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TESTO Alleluia: viene in mezzo a noi il Dio della gioia (277)

don Remigio Menegatti  

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III Domenica di Avvento (Anno C) - Gaudete (17/12/2006)

Vangelo: Lc 3,10-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,10-18

In quel tempo, 10le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

La prima lettura (Sof 3,14-18) fa nuovamente risuonare l'invito alla gioia rivolto a Gerusalemme e a tutta la comunità di Israele. Viene messo in risalto il vero, profondo, motivo della gioia: Dio si manifesta come salvatore, gioisce mentre rinnova il patto di alleanza con il suo popolo. Gerusalemme non ha quindi più motivo di scoraggiasi e di sentirsi abbandonata e sola nei suoi problemi; non vedrà più la sventura che mette in discussione la fede in colui che è fedele alla sua alleanza.

Il vangelo (Lc 3, 10-18) racconta di Giovanni e delle persone che hanno accolto il suo invito a cambiare vita e chiedono di conoscere come poter vivere con continuità il gesto della conversione manifestato con il "battesimo" che amministra colui che non si reputa degno di sciogliere i sandali al Messia. Aderire a Dio, rinnovare l'alleanza con lui significa vivere gesti concreti di solidarietà e di riconciliazione con le persone, mostrando le radici profonde del rito penitenziale del battesimo del Giordano.

Isaia 12,2-6
Ecco, Dio è la mia salvezza;
io confiderò, non temerò mai,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.

Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza».
Lodate il Signore, invocate il suo nome;
manifestate tra i popoli le sue meraviglie,

proclamate che il suo nome è sublime.

Cantate inni al Signore, perché ha fatto opere grandi,
ciò sia noto in tutta la terra.
Gridate giulivi ed esultate,
abitanti di Sion,
perché grande in mezzo a voi è

il Santo di Israele.

Usiamo come "salmo responsoriale" (significa di risposta) alcuni versetti presi da Isaia, che sembrano quasi un'eco della gioia a cui invita Sofonia.

La lode che si innalza al Signore coinvolge da una parte soprattutto il popolo eletto - "abitanti di Sion" -, dall'altra anche gli altri uomini: "manifestate tra i popoli le sue imprese" come pure "ciò sia noto in tutta la terra". L'uomo riesce a lodare Dio in maniera profonda se ha fatto esperienza che lui "è la mia salvezza". Da qui nasce l'impegno e il proposito: "io confiderò, non temerò mai". Una gioia che è per sua natura contagiosa, ma non vuole restare sentimento superficiale, quasi una spruzzata di zucchero sul dolce tradizionale.

Dio viene in mezzo a noi – "grande in mezzo a voi è il Santo di Israele" – non solo per qualche giorno; lui è fedele e non abbandona i suoi amici, anzi...i suoi figli. Lui è Padre, colui che sa fare per noi e per tutti "opere grandi", e apre "sorgenti della salvezza" da cui attingiamo la gioia, quella che sgorga dal cuore di Dio... sorgente che non inaridisce anche con il passare delle stagioni.

Un commento per ragazzi

Ci sono momenti in cui ci sentiamo veramente felici: succede quando il nostro comportamento è motivo di gioia anche per le persone attorno a noi e a cui siamo profondamente legati. Può trattarsi dei genitori che ci apprezzano per qualche scelta positiva inattesa, oppure per dei risultati scolastici positivi, frutto del nostro impegno. Può accadere per il gesto di perdono con cui abbiamo riaperto un legame di amicizia a cui tenevamo, e che rischiava di perdersi.

La gioia non è un sentimento solo superficiale, quasi conseguenza di un carattere allegro, o stile di chi non vede i problemi e a cui tutto sembra bastare. La gioia, quella vera, nasce da scelte che vengono condivise e approvate da chi ci ama. In tal modo siamo decisamente felici quando constatiamo la piena approvazione delle persone a cui siamo legati.

La prima lettura di questa domenica ci parla della gioia di Dio; un sentimento che non deriva dalla "beatitudine celeste", quasi che Dio fosse lontano dagli uomini, non distratto dai fatti che ci rattristano, sereno e beato...perché non intaccato dai nostri pensieri. Dio partecipa direttamente alle vicende dell'uomo e gioisce quindi per le scelte positive. Ma non solo Dio riflette sul suo volto la conseguenza dei nostri buoni atteggiamenti. Lui stesso diventa motivo di gioia perché compie ciò che può rimettere in movimento in nostri gesti positivi: "ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico" ci ricorda Sofonia. È il Signore a prendere l'iniziativa, a fare il primo passo per "seminare" attorno a sé la gioia, di modo che l'uomo condivida la beatitudine di Dio. Una beatitudine che non è sentimento leggero e superficiale, gesto di un momento che non lascia tracce.

Ecco allora l'invito di Giovanni, come risposta alle domande di diverse categorie di persone: "Cosa dobbiamo fare" e potremmo aggiungere "per rendere felice Dio e per essere nella sua gioia, per condividere il suo sorriso su di noi?". Le risposte sono concrete e alla portata delle persone, anche quando chiedono delle scelte decise nella direzione del cambiamento. Ma quante volte abbiamo provato a cambiare scoprendo che poi non è così difficile, e che anzi la gioia dell'altra persona si riflette come causa di entusiasmo su di noi e stimolo a non mollare anche quando la fatica si fa sentire. Succede così per tutte le grandi imprese...perché non dovrebbe accadere per la nostra amicizia con Dio?

Preparare il Natale non è allora solo tirare fuori l'albero e addobbarlo, cercare lo scatolone del materiale del presepe e allestirlo in sala. Non è neppure solo fare gli auguri, più o meno distrattamente perché diventa una specie di saluto per qualche giorno. Se volgiamo che sia "buono" non tanto solo il giorno di Natale, ma ogni giornata, allora è importante scoprire per ciascuno il regalo che si attende da noi. Non fermiamoci a giochi o dolci, neppure all'alta tecnologia o disegni naif. I doni che possiamo condividere sono le scelte in cui possiamo anche noi mostrare che la novità del Natale sta maturando in noi frutti di bene; frutti che stanno maturando e possiamo gustare anche negli altri 344 giorni all'anno. Il tutto – stiamo bene attenti – non parte da noi, ma da Dio. È lui il primo a far festa e fa offrirci un dono, e tra quelli più grandi possibile: il suo Figlio, che noi chiamiamo Gesù.

Un suggerimento per la preghiera

Dio, noi ti riconosciamo come "fonte della vita e della gioia"; ti chiediamo quindi: "rinnovaci con la potenza del tuo Spirito, perché corriamo sulla svia dei tuoi comandamenti e portiamo a tutti gli uomini il lieto annunzio del salvatore, Gesù Cristo, tuo Figlio." È lui il sorriso che manifesta la tua gioia; con lui troviamo l'entusiasmo e la forza di cambiare in meglio la nostra vita, come tu ci chiedi.

Libri di don Remigio Menegatti

 

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