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TESTO Gioia, conversione, liberazione

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica di Avvento (Anno C) (10/12/2006)

Vangelo: Lc 3,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,1-6

1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

5Ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate.

6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Ora è tempo di gioia. Questo è in sintesi il nesso delle Letture odierne con cui siamo invitati a riflettere sul tempo di Avvento.

In verità il profeta Baruc (I Lettura) attraverso immagini e similitudini avvincenti preannuncia l'evento storico della liberazione di Gerusalemme delle frustrazioni dell'esilio babilonese: il popolo di Israele si era allontanato dal Signore e aveva abbandonato la sapienza per darsi alle opere malvagie (capp. 2 – 4 dello stesso libro); dopo un lungo periodo di preghiere e di digiuni e un sincero pentimento, adesso vi è la prospettiva della liberazione dalla schiavitù e del rientro a Gerusalemme dei deportati ebrei. Questa è la ragione della gioia e dell'esultanza del popolo, ma se la liberazione dal punto di vista politico è motivo di gioia, ancora più letizia deve comportare la liberazione dello spirito umano. La radice dei mali che meritano (anche nel caso di Baruc) la nostra condanna risiede nel malessere interiore dell'uomo, nella sua ostinazione all'autoesaltazione, all'affermazione di se stesso nella scelta del peccato, quindi quello che va liberato alla radice è appunto l'uomo sin dall'intimità più profonda. Non per niente, sempre nel libro di Baruc si individua nella lontananza da Dio la radice di tutti i peccati dell'uomo e si fa invito alla conversione: finché ci si allontanerà dal Signore per seguire i nostri idoli materiali e soprattutto quelli del falso orgoglio e della presunzione, noi cadremo vittime delle nostre stesse colpe e procureremo da noi stessi la nostra condanna. L'uomo non può che trovare Dio per ritrovare se stesso e quello che è più importante è che Dio si fa trovare. Dio non manca mai infatti di rivolgere il suo appello alla riconciliazione con sé perché si colmino tutte le lacune per cui l'umanità e dispersa quindi l'invito di Baruc si attualizza in tutti i tempi e trova luogo di espressione anche in questo momento in cui siamo chiamati a riscoprire la vera motivazione della gioia, ossia l'Avvento.

Il nome Giovanni significa "misericordia di Dio". C'è chi lo traduce "Dio non dimentica." In tutti i casi in questo personaggio dal vestiario strano e trasandato (un mantello stile essenico) e dall'aspetto trascurato, che si ciba di animali ed erbe selvatiche vivendo in solitudine Dio mostra (appunto) la sua misericordia nei riguardi dell'uomo e manifesta di non essersi dimenticato di lui: in Giovanni vi è la sollecitudine divina a voler riconquistare l'uomo e a ricondurlo a sé, non prima di avergli mostrato la miseria spirituale e personale che comporta il peccato e la lontananza da Dio; l'uomo percorre sempre il "deserto", ossia lo stato di smarrimento e di perdizione e l'abbandono alla futilità che si procaccia da se stesso e Dio nel deserto fa sentire innanzitutto la sua Voce. Questa è indispensabile per l'ascolto della sua Parola che invita al ravvedimento e alla conversione: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri." Anche in questo caso il messaggio è abbastanza chiaro: la felicità consiste nella fuga da tutto quanto possa comportare la disfatta dell'uomo e che è sempre alla radice di tutti i mali del mondo, vale a dire il peccato. Ad esso si rimedia accogliendo l'appello alla conversione emesso da Dio, disponendoci a cambiare le nostre vedute, le convinzioni e le mentalità per assumere quelle di Dio per poi e incamminandosi nei suoi sentieri cambiando radicalmente la nostra vita. La conversione è allora la più grossa opportunità per realizzare la nostra liberazione dal male e per ciò stesso è ragione di gioia e di esultanza. Ci si rallegra tutti nell'attesa prossima del Dio Bambino che viene per noi e nella consapevolezza che egli apporterà la liberazione definitiva nella liberazione dal peccato e il rinnovamento della società se noi ci predisporremo alla novità che il suo arrivo comporta. Irrinunciabile aspetto dell'Avvento è allora la conversione che vuol dire prendere coscienza che Dio ci ama e nel suo Figlio Bambino viene a riscattarci dal male fondamentale che è il peccato, aderire a questo mistero sconvolgente e dirompente nella trasformazione del nostro pensiero e della nostra vita per recare copiosi frutti in ogni ambito del nostro vissuto. La prospettiva della conversione richiama però non soltanto l'azione di Dio salvatore ma interpella soprattutto lo spirito umano che è chiamato ad aderirvi perché vuole l'accettazione indiscussa e libera da parte dell'uomo, poiché non è sufficiente che Dio venga a salvarti se tu non vuoi essere salvato.. In pratica nella prospettiva singolare della conversione l'uomo si pone nelle stesse condizioni di un naufrago che annaspa fra le onde e vede a poca distanza da sé un salvagente che galleggia: è chiaro che cercherà di raggiungerlo e di indossarlo per essere tratto in salvo. Ebbene, anche in questo caso "ogni uomo vedrà la salvezza di Dio". La vedrà, ma vi accorrerà accettando di essere salvato?

 

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