a suscitare non poco stupore anche ai nostri giorni. Anzi, non siamo lontani dalla concezione propria dell'Antico Testamento se è vero che anche adesso vi è chi tratta con severità la scelta dell'amore e del perdono e non mostra alcuna indulgenza verso i nemici. Proprio in questo periodo mi è capitato di imbattermi, in una determinata circostanza, in un signore che a proposito di un recentissimo fatto di cronaca riteneva stupido e insensato l'atteggiamento di chi era disposto a perdonare chi aveva compiuto una terribile strage uccidendo scabrosamente tutti i componenti di una famiglia: "Come si può dire: io perdono dopo aver visto tanto sangue sparso in casa propria?" Adoperarci con generosità nei confronti di chi ci ha fatto un torto, non nutrire rancore alcuno e sorvolare su quanti ci hanno offesi o ci hanno calunniati diffamandoci e trattandoci senza riguardo; mostrare amore e interesse verso quanti ci hanno maltrattato e umiliato, mostrare generosità e disponibilità verso chi sappiamo bene che ricambierà con tutt'altra moneta certamente non è cosa facile a farsi, anzi risulta a dir poco inconcepibile e ancora adesso risulta non di rado essere assurdo e mentecatto, nonostante secoli di cristianesimo...

Come mai non riusciamo a collocarci nella dimensione del vero discepolato cristiano, superando ogni barriera di orgoglio e di limitazione? Perché atti di coraggio fra quelli descritti poc'anzi impongono che noi ci esponiamo alle derisioni altrui e richiedono eroico coraggio a differenza che nel cristianesimo primitivo?

Determinate per la nostra pedagogia cristiana è l'esempio del giovane Davide, uomo saggio ed eccellente nel bene, che pur avendone la possibilità rinuncia a far fuori il re Saul che da tantissimo tempo lo sta braccando con una grossa schiera di uomini pronti ad ucciderlo. Non soltanto rifiuta di stendere le mani contro di lui pur non correndo rischio alcuno, ma non disdegna di riconoscerlo come "il consacrato del signore", affinando al perdono e alla carità un vero atto di fede. Ma perché determinati esempi sfuggono alla nostra attenzione o vengono volutamente elusi?

Evidentemente perché non ci soffermiamo abbastanza sui vantaggi che determinati moniti promettono. Infatti occorre considerare che Gesù oltre a descrivere le caratteristiche del vero amore sottolinea anche che queste sono la condizione per il nostro quieto vivere con noi stessi e con gli altri: amare i nostri nemici e fare il bene a coloro che ci perseguitano con odio corrisponde infatti a fare agli altri quello che noi stessi vorremmo ricevere e pertanto a lottare contro il male adoperando un'arma molto più efficace della vendetta e del dissapore: rispondere bene al male vuol dire infatti spiazzare il nostro avversario e renderlo impotente mettendogli di fronte la stupidità stessa del suo agire e intanto e garanzia di tutta quella serenità interiore e di quell'armonia di cui ci priverebbero sentimenti di rancore, di astio e di vendetta. Si prova più soddisfazione nel riconciliarsi con il proprio fratello dopo una lite, piuttosto che coltivare il malcontento e l'agitazione interiore che non si placherà mai e sarà foriera di ulteriori malesseri per noi stessi e per gli altri; e replicare on il silenzio e l'indifferenza nei confronti di chi ci rivolge un insulto o un'offesa è la migliore lezione che possiamo dare a quanti ci rendono oggetto di vessazioni e di cattiverie. Non per niente Paolo rivolge l'invito: "Non lasciatevi scoraggiare dal male, ma vincete il male facendo il bene." E altrove: "L'amore non ha mai fatto del male a nessuno".

Forse soffermarci troppo sugli imperativi categorici e mancare di considerare l'efficacia in sé di certi insegnamenti ci induce ad atti di riluttanza e di allentamento, inculcandoci l'idea dell'impossibilità che essi possano essere attuati. Dovremmo considerare allora il valore in positivo di quanto Gesù proferisce per concludere che ogni suo suggerimento non è affatto casuale ma fondato anche sulla sua esperienza come pure sull'esperienza di non pochi uomini posti alla sua sequela e questo ci porterebbe ad accrescere il nostro orientamento verso nuove considerazioni.

E' chiaro che il perdono e l'amore dei nemici non vanno confusi con la giustizia: il Vangelo non esclude affatto la legittima difesa né la tutela dei propri diritti e della propria incolumità ed è anche cristianamente fondato che ci venga corrisposto in ogni ambito quanto ci è dovuto e lo stesso Gesù, mentre ci qualifica come "agnelli in mezzo ai lupi" ci offre anche un preciso criterio comportamentale: "Siate semplici come le colombe, ma astuti come i serpenti". Che tuttavia l'amore resti costitutivo del vero cristianesimo resta sempre assodato e nell'ottica cristiana costituisce una vera e propria carta vincente.

 

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