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TESTO Il discepolo: l'umiltà e la generosità

Paolo Curtaz  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (02/09/2001)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Oggi la Parola mette a fuoco due atteggiamenti indispensabili nel discepolato di Gesù, tema che stiamo sviluppando in questa lunga estate: l'umiltà e la gratuità.

Parlare di umiltà in questi tempi in cui una certa visione dell'uomo spinge ad esaltarne le potenzialità e l'autorealizzazione è perlomeno ardito ma, a scanso di equivoci, sgomberiamo prima la mente da false interpetazione, suscitate ­ spesso - da una non corretta visione della fede.

Umiltà significa verità di sé, e deriva dalla parola latina "humus", terra.Terra significa realismo, stabilità, fecondità; potremmo dire che l'umiltà è la virtù della concretezza che porta frutti. L'umiltà, mi preme dirlo, non è in alcun modo un atteggiamento autolesionista che mi porta a svalutarmi. Non è umile chi dice a Dio: "Non valgo a nulla, faccio schifo".

E' una persona depressa, non una persona umile! Pensate davvero di far piacere a Dio dicendo che non valete nulla? Che ridere! Il Signore mi ha creato come un capolavoro e io, di risposta, gli dico che mi ha fatto come uno sgorbio! No: esiste una parte distruttiva, tenebrosa della realtà che giustamente mi fa paura: è l'ansia del non valere, del non contare. Viviamo in un mondo in cui ­ continuamente ­dobbiamo dimostrare ciò che valiamo.

Anzi, se le cose non funzionano, siamo noi per primi a darci addosso a non accettare i nostri difetti e un giudizio negativo detto da un altro vale più di mille pensieri positivi e mi mette di malumore per tutta la giornata.

Siamo sinceri: la più grossa fatica che facciamo è proprio quella di amarci, senza condizioni (come Dio ciama, senza condizioni). Manca di umiltà chi non riesce a vedere il positivo che Dio gli ha messo nel cuore e, tutto ripiegato sui suoi difetti, non sa far fiorire quel tanto di bello e grandioso che Dio ha dato a ciascuno a servizio del bene di tutti. Ed è ovviamente lontano anni luce dall'umiltà quell'atteggiamento di esteriorità esasperata, di supponenza, di egocentrismo così esaltato in questi tempi.

Sei ciò che appari, sei ciò che guadagni, sei il tuo corpo ­suggerisce insistente il mondo dei media.
"Sei mio figlio" suggerisce Dio.

L'umiltà, quindi, è prendere coscienza di ciò che valgo, è equilibrio con lo sguardo costantemente rivolto verso Dio. Sarò schietto: nella mia esperienza di prete raramente ho trovato persone che non cadessero in questi due eccessi: o costantemente scoraggiati di sé o esaltati nell'apparire migliori di ciò che sono.

Bene: il discepolo può permettersi di essere ciò che è veramente, senza maschere, senza falsità.

So ciò che valgo perché Dio me lo ha svelato; non ho bisogno di essere il nano delle mie paure o il gigante dei miei sogni. Sono ­e ciò mi basta. E sono per una qualche ragione che devo scoprire. Il nostro mondo insiste ­ a ragione sll'autorealizzazione. In un mondo esasperato dal concetto di collettività, di massa, di popolo, la reazione è quella di esistere come singolo a utti i costi.

Ma il Vangelo va ben oltre: ti realizzi se ti perdi, guadagni se dai, così come Gesù stesso ha vissuto in prima persona. L'autorealizzazione

non è un ammirato egoismo, un "me" idolatrato e lustrato al mattino.

No: scopro di essere un tassello nel mosaico dell'Universo e faccio il possibile per scoprire il mio posto e realizzarlo. Tutto questo con serenità e pace: Dio ha fiducia in me, mi chiede solo di lasciarmi amare e il suo amore mi trasforma. Dio non mi ama perché sono amabile ma amandomi mi rende amabile.

Lo scoprire di essere amato mi mette le ali, cambio vita, il mondo ha senso e mi sorride e io ho un progetto (ognuno, ciascuno, senza eccezioni) che voglio e posso realizzare. La gratuità è lo stile con cui vivo: amato "a gratis", senza condizioni, amo senza condizioni. Amo e basta, in un mondo monetizzato in cui tutto è commercio io vivo a gratis, gioisco a gratis, aiuto a gratis.
E la vita ­ credete ­diventa un banchetto nuziale!

Libri di Paolo Curtaz

 

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