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TESTO Commento su Matteo 2,1-12

don Maurizio Prandi

Epifania del Signore (06/01/2005)

Vangelo: Mt 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6E tu, Betlemme, terra di Giuda,

non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:

da te infatti uscirà un capo

che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Una parola può guidarci nella nostra riflessione: universalità... la Solennità di oggi infatti celebra la chiamata dei pagani alla fede e dischiude un orizzonte di salvezza per tutti i popoli; il Salmo Responsoriale infatti ci ha fatto pregare così: Ti adoreranno Signore, tutti i popoli della terra.

Cosa è che ha fatto partire i Magi, che cosa è che li ha mossi? Il desiderio di incontrare Gesù? No perché loro sapevano che avrebbero incontrato un futuro re... una volta arrivati trovano tutto meno che un re così come lo potevano intendere, eppure si prostrano, lo adorano, è di fronte alla povertà di Gesù, di Maria, di Giuseppe, che i Magi capiscono che hanno incontrato Dio. Trovare e incontrare il Dio-con-noi è il desiderio di ogni uomo dice il Papa nella lettera che ha scritto ai giovani in occasione dell'incontro a Colonia, ma è proprio vero? Cosa vuol dire per me attendere? Attendo qualcosa o attendo qualcuno?

Cosa ha aiutato i Magi? La stella... Essendo già nato Gesù, si tratta di scoprire dove lo possiamo trovare, perché anche se sappiamo il luogo materiale dove è nato, questo non basta, infatti dice un teologo: dobbiamo fare in prima persona l'itinerario dei Magi, con la fatica di un cammino notturno pieno di fascino e di paure, di desideri e di dubbi, di speranze e di incertezze, sotto la guida di una mobile stella che appare e scompare. Giocarsi oppure no nel seguire i desideri profondi del cuore? I Magi lo fanno, partono lasciando tutto (proprio come dice il papa) per seguire la stella e noi perché non sappiamo deciderci per il Signore? Abbiamo anche noi una stella, qualcosa che ci aiuta a vedere Gesù? Interroghiamoci su quali siano le nostre stelle, quelle realtà cioè, che ci aiutano a fare un'esperienza più viva della nostra fede. Non so se lo avete notato, ma chi è lontano, i Magi quindi, cercano, interrogano e poi donano con gioia, chi è vicino invece, sa bene dove è il Signore, ma non lo cerca, non lo avvicina, non interroga la propria vita... anzi, pone degli ostacoli come la folla o addirittura desidera la morte di Colui che è cercato come Erode. E noi? Lontani o vicini? Cosa vuol dire essere lontani, vicini?

Lontananza e movimento: il più vicino è Erode, ma è fermo nel suo palazzo. Più vicini ancora gli scribi, che muovono gli occhi sulle Scritture ma non muovono i piedi incontro al Signore... Lontani i Magi, ma capaci della intimità più grande, della vicinanza più grande: prostratisi lo adorarono; si arresta il cammino esteriore e con l'adorazione comincia quello interiore.

Si perché la vicenda dei Magi è un simbolo dell'itinerario verso la fede: abbandonano le loro case, si mettono in cammino, guidati da una stella, segno del cielo che riescono ad interpretare grazie alla loro cultura ma che non basta, perché hanno bisogno delle Scritture, della Parola di Dio per precisare meglio la meta della loro ricerca... cercano, domandano, non pretendono di trovare da soli, non si scoraggiano di fronte alle difficoltà, riprendono il cammino...

Erode invece è figura di tutti coloro che sono così attaccati al loro potere e posseduti dai propri progetti ed interessi da non lasciare alcuno spazio agli altri, che sempre e comunque sono una minaccia, anche se hanno le sembianze di un Bambino...

Gli scribi, infine, conoscono le Scritture e le interpretano in modo corretto, ma non traggono nessuna conclusione dal loro studio. Semplicemente a loro non interessa nulla del Bambino; la loro indifferenza è inquietante perché ci dice che la Scrittura può anche essere letta, conosciuta, studiata, ma senza che questo trasformi la vita.

Mi piace tantissimo il gesto dell'aprire lo scrigno. Dentro uno scrigno ci sta qualcosa di prezioso... mi piace leggere questo gesto come un aprire la propria vita per consegnare al Dio fatto Bambino quanto abbiamo di più prezioso. Cosa ho di tanto prezioso nel mio "scrigno"? Cosa vuol dire offrire la propria vita al Bambino di Betlemme? E' un episodio questo che riprende un brano del profeta Isaia dove si dice che al Dio Sole vengono offerti oro e incenso. L'evangelista, attraverso i Magi ci dice che il vero sole che illumina in questo mondo è il Bambino Gesù. I Padri della Chiesa hanno interpretato simbolicamente i tre doni dei Magi: l'oro è destinato al Bambino della mangiatoia, inteso come il vero Re, l'incenso è rivolto alla sua divinità e la mirra rimanda alla sua morte in croce. A me piace anche l'interpretazione di un mistico dei nostri giorni: I doni dei Magi sono immagini dei doni che noi dobbiamo offrire a Gesù: L'oro rimanda allora al nostro amore, l'incenso al nostro desiderio e la mirra alle nostre sofferenze, alle ferite che portiamo con noi. Noi non dobbiamo fornire alcuna prestazione, ma portare alla mangiatoia quello che abbiamo sempre con noi: il nostro amore, il nostro desiderio, le nostre ferite. La mirra però è anche una pianta e rappresenta la guarigione dalle nostre ferite. Portando la nostra vita, la nostra realtà e offrendola, sperimentiamo che nell'amore, verso Dio e verso il prossimo, questa nostra vita, da Dio ci viene restituita.

 

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