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TESTO Commento su Giovanni 2,1-11

Suor Giuseppina Pisano o.p.

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/01/2007)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Un'epifania ha concluso il tempo liturgico del Natale, con la rivelazione del Cristo, attraverso le parole del Padre: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Lc.3,13), risuonate, presso il Giordano; un'altra epifania, apre il nuovo ciclo liturgico, quello del Tempo Ordinario, ed è l'evangelista Giovanni a parlarne, col racconto delle "nozze di Cana", allorché Gesù, diede un segno della sua divinità, col prodigio dell'acqua mutata in vino.

"In quel tempo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea...."; così inizia la narrazione di un episodio di vita vissuta, che fa da cornice, o da occasione, alla rivelazione del Mistero di Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio e Redentore, ospite, con sua Madre, al banchetto nuziale.

L'episodio, molto conosciuto, è, spesso, interpretato alla luce dell'attenzione e della mediazione di Maria, la Madre; sollecitudine e mediazione innegabili, ma, l'evento ha un significato molto più profondo, che va al cuore del Mistero e della missione del Salvatore.

La festa di nozze diventa, così, un simbolo; sappiamo, infatti, che il simbolo nuziale è quello usato nella Scrittura, per esprimere il profondo legame d'amore che unisce Dio al suo popolo e alla singola persona; lo ritroviamo, nei Profeti, nel sublime Cantico dei cantici, nei Vangeli e

nell' Apocalisse, il libro della rivelazione finale, che, descrivendo la gioia dell'intera umanità salvata dal sangue di Cristo, recita: "...ha inaugurato il suo regno, il Signore nostro Dio, rallegriamoci ed esultiamo, perché sono giunte le nozze dell'Agnello, la sua sposa è pronta..." ( Ap.19,6-7).

E di una sposa, ci parla anche la prima lettura, tratta dal profeta Isaia:" tu sarai chiamata «Mio compiacimento» e la tua terra, «Sposata», perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così, ti sposerà il tuo creatore; come gioisce sposo per la sposa, così, il tuo Dio gioirà per te. "(Is.62,1-5).

Son queste le immagini, di cui il Profeta si serve, per esprimere l'intensità dell'amore di Dio per la sua creatura, e per il suo popolo. Isaia, immagina un giovane re, un Re-Messia, sposo, che reca in mano un diadema nuziale, da porre sul capo della sposa; che aveva, prima d'allora, un nome simbolico: era detta Abbandonata, o Devastata, segno di tempi difficili, di desolazione, ma ora, con le nozze, la sua condizione cambierà radicalmente, e il suo nuovo nome sarà, «Sposata», ed essa diverrà il compiacimento, la gioia del suo Signore e Re.

Le immagini felici della sponsalità, costituiscono una categoria fondamentale, nella Scrittura Sacra, per cogliere ed esprimere l'amore totale e profondo di Dio per l'umanità intera; e lo stesso Maestro, le usa, per parlare di trepidante fedeltà, nella parabola delle vergini sagge,(Mt.25 ) come per spiegare in che consista il Regno di Dio:"....é simile, il regno dei cieli, ad un re, il quale fece un banchetto di nozze per suo figlio, e mandò i suoi servi a chiamare, coloro che erano stati invitati...".(MT.22,1,14)

Così, le nozze di Cana, sono la cornice perfetta, l'occasione felice, perché il Cristo, all'inizio della sua vita pubblica, sollevi un poco il velo che copre il suo Mistero, il mistero dell'Amore che salva; il miracolo, che egli compie, infatti, non è un gesto spettacolare, ma un segno, che indica il senso profondo dell'azione prodigiosa di Lui, che opera da Dio.

Il racconto è semplice, c'è un banchetto, e ci sono molti convitati, e tutti fanno onore alla festa, tanto che, il vino finisce, e il disagio è, ovviamente, grande; a questo punto, ecco intervenire Maria, con quella sollecitudine tutta femminile, che le fa sussurrare al figlio: «Non hanno più vino»; parole che, col simbolo del vino, acquistano un significato, che va ben oltre, la necessità contingente, di reperirne altro, perché la festa non scada di tono.

Così, nel racconto evangelico, compaiono altri due segni importanti: l'Ora e il vino.

L'Ora: la risposta di Gesù a sua madre, è breve e chiara: «Non è ancora giunta la mia ora»; l'Ora del Cristo, è quella della grande glorificazione, che avviene con la passione e la morte, quell'innalzamento, strumento di redenzione dell'umanità intera, che segna il compimento della missione del Figlio di Dio.

Gesù è agli inizi della sua opera evangelizzatrice, ed è ancora lontano da quell' Ora suprema, estremo gesto d' amore; tuttavia, sollecitato dalla madre, compie il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino, non, un gesto strepitoso, né l'affettuoso condiscendere al desiderio della madre, ma un gesto che è segno anticipatore, di un altro banchetto, quell'ultima cena, consumata coi suoi a Gerusalemme, durante la quale, trasformerà il vino delle rituali libagioni, nel suo stesso sangue, versato per la remissione dei peccati.

Quella stessa notte, il Figlio di Dio, ritiratosi in orazione, coi suoi nel Getzemani, si troverà di fronte ad un altro calice, e sperimenterà tutta l'amarezza e la desolazione angosciante della "Sua Ora"; durante quella mortale passione interiore, egli pregherà il Padre e a Lui chiederà: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice...." (Mt.26,39)

Da questo momento gli eventi precipitano e Gesù, in un breve volger di tempo, si ritrova sul Golgota, inchiodato alla croce, ai piedi della quale sta sua Madre, lei che era stata testimone del miracolo di Cana, ora vede un altro miracolo, quello della Redenzione, e vive un'altra trasformazione, che la coinvolge direttamente, perché, da quel momento, da Madre del Cristo, diverrà Madre di ogni uomo che venga alla luce, finché duri il tempo.

A Cana di Galilea, durante una splendida festa di nozze, con quella semplice frase: «Non hanno più vino».; Maria, ottiene da Gesù, che il velo che copre il Suo Mistero sia, per un poco, sollevato, ora dal Calvario, sembra ripetere ad ogni uomo le stesse parole che, allora, disse ai servi: «Fate quello che vi dirà».

Dalla manifestazione del Dio-bambino ai Magi dell'oriente, ai "cieli aperti " sulle acque del Giordano, come a Cana, o sul Calvario, Dio glorifica il Suo Figlio e lo manifesta al mondo: è Lui, Gesù di Nazareth, figlio di Maria, il Cristo redentore, morto e risorto per la salvezza di ogni uomo; Lui il Maestro da ascoltare, Lui la Via da seguire, Lui il Dio da amare.


sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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