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TESTO Dobbiamo aspettarne un altro?

Paolo Curtaz  

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III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete (16/12/2001)

Vangelo: Mt 11,2-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 11,2-11

In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?" Me lo vedo, Giovanni Battista, nella buia e umida prigione di Erode, mentre aspetta la morte e gli portano le notizie di suo cugino Rabbì Gesù. Lo abbiamo incontrato, domenica, che minacciava punizioni divine, vendette esemplari, ed ora è lui stesso attonito: talmente diverso questo Messia, talmente strampalato questo Dio che il più grande dei profeti non si capacita, pensa, infine di avere preso un granchio.

Ci siete, amici? Vi ritrovate?

Ci siamo detti che avvento è tempo in cui far ordine, tempo per chiedersi: Dio è qualcuno di vivo per me? Tempo di conversione, di appurare se la strada che stiamo percorrendo sia o meno la strada che ci porta verso la pienezza. Siamo ormai a metà percorso: oggi e domenica prossima ci vengono proposti due modi di vivere l'avvento, due stili di discepolato, di attesa secondo il cuore di Dio. Il primo ci viene nuovamente dal Battista. Il Giovanni che incontriamo oggi è ben diverso da quello di domenica scorsa; è masticato dalla vita, spazzato via dall'arroganza del potere non grida più, solo aspetta la morte e si interroga: avrò visto giusto? Avrò fatto bene?

Alzi la mano chi non l'ha mai pensato. Non mi sarò preso un abbaglio? Non mi sarò sbagliato? Siamo sinceri, discepoli del Maestro Gesù: ci vuole una sana dose d'incoscienza per credere, un bel po' di fegato per dire che il mondo e la vita hanno senso e che Dio regna; si ha davvero la percezione, nel nostro ambiente di essere dei pii idioti, dei sognatori anacronistici e illusi. Se qualcuno tra voi ha davvero orientato i suoi passi alla luce del Vangelo non può non attraversare momenti profondi di crisi: la malattia, la sofferenza, l'ostilità dei non credenti, il peso della propria fragilità e del proprio peccato scuotono nel profondo la nostra fede... ci sono momenti in cui sinceramente, col cuore pieno, vogliamo dire: "mi sono sbagliato, devo aspettare un altro Salvatore".

Che dire? E' esperienza comune, del Battista, di Giacomo nella seconda lettura, di Isaia. La risposta è banale e inquietante, fragile ed eroica: pazienta, pazienta, pazienta. Guarda l'agricoltore, scruta la Storia e la vita, cogli i segni della presenza del Signore, vivi da salvato. Pazienta, non disperare. Quanto avrei voluto una risposta più chiara, più eclatante! Quanto un Dio più evidente e interventista! No, mi è chiesta la pazienza, lo scrutare con sguardo interiore le cose che accadono.

La risposta che Gesù dà a Giovanni è sconcertante e fantastica: "Guarda, Giovanni, guarda quello che accade". Gesù non rassicura Giovanni, lo aiuta a guardare in maniera diversa, a darsi una risposta da solo: i ciechi vedono, i muti parlano, i lebbrosi sono guariti... Guarda, Giovanni, guarda i segni della vittoria silenziosa della venuta del Messia.

Anch'io li ho visti, quei segni. Anch'io - credetemi - ho visto la forza dirompente del Vangelo, persone cambiare, guarire, vedere. Anch'io ho visto nelle pieghe del nostro mondo corrotto e inquieto gesti di totale gratuità, vite consumate nel dono e nella speranza, squarci di fraternità in inferni di solitudine ed egoismo. Ho visto amici, i tanti segni del Regno. Che sia questo il problema principale? Una miopia interiore che ci impedisce di godere della nascosta e sottile presenza di Dio? Chissà... Proponevo ai miei parrocchiani un piccolo cammino di avvento e, in questa terza settimana, un atteggiamento da riscoprire: quello della gratitudine. Non dare nulla per scontato, gioire del caldo del mio alloggio, della bontà fragrante del cibo, dei piccoli segni di amicizia che mi giungono.

Ricordo un aneddoto simpatico: un giorno Giulia ricevette un fresco mazzo di fiori in ufficio. Stupita, visto che non ricorreva nessun anniversario in quel giorno, cominciò a chiedersi chi gliel'avesse mandato... ripercorse mentalmente tutte le persone che le volevano bene, o a cui aveva fatto un favore. Nulla. Tutto il giorno scrutò volto per volto, senza trovare una ragione sufficiente per un gesto del genere. A sera, a casa, squillò il telefono. Era Carla, sua amica d'infanzia. Disse "I fiori te li ho mandati io, dopo averti visto così depressa ieri. Senza biglietto, così che tu passassi la giornata a pensare a quante persone ti vogliono bene e avrebbero potuto mandarteli": carino, no?

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