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mons. Antonio Riboldi

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I Domenica di Avvento (Anno C) (03/12/2006)

Vangelo: Lc 21,25-28.34-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 21,25-28.34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. 28Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

34State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; 35come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Ma è davvero meraviglioso Dio, nostro vero 'Papà', così Gesù chiamava il Padre, che non si stanca mai di amarci. È da quando Adamo, il primo uomo, con Eva si lasciò ingannare dal serpente, il più astuto tra gli animali, rinunciando al grande Bene di Dio, che Lui ci cerca con un amore che non conosce tempi, cattiverie, tradimenti, debolezze e limiti degli uomini. È da allora, nel momento in cui l'uomo Lo rinnega, che ci cerca, tutti, uno ad uno, come solo un padre sa fare verso i suoi figli. "Uomo dove sei?". "Mi sono nascosto perché sono nudo".

Due righe di una storia che non cessa di ripetersi in ogni tempo ed in ogni uomo. Dio è davvero un 'papà' fedele al suo amore, qualunque sia la nostra risposta. Bussa alla nostra porta, continua a farsi trovare, dà segni che Lui ci cerca, come se i nostri atteggiamenti, tante volte negativi, non intaccassero minimamente la sua fedeltà. Noi siamo suoi figli e ai figli non si rinuncia mai!

Da qui la ragione del tempo santo, che oggi iniziamo a vivere, che ha un nome che è davvero un programma: 'Avvento', ossia tempo di attesa di Chi sta per venire.

Così la Chiesa definisce l'Avvento: "La Santa Madre Chiesa considera suo dovere celebrare con sacra memoria, in giorni determinati, nel corso dell'anno, l'opera della salvezza del Suo Sposo Divino. Nel corso dell'anno, poi, distribuisce tutto il mistero di Cristo, dalla Incarnazione e dalla Natività, fino alla Pasqua, all'Ascensione, alla Pentecoste e all'attesa della beata speranza e del ritorno del Signore" (Concilio).

"In quei giorni, oracolo del Signore - avverte il profeta Geremia - io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d'Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo, farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamato: 'Signore-nostra giustizia"' (Ger. 53, 14-16).

C'è nell'aria, come grido del cuore di tanti, voglia di giustizia, di serenità, di pace. Davvero si è stanchi di vivere una vita bombardata da notizie che mostrano cosa produca vivere senza l'amore del Padre e vorremmo conoscere giorni di pace. Non sapendo come vincere la 'nudità dell'anima', troppe volte ci affidiamo all'avvento consumistico, che invade le strade con stelle, che non sono stelle del cielo, ma futilità dell'uomo, o con inviti alla dolce vita nei doni che vengono offerti, ma non hanno cuore. E così Dio viene, ma non è atteso, come lo attendevano le vergini sagge del Vangelo. Assomigliamo tanto, invece, a quelle stolte.

Così descriveva, quel santo uomo che fu don Clemente Rebora, mio confratello e padre spirituale quando ero giovane, questa corsa all'effimero senza cuore:
"Perso nell'ideal, strada non fa
cogli di gioventù l'ora propizia
afferra per il ciuffo la fortuna
che ha la nuca calva.
Come Adamo, sedotto, a farla mia
precipitando a morte proclamai: Scelgo la buona sorte:
e nella frode del piacer caduto
sussurrava la gente scaltrita
adesso conosci la vita".

Nulla, proprio nulla, può prendere il posto di Dio, che si fa strada e vuole stare tra di noi, 'Uno di noi', per diventare Via, Verità e Vita.

L'Avvento, che iniziamo, deve essere il tempo in cui ci liberiamo dalle nebbie del cuore e ci facciamo trovare da Dio. Non è da uomini saggi buttare via il bene della vita, che è l'amore che Dio vuole donarci. Ci avverte oggi Gesù: "Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina. State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso: come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate e pregate, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo" (Lc. 21,25-35).

'VEGLIATE E PREGATE' sono le indicazioni che Gesù stesso ci dà per l'Avvento.

Questo 'vegliare e pregare', che ci suggerisce come 'via' per gustare l'Avvento e viverlo, a volte noi lo sperimentiamo quando attendiamo e si fa vicino un grande evento, o ancora meglio nell'attesa di una persona cara, più cara della propria vita. Si vive ogni momento pregustando la gioia dell'incontro...come i santi che 'qui' già pregustavano il Paradiso.

