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TESTO Commento su Marco 10,46-52

padre Paul Devreux

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (29/10/2006)

Vangelo: Mc 10,46-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 10,46-52

46E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 49Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». 50Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». 52E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

A volte si parla di questo cieco che riesce a strappare una guarigione da Gesù, grazie alla sua insistenza. Bisogna stare attenti a prenderlo a modello, perché si rischia di accusare chi è malato di non saper pregare, facendolo stare peggio, caricandolo di senso di colpa; e non dà gloria neanche al Signore, perché lo fa passare per un Dio altezzoso, che si fa pregare.

Forse Gesù aspetta perché sa che questo gridare fa bene a Bartimeo, abituato com'è a dover vivere ai margini della strada cercando di disturbare il meno possibile per essere tollerato.

Forse però Gesù coglie l'occasione per fare del bene anche ai presenti educandoli ad affrontare questo tipo di situazione.

Sulla scena abbiamo Gesù, Bartimeo e la folla che segue Gesù. Io dove mi colloco?
Non faccio Gesù, perché non so guarire.
Non faccio il cieco, perché non sto malissimo.

Sono nella folla, e questo grido di Bartimeo m'infastidisce, perché vorrei poter continuare ad ascoltare Gesù che mi fa sentire molto bene. Invece questo grido insistente e prepotente mi fa ricordare che c'è chi soffre e che non so aiutare. Mi fa sentire impotente. Da ipocrita dico a Bartimeo di stare zitto perché disturba il maestro, mentre in realtà disturba me e il mio momento di comunione con il Signore.

La folla è la maggioranza, che anche oggi è spesso disturbata dal grido di qualche povero. Finché abbiamo davanti delle situazioni risolvibili, tutti quanti diamo volentieri una mano perché il povero possa stare meglio. Ma quando mi sento impotente, il disagio diventa inaccettabile e me ne devo difendere cercando di non sentire o perlomeno di sentirmi la coscienza a posto. Lo faccio in tanti modi; per esempio decido che è un problema che devono risolvere altre persone pagate per farlo, oppure invento qualche ragionamento perfetto che dimostra che se il povero è tale è colpa sua. L'importante è che io possa dormire tranquillo, sentendomi giusto e buono.

Ecco perché è importante che Gesù lasci gridare Bartimeo; serve a lui, ma serve soprattutto a me.

Gesù non è infastidito da questo grido; lui lo ascolta con tutto sè stesso, ma desidera che anch'io lo ascolti. Gesù desidera che io ascolti Lui e ascolti anche Bartimeo, perché se io ascolto e ascolto nel senso che gli do retta e mi fido di Lui, sarò anche in grado ascoltare il grido di chi soffre, condividendo la sua impotenza e cercando di accompagnarlo da Gesù. Questo chiede Gesù alla folla e a noi: "Chiamatelo, portatemelo qui, fate in modo che lo possa aiutare". Non mi chiede l'impossibile. Mi chiede di accompagnare chi soffre testimoniando la mia fede e speranza, con la carità. Questo è la "con–passione" che educa me alla fede e alla carità, tramite l'esercizio della speranza che devo fare io, senza pretendere che lo faccia chi non l'ha più.

Per tutto questo, grazie Signore Gesù.

 

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