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TESTO Davanti a noi, senza scuse

don Fulvio Bertellini

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (19/11/2006)

Vangelo: Mc 13,24-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,24-32

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

25le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

Anticreazione?

Secondo il linguaggio apocalittico del suo tempo, Gesù presenta la venuta del Figlio dell'uomo come un avvenimento caratterizzato da grandi segni cosmici: avviene una sorta di anti-creazione, che già nel linguaggio profetico più antico è il preludio ad una nuova creazione. Il linguaggio apocalittico può far sorridere o far paura. Sorridiamo, se lo vediamo come una favola mitica dei tempi in cui la scienza non era ancoar in grado di interpretare compiutamente il mondo. Prendiamo paura se ne diamo una lettura fondamentalista, trascurando di interpretare questi brani secondo il genere letterario. Tanto che "apocalittico" è divenuto sinonimo di "catastrofico, rovinoso, terrificante" e simili.

La direzione della storia

Due sono le caratteristiche che dobbiamo tener presenti per ascoltare nel giusto modo queste parole di Gesù che l'evangelista ci consegna. Innanzitutto, che il linguaggio apocalittico non consiste principalmente nel descrivere catastrofi, ma nel cercare di individuare la direzione finale della storia. Si vuol cercare cioè di capire verso dove va il mondo, qual è il termine della massa tumultuosa degli eventi umani che i credenti si ostinano a chiamare "storia". Perché esiste anche la possibilità di negare la storia, lo sviluppo, il progresso del genere umano, e molti oggi mi pare pensino a questo modo: non c'è storia, non c'è sviluppo, non c'è progresso, l'uomo non va da nessuna parte: così come è apparso, un giorno sparirà senza lasciare tracce (verosimilmente, autodistruggendosi per la sua insipienza). Il credente invece riconosce nella storia un senso, una direzione, un movimento impresso da Dio, da ritrovare anche nell'apparente assurdità di certi eventi. L'ambito paradossale in cui da sempre i discepoli di Cristo (e il popolo ebraico prima di lui) ricercano il senso della storia è quello della "tribolazione". Il senso della storia non appare nelle vicende grandiose dei re e dei popoli conquistatori, ma nell'umile cammino del più piccolo dei popoli della terra, dei discepoli del crocifisso e delle loro vie della croce.

Il codice segreto

La seconda caratteristica da tener presente è che l'apocalittica è un linguaggio cifrato, costituito da simboli, segni, convenzioni. Il termine della storia non appare ai nostri occhi come una realtà evidente: può essere ricostruito solo per allusioni, per via simbolica. Decifriamo dunque il simbolismo del vangelo di questa domenica: abbiamo principalmente una serie di trasformazioni cosmiche, che riguardano il sole, la luna, i cieli: vale a dire, i punti fermi del mondo come era concepito allora. Il senso è che la storia va verso una trasformazione profonda, che non sarà opera dell'uomo, che va al di là delle sue forse, ma può essere operata soltanto da Dio. Il figlio dell'uomo che viene sulle nubi è il protagonista della trasformazione finale. Il Padre la opera attraverso di lui (e se integriamo questa affermazione con l'insieme del Vangelo, vediamo che ha già cominciato ad operarla attraverso la risurrezione: nel Risorto possiamo dire che la fine del mondo è già cominciata!). In che cosa consiste la trasformazione? Non ci viene detto molto, ma solo che sarà la riunione degli eletti "dai quattro venti". L'unica cosa che ci è dato sapere è che avverrà una profonda riunificazione e rappacificazione.