Ma il grande problema che mi pongo e pongo a voi è questo: Che Dio torni a noi, per farci gustare la bellezza che provavano Adamo ed Eva nell'Eden, quando Dio passeggiava con loro, a noi interessa?

In altre parole: Gesù è davvero il grande Amico che conta più della nostra vita, tanto da attendere intensamente il suo Natale per noi?

C'è in noi quel grande desiderio di vedere questo Cielo che ci sta sopra, eliminando le troppe nubi che creiamo, fino a nascondere la sua bellezza e dubitare che esista?

È l'eterna domanda che gli uomini tutti e sempre si pongono: Dio è davvero la sola felicità, il Bene di cui abbiamo bisogno? O amiamo, senza volerlo, la nostra 'nudità', che è la peggiore solitudine che si possa sperimentare?

Perché non si può capire la ricchezza dell'Avvento, se Dio non ci interessa... senza renderci conto che, se Dio non è il centro della vita, rischiamo drammaticamente di vivere...alla periferia della vita!

Vorrei ascoltassimo le parole del sempre amato Paolo VI: "Che Gesù, Figlio di Dio, si sia fatto uomo tra di noi ha un'importanza enorme. Riguarda la nostra conoscenza di Dio e delle nostre relazioni con Lui. Riguarda la nostra concezione dell'uomo. Interessa direttamente i destini della vita. Riguarda di conseguenza il modo di definire i rapporti tra gli uomini: riforma la politica stessa e la storia. Ancora di conseguenza il valore da dare alle cose. Diventa la sapienza del mondo, l'entusiasmo delle anime. È l'affermazione che obbliga il mondo, ogni coscienza a prendere una posizione spirituale e morale decisiva sul significato e valore della propria esistenza. Ha incominciato a svegliare e a mettere in moto dei poveri pastori nel primo momento in cui è stato annunciato che Dio è con noi nel Natale. Non lascerà più indifferente nessuna generazione e alcuna manifestazione di vita. Sarà l'INSONNIA DEL MONDO. Sarà l'aspirazione somma della spiritualità. Sarà la segreta forza che consola, che guarisce, che nobilita l'uomo, la sua nascita, il suo amore, il suo dolore, la sua stessa morte. Sarà il dramma della salute e della rovina, della verità e dell'errore, del bene e del male. Sarà la vocazione del mondo all'unità e all'amore. Sarà la costante energia a perseverare in ogni secolo e in ogni circostanza nella ricerca del bene e della pace. Sarà lo spirito di pietà e di intelligenza, di santità e di forza, che solleva a grandezza e pienezza le anime migliori di questa misera terra. È un'affermazione troppo importante, questa, di Gesù, Figlio di Dio, che a Natale si fa uomo come uno di noi, per rimanere ignavi, superficiali, insinceri, frettolosi dinnanzi ad essa. Bisogna considerarla con l'umiltà e la vigilanza e la purezza di cuore di chi, riconoscendo la verità, è disposto a consacrarle la vita" (Paolo VI).

Vi è in questo meraviglioso discorso di Paolo VI, quel nascosto desiderio che vi è nelle anime di buona volontà - e ce ne sono ancora tante, per grazia di Dio - di conoscere tempi migliori, in cui noi davvero possiamo conoscere la gioia dei figli di Dio.

Siamo davvero stanchi del 'nulla', che la terra, orfana di Dio, offre, senza riuscire a restituirci la felicità per cui Dio ci ha creati.

Occorre allora vestirsi della povertà di spirito dei pastori che, nella notte di Natale, si fecero trovare svegli e aperti alla Buona Novella, che l'Angelo recava, quasi a loro insaputa, cancellando di colpo tristezze vuote o banali e vita senza senso, per fare spazio a tutta la gioia di poter contemplare il Bambino appena nato, così povero, più di noi, da essere costretto in una grotta e conoscere per culla una mangiatoia.

Davvero, quando l'amore vuole manifestarsi e farsi dono, ama ogni nudità del mondo, per fare spazio alla bellezza del dono.

Allora, quando Gesù nacque, nel silenzio della notte, trovò solo i pastori: nessun altro si accorse di Lui né lo accolse. Oggi vogliamo esserci noi e, come i pastori, vogliamo farci inondare dal canto: "Gloria a Dio nei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama".

È certo che in questo Avvento Dio bussa alla nostra porta e chiede spazio per nascere in noi. In questo tempo di Avvento chiede: "Vegliate e vigilate". Lui verrà. Troverà la porta aperta?

 

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