Contemporanei della fine

Ci rendiamo conto così che, una volta decodificato, il panorama è molto meno terrificante di quel che sembrava. Anche se ci ritroviamo nell'orizzonte inevitabile della "tribolazione". La situazione della lotta, del contrasto, della non-chiarezza. Qual è il compito dei credenti? La parabola del fico illustra il loro atteggiamento. "Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte". E ci pare di poter dire che noi stiamo vedendo accadere cose simili: popoli impegnati in guerre feroci, la giustizia calpestata, in molti luoghi la fede perseguitata, l'ordine stesso del mondo minacciato dall'arrogante invadenza dell'uomo. Il Signore è alle porte... ma non è ancora la fine. "Non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute": e in qualche modo ogni generazione cristiana è contemporanea della fine. In maniera paradossale, perché poi la fine non arriva. La frase è completata dall'altra: "... quel giorno e quell'ora nessuno li conosce". Qui sta la nostra libertà, la nostra fedeltà, la nostra responsabilità. Se la fine fosse evidente, provocherebbe un violento cambiamento del nostro modo di fare, di pensare, di agire. Ci muoveremmo come automi, senza più né speranza, né carità, né fede. Invece siamo chiamati a vivere come pellegrini di speranza. Che nonostante i segni negativi sanno vedere la direzione buona della storia. E tendere una mano a chi è rimasto ferito sulla strada.

Flash sulla prima lettura

Il libro del profeta Daniele in realtà non è un libro profetico, ma un libro apocalittico, scritto molto dopo la maggior parte degli altri testi dell'Antico Testamento. L'apocalittica è innanzitutto il tentativo di illuminare la comprensione degli ultimi tempi, dell'epoca della "fine", del momento risolutivo in cui la storia giunge alla svolta decisiva. Poiché si tratta di qualcosa di inaccessibile, l'unico linguaggio in cui se ne può parlare è un linguaggio simbolico, cifrato.

I testi apocalittici svolgono anche una importante funzione all'interno del libro: fungono infatti da raccordo e da punto di convergenza. I libri della Legge attendono il momento in cui l'Alleanza tra Dio e il popolo potrà essere finalmente messa in pratica; i libri storici mostrano le catastrofi dovute all'infedeltà del popolo, e si aprono all'epoca in cui finalmente si compiranno tutte le promesse buone di Dio. I libri profetici attendono il punto di realizzazione di tutte le promesse divine; anche i libri sapienziali rimangono con qualcosa di incompiuto. Il segreto del mondo, che la sapienza vuol decifrare, diverrà chiaro soltanto al termine del mondo e della storia.

"Michele": rappresenta la protezione di Dio nei confronti dei suoi.

"tempo di angoscia": cifra simbolica, che forse rappresenta il normale corso della storia. Nella visione ebraica, la storia è vista come una continua degenerazione, a partire da un inizio perfetto (paradiso terrestre). Il "tempo di angoscia" potrebbe quindi essere interpretato come l'avvicinarsi della storia al suo culmine negativo.

"... i saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento": l'immagine del cielo stellato è quella che più si avvicina alla gloria dei saggi che sono rimasti fedeli a Dio.
Impariamo a pregare con il salmo

"Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: / nelle tue mani è la mia vita": con un'immagine estremamente ardita, viene attribuita a Dio la qualifica di "eredità". Ma di per sé l'eredità del popolo è la terra promessa, ripartita tra le varie tribù: il popolo "eredita" la terra, e ogni famiglia ne riceve una parte, destinata ad essere trasmessa di padre in figlio. Sorprendentemente però il salmista sembra tirarsi fuori dalla contesa per i beni materiali: Dio stesso è l'eredità sufficiente, la promessa di una vita buona e realizzata, che viene cantata nella preghiera. E' una preghiera di abbandono totale, che non cerca soltanto il benessere materiale, ma si accontenta dell'amicizia con Dio.

Flash sulla II lettura

"Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici, perché essi non possono mai eliminare i peccati": l'ignoto autore della lettera esamina con attenzione la situazione del culto giudaico, caratterizzato dal bisogno ricorrente di purificare e di espiare i peccati. Tra Dio e il popolo sembra essersi determinato un abisso, una distana incolmabile.

"Cristo al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre, si è assiso alla destra di Dio": Gesù colma la distanza tra Dio e l'uomo, attraverso la croce. Con la risurrezione egli siede per sempre "alla destra del Padre", e supera in maniera definitiva l'ostacolo del peccato: in Cristo tutti hanno accesso al perdono, anche se non sempre lo accolgono pienamente nella loro vita.

 

